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Dopo i workshop: bilancio sull’uso del digitale nella didattica della storia

Abstract

Il gruppo di discussione si è soffermato sull’esperienza maturata nei diversi laboratori svolti nelle sessioni del giorno precedente (27 febbraio 2015) e sulle potenzialità e le criticità degli utilizzi delle TIC e, in particolare, del web 2.0 a scuola. Il dialogo si è orientato su tematiche più generali relative alle TIC non entrando nello specifico della didattica della storia.

fotogruppo2

Formazione e “nativi digitali”

La discussione ha coinvolto circa trenta docenti ed è stata sottolineata l’utilità del lavoro svolto durante i workshop, ma sono anche state sollevate diverse obiezioni: in primo luogo alcuni docenti hanno sottolineato la difficoltà, se non l’imbarazzo, di doversi confrontare con un approccio che è lontano dalla formazione tradizionale dell’insegnante e che si scontra con un’apparente maggiore competenza da parte degli allievi.

Riguardo alla formazione dei docenti, si è concordato sull’importanza di occasioni formative come quelle offerte dalle giornate torinesi, in particolare approvando l’approccio concreto e sperimentale seguito nei workshop. I tutor hanno fatto notare che la difficoltà principale nella formazione all’uso didattico delle TIC consiste nel fatto che i docenti hanno una formazione molto differenziata. In pratica non esiste una “grammatica” comune e condivisa di competenze, ma ci si muove tra persone esperte del web e utenti ancora alle prime armi. Inoltre i tutor hanno sempre osservato una netta differenza di approccio fra i docenti dei diversi ordini di scuola: visto che l’uso delle TIC prevede una didattica laboratoriale e una funzione docente orientata più a indirizzare e guidare il processo cognitivo piuttosto che a “travasare” delle conoscenze attraverso il tradizionale strumento della lezione frontale, gli insegnanti della scuola primaria si muovono in questo ambito con maggiore disinvoltura, mentre più si sale verso “l’alto” delle scuole medie superiori – in particolare nei licei – e più ci si scontra con difficoltà e resistenze.

In questo senso si spiega anche l’imbarazzo verso le presunte maggiori abilità degli allievi nei confronti del web. Si è ribadito però che questa convinzione è, nella maggior parte dei casi, solo apparente: infatti la logica dei nativi digitali è stata col tempo fortemente ridimensionata, evidenziando che spesso le rivoluzionarie capacità cognitive attribuite ai nativi digitali si limitano alle parti più operative del web e all’abilità nell’uso dei dispositivi, mentre è invece compito della scuola fare evolvere queste abilità e conoscenze parziali in vere competenze importanti anche per creare le basi di una cittadinanza critica e responsabile. Per esempio, la carenza nella valutazione critica delle informazioni presenti nel web e la mancanza di filtri per gestire la sovrabbondanza comunicativa della rete sono aspetti su cui l’insegnante deve intervenire. Inoltre si è evidenziato che è abbondantemente superato sia dalla realtà sia dalle teorie pedagogiche il modello dell’insegnante onnisciente e dispensatore infallibile di nozioni, mentre si sta imponendo la figura del docente come guida alla ricerca della conoscenza e alla competenza dell’”imparare a imparare” sia singolarmente che in gruppo. In questo senso è importante per il clima della classe e della relazione con gli studenti che le loro abilità anche extrascolastiche siano valorizzate il più possibile e diventino patrimonio comune.

Dalla teoria alla pratica

Un’altra criticità che è stata più volte sottolineata è la difficoltà a lavorare a scuola con il digitale, a causa dei laboratori obsoleti, i turni d’accesso impossibili alle poche classi con la Lim, le difficoltà di connessione… In pratica la richiesta pressante di innovazione e di didattica digitale rivolta agli insegnanti dagli organi centrali della scuola, a partire dal Ministero, non si traduce in politiche coerenti che diano alle scuole gli strumenti adeguati per gestire questo cambiamento, sin dall’accesso alla rete che risulta nella maggior parte dei casi insufficiente. La cronica mancanza di investimenti a questo proposito impedisce di seguire la rapidità dell’evoluzione tecnologica e le poche risorse che sono state messe a sistema spesso sono state utilizzate con interventi contradditori e discutibili, come nel caso delle Lim e delle classi 2.01.

Se si scarta però l’ipotesi di attendere fideisticamente che questi problemi siano una volta o l’altra risolti, l’alternativa praticabile può essere il cosiddetto BYOD (“Bring your own device” “Porta il tuo dispositivo”) che consiste nell’utilizzare le tecnologie in possesso di insegnanti e allievi (cellulari, portatili, tablet, ecc.) per sperimentare in classe percorsi e attività digitali. Un approccio “povero” che offre però il vantaggio di “mobilitare” le risorse del gruppo classe intorno a un progetto condiviso e di affrontare in modo diverso alcune difficili circostanze della quotidianità scolastica come quella dell’uso in classe del cellulare.

Una contraddizione che è legata alla precedente è, poi, l’assenza di un piano di formazione per gli insegnanti coerente con gli obiettivi conclamati; le occasioni per apprendere l’uso delle Tic in ambito scolastico e riflettere sulle loro potenzialità e limiti sono poche e, spesso, ostacolate all’interno delle stesse scuole per problemi contingenti di varia natura. Anche in questo caso, però, bisogna forse partire da quello che si ha: visto che usare le tecnologie rientra nell’esperienza comune di qualsiasi persona, quello che invece non si sa fare è trasferire sulla didattica le competenze che già si hanno. La nuova formazione dovrebbe iniziare da lì. L’altro aspetto, in un certo senso scontato, è approfittare il più possibile di situazioni formative come quella offerta dal corso torinese.

Ebook e buone pratiche

Riguardo al laboratorio relativo agli ebook2, un interrogativo che è stato posto e se è preferibile che l’insegnante lavori da solo nella realizzazione del suo “ebook di testo” o coinvolga nel processo gli studenti. Per l’impostazione generale dell’attività nel digitale che prevede un taglio laboratoriale, è certamente preferibile la partecipazione degli studenti in quanto quest’ultima afferisce a un approccio didattico in cui il docente fa da facilitatore ma è lo studente al centro del processo dell’apprendimento. In generale, è certamente vero che l’impegno e il tempo dedicato alla preparazione degli interventi didattici con il digitale sono maggiori di quelli necessari per una lezione tradizionale, ma il valore aggiunto è il fatto che questi interventi si tesaurizzano per il futuro, rappresentando un giacimento importante di attività didattiche.

Emerge quindi l’esigenza di trovare sistemi di condivisione più ampi sia all’interno delle scuole sia a livello regionale o nazionale per ottimizzare il lavoro di ciascuno; lo stesso convegno torinese dovrebbe, in questo senso, essere il punto di partenza per consolidare e mantenere attiva la rete degli insegnanti che vi ha partecipato, dando vita da un lato ad altre occasioni formative almeno annuali e dall’altro favorendo la nascita di una comunità virtuale di docenti in grado di scambiarsi buone pratiche ed esperienze3.


Note:

1 A questo proposito è interessante il punto di vista degli editori di scolastica offerto da Ulisse Jacomuzzi durante questo stesso convegno. La sintesi del suo intervento si può consultare in questo dossier all’indirizzo: https://www.novecento.org/dossier/didattica-della-storia-e-laboratori-digitali-la-guerra-dei-trentanni-1914-1945/editoria-scolastica-digitale-le-questioni-aperte/

2 Si tratta del Laboratorio 2 su “La Resistenza in Italia. Costruire e sviluppare un e-book didattico con e-Pubeditor” che è stato condotto da Patrizia Vayola ed Enrico Manera nella giornata del 27 febbraio 2015 . La relazione relativa al laboratorio con un’ampia introduzione sull’utilizzo scolastico dell’ebook è presente in questo stesso dossier.

3 Per rispondere a questa esigenza a livello locale, nel corso dell’anno scolastico 2015-16 l’Istoreto ha dato vita al corso di formazione “Le TIC nella didattica attiva e nella ricerca storica”. A questo proposito si veda: http://www.istoreto.it/didattica/innovazione-didattica-attraverso-le-tic/

Il gruppo di discussione è stato curato da Flavio Febbraro (Istoreto) e Patrizia Vayola (Redazione Novecento.org)

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Dati articolo

Autore: and
Titolo: Dopo i workshop: bilancio sull’uso del digitale nella didattica della storia
DOI: 10.12977/nov95
Parole chiave: , , , ,
Numero della rivista: n. 5, dicembre 2015
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
and , Dopo i workshop: bilancio sull’uso del digitale nella didattica della storia, in Novecento.org, n. 5, dicembre 2015. DOI: 10.12977/nov95

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