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Una primavera al femminile? Donne alla conquista di uno spazio nelle rivolte arabe

Testo per i professori

 

Una primavera al femminile? Donne alla conquista di uno spazio nelle rivolte arabe

 

Giornalisticamente è stata definita la “Primavera araba”: un’ondata di rivolte civili che ha attraversato il Maghreb a partire dalla fine del 2010, provocando in alcuni Paesi della zona cambiamenti anche radicali nell’assetto istituzionale.

Circa la scintilla che ha dato il via al processo esistono pareri discordi. Noam Chomsky la individua già nella rivolta di Gdeim Izik, alla periferia di El Ayun nel territorio del Sahara Occidentale, dove nel novembre 2010 migliaia di manifestanti di etnia Saharawy si radunano in piazza per rivendicare i propri diritti nell’ambito del decennale conflitto per la stabilizzazione dei confini con il Marocco.

I più indicano invece come data di inizio il 18 dicembre 2010, giorno in cui il giovane tunisino Mohamed Bouazizi si dà fuoco nel centro di Sidi Bouzid come protesta estrema per i maltrattamenti subiti da parte della polizia, innescando l’intero moto di rivolta che si è poi tramutato nella cosiddetta “Rivoluzione dei gelsomini”.

Che sia cominciata a Gdeim Izik o a Sidi Bouzid, la “primavera araba” ha rappresentato probabilmente l’evento geopolitico più importante del 2011, capace di mettere in moto una catena di sollevazioni contro regimi dispotici o dittatoriali nel sud del Mediterraneo di dimensioni tali e con conseguenze tanto profonde da essere paragonabile alla svolta della decolonizzazione. L’espressione “primavera araba” però, non solo è inflazionata, ma con la sua eccessiva sinteticità non riesce a esprimere i contesti variegati in cui le rivolte hanno avuto corso in questi anni, né la complessità dei loro esiti attuali. Si va dalla situazione della Tunisia, protagonista di una transizione democratica relativamente pacifica, alla travagliata repressione che ha caratterizzato l’Egitto del dopo-Mubarak, con il ruolo condizionante dai vertici militari; alla vera e propria rivoluzione che in Libia ha portato all’uccisione del leader Gheddafi, fino alla sanguinosa guerra civile che ancora oggi dilania la Siria.

Tunisia ed Egitto, in particolare, hanno visto protagonista del processo che ha costretto alla fuga i dittatori Ben Ali e Mubarak un movimento popolare diffuso e spontaneo, dotato di una solida capacità di resistenza. E se la vittoria schiacciante dei partiti islamisti alle prime elezioni del nuovo corso è sembrata condizionare notevolmente l’avvio del processo rivoluzionario, non ha in realtà impedito in seguito che esso assumesse un carattere di maggior laicità, nonostante il quadro politico risultasse segnato da una marcata frammentazione dei partiti laici e di sinistra, partiti dallo stile perlopiù elitario, distante dagli umori, dai bisogni e dagli interessi delle classi subalterne.

Se si guarda al caso specifico della Tunisia, il partito Ennahda di chiara connotazione islamista ha ottenuto un massiccio successo sia fra le classi medie che fra i lavoratori salariati anche per una forma di riconoscimento del passato di torture, di carcere e di esilio con cui i suoi membri hanno pagato negli anni la loro coerente opposizione al regime. Probabilmente, poi, Ennahda rappresenta agli occhi di una parte dei tunisini l’immagine della rottura con la dittatura di Ben Ali, oltre che la speranza del ritorno all’ordine dopo l’ondata di scioperi e di proteste che ha logorato un paese in cui la modernità rappresentata da Bourguiba e dal suo successore ha portato profitto solo alle élite borghesi. Dalla modernizzazione infatti è stata esclusa quella parte di popolazione emarginata che – soprattutto nelle campagne e nelle periferie – ha identificato la modernità con la corruzione e il malcostume del regime benalista, radicandosi ancor più nella cultura musulmana di cui Ennahda era emblema.

In Tunisia, in Egitto, in Libia e negli altri paesi dell’area maghrebina, le sollevazioni contro i regimi dittatoriali non sono nate in modo estemporaneo, ma da un lungo esercizio di opposizione politica inaugurato al tempo della lotta anticoloniale e mantenuto vivo in forma carsica nella sotterranea serie di proteste e conflitti sociali periodicamente repressi dai regimi negli anni passati e tenuti nascosti all’Occidente.

Non va dimenticato, inoltre, che alcuni di questi Paesi hanno nel loro recente passato una storia di diritto e di civiltà ben diversa dagli stereotipi che rappresentano il mondo arabo immerso tout-court nelle tenebre dell’oscurantismo, in bilico fra la minaccia del fondamentalismo islamico e l’alternativa di regimi dispotici solo in apparenza moderati, ma in realtà al soldo degli interessi occidentali.

Si pensi alla Tunisia, che nel marzo del ’56, cinque mesi dopo la raggiunta indipendenza, si era dotata di un Codice di Statuto Personale ispirato a principi laici e moderni, uno dei codici più avanzati non solo nel Maghreb, ma nell’intero panorama arabo per la sua audacia riformatrice, soprattutto nei confronti della donna. Nello Statuto personale era prevista l’abolizione della poligamia, l’eliminazione del ripudio, la concessione ai coniugi di pari opportunità nello scioglimento del matrimonio davanti al giudice, alla luce di un riformismo rivoluzionario che cercava di adattare la sharia ai tempi moderni. Tre anni dopo, la Tunisia si dotava poi di una Costituzione in cui si affermava che “i cittadini sono uguali nei diritti e nei doveri, e sono eguali davanti alla legge”, e che “la Repubblica tunisina garantisce il rispetto del pensiero e la libertà di credenza”, assicurando per tutti “la libertà di culto”.

O si guardi all’Algeria, la cui Costituzione dal 1963 sancisce all’art. 12 che “tutti i cittadini dei due sessi hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri”, indicando nella “difesa della libertà” e nel “rispetto della dignità di ogni essere umano” due dei compiti fondamentali dello Stato[1]. Ma si potrebbe citare ancora l’Egitto, che nella premessa della sua Carta scrive nel 1956: “Noi, popolo egiziano, crediamo che ogni individuo ha diritto al suo oggi e al suo domani, alla propria fede e alla propria opinione, diritto sul quale non potranno mai dominare altro che ragione e coscienza”.

A partire dal 2011, dopo la caduta dei vecchi regimi, un po’ ovunque i movimenti islamisti, e in particolare quelli di ispirazione neo-salafita, sono entrati in forze nei nuovi organi costituenti e legislativi per intervenire nel processo di revisione delle Costituzioni, nel tentativo di ripristinare su più fronti norme e principi di carattere confessionale.

Si è così acceso un conflitto all’interno di questi Paesi tutto centrato sulla questione cardine della laicità dello Stato, conflitto dai molti riflessi sui piani più svariati, non ultimo quello del ruolo della donna e del suo statuto giuridico. Tanto in Egitto quanto in Tunisia, sono stati numerosi gli emendamenti che proponevano di modificare il termine “uguaglianza” tra uomo e donna con il termine “complementarietà”, chiedendo di ridurre a questione privata le mutilazioni genitali, ripristinando il diritto di famiglia di matrice patriarcale, scatenando l’opposizione di movimenti femministi[2] e partiti laici.

Per quanto concerne questo aspetto, i problemi sollevati non sono di facile soluzione. La partecipazione femminile è stata fondamentale per il successo delle rivolte arabe, già a partire da Gdeim Izik, ma i risultati rischiano di non essere all’altezza delle aspettative. La donna araba rischia oggi di essere l’anello fragile della catena, schiacciata tra i vecchi regimi (dittatoriali ancorché aperti al riconoscimento della dignità della donna a partire da un’istanza di occidentalizzazione e modernizzazione, anche solo virtuale) e il successo dei nuovi movimenti, sostenitori di una maggiore partecipazione e di una gestione del potere più condiviso, ma orientati verso una pericolosa confessionalizzazione della politica contraria all’uguaglianza dei diritti.

I documenti presentati intendono suggerire una possibile riflessione al riguardo su più livelli.

In primo luogo vogliono porre l’attenzione sulla difficile situazione delle donne e sul delicato ruolo che rivestono in questo momento di transizione per la costruzione di una società non solo rispettosa del principio dell’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna, ma più in generale capace di aprirsi al principio dell’inclusività.

In secondo luogo intendono sollecitare una riflessione sul problematico principio della laicità dello stato, ponendolo a confronto con il più generale tema della modernità.

Infine vorrebbero far emergere la difficoltà di leggere e interpretare situazioni storico-geografiche differenti a partire da criteri che non tengano conto della disomogeneità del contesto. Nel caso dei processi di democratizzazione, ad esempio, là dove la democrazia è figlia di percorsi dialettici di partecipazione sorti dal basso e dall’interno, l’analisi va sottratta a una declinazione astratta e collocata entro la concretezza delle dinamiche sociali peculiari di questo o quel paese.

Come dice Annamaria Rivera, “i processi rivoluzionari si dispiegano in archi di tempo assai lunghi, se non epocali. E ogni insorgenza rivoluzionaria è insidiata da una contro-rivoluzione che tende a divenire più o meno permanente. Ma, comunque vada a finire, resterà il fatto che le rivolte o rivoluzioni sono state una straordinaria esperienza di presa di parola collettiva nonché di formazione politica per un gran numero di persone, soprattutto giovani e donne. Qualunque sbocco avranno le transizioni, le popolazioni in rivolta, costituite dalle più varie categorie sociali, hanno dato prova di notevole maturità democratica. Sebbene per decenni ingabbiate, represse, sottoposte al terrore di Stato, auto-organizzandosi hanno sfidato collettivamente i regimi, si sono appropriate della parola e dello spazio pubblico per reclamare giustizia e dignità, rispetto e libertà.

Come definire tutto ciò se non come un esperimento di democrazia partecipativa? È anche questo che fa ritenere che, al di là dei limiti e delle difficoltà dei movimenti popolari e i possibili tradimenti delle aspirazioni che ne hanno caratterizzato la fase emergente, un nuovo periodo storico si sia aperto”[3].

Bibliografia

Saggi e articoli

  1. ARUFFO, Donne e Islam. Datanews, Short Books, 2000
  2. GRUBER, Figlie dell’islam. La rivoluzione pacifica delle donne musulmane. BUR, 2007
  3. PEPICELLI, Femminismo islamico. Corano, diritti e riforme. Carocci, 2010
  4. PEPICELLI, Il velo nell’Islam, Storia, politica, estetica. Carocci, 2012
  5. D. QUIRICO, Primavera araba. Le rivoluzioni dall’altra parte del mare. Bollati-Boringhieri, 2011
  6. Limes. Rivista di geopolitica. Ampie monografie nei nn. 3/2011, 5/2012, 1/2013, 7/2013

Risorse on line

  1. http://temi.repubblica.it/limes/tag/primavera-araba
  2. http://www.internazionale.it/tag/primavera-araba

Materiali per lo studio di caso

Vengono qui presentati documenti che intendono suggerire una possibile riflessione su più livelli.

1) In primo luogo vogliono porre l’attenzione sulla difficile situazione delle donne e sul delicato ruolo che rivestono in questo momento di transizione per la costruzione di una società non solo rispettosa del principio dell’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna, ma più in generale capace di aprirsi al principio dell’inclusività.

2) In secondo luogo intendono sollecitare una riflessione sul problematico principio della laicità dello stato, ponendolo a confronto con il più generale tema della modernità.

3) Infine vorrebbero far emergere la difficoltà di leggere e interpretare situazioni storico-geografiche differenti a partire da criteri che non tengano conto della disomogeneità del contesto. Nel caso dei processi di democratizzazione, ad esempio, là dove la democrazia è figlia di percorsi dialettici di partecipazione sorti dal basso e dall’interno, l’analisi va sottratta a una declinazione astratta e va collocata entro la concretezza delle dinamiche sociali peculiari di questo o quel paese.

 

Documento 1: Cartina delle rivolte arabe

Documento 2: Immagine di donne protagonista delle manifestazioni di piazza Tahrir al Cairo

Documento 3: Estratto dei testi delle costituzioni di alcuni Paesi arabi

Documento 4: Immagine delle recenti manifestazioni in Egitto per la vittoria di Abdel Fattah al Sisi

Documento 5: La donna nel libro verde di Gheddafi

Documento 6: Donne egiziane in coda per le elezioni del 2014

Documento 7: Intervista a Sihem Bensedrine, tunisina, giornalista, attivista per la difesa dei diritti umani

Documento 8: Intervista a Sally Toma, attivista, psichiatra, esperta in riabilitazione di vittime di violenza

Documento 9: Intervista a Tahar Ben Jelloun, giornalista e scrittore

Testo per gli allievi

Una primavera al femminile? Donne alla conquista di uno spazio nelle rivolte arabe

Il mondo arabo, in particolare il Maghreb sulla sponda meridionale del Mediterraneo, si trova a una svolta: dopo l’ondata delle rivolte note globalmente con il nome di “Primavere arabe” che hanno spodestato i dittatori al potere da decenni in alcuni Paesi della zona, i protagonisti della nuova scena politica si trovano a intervenire sulle Costituzioni e sui sistemi istituzionali per renderli rispondenti alle istanze di chi ha partecipato alle sollevazioni popolari scoppiate a fine 2010.

La componente femminile ha contribuito in modo decisivo al successo di questo movimento ampio e trasversale: migliaia di donne sono scese in strada accanto agli uomini, hanno manifestato, soccorso i feriti, raccolto partecipazione per la stesura delle liste elettorali; hanno chiesto giustizia per figli, mariti, fratelli scomparsi o uccisi; hanno subito violenze, arresti ingiustificati e maltrattamenti; ma soprattutto hanno rivendicato maggiori diritti, uguaglianza di genere nel lavoro, nella scuola, nell’economia. Dopo la caduta dei vecchi regimi però, un po’ ovunque sono entrati in forze nei nuovi organi costituenti e legislativi i rappresentanti dei movimenti islamisti che vorrebbero intervenire nel processo di revisione delle Costituzioni nel tentativo di ripristinare su più fronti norme e principi di carattere confessionale. Si è così acceso un conflitto all’interno di questi Paesi tutto centrato sulla questione cardine della laicità dello Stato, conflitto dai molti riflessi sui piani più svariati, non ultimo quello del ruolo della donna e del suo statuto giuridico.

Ora quindi, a tre anni dall’inizio di questo processo, quelle stesse donne scese in piazza per protestare guardano con apprensione alla fase costituente delle nuove democrazie, come anelli deboli di una catena schiacciati tra i vecchi regimi (dittatoriali ancorché aperti al riconoscimento della dignità della donna a partire da un’istanza di occidentalizzazione e modernizzazione, anche solo virtuale) e il successo dei nuovi movimenti, sostenitori di una maggiore partecipazione e di una gestione del potere più condiviso, ma orientati verso una pericolosa confessionalizzazione della politica contraria all’uguaglianza dei diritti.

Dossier

Documento 1

Documento 2

"Flickr - Kodak Agfa - All ladies against Mubarak" by Kodak Agfa from Egypt - All ladies against Mubarak. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons.

Donne in piazza Tahrir, al Cairo – credito foto: “Flickr – Kodak Agfa – All ladies against Mubarak” by Kodak Agfa from Egypt – All ladies against Mubarak. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons.

Documento 3

“Noi, popolo egiziano, crediamo che ogni individuo ha diritto al suo oggi e al suo domani, alla propria fede e alla propria opinione, diritto sul quale non potranno mai dominare altro che ragione e coscienza”.     [Costituzione della repubblica egiziana, 1956]


“I cittadini sono uguali nei diritti e nei doveri, e sono eguali davanti alla legge”.


“La Repubblica tunisina garantisce il rispetto del pensiero e la libertà di credenza, e assicura per tutti la libertà di culto”.   [Costituzione della repubblica tunisina, 1959]


“Tutti i cittadini dei due sessi hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri”;


“Lo Stato ha tra i suoi compiti fondamentali la difesa della libertà e il rispetto della dignità di ogni essere umano”. [Costituzione della Repubblica d’Algeria, 1963]

Documento 4

Donne egiziane al voto - credito foto: "Lines waiting to vote" by Mona - Flickr: Lines waiting. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons.

Donne egiziane al voto – credito foto: “Lines waiting to vote” by MonaFlickr: Lines waiting. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons.

Documento 5

“La donna è un essere umano e l’uomo è un essere umano. Su ciò non esiste disaccordo né dubbio alcuno. La donna e l’uomo, dal punto di vista umano, ovviamente sono uguali. Fare una discriminazione tra uomo e donna sul piano umano è un’ingiustizia clamorosa e senza giustificazione. La donna mangia e beve come mangia e beve l’uomo. […]. La donna pensa, apprende e capisce come pensa, apprende e capisce l’uomo. La donna ha bisogno di alloggio, di vestiario e di mezzo di trasporto come ha bisogno l’uomo. La donna ha fame e ha sete come ha fame e ha sete l’uomo. Ma allora perché esiste l’uomo e perché esiste la donna? […]

Ciascuno dei due non è l’altro, e fra i due vi è una differenza naturale, la cui prova è l’esistenza dell’uomo e della donna assieme nel creato. Ciò di fatto significa che per ciascuno dei due esiste un ruolo naturale che si differenzia conformemente alla diversità dell’uno rispetto all’altro. Dunque è assolutamente necessario che vi sia una condizione che ciascuno dei due vive, e in cui svolge il suo ruolo diverso dall’altro. E tale condizione deve differire da quella dell’altro, in ragione del diverso ruolo naturale proprio di ciascuno. […]

È necessario che ciascuno dei due adempia al ruolo per il quale è stato creato, senza rinunciavi; poiché il rinunciarvi, sia pure in parte, si verifica solo per circostanze di forza maggiore, ovvero in una situazione anomala. La donna che rifiuta la gravidanza e il matrimonio, oppure l’ornamento e la leggiadria per motivi di salute, rinuncia al suo ruolo naturale nella vita per la circostanza di forza maggiore della salute. La donna che rifiuta la gravidanza e il matrimonio oppure la maternità etc. a causa del lavoro, rinunzia al suo ruolo naturale. La donna che rifiuta la gravidanza, il matrimonio o la maternità etc, senza alcuna causa concreta, rinuncia al suo ruolo naturale per una circostanza di forza maggiore dovuta alla deviazione ideale rispetto alla regola della natura costitutiva. […]

Non vi è differenza nei diritti umani fra l’uomo e la donna e fra l’adulto e il bambino, ma non vi è eguaglianza completa fra loro per i doveri cui devono assolvere”.

[Dal Libro verde del Colonnello Gheddafi]

Documento 6

Sostenitori del nuovo presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi festeggiano i risultati delle elezioni a piazza Tahrir, al Cairo, il 29 maggio 2014 - credito foto: „Pro-government crowds gather in Tahrir Square - Cairo - 25-Jan-2014“ von Hamada Elrasam for VOA - http://gdb.voanews.com/BDB12AEC-CF19-4A8C-A522-B7C05B884AF0_mw1228_mh548_s.jpg. Lizenziert unter Gemeinfrei über Wikimedia Commons.

Sostenitori del nuovo presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi festeggiano i risultati delle elezioni a piazza Tahrir, al Cairo, il 29 maggio 2014 – credito foto: „Pro-government crowds gather in Tahrir Square – Cairo – 25-Jan-2014“ von Hamada Elrasam for VOA – http://gdb.voanews.com/BDB12AEC-CF19-4A8C-A522-B7C05B884AF0_mw1228_mh548_s.jpg. Lizenziert unter Gemeinfrei über Wikimedia Commons.

Documento 7

“Noi ex dissidenti soffriamo quando sentiamo che in Occidente si dice che in Tunisia si stava meglio quando si stava peggio. La democrazia non porta benefici solo ai democratici! È normale che tra tanta crisi e disoccupazione, movimenti come i salafiti o gli estremisti trovino terreno fertile. Ma il nuovo contesto di libertà ci permette di ottenere nuovi risultati o di rigettare pessime proposte. Quando si è tentato di scrivere la parola “complementarità” al posto di “uguaglianza” di genere o di inserire la Shari’a, o di limitare la libertà di espressione all’”attacco del sacro” nel dettato costituzionale, abbiamo reagito poderosamente. Donne e uomini, siamo scesi ancora in piazza; e abbiamo vinto”.

[Sihem Bensedrine, tunisina, giornalista, attivista per la difesa dei diritti umani, in esilio a seguito di minacce di morte sotto Ben Ali e di recente tornata in patria come direttrice di Radio Kalima][4]

Documento 8

“Sono donna e copta e non è facile per me come per tantissime altre persone vivere in Egitto in questa fase. Sta scorrendo troppo sangue e non abbiamo un esecutivo in grado di fermare questo drammatico flusso. A piazza Tahrir, fin dall’inizio, ci siamo trovati forse uniti come non mai. Nonostante le autorità copte la domenica a messa ci dicessero di desistere e mollare le rivolte, moltissimi cristiani sono scesi per strada a fianco di islamici, progressisti, laici, uomini, donne e bambini. Al momento, noi copti (dopo che i nostri rappresentanti, come quelli di altri gruppi, si sono ritirati dall’Assemblea Costituente per protesta) politicamente non esistiamo, mentre i nostri luoghi sono attaccati giorno dopo giorno (di recente anche la comunità copta in Libia è stata fatta oggetto di gravi attentati). Ma oggi parlo come egiziana, come cittadina. I diritti che richiedo non sono per le donne, né per i copti. Ma per tutti”.

[Sally Toma, attivista, psichiatra, esperta in riabilitazione di vittime di violenza e tortura, membro della comunità copta egiziana. I copti sono cristiani][5].

Documento 9

“Grazie all’impegno della società civile, e in particolare alle lotte delle donne, la Tunisia è riuscita a rispedire nelle moschee il partito islamista Ennahda, aprendo al tempo stesso il Paese alla modernità. Uguaglianza di diritti significa che non vi potrà più essere poligamia né ripudio. […]

L’uguaglianza è altresì un passo verso la parità in materia di rappresentanza e di remunerazione. In Europa gli uomini sono tuttora meglio retribuiti delle donne per lo stesso incarico. Sarà forse proprio la Tunisia a dare l’esempio con un cambio radicale, superando pregiudizi e arcaismi.

Ma è precisamente l’uguaglianza di diritti tra uomo e donna che gli islamisti non possono accettare. […]

La lotta delle tunisine per la liberazione dell’uomo e della donna non data da ieri. Fin dagli anni 1960 il presidente Habib Bourguiba (1903-2000) lanciò un programma di liberazione della società tunisina, dopo aver dato alla Tunisia il suo primo codice della famiglia, il più progressista del mondo arabo. Il “codice di statuto personale”, promulgato il 13 agosto 1956, ha costituito un passo essenziale sulla via della modernizzazione, seguito da un tentativo di laicizzare la società. […]

La nuova Costituzione tunisina segna una data importante nella storia di una primavera che rischiava di trasformarsi in un inverno da incubo. Peraltro tutto è ancora in gioco: la partita non è ancora vinta. Le forze regressive non hanno abbassato le armi, i salafiti non sono scomparsi dal paesaggio tunisino. […]

Se la Tunisia riuscirà a consolidare questo cambiamento della propria Costituzione e a metterlo in pratica, sarà tutto il mondo arabo a entrare nel mirino: soprattutto la vicina Algeria, le cui leggi sulla famiglia sono le più retrograde del Maghreb; ma anche il Marocco, che pur avendo cercato di modificare il proprio “codice di statuto personale” non ha osato affrontare la questione dell’eredità.

I Paesi del Golfo, e in particolare il Qatar e l’Arabia Saudita seguono il rigido rito wahabita, dogmatico e retrogrado, che data dal XVIII secolo. […] Nel prossimo futuro vedremo come reagiranno alla straordinaria svolta storica di una nazione che ha scelto la via della laicità. Non il rifiuto della religione, ma la separazione tra la sfera pubblica e quella privata, con la libertà di credere o di non credere.

[Tahar Ben Jelloun, giornalista e scrittore][6]

Attività didattica
  1. Contestualizzazione

Ricostruisci, attingendo alle fonti che ritieni più appropriate, l’ordine cronologico delle tappe salienti della Primavera araba e collocali sull’asse del tempo. Individua poi i collegamenti fra gli eventi storici e i documenti riportati.

  1. Rapporto fra testo e documenti

Nel testo si accenna al fatto che alcuni di questi Paesi hanno nel loro recente passato una storia di diritto e di civiltà ben diversa dagli stereotipi che rappresentano il mondo arabo immerso tout-court nelle tenebre dell’oscurantismo. Trova indicazioni in tal senso nei documenti forniti.

  1. Lavoro sui documenti

– Ricava dai documenti forniti alcune indicazioni circa il principio dell’inclusività su cui stanno

lavorando alcuni di coloro che stanno scrivendo le nuove Costituzioni nei Paesi investiti dalla

“Primavera araba”

– Ben Jelloun dice nella sua intervista che “La nuova Costituzione tunisina segna una data

importante nella storia di una primavera che rischiava di trasformarsi in un inverno da incubo”.

Cerca nei documenti indicazioni per capire di cosa sia metafora il termine “inverno”.

  1. Integrazione del testo

Il Libro verde del defunto leader libico Gheddafi parla in termini ambigui dell’uguaglianza tra uomo e donna. Individua i termini di tale ambiguità, prova a inserire un breve paragrafo al riguardo, e inseriscilo poi opportunamente nel testo introduttivo.


Note

[1] Nel parlamento algerino siedono ben 148 donne su 462 deputati, con una percentuale superiore al 30% del totale: è un dato ben lontano anche dalla situazione di molti Paesi occidentali. Probabilmente incide quanto accaduto nel recente processo di decolonizzazione, in cui le donne hanno avuto un ruolo importante quando vestite con abiti occidentali entravano nei locali frequentati dai Francesi per collocare bombe e ordigni già innescati; o ancora l’elevato numero di donne promosse al grado di ufficiali nella Polizia.

[2] Che esista un femminismo arabo è fatto forse poco noto in Occidente. In realtà è diffuso da tempo un movimento di emancipazione che pur avendo raggiunto livelli di solida organizzazione solo nel XX secolo, ha mosso i suoi primi passi già nell’Ottocento durante la cosiddetta“nahada”, periodo di rinnovamento sociale diffusosi nel Maghreb a partire da Siria ed Egitto. Andando a ritroso è possibile ad esempio scoprire la fondazione nel 1873 della prima scuola elementare femminile, voluta dal governatore d’Egitto Muhammad ‘Alī, o trovare notizie circa l’attività di Hodā Sha’rāwī, prima femminista araba nata nel 1879.

[3] A. RIVERA, 2011: l’anno della Primavera araba, in Micromega-online, 5 gennaio2012

[4] Cfr l’intervista completa in http://temi.repubblica.it/limes/la-primavera-araba-dipende-dalle-donne/43760?printpage=undefined

[5] Ivi

[6] Cfr l’intervista completa in: http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle- idee/ mondo/2014/01/21/news/la_costituzione_tunisina_rivoluzionaria-76533560/

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Dati articolo

Autore:
Titolo: Una primavera al femminile? Donne alla conquista di uno spazio nelle rivolte arabe
DOI: 10.12977/nov80
Parole chiave: ,
Numero della rivista: n. 4, giugno 2015
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Una primavera al femminile? Donne alla conquista di uno spazio nelle rivolte arabe, Novecento.org, n. 4, giugno 2015. DOI: 10.12977/nov80

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