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Musei della Resistenza in Europa: un settore in fermento

Musei della Resistenza in Europa: un settore in fermento

Interno del Versetzmuseum di Amsterdam.
Crediti: Cezary pOpera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Abstract

L’autore traccia un bilancio degli ultimi vent’anni del panorama museale sulla Resistenza in Europa, tra l’emergere di nuove modalità di restituzione al pubblico e nuove istanze memoriali e politiche sorte dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Unione sovietica.

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The author takes stock of the last twenty years of the Resistance museum scene in Europe, between the emergence of new ways of giving back to the public and the new memorial and political needs that have arisen since the fall of the Berlin Wall and the collapse of the Soviet Union.

double blind peer review double blind peer review Questo articolo è stato sottoposto a revisione in doppio cieco (double blind peer review)

Un nuovo paradigma 

Dopo la svolta storica del 1989-1991, come evidenziato da Tony Judt[1] e, sulla sua scorta, da Filippo Focardi,[2] la memoria pubblica europea è stata completamente riconfigurata, passando dalla centralità della “colpa tedesca” e delle resistenze nazionali a quella delle vittime della Shoah e del paradigma antitotalitario, con una tendenza che si è ulteriormente accentuata dopo l’ampliamento dell’Unione europea nel 2004: tali dinamiche, combinate con gli sviluppi della public history,  si sono tradotte in un notevole fermento nel campo dei musei storici, che ha visto moltissimi riallestimenti e inaugurazioni, ma anche progetti europei a tema (tra gli altri si vedano Eunamus,[3] MeLa,[4] Unrest).[5]

Nuovi e importanti musei della Shoah sono infatti sorti a Berlino nel 2001 (riallestito nel 2020),[6] a Mauthausen nel 2003, a Budapest nel 2004, a Parigi-Drancy e Șimleu Silvaniei nel 2005, a Skopje nel 2011, a Mechelen nel 2012, a Sered’ nel febbraio 2019, a Oporto nel 2021, a Londra e Stoccolma nel 2022, ad Amsterdam nel 2024. E altri sono attesi a Kiev per il 2025 e a Salonicco per il 2026.

Sul totalitarismo, dopo l’apertura nel 2002 della Casa del terrore di Budapest, si è diffuso il modello dei musei dell’occupazione, ripreso a Tallin (2003), a Vilnius e Tbilisi (2006), a Kiev (2007) e a Riga (nel nuovo allestimento del Latvijas Okupācijas muzejs inaugurato nel 2022).

Alla Seconda guerra mondiale sono stati dedicati nel frattempo il Centro memoriale di Oradour-sur-Glane (1999), l’IWM di Manchester (2002), il nuovo allestimento del Memoriale di Caen (2010), l‘ampiamento delle Churchill War Rooms a Londra (2010), il Museo di storia militare di Dresda (2011), il Museo Russo-Tedesco di Berlino-Karlsorst (2013), il Museo della guerra di Bastogne (2014).

 

Il caso polacco 

Un caso di particolare interesse  e complessità è quello polacco nella misura in cui nel nuovo millennio sono stati aperti almeno quattro nuovi musei di rilievo nazionale: quello dell’Armia Krajova a Cracovia (Muzeum Armii Krajowej w Krakowie) nel 2000; quello dell’Insurrezione di Varsavia (Muzeum Powstania Warszawskiego) nel 2004;  quello della storia degli ebrei polacchi (Muzeum Historii Żydów Polskich – Polin) sempre a Varsavia nel 2013; quello della Seconda guerra mondiale (Muzeum II Wojny Światowej) a Danzica nel 2017. Mentre quello dell’insurrezione del ghetto di Varsavia (Muzeum Getta Warszawskiego) è stato avviato nel 2018 ed è atteso per il 2026.

Inoltre va ricordato il ruolo planetario acquisito dal Museo memoriale statale di Auschwitz-Birkenau (questo il nome dal 2007) che è in continua evoluzione: nel 2005 è stato inaugurato il centro didattico, nel 2013 la mostra nazionale di Israele, nel 2018 la mostra permanente sulla resistenza nel campo, nel 2022 il nuovo centro visite. Il Museo memoriale ha per altro superato nel 2019 i 2.300.000 visitatori (di cui oltre 100.000 italiani).

Gli investimenti compiuti e la promozione continua, anche nelle scuole e sui media, fanno parte di una politica della memoria moto attiva e aggressiva sulla quale occorre indubbiamente riflettere[7].

 

La fine della guerra fredda

La fine della guerra fredda, la dissoluzione dell’Urss, i conflitti in Jugoslavia hanno anche riproposto con urgenza il tema delle identità nazionali, concretizzatosi in alcuni nuovi musei di storia nazionale in Bulgaria (2000), Austria (2018), Estonia (2020), mentre sono per il momento abortiti analoghi progetti in Francia e Spagna.

Anche per contrastare le chiusure sovraniste l’Unione europea ha avviato un percorso di elaborazione di una memoria comune che si sta rivelando però assai complesso.

Insieme alle risoluzioni sul calendario civile e ai progetti educativi, uno degli esiti principali è stata nel maggio 2017 l’apertura della House of European History di Bruxelles, di cui Novecento.org si è già occupato.[8] È interessante però notare come in questo museo una ampia installazione sia dedicata alle Resistenze ma trascuri totalmente il caso italiano.

 

La Resistenza in Europa

La questione della Resistenza è particolarmente interessante: il ripensamento della Seconda guerra mondiale di cui si è detto ha privilegiato altri aspetti e penalizzato invece questo, ritenuto divisivo e poco compatibile col montante anticomunismo.

Tanto più a est, dove l’antifascismo era stato a lungo utilizzato dai regimi comunisti come ideologia ufficiale; con la loro caduta esso è stato travolto, risultando ormai inservibile e lasciando quindi strada a nuove rivendicazioni nazionali (quando non a pericolose rivalutazioni del nazismo e dei collaborazionismi locali).

In effetti però a partire dal settantesimo del 2015 il tema della Resistenza sembra aver ripreso rilevanza nel dibattito pubblico. Ne è indizio a livello storiografico la comparsa di una nuova generazione di studi sulla dimensione internazionale e transnazionale del fenomeno;[9] ma se ne vedono soprattutto i segni nella cultura diffusa, come dimostra la rimessa in circolo, nei più vari contesti, della canzone Bella ciao, ripresa anche dalla serie spagnola La casa de papel.[10]
 

Musei e Resistenza

Anche sul piano museale è possibile avvertire una ripresa, peraltro non priva di battute d’arresto e di aspre dispute, particolarmente interessante perché avviene in un contesto di crisi del paradigma antifascista.

Nell’agosto 2019 è stata inaugurata a Varsavia e Berlino la mostra multimediale Warsaw rising 1944 sull’insurrezione del 1944, realizzata in collaborazione tra il museo locale e la Topografia del terrore.

Nello stesso mese ha aperto il nuovo museo parigino sulla Resistenza, sito in Place Denfert-Rochereau nei padiglioni progettati da Claude-Nicolas Ledoux. Il museo riprende e ripensa il materiale esposto (dal 1994 al 2018) presso la Stazione di Montparnasse. Si tratta, come la articolata denominazione tradisce (Musée de la Libération de Paris – Musée du Général Leclerc – Musée Jean Moulin) della combinazione di tre collezioni separate, che riguardano due eroi della resistenza (Jean Moulin e Philippe de Hauteclocque) e l’epopea della liberazione. Ma i materiali (oltre 7.000 pezzi) sono stati riorganizzati in un percorso cronologico che intreccia le serie. Importanti poi sono i nuovi strumenti multimediali e anche l’allestimento del rifugio sotterraneo usato nel 1944 come quartier generale dal colonnello Rol.

La responsabile del progetto e direttrice del nuovo museo è Sylvie Zaidman, ma il comitato scientifico include una trentina di studiosi tra i quali figurano i principali storici del tema (come Jean-Pierre Azéma, dell’Ihtp;  Christine Levisse-Touzé, direttrice del museo precedente; e Olivier Wieviorka dell’Éns), ma anche operatori di altri musei (come Thomas Fontaine, direttore del Museo di Champigny; Jacques Fredj, direttore del Memoriale della Shoah; e Isabelle Rivé, del Centro di Lyon)  e esperti stranieri (Hanna Diamond, dell’Università di Cardiff; Robert Frank, della Sorbona; Peter Steinbach, del Gedenkstätte Deutscher Widerstand).

Musei regionali hanno poi aperto anche a Saint Marcel (nel giugno 2021), Aube (settembre 2022), Auch (maggio 2023), Besançon (settembre 2023).

Nel maggio 2020 è stato riaperto il museo della Resistenza di Copenaghen (Frihedsmuseet), che era andato distrutto in un incendio nel 2013. Il museo si trova sempre nel Churchill Park della Cittadella, ma in un edificio del tutto nuovo e con uno sviluppo per lo più sotterraneo. Interessante il fatto che il percorso sia incentrato sul tema della scelta e articolato sulla vicenda di cinque personaggi principali: un veterano comunista della guerra civile spagnola, due studenti di diversa età e ideologia (di cui uno poi deportato in Germania), una ragazza che agisce come staffetta in città e un danese che si arruola nelle SS.

Nel dicembre 2022 il museo della Resistenza di Amsterdam (Verzetsmuseum) ha inaugurato un nuovo allestimento dedicato alla vita degli olandesi durante la guerra attraverso la ricostruzione di cento quadri biografici, che comprendono “victims and perpetrators, bystanders and resisters”. L’intento è quello di superare la retorica eroica e i manicheismi, per mostrare le tante sfumature di grigio che stanno tra il collaborazionismo e l’opposizione. Tuttavia il nuovo percorso è stato accolto da molte polemiche, sia per aver rivelato le umane debolezze di alcuni miti resistenziali, sia per aver giustapposto vittime e carnefici della deportazione.

Nel marzo 2024 ha riaperto il museo della Resistenza di Esch-sur-Alzette in Lussemburgo (Nationale Resistenz Musée), nel nuovo allestimento disegnato da Jim Clemes e Nathalie Jacoby. Avendo a disposizione uno spazio tre volte superiore a prima, il percorso si è ampliato, includendo il periodo interbellico e la vita sotto l’occupazione tedesca, le varie forme di deportazione, la transizione al dopoguerra. Esso include inoltre un memoriale sulla Shoah e una nuova sezione sui diritti umani.
 

Una prospettiva transnazionale 

Pur nella estrema diversità, paiono riscontrabili alcune linee di tendenza comuni. Dal punto di vista storico, l’attenzione al tema della “scelta”, alle forme di resistenza civile, alla vita quotidiana in guerra.

Dal punto di vista narrativo, emerge il privilegio accordato agli itinerari individuali.

Dal punto di vista museologico, è evidente il ritorno degli oggetti, con allestimenti misti in cui il digitale è presente ma non preponderante.

Si segnalano inoltre le diverse occasioni di discussioni sul tema, come l’incontro al Centro Primo Levi di New York nel gennaio 2017 (Museums and the Memory of Nazi-Fascism, the Holocaust and World War II: Toward a Shared European History?); o il convegno alla Casa della Memoria di Milano nel novembre 2018 (Le case della memoria partigiana), promosso dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri.

Importante in questo senso anche il ruolo delle reti internazionali di memoria, come Eurom[11] e IcMemo;[12] e di quelle specificamente legate al tema come  RESnet,[13] il network  informale promosso di Phil Cooke  e Ben Shepherd (già curatori di un fortunato volume sulla Resistenza in Europa) o Liberation Route Europe,[14] che alla Resistenza ha dedicato una delle sue mostre didattiche.
 

Uno sguardo all’Italia 

Da notare poi il fatto che, al contrario di altre volte, anche l’Italia è coinvolta da questo fermento.

Nei primi anni del secolo l’attenzione si è concentrata sulla Shoah, con il varo del progetto romano (2007), l‘apertura del Memoriale Binario 21 a Milano (2013) e l’inaugurazione del Museo dell’ebraismo e della Shoah di Ferrara (2017, ma a scelta politica risale al 2003).

Va peraltro segnalato come il primo sia rimasto sulla carta; e del secondo sia stato finora realizzato circa un quinto di quanto previsto. Il progetto millanese appare dunque quello al momento più rilevante, soprattutto dopo l‘integrazione del Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC) nel 2022.

Va rilevato come il tema sia in genere staccato da quello della Resistenza, cui invece è collegato nei musei francesi. E come notevole rilievo abbiano assunto i luoghi di memoria collegati: San Sabba ha riallestito nel 2015; nuovi memoriali sono sorti a Bolzano (2019) e Borgo San Dalmazzo (2021); a Villa Emma e Fossoli sono in corso lavori di riallestimento.

Una rete dei luoghi legati alla Shoah è sorta solo nel 2023. E nello stesso anno è stato riallestito a Firenze, dopo un lungo restauro, il Memoriale italiano di Auschwitz.

Tra Settantesimo e Ottantesimo anniversario della Liberazione invece la Resistenza è tornata al centro del panorama museale: sono stati numerosi i riallestimenti (Montegridolfo, San Miniato, Salò, Cassino) e le nuove aperture (Scapoli, Borgo San Dalmazzo, San Donato Val di Comino, Vado, Boves).

Inoltre, grazie a un finanziamento statale, sono stati valorizzati cinque importanti luoghi di memoria italiani. In particolare va segnalato il nuovo allestimento del Museo Cervi di Gattatico, inaugurato nel novembre 2021.

È poi nata la prima rete formalizzata (Paesaggi della memoria, nel 2016[15]) e sono state realizzate diverse mappature (dopo quelle di Gabriele Ronchetti – 2011 e 2013, Anpi – 2013 – e Memoranea – 2015, si segnala il recente volume di Luca Fratangelo – 2021[16]).

Ma soprattutto si prospetta l’apertura a Milano di un Museo Nazionale della Resistenza che potrà finalmente colmare un vuoto al centro e insieme fare da nodo nevralgico di una rete che al momento si presenta capillare ma eterogenea e talvolta dispersiva. Intanto è stato realizzato un sito di lancio[17] che già propone contenuti di grande interesse.

È inoltre importante che agli studi ormai classici di Ersilia Alessandrone Perona[18] e Claudio Silingardi[19] si possa affiancare la voce di chi come Paola Boccalatte (dal punto di vista museologico), Mario Panico (da quello semiotico) o Massimiliano Azzolini (da quello architettonico) conosce e partecipa a network internazionali.
 

Bibliografia
  • “Memoria e Ricerca”, 2017, 1, (numero speciale History Museums and Public History ).
  • M. Di Giacomo, Servono ancora i musei di storia?, in Public History. Discussioni e pratiche, Mimesis, Milano 2017, pp.269-278.
  • R. Grandi, Musei: decostruzione e ricostruzione di senso, in Comunicazione storica, Clueb, Bologna 2021, pp. 147-160.
  • G. Guerzoni, a cura di, Museums on the map 1995-2012, Allemandi, Torino 2014.
  • S. Jaeger, The second world war in the twenty-first-century museum, De Gruyter, Berlin 2020.
  • K. Lowe, Prigionieri della storia, Utet, Torino 2021.
  • I. Porciani, History Museumsin B.Bevernage, N.Wouters (eds), State-sponsored history after 1945, London, Routledge, 2017, pp.373-398.
  • I. Porciani, La nazione in mostra, Musei storici europei, in “Passato e Presente”, 2010, 79, pp. 109-132.
  • X. Roigé i Ventura, De monuments de pedra a patrimoni immaterial, in “Mnemòsine”, 2011, 6, pp. 15-34.
  • K. Walsh, The Representation of the Past. Museums and Heritage in the Post-Modern World, Routledge, London 1992.
Sitografia

 


Note:

[1] T. Judt, Dopoguerra. Come è cambiata l’Europa dal 1945 a oggi, Mondadori, Milano 2007 (e.o. 2005).

[2] F. Focardi, B. Groppo, a cura di, L’Europa e le sue memorie, Viella, Roma 2013

[3] European National Museums [https://ep.liu.se/archive/eunamus/]

[4] European Museums in a age of migration [https://www.mela-project.polimi.it/]

[5] Unsettling Remembering and Social Cohesion in Transnational Europe [http://www.unrest.eu/]

[6] Nel frattempo è stato costruito il Memoriale della Shoah nel 2004, la Topografia del terrore del 2010.

[7] Spunti interessanti si trovano in P. Machcewicz, Eroi e traditori. La “politica della storia” del partito polacco Diritto e Giustizia, in “Qualestoria”, 2021,2, pp. 35-68. Va ricordato che Machcewicz, direttore del museo di Danzica, è stato sollevato dall’incarico dopo un mese dall’apertura dal governo Kaczyński.

[8] A. Feniello, Guida critica alla Casa della Storia Europea, Novecento.org, n. 10, agosto 2018. DOI: 10.12977/nov257

[9] Tra i pochi testi disponibili in italiano si vedano A. Aglan e R. Frank, La guerra-mondo, 1937-1947, Einaudi, Torino 2016 e O. Wieviorka, Storia della Resistenza nell’Europa occidentale 1940-1945, Einaudi, Torino 2017. Ma si veda anche H. Kochanski, Resistance. The underground war in Europe, Allen Lane, London 2022.

[10] La casa de papel (Alex Pina, Spagna, 2017-2021). Sul punto si soffermano due documentari usciti nel 2021: Bella Ciao. A song for rebellion di Andrea Vogt; e Per la libertà di Giulia Giapponesi. Nella vasta letteratura disponibile, si veda ora I.Tomatis, Bella ciao, Il Saggiatore, Milano 2024.

[11] European Observatory on Memories [https://europeanmemories.net/]

[12] The International Committee of Memorial and Human Rights Museums.[https://icmemo.mini.icom.museum/]

[13] Gruppo di accademici ed esperti museali che mira a comprendere – e influenzare – il modo in cui la Resistenza è rappresentata nei musei europei.

[14] https://www.liberationroute.com/

[15] P.Pezzino, Paesaggi della memoria, Ets, Pisa 2017.

[16] L.Fratangelo, Bella ciao, Al Around, Roma 2023.

[17] https://museonazionaleresistenza.it/

[18] E.Alessandrone Perona, La Resistenza nei musei, in “Passato e Presente”, 1998, 45, pp. 135-148; Id., La Resistenza e i suoi luoghi di memoria, in A.Agosti, C. Colombini, a cura di, Resistenza e autobiografia della nazione, Seb27, Torino 2012, pp. 80-102.

[19] C.Silingardi, Musei della Resistenza e politiche della memoria. Il caso dell’Emilia Romagna, in “Italia contemporanea”, 2008, 251, pp. 275-298; e Id., Alle spalle della Linea Gotica, Artestampa, Modena 2009.