Le Pietre d’inciampo e la memoria della deportazione politica e militare
Inserito nel dossier “Le Pietre d’inciampo in Italia”
Le Pietre d’inciampo sono poste là dove ebbe inizio la deportazione per tante categorie di perseguitati e, proponendo un concreto intreccio fra memoria e storia, indicano delle vere e proprie “ferite della città” che rinviano a loro volta a una dimensione più ampia, di ambito europeo, riguardante l’articolato quadro della repressione e delle vittime del nazismo.
Gli Stolpersteine presenti in Italia dal 2010, grazie al progetto “Memorie d’inciampo”1 curato dall’associazione “Arte in memoria”2 che per prima ha proposto questa importante iniziativa nel nostro Paese, sono tasselli fisici e simbolici che, con la loro presenza discreta, ricordano davanti ai luoghi della quotidianità, le case dove vivevano come i luoghi dove lavoravano o furono detenuti, famiglie o singole persone deportate. La Pietra, posta tra il crinale fra la normalità e il baratro, come ricordato da Adachiara Zevi3, costituisce un banco di prova della coscienza e della sensibilità di ognuno come di una collettività, l’inciampo quindi, come una cesura della distrazione, come un’interruzione del passo che fa istintivamente voltare, che costringe a tornare indietro con la mente, a ripensare a cose avvenute e a fare esercizio di memoria. Il valore delle Pietre d’inciampo quali tessere della memoria cittadina fa sì che, come è successo a Roma, alcune di queste siano state installate da singoli promotori, amici o associazioni cittadine, per ricordare anche altre figure vittime della repressione nazifascista: è il caso degli Stolpersteine apposti davanti alle case di alcune delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine4 ad integrare quindi, in una sola rete urbana, la memoria della deportazione, ebraica, politica e militare, con quella delle stragi nazifasciste.
Percorsi didattici
L’intento etico-artistico proposto nel corso degli anni da Gunter Demnig ben si coniuga con l’intento della legge istitutiva del giorno della memoria (211/2000), dove sono sollecitati, fra l’altro, nelle scuole: «incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione [ … ] su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti [ … ] » (art.2). Le Pietre d’inciampo, infatti, ricordano tutte le tipologie dei deportati e possono quindi far conoscere più da vicino nelle scuole anche le vicende delle altre forme di deportazione, quella politica e quella militare, allargando quindi la prospettiva a tutte le vittime di questa vicenda.
Il percorso didattico ha molti tratti in comune con quello legato alla memoria della deportazione ebraica e si rivela particolarmente significativo, indipendentemente dall’esito finale di un eventuale “viaggio della memoria”.
Una prima fase prevede, anche in questo caso, un lavoro d’inquadramento storico, al quale si affianca quello d’indagine sulla singola figura come sui più complessivi avvenimenti che l’hanno coinvolto; l’incontro con testimoni o con quanti hanno commissionato la Pietra, familiari, associazioni o singoli cittadini, è una successiva tappa di questo progetto. La partecipazione degli studenti in occasione della posa delle Pietre, con letture di brani o di anticipazioni della ricerca in corso, musiche o reportage fotografici, costituisce anch’essa parte integrante del laboratorio. Quanto realizzato dai ragazzi, il cosiddetto “prodotto finale”, può essere vario: dalla realizzazione di pannelli5 e disegni, a semplici cronache, a biografie dei deportati o ricostruzioni degli avvenimenti che li hanno coinvolti, affidate anche a forme espressive, particolarmente incisive, come quella degli alunni della scuola media “Giorgio Perlasca” di Roma6.
Per quanto riguarda la deportazione militare, nel 2010 nel corso della prima edizione dell’iniziativa, una Pietra d’inciampo è stata posta davanti alla casa del colonnello Eugenio Palladini, catturato e deportato insieme con il suo reggimento, dopo l’8 settembre ’43. In tale occasione con diverse metodologie, ma con altrettanta intensità, due scuole hanno proposto un loro percorso di approfondimento, e se i bambini della classe V della scuola primaria “Ada Negri” hanno affidato alle matite, a una lettera e a una breve sintesi le loro riflessioni7, i ragazzi del Liceo Artistico “Giorgio de Chirico” hanno legato, nel loro percorso laboratoriale, la vicenda di Palladini con quella del figlio, Arrigo, giovane ufficiale passato nelle fila dell’antifascismo e imprigionato nel carcere di via Tasso8, dove furono rinchiusi numerose figure attive nella Resistenza romana. Altre Pietre d’inciampo sono presenti, sempre a Roma, davanti alla caserma dei Carabinieri “Orlando De Tommaso”, e ricordano la deportazione “dimenticata”, per usare le parole di Anna Maria Casavola9, di più di 2000 appartenenti all’Arma avvenuta il 7 ottobre ’43. In occasione della posa di undici Stolpersteine, i ragazzi della scuola media “G.G. Belli” hanno letto alcune delle loro ricerche svolte; il progetto – poi proseguito con l’incontro con Abramo Rossi, un allievo della caserma deportato in tale occasione –, è confluito successivamente in una rete più ampia di ricerca riguardante le vicende del quartiere romano di Prati, dove si trova anche la caserma, nel periodo dell’occupazione10. I percorsi didattici sollecitati dalle Pietre d’inciampo hanno quindi il merito di allargare lo sguardo e la curiosità verso altri segni urbani: lapidi, toponomastica, intitolazione di edifici pubblici, legati a questo periodo storico. La vicenda di Teofrasto Turchetti, un giovane militare di leva deceduto nel 1945 nel corso del suo internamento, ricordata ora da una Pietra d’inciampo, riconferma che il valore del progetto didattico, curato dagli studenti del liceo scientifico “M. Malpighi”11, risiede anche nel poter accedere a tante singole esperienze confinate per decenni al solo ambito della memoria famigliare, favorendone la condivisione.
Fra le altre città che hanno accolto gli Stolpersteine, anche Brescia e la sua provincia hanno declinato questa pluralità di memoria e di memorie ed anche qui è stato dato spazio per le riflessioni e le indagini, curate dai ragazzi di diverse scuole del territorio, riguardanti deportati ebrei, politici e militari12: i diversi percorsi didattici hanno così trovato una loro complessiva unità nell’appropriarsi, da parte degli studenti, delle vite incise sulle Pietre, di una assunzione della responsabilità della memoria, quale patrimonio di una collettività.
Scoprire, curare e conservare le Pietre d’inciampo. Un altro aspetto della didattica.
Gli Stolpersteine del proprio quartiere e della propria città offrono un immediato impatto cognitivo, che non si esaurisce certo in occasione della loro posa e dei progetti didattici a essa correlati. Quanto proposto, a Roma il 20 ottobre 2014, nel corso della manifestazione “Lustrare ed illustrare”13, quando i numerosi sampietrini presenti nel quartiere ebraico sono stati ripuliti da ragazzi di classi di differenti ordini di studio, proponendo nel contempo dei percorsi guidati, può essere agilmente replicato in altre, si spera molte, occasioni; in questo caso, sarà la semplice cura della Pietra e la parallela conoscenza della vicenda della vittima14, a costituire un efficace momento di condivisione della memoria e della storia racchiuse nel sampietrino d’ottone.
Accanto a questa iniziativa piace ricordare anche la “vigilanza attiva” svolta da ragazzi già a conoscenza delle Pietre d’inciampo presenti nel loro territorio: la ricollocazione dello Stolperstein dedicato a don Pietro Pappagallo si deve anche all’attenzione degli alunni della vicina scuola “G. Mazzini”15, che ne avevano segnalato la scomparsa.
L’integrazione del sampietrino in uno specifico territorio si presenta inoltre come un facilitatore di domande e ricerche dove le singole e frammentate memorie dei testimoni trovano poi un riscontro in recenti studi storici; le risorse multimediali, inoltre, permettono di attivare nuove modalità di presentazione da parte dei ragazzi coinvolti nel laboratorio: è il caso del significativo “video fotoromanzo” realizzato dai ragazzi della 2 C della Scuola media “Giorgio Perlasca” (a.s. 2011-12) che ricorda la vicenda di Fausto Iannotti, un giovane di sedici anni della borgata di Pietralata, deportato come politico da Roma il 4 gennaio ’4416, progetto grazie al quale gli studenti sono andati al di là delle singole memorie del quartiere e dei ricordi di famiglia.
Il valore delle Pietre non si esaurisce quindi nel progetto legato alla loro posa, né tanto meno alle iniziative del “27 gennaio e dintorni”: proprio perché “attivatori di memoria”, come affermato da Adachiara Zevi nella sua introduzione, esse sono presenti nelle nostre strade per sollecitare, in qualsiasi momento della didattica, domande e curiosità: ai docenti di sostenere i ragazzi in un lavoro che affianchi la ricerca di singoli dati biografici, reperibili da specifici repertori cartacei e on line17, monografie18o memorie familiari, a una contestualizzazione e riflessione più ampia e ad una consapevolezza del passato, che faccia sì che le vicende che quei nomi racchiusi siano presi in carico dalle nuove generazioni.
Note
1 Il verbo stolpern, presenta nella sua forma attiva il significato di: attivare la memoria, mentre significa inciampare nella forma passiva; tutte e due queste valenze si riflettono pienamente nel nome stesso del progetto.
2 Una presentazione del progetto da parte della promotrice, Adachiara Zevi, è proposta su YouTubehttps://www.youtube.com/watch?v=EoUvprPRQTo, in particolare a partire dal min.2.56.
3Adachiara Zevi, Monumenti per difetto, Donzelli, Roma 2014, in particolare pp.VII-X; importanti riflessioni anche in Elisa Guida, Inciampare nella memoria: l’esperienza degli Stolpersteine come «superamento del passato», in OS Officina della Storia, Aprile 2014, http://www.officinadellastoria.info/magazine/index.php?option=com_content&view=article&id=407:indice-n132015&catid=61:sommario&Itemid=89
4 È ad esempio il caso di Gioacchino Gesmundo, don Pietro Pappagallo, Cesare Astrologo, Maurizio Giglio, Paolo Petrucci ai quali sono state dedicate, nel corso degli anni, delle Pietre d’inciampo.
6 Vedi più avanti.
9Proprio per merito dell’ampia ricerca di Anna Maria Casavola, 7 ottobre 1943. La deportazione dei Carabinieri nei lager nazisti, edizioni Studium, Roma 2008, 2 ed. Roma 2010, l’intera vicenda è ora nota e acquisita; notizie in rete, a cura della stessa Casavola, in http://anpi.it/media/uploads/patria/2009/1/27-36_CASAVOLA.pdf. Per il progetto svolto dalla scuola media “Belli” oltre a : http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/scuole_2010/scuola_belli.htm
10Si tratta del progetto “Prati di memoria” da me seguito nell’ a.s. 2009-2010: http://www.scuolabelli.it/belli/attivita_progetti_prati-di-memoria.php.
11Laboratorio di storia condotto dalle docenti Cristina Mattiello e Fiorella Vegni http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/scuole_2012/scuola_malpighi2012.htm.
12 Si veda l’iniziativa di Sarezzo realizzata nel 2012 http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/instal_sarezzo/sarezzo_t.htm . Per le Pietre d’inciampo installate a Brescia, a Gavardo e Adro si può vedere, oltre al lavoro di indagine storica presente in http://www.comune.brescia.it/news/News2015/Gennaio/Documents/programma%20Pietre%20d’inciampo.pdf; quanto scritto dai ragazzi delle scuole medie in http://www.icfranchibrescia.gov.it/media/2012-2013/pietre_d_inciampo/riflessioni.asp
13Cfr. la galleria fotografica in http://www.arteinmemoria.com/memoriedinciampo/lustrare_illustrare/galleria_lustrare_e_illustrare_2014.htm
14 Per le vittime della Shoah italiana, le lunghe ricerche compiute da Liliana Picciotto hanno adesso una loro ospitalità in rete nel sito http://www.nomidellashoah.it/. I rispettivi Istituti della rete possono inoltre, a seconda della tipologia del deportato, indicare e sostenere peculiari percorsi di ricerca, di ambito locale,
15Installata nel gennaio 2012 davanti all’ex convento del Bambin Gesù, dove don Pietro ha svolto la sua opera, la Pietra era stata successivamente rimossa per lavori stradali, ed in seguito ricollocata. Nel corso di un percorso della memoria svolto nel quartiere, gli studenti si sono accorti della sua assenza sollecitando in tal modo l’intervento delle locali autorità che hanno provveduto a riposizionarla in occasione dell’anniversario della strage delle Fosse Ardeatine.
17 Per la deportazione politica i volumi della serie Il libro dei deportati. Ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, Mursia, Milano 2009-2015.
18 Per l’internamento militare, M. Avagliano – M. Palmieri, Gli internati militari italiani. Diari e lettere dai lager nazisti. 1943-1945, Einuadi, Torino 2009.
Crediti della foto: „Stolperstein Johanna Messer, Ausstellungsstück. ELDE-Haus Köln“ von © 1971markus@wikipedia.de. Lizenziert unter CC-BY-SA 4.0 über Wikimedia Commons.