Le Pietre d’inciampo a Torino
Inserito nel dossier “Le Pietre d’inciampo in Italia”
Nel gennaio 2015 gli Stolpersteine, le opere d’arte memoriale “diffusa” e “partecipata” create da Gunter Demnig per ricordare le vittime della deportazione nazista, sono state posate a Torino all’interno di un progetto che ha visto come promotori e sostenitori il Museo diffuso della Resistenza, la Comunità ebraica, il Goethe Institut e l’Aned, in stretta collaborazione con l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Istoreto) e l’adesione di numerosi enti. L’iniziativa ha avuto il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte, Fondazione Crt, Città di Torino.
Il progetto
La preparazione del progetto è iniziata nel 2014, con un seminario a cui hanno partecipato tutti gli enti coinvolti e i soggetti interessati sul territorio e che ha visto la presenza e la testimonianza dei referenti delle esperienze già effettuate a Roma e a Monaco, in modo tale da ragionare da un lato sulla specificità italiana del contesto di riferimento e dall’altro sulle possibilità degli sviluppi della dimensione “digitale” del progetto a fianco a quella “materiale”.
Il progetto, com’è noto, consiste nella posa di targhe di ottone di fronte all’ultima abitazione scelta dalle vittime prima della deportazione, con la segnalazione essenziale dei dati che segnalano la sua storia. Esso parte dall’idea che il fare memoria sia prima di tutto il risultato dell’attivazione di una committenza pubblica – singoli, famiglie, associazioni – e che tenga insieme emozione e documentazione; in questo modo l’evento memoriale, costituito dalla posa della Pietra e caratterizzato da grande forza espressiva e comunicativa, risulta essere in equilibrio con il rigore della ricerca e della conoscenza storica.
Per l’avviamento e la cura del progetto torinese sono stati individuati un Comitato esecutivo, incaricato della raccolta delle richieste di intitolazione di Pietre e della gestione del rapporto con l’artista tedesco, e un Comitato scientifico, che ha stabilito i criteri storiografici di accettazione delle richieste, la loro verificazione e la definizione specifica della singole formule memoriali da incidere: l’ambito preso in considerazione va dal 1938 (data dell’emanazione delle leggi razziali) al 1945, anno che segna la chiusura della guerra e con essa della violenza nazi-fascista che trova il suo apice nel sistema di deportazione e sterminio1.
La posa delle Pietre
Il 10 e 11 gennaio 2015, con grande attenzione da parte delle autorità e della cittadinanza, sono state posate ventisette Pietre: si è trattata della prima serie di pose all’interno di una più ampia richiesta che in vari quartieri di Torino ha visto ricordare le figure dei deportati per motivi razziali e politici in momenti di intensa partecipazione. Come è immaginabile, si è trattato di momenti emotivamente forti, in particolar modo per i famigliari, per i quali la Pietra costituisce una forma di “ritorno a casa” di rara potenza simbolica e una reintegrazione postuma nella comunità del ricordo. Il successo dell’iniziativa è stato tale da indurre enti e decisori politici a progettare una continuazione del progetto anche per il 2016 (e in tal senso i lavori sono in corso per la nuova serie di pose).
Fin dall’inizio la progettazione dell’iniziativa ha tenuto conto di uno sviluppo didattico e della partecipazione delle scuole alla vita del territorio, proprio in virtù del forte valore di trasmissione del ricordo: tramite un bando pubblico è stato proposto alle scuole di “adottare una Pietra”, nel senso di assumerla come oggetto di attenzione, riflessione storica e di cura memoriale, a partire dalla vicinanza al luogo della posa o per motivi specifici, come la presenza di deportati studenti o di legami particolari con la scuola.
Le attività, rivolte (prevalentemente ma non esclusivamente) alle scuole secondarie di primo e di secondo grado (preferibilmente ma non obbligatoriamente classi finali), sono state progettate e svolte dai Servizi educativi del Museo diffuso della Resistenza2, con la collaborazione del settore didattico dell’Istoreto3.
La proposta didattica
La proposta, riconfermata per il 2016, è articolata in quattro-cinque incontri: un primo incontro di 2 ore, tenuto presso la sede scolastica, è dedicato alla dimensione estetica e politica dell’arte pubblica di Demnig, alla spiegazione del progetto e all’assegnazione della ricerca bibliografica della Pietra, oggetto dei lavori di gruppo.
Il secondo incontro, presso il Museo diffuso della Resistenza e l’Istoreto (per un totale di 3 ore), prevede l’inquadramento storico focalizzato sul contesto torinese e piemontese, con la fruizione di alcune postazioni tematiche dell’allestimento multimediale permanente del Museo Torino 1938-1948. Dalle leggi razziali alla Costituzione.
Nella seconda parte dell’incontro, di concerto con l’insegnante, la classe viene divisa in due gruppi. Il primo gruppo è quello dei “ricercatori”: il loro lavoro consiste nell’individuare e consultare, sotto la guida del personale dell’Istoreto, fonti e documenti per la ricostruzione della biografia della persona a cui verrà dedicata la Pietra: strumenti essenziali e noti ai ricercatori come il Libro dei deportati4 e il Libro della memoria5, archivi e banche date cartacei o digitali, in particolare la banca dati del Partigianato piemontese e l’Archivio della deportazione piemontese6, oltre alla memorialistica e alla storiografia specifica.
Il laboratorio di storia
L’obiettivo è lo svolgimento di un laboratorio di storia, che dal nome dell’intestatario della Pietra riesca a risalire alla biografia e dalla biografia al contesto, all’interno di una pratica di ricerca che inscriva la “grande Storia” raccontata dai manuali nello specifico del territorio cittadino e regionale.
Un secondo obiettivo del laboratorio è il lavoro sulla memoria presente e sulla forme di comunicazione e di narrazione di questa memoria, per interrogare in modo critico le dinamiche del ricordo e dunque far emergere l’attenzione su chi ricorda cosa e in che modo.
Gli incontri successivi prevedono ottimizzazione, conclusione e organizzazione dei risultati, definizione degli aspetti logistici, coordinamento e supporto all’evento di valorizzazione della Pietra, sulla base dello specifico progetto elaborato e della forme espressive che sono state pensate.
Ulteriori aspetti riguardano l’adozione permanente della Pietra da parte della scuola, che si impegna a trasmettere il compito della cura agli allievi delle classi inferiori.
Le restituzioni
Uno sviluppo parallelo del progetto torinese sulle Pietre d’inciampo riguarda la dimensione della comunicazione digitale: l’Istituto Avogadro, davanti al quale è stata posata una Pietra in ricordo di uno studente partigiano deportato, ha realizzato tecnicamente un’App pensata per la geo-localizzazione e l’informazione digitale sulle biografie dei deportati oggetto di studio da parte delle scuole coinvolte nel progetto7.
Tra le iniziative realizzate nel corso del gennaio 2015 dalle scuole partecipanti si segnalano forme diverse di restituzione, narrazione e commemorazione dell’esperienza: letture, mostre fotografiche, video, documentari, performance musicali, teatrali, interviste a familiari e studiosi.
Si veda in tal senso la documentazione allegata e scaricabile, proveniente da alcuni istituti torinesi: classi della IISS Calamandrei, dell’IIS Peano, dell’IIS Gobetti Marchesini – Casale, a cui vanno i nostri ringraziamenti
La partecipazione delle dieci scuole coinvolte nel progetto didattico è stata giudicata molto positivamente da studenti, docenti e dirigenti: i percorsi e le differenti produzioni delle scuole, sia in termini di materiali prodotti che di competenze acquisite, sono stati più che soddisfacenti. Il percorso permette infatti di far emergere aspetti di storia lontana nel tempo, ma vicina nello spazio attraverso un lavoro di ricerca storica, studio delle fonti, ideazione e progettazione per la trasmissione della memoria, riuscendo a coinvolgere i compagni di scuola e, in alcuni, casi familiari e concittadini.
Conclusione
Il progetto delle Pietre d’inciampo, in tutte le sue fasi, si mostra dunque come un esempio reale e concreto di pratiche storiografica, memoriale e di riflessione, strettamente legato alla storia della deportazione e in grado di metterla in relazione alla contemporaneità.
Il ricordo delle ferite inferte al corpo della cittadinanza viene consegnato al tessuto urbano cittadino e si lega all’idea che a leggerne i segni di memoria siano i suoi più giovani abitanti.
Se la Pietra metaforicamente ci fa “inciampare” e interrompe il nostro quotidiano oblio, il lavoro degli studenti – sui documenti, sui testi, sui ricordi, sull’immaginazione – è un modo possibile, fuori dalla logica della retorica monumentale, per cercare la voce di chi non l’ha più8.
Note:
4 Ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da B. Mantelli e N. Tranfaglia, vol. I, I deportati politici, 1943-1945, a cura di Giovanna D’Amico, Giovanni Villari e Francesco Cassata, 3 vol., Mursia, Milano, 2009
5 Ricerca del Cdec, a cura di L. Picciotto, Mursia 2002; anche nella versione digitale
9 https://www.youtube.com/watch?t=122&v=iMv5-WYq7d4
http://www.museodiffusotorino.it/PietredInciampo
http://www.goethe.de/ins/it/it/lp/kul/mag/soz/12869833.html
http://moked.it/blog/2015/01/11/qui-torino-un-inciampo-per-pensare/