Le origini del calendario civile
Copertina dell’Almanacco civile anticlericale per l’anno 1914
Abstract
È un dato ormai acquisito che, a partire da una decina d’anni, il Calendario civile ricostruisce nella scuola il senso della educazione alla cittadinanza attraverso i giorni della memoria. Qualcuno, probabilmente non a torto, ha esplicitamente accennato anche a un abuso di quelle date la cui origine affonda le sue radici nella Rivoluzione francese. È Fabre d’Eglantine, l’artefice della riforma del calendario rivoluzionario francese che inizia il 22 settembre 1792, giorno di proclamazione della Repubblica. Nel corso dell’Ottocento le varie culture politiche si ispirarono a quel primo calendario per celebrare le varie religioni laiche: così’ repubblicani, poi i socialisti e gli anarchici. E fra gli anni Venti e Trenta, nell’ambito del controllo degli apparati simbolici dello Stato, il regime fascista vara un nuovo calendario volto a celebrare il «culto del littorio».
Le origini del calendario civile
Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate iniziative e pubblicazioni attorno al problema di un calendario civile. Date come quelle del del delitto Moro, dell’11 settembre, del 3 ottobre (Lampedusa) o del 12 dicembre si sono affiancate ad altre già presenti (il 25 aprile, il 1° maggio o il 2 giugno) nel tentativo di non confinare nell’oblìo date significative del nostro impegno democratico e, al tempo stesso, ricordare eventi che costituiscono una ritualità alternativa a quella del calendario gregoriano. Ma quando nasce quella consuetudine?
All’indomani della costituzione del Regno d’Italia viene istituita l’anagrafe civile. Alla parrocchia, un tempo esclusiva depositaria degli atti di nascita, si affianca una istituzione che, accanto ai nomi dei santi e dei beati sanciti secoli addietro del concilio di Trento, inizia a registrare come nomi propri gli apostoli delle «nuove religioni» laiche che hanno concorso al compimento all’Unità d’Italia. Imporre il cognome dei protagonisti del Risorgimento come nome proprio (Cavourrino, Garibalda o Mazzinia) significa augurare ai neonati una vita futura all’insegna di quelle aspirazioni alla libertà che avevano rappresentato gli ideali del Risorgimento. Non rara neppure l’attribuzione dei nomi dei protagonisti della Rivoluzione francese: Robespiero o Robespiera, Danton o Maratte sono fra i nomi più comuni. E, fra questi, non è infrequente che qualche neonato venga registrato come Eglantino o, al femminile, Eglantina [Pivato 1999]. Quel nome, oggi dimenticato o comunque non così noto come quelli dei tre massimi protagonisti della Rivoluzione francese, rinvia a Fabre d’Eglantine. Ma chi era costui da essere così popolare e venerato nell’Italia postunitaria? D’Eglantine, attore drammatico di scarsa fortuna, divenne membro della Convenzione e del Comitato di Salute Pubblica ma, soprattutto, fu l’artefice della riforma del calendario rivoluzionario francese o calendario repubblicano. L’inizio dell’epoca del primo calendario civile della storia, cioè l’anno I, fu stabilito il 22 settembre 1792, giorno di proclamazione della Repubblica [Hunt, 1995]. Il calendario restò in vigore fino al 31 dicembre 1805, ma fu riadottato per soli 18 giorni dalla Comune di Parigi del 1871 per commemorare la fine della monarchia e la nascita della repubblica.
Il calendario rivoluzionario francese
Il calendario repubblicano se da una parte doveva rispondere a un compito di carattere politico, datando l’inizio di una «nuova era» a partire dal 1792, dall’altra introduceva un tempo immaginario in funzione di valori morali e sociali dei principi rivoluzionari. Quel calendario, azzerata l’età cristiana con le sue festività e i suoi santi, considerati come pregiudizi dell’era assolutista, introduceva una serie di date e ricorrenze che dovevano siglare l’inizio di una nuova epoca. La sua compilazione era stata affidata dalla Convenzione a un Comitato, il quale nel corso della discussione aveva avanzato vari progetti di riforma tenendo conto anche degli almanacchi che, spontaneamente, erano stati pubblicati dai vari comitati rivoluzionari. Accanto alla proposta di sostituire i nomi dei santi con quelli delle virtù e di denominare i mesi attraverso i segni zodiacali, ne vennero avanzate altre che prevedevano la denominazione dei giorni mediante il sistema numerico ordinale o la simbologia rivoluzionaria. Altri progetti ancora proponevano di popolare il calendario di grandi personaggi dell’umanità e degli eroi della Rivoluzione francese.
Alla fine prevalse l’opinione che, secondo quanto proposto da d’Eglantine, il nuovo tempo laico sarebbe stato scandito dall’ordine naturale dei ritmi delle stagioni, del regno animale e vegetale. Si tratta di quell’area nominale che comprende l’elencazione di oltre quattrocento nomi in sostituzione dei giorni e dei mesi del calendario gregoriano. E allorché la Rivoluzione francese adottò il calendario repubblicano le nuove denominazioni da Décadi a Floréal, da Germinal a Fructidor, da Frimaire a Printemps, furono adottati come nomi propri. Si tratta del primo calendario «civile» della storia.
Il Risorgimento
A partire dalla Rivoluzione francese si afferma dunque la questione di una ritualità «altra» fondamento di una identità civile antagonista al ciclo festivo e liturgico della chiesa cattolica. La costituzione del Regno d’Italia e la riduzione del potere temporale della chiesa conducono a un calendario civile esemplato sugli eventi che avevano caratterizzato il cammino unitario. A cominciare dalla Festa dello Statuto. Promulgato il 4 marzo 1848 e noto come Statuto Albertino, dal nome di Carlo Alberto di Savoia che lo aveva promulgato, esso divenne, il 17 marzo 1861, con la fondazione del Regno d’Italia, la carta fondamentale della nuova Italia unita e rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio 1944–1946 quando, con successivi decreti legislativi, fu adottato un regime costituzionale transitorio, valido fino all’entrata in vigore della Costituzione, il 1º gennaio 1948. Inizialmente la celebrazione dello statuto albertino è oggetto di controversie fra quanti intendono commemorarlo anche nelle chiese con il canto del Te Deum e quanti invece tendono a considerarlo come una festa essenzialmente laica. Nessun dubbio invece sul significato della festa laica per eccellenza, il 20 settembre, che dopo la conquista di Roma del 1870 celebra la breccia di Porta Pia e la fine definitiva del potere temporale della chiesa.
Nel calendario dello stato unitario entrano anche onomastici e compleanni di re e regine di Casa Savoia a suggellare il ruolo di Casa Savoia nel compimento del processo unitario [Ridolfi, 2003].
Calendari «alternativi»
Il calendario civile che si definisce dopo il 1870 riflette gli esiti ideali di conservatori e moderati che sotto la guida di Cavour conducono al successo l’epilogo unitario.
Tuttavia in quel calendario non si riconoscono quelle istanze radicali, rappresentate da mazziniani e garibaldini, che avevano auspicato un esito ben diverso. Di qui la proposta di un calendario che fosse simbolo di una pedagogia civile antagonistica a quella ufficiale.
Sentimenti antimonarchici, istanze anticlericali e forme di radicalismo politico sono celebrati in una serie incredibile di almanacchi che accompagnano la polemica politica nel primo cinquantennio postunitario.
E se nel calendario promulgato dallo Stato liberale permangono le feste comandate e non mutano i giorni riservati ai santi, in quelli delle varie forze radicali i giorni ricevono una denominazione diversa da quella stabilita dal calendario gregoriano. Attraverso queste forme elementari di propaganda il moderno rito della politica penetra in un mondo arcaico, come è quello contadino di fine Ottocento: leader e simboli di ideali che promettono giustizia sociale, democrazia e libertà diventano nomi familiari anche a un pubblico scarsamente alfabetizzato. Luoghi e nomi di battaglie espulse dalle celebrazioni ufficiali per il radicalismo di cui sono espressione vengono collocate nel Pantheon delle passioni civili. Trasversale a ogni corrente politica del radicalismo risorgimentale è, ad esempio, la battaglia di Mentana, dove i volontari garibaldini subirono la sconfitta a opera delle truppe francesi, il 3 novembre del 1867. Nell’immaginario del radicalismo risorgimentale la battaglia di Mentana non costituì solo un evento militare, ma venne a sancire un momento di aspra polemica contro la monarchia e il governo accusati di voler puntellare, con l’appoggio di Napoleone III, il potere ecclesiastico. Più che la rievocazione della sconfitta militare, Mentana sembra evocare la radicalizzazione del garibaldinismo contro il potere ecclesiastico e il momento di rottura fra la monarchia, il governo sabaudo e quelle posizioni che reclamavano la presa di Roma per il compimento dell’Unità italiana.
“Classici”, eretici, scienziati e filosofi
Nei calendari civili di ispirazione repubblicana un rilievo del tutto particolare riveste, in chiave antimonarchica e anticattolica, l’elevazione dell’epoca classica a modello di una società nuova e di una repubblica ideale. Secondo la visione della storia antica della Rivoluzione francese alcuni personaggi del mondo classico divennero i referenti ideali di una nuova visione del mondo. A cominciare dai Gracchi, Gaio Sempronio e Tiberio Sempronio, i tribuni della plebe considerati i difensori del popolo che pagarono con il martirio la dedizione alla causa dei diseredati. O Bruto, per Lucio Giunio Bruto, autore della cacciata di Tarquinio il Superbo ma, soprattutto, per Marco Giunio Bruto a capo della congiura, assieme a Cassio, che portò alla uccisione del tiranno Cesare. Nella mitologia rivoluzionaria Bruto, oltre a evocare l’idea del tirannicidio, richiama quella della austerità dei costumi considerata un dovere morale dell’etica repubblicana. Catone incarna il rigore morale dell’uomo virtuoso; Cincinnato viene esaltato come campione della semplicità dello stile di vita e del rifiuto alle lusinghe del potere; Spartaco è elevato a modello esemplare della lotta contro lo schiavismo e l’oppressione; Cicerone è considerato non solo il prototipo dell’uomo virtuoso ma, in modo particolare, l’ardente difensore dei valori repubblicani.
Di conseguenza nell’Almanacco repubblicano per il 1871 il 22 settembre (Primidi) è dedicato a Cincinnato, l’11 ottobre (Decadi) a Spartaco, il 21 dello stesso mese a Catone, il 15 marzo (Quintidi) a Bruto.
A eretici e scismatici, a uomini di scienza e protagonisti del Risorgimento, da filosofi e filantropi sono dedicati gli altri giorni dell’anno in una elencazione che costituisce una summa del pensiero laico e repubblicano: Savonarola e Franklin, Galilei e Ugo Bassi, Guglielmo Pepe e Bolivar sostituiscono, nella denominazione dei giorni, Santa Chiara e San Giuseppe, San Francesco e San Camillo. [Almanacco repubblicano per il 1871, 1870]
Nel Calendario civile pel 1893 dedicato alla memoria dei martiri del pensiero e dell’azione, pubblicato a cura del circolo repubblicano collettivista Goffredo Mameli di Rimini, il 17 gennaio ara commemorato l’anniversario della condanna a morte di Luigi XVI «reo di cospirare contro il popolo»; il 22 gennaio era ricordato come l’anniversario della battaglia di Digione, nella quale «Garibaldi combatte per la fratellanza dei popoli»; il 9 maggio era dedicato all’anniversario della morte, nel 1835, di Santorre di Santarosa; il 27 gennaio è rievocata la fondazione, nel 1832, della Giovine Italia; l’8 ottobre è commemorato «Il repubblicano Cola di Rienzo pugnalato dalla plebaglia a Roma nel 1354». A decorare il calendario le immagini di Mazzini, Garibaldi, Orsini, Pisacane, Mameli e altri «padri dell’idea repubblicana». [Almanacco civile anticlericale per l’anno 1914, 1914]
I nuovi «santi»
Nei calendari repubblicani, oltre ai frequenti riferimenti ai protagonisti del radicalismo risorgimentale (da Mazzini a Saffi, da Cattaneo a Mameli, da Fratti a Valzania), venivano rievocate le tappe più significative del Risorgimento nazionale (dai moti del 1848 alla Repubblica romana del 1849 e allo sbarco dei Mille).
Il 5 agosto veniva ricordata la morte, nel 1530, di Francesco Ferrucci, comandante dell’esercito della Repubblica fiorentina e il 16 dello stesso mese era commemorata la decapitazione, nel 1530, del «fiero repubblicano Nicolò de’ Lapi».
Né mancavano i riferimenti a paesi, a personaggi e a situazioni che fuori d’Italia rappresentavano le idealità repubblicane: il 2 gennaio era ricordato come il giorno in cui, nel 1357, furono gettate le basi «della confederazione repubblicana Svizzera»; il 18 giugno era commemorata la proclamazione della repubblica, nel 1880, da parte dei boeri; l’11 febbraio come la data in cui, nel 1878, «la Spagna proclama la Repubblica»; il 15 giugno veniva celebrato come il giorno in cui il Perù proclamò la repubblica ; il 15 dicembre era ricordata la morte, nel 1799, del «grande repubblicano Giorgio Washington» e il 14 aprile quella di Lincoln «presidente della grande repubblica americana degli Stati Uniti».
Vari anche i giorni dedicati ai precorritori delle lotte contro il dominio straniero per l’indipendenza nazionale (da Masaniello a Pietro Micca e Balilla. Fra i precursori dell’idea nazionale era commemorato Dante Alighieri, assieme a scrittori «patriottici» come il «celebre trageda repubblicano» Vittorio Alfieri o Ugo Foscolo. Lunga la galleria degli eretici e scismatici condannati dalla chiesa (da Arnaldo da Brescia a Giovanni Huss, da Galileo a Giordano Bruno), o ai filosofi della ragione (da Diderot a Voltaire e Kant).
Nell’Almanacco Massonico per l’anno 1883 le date riguardano quasi esclusivamente ricorrenze e personaggi del Grande Oriente: il 6 aprile viene ricordato come il giorno che, nel 1819, celebrò «l’istituzione di scuole pei figli e le vedove dei framassoni» e il 14 marzo viene ricordato come, nel 1817, sia avvenuta la «Iniziazione nella loggia la Speranza a Bruxelles del principe d’Orange poi re d’Olanda» [Almanacco massonico per l’anno 1883, 1882]
«L’asino»
Tuttavia le punte di anticlericalismo «civile» più radicale sono quelle contenute nei calendari e negli almanacchi del più popolare e diffuso periodico socialista fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: «L’asino».
Nel Calendario di Sant’Asino la scansione dei mesi è modella ta su quella dei calendari della Rivoluzione francese, mentre quella dei giorni era dedicata, in sintonia con l’irriverente anticlericalismo della rivista, a santi, beati e sacerdoti di cui venivano ricordati misfatti e malversazioni. Oppure a uomini politici del fronte liberale o conservatore dei quali venivano denunciati brogli e scandali
Un calendario dunque «alla rovescia», volto non tanto a celebrare in positivo gli apostoli delle religioni politiche quanto a dissacrare il mondo liberale e, soprattutto, quello cattolico. Nel calendario del 1904 vari sono i giorni dell’anno dedicati a sacerdoti e frati che si sono macchiati di veri o opesunti reati di pedofilia. Il 3 gennaio viene ricordato «S. Giuliano Granjot condannato a Boulogne su Seine a 2 anni di carcere col pretesto di atti mistici compiuti su fanciulli di 2 anni». [Sant’Asino. Almanacco di devozione di Goliardo e Rata-Langa, 1904].
Movimenti politici e associazionismo laico
Di impianto del tutto diverso, e di carattere propositivo, erano i calendari diffusi dai movimenti politici e dall’associazionismo laico che dedicavano le ricorrenze alla nascita o alla morte degli eroi del Risorgimento e dei protagonisti delle lotte e delle idee del movimento operaio. Oppure al ricordo di date ed eventi significativi per il cammino della democrazia. Come, fra i tanti, L’Almanacco civile anticlericale per l’anno 1914, stampato a Colle Val d’Elsa, pubblicato con il dichiarato intento di porre «Contro le date della chiesa» quelle «dei Martiri del Libero Pensiero, delle rivoluzioni italiane, le date che ricordano i luminari della Scienza e dell’Arte»
Fra questi nel «Martirologio della libertà di pensiero» erano ricordati Arnaldo da Brescia «monaco, uomo di alto intelletto, bruciato vivo in Roma per volere del Pontefice Adriano IV», Giovanni Teodoro da Perugia «arso vivo: papato di Giulio III». O, fra i tanti, Francisco Ferrer «fucilato per imposizione dei gesuiti» nel 1909.
Nei calendari stampati sugli almanacchi socialisti le date del calendario cattolico erano sostituite da quelle di avvenimenti che scandivano la vita del partito, commemoravano la scomparsa o la nascita dei leader, oppure rievocavano date significative della storia mondiale per l’emancipazione delle classi popolari. Il 23 maggio veniva segnalato come l’anniversario del Congresso di Gotha che, nel 1875, segnò la fusione fra marxisti e lassaliani; il 14 agosto come l’anniversario della fondazione, nel 1892, del Partito socialista. Il 14 marzo era rievocata la morte, nel 1882, di Marx e il 5 agosto quella di Engels. Il 31 agosto quella di Lassalle e il 19 aprile quella di Darwin. Parimenti erano ricordate le nascite di Marx, il 5 maggio e il 14 maggio quella di Owen. L’11 aprile quella di Lassalle [Almanacco socialista italiano, 1918]
Calendari repubblicani vs. Calendari socialisti
La comparazione dei calendari civili mostra come, per certi aspetti, le rievocazioni repubblicane e quelle socialiste coincidevano. Comune a entrambi era l’evocazione della Rivoluzione francese, attraverso gli anniversari di nascita e di morte di Marat, Danton, Robespierre, o della Comune parigina. E così pure il ricordo di alcuni protagonisti dell’epopea risorgimentale la celebrazione del Primo maggio; o, ancora, l’omaggio a scrittori come Zola, Hugo e Byron. [Almanacco socialista italiano, 1918].
Tuttavia, al di là di alcune ricorrenze comuni, mentre nei calendari repubblicani c’era un insistito richiamo alle vicende risorgimentali, in quelli socialisti maggiore era l’attenzione rivolta ai protagonisti delle lotte sociali e dell’emancipazione.
Una usanza che, secondo Roberto Michels, il primo storico del movimento socialista italiano «era talora anche sintomo di quello snobismo fanfarone che infesta gli ambienti operai. Il più delle volte era semplicemente l’espressione esteriore di un profondo e sentito idealismo; sempre dava prova della venerazione che le masse sogliono tributare ai capi». [Michels R. 1908].
Il fascismo
Nel 1923, a un anno dalla marcia su Roma, il fascismo inizia a metter mano a un nuovo calendario che si sarebbe definito nel corso degli anni. Entrano fra le festività che definiscono il culto del littorio: il 24 maggio e il 4 novembre fissano nella memoria nazionale gli anniversari della Prima guerra mondiale; il 21 aprile, volto a fare del culto della romanità il mito suscitatore di una nuova rigenerazione e a sostituire il Primo maggio. Più tardi sarebbero stati decretati festivi a tutti gli effetti il 28 ottobre, giorno della Marcia su Roma, e il 23 marzo anniversario della fondazione de Fasci di combattimento.
E a suggellare l’incontro fra la chiesa e il fascismo negli anni Trenta sarebbe stata soppressa la festività del 20 settembre e, in sua sostituzione, decretata come data festiva l’11 febbraio, anniversario della conciliazione. [Gentile 1993].
Le leggi liberticide sulla stampa fanno cessare, oltre ai vari fogli dei partiti e dei movimenti di opposizione, anche la tradizione dei calendari civili. È all’estero che il movimento antifascista tiene viva, sia pure senza l’intensità dei decenni precedenti, l’abitudine a celebrare gli anniversari e le festività laiche attraverso pubblicazioni che vengono diffuse clandestinamente in Italia. Dalla fine degli anni Venti viene stampato a Ginevra l’Almanacco libertario pro vittime politiche. A promuoverlo è un gruppo di anarchici col dichiarato scopo di contribuire «alla lotta ingaggiata dai diseredati del mondo intero contro le forze brutali che cercano di soffocare le loro aspirazioni di emancipazione umana». In quel calendario i nomi dei mesi erano sostituti «da quelli più armoniosi e pittoreschi creati dal poeta Fabre d’Eglantine». E all’interno di Nevoso (gennaio) si celebrava, il 14, Felice Orsini che nel 1858 aveva attentato alla vita di Napoleone III. Il primo giorno di Piovoso (Febbraio) si ricordava l’inaugurazione del Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato istituito nel 1927.
La fiaccola dell’anarchia teneva dunque accesa quella tradizione che in Italia era iniziata all’indomani dell’Unità.
Il secondo dopoguerra e oggi
Nel secondo dopoguerra la tradizione dei calendari civili non avrebbe conosciuto la fortuna di fine Ottocento e d’inizio Novecento quando la loro pubblicazione accompagnava l’affermazione di ideali e personaggi dell’universo laico. Riferirsi a un calendario e appenderlo alle pareti di casa significava testimoniare l’adesione a un ideale (anarchico, repubblicano o socialista): era in definitiva un segnale di quella «devozione» tutta religiosa che accompagnava l’affermazione di partiti e movimenti ideali nel periodo delle origini. Nel corso del Novecento la laicizzazione della politica ha offuscato la religiosità delle origini e dunque estromesso dalle pratiche della militanza un oggetto come il calendario civile.
Recentemente, di fronte alla necessità di istituire nuovamente un calendario civile, qualcuno ha osservato che oggi ne abbiamo bisogno per promuovere «partecipazione e conoscenza in forme nuove e non episodiche: guardare al passato per comprendere e ricordare rafforzando così il tessuto di una comunità nazionale. Ingredienti utili per sconfiggere i rischi dell’oblio, preziosi per costruire una cittadinanza capace di non smarrirsi nelle sfide del nostro tempo». [Gentiloni U.] Come a dire che se un secolo fa, e anche prima, il calendario civile scandiva il tempo e il pensiero delle religioni laiche, oggi assume il significato della messa in valore di un elemento che nella società dell’oblio tende sempre più a essere marginalizzato: la
memoria.
Bibliografia
Storiografia
- Cavazza S. 1997, Piccole patrie. Feste popolari tra regione e nazione durante il fascismo, Bologna: Il Mulino
- Fincardi M. 1990, Primo maggio reggiano. Il formarsi della tradizione rossa emiliana, Reggio Emilia: Edizioni delle Camere del Lavoro territoriali di Reggio e Guastalla
- Gentile E. 1993, Il culto del littorio, La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Roma-Bari: Laterza
- Gentiloni U. la Repubblica, 27 luglio 2016.
- Hunt L. 1995, La rivoluzione francese. Politica, cultura, classi sociali, Bologna: Il Mulino
- Michels R. 1908, Proletariato e borghesia nel movimento socialista italiano. Saggio di scienza sociografico-politica, Torino: F.lli Bocca
- Porciani I, 1997, La festa della nazione. Rappresentazione dello stato e spazi sociali nell’Italia unita, Bologna: Il Mulino,
- Portelli A., a cura di, 2017, Calendario civile. Per una memoria laica, popolare e democratica degli italiani, Roma: Donzelli
- Ridolfi M 2003, Le feste nazionali, Bologna: Il Mulino
- Rocchi M. e Staderini I. Il calendario civile e la memoria : percorsi di educazione alla cittadinanza / Maria Rocchi, Irma Staderini, Scandicci : La Nuova Italia Rimuovi da preferiti
Fonti
- Almanacco civile anticlericale per l’anno 1914, 1914, Firenze: Enrico Macciani Editore
- Almanacco libertario per vittime politiche per l’anno 1929, 1928, Ginevra: Carlo Frigerio
- Almanacco socialista italiano, 1918, Milano: Società Editrice Avanti
- Almanacco libertario per vittime politiche per l’anno 1929
- Sant’Asino. Almanacco di devozione di Goliardo e Rata-Langa, 1904, Roma: Tipografia dell’Asino
- Almanacco repubblicano per il 1871, 1870, Lodi: Enrico Bignami Editore
- Almanacco massonico per l’anno 1883 compilato dalla Loggia scienza e lavoro di Firenze, 1882: Firenze: Premiata Tipografia di Benedetto Sbrogi