Costruire un luogo di memoria: i Martiri d’Istia e la “Casa della memoria al futuro” di Maiano Lavacchio
Foto di Luigi Zanetti
Abstract
La costruzione di un luogo della memoria oggi implica un diverso approccio al rapporto tra storia e memoria, imponendo riflessioni che scaturiscono dall’esigenza di fare di una memoria che si nutre di storia un fatto vivo e creativo, una sintesi tra luoghi, ricerca e diffusione storica, rivolta alla costruzione di modelli nuovi di civiltà in una società in cambiamento.
La “Casa della memoria al futuro” sorgerà qui: un luogo nella campagna della Toscana meridionale chiuso in una cerchia di colline tra scure chiazze di macchia mediterranea e la geometria antica dei campi a coltura. Tra olivi secolari, prossimo alla confluenza dei due torrenti da cui ha mutuato il nome, Maiano Lavacchio è un insediamento sparso. Poderi, una scuola, un vecchio appalto dismesso e un ristorante ormai chiuso. Vicino si estendono nuovi rigogliosi vigneti legati alla recente ascesa del Morellino: segni di un’economia che dall’agricoltura trae il senso profondo di un territorio trasformato da migliaia di anni di lavoro contadino e all’agricoltura lega ancora oggi il suo difficile futuro.
Qui un incrocio di paesaggi e di storia ci consegna la memoria di un fatto che ha segnato profondamente le coscienze della popolazione, mutando forse anche le sorti di un territorio.
I luoghi, la storia
La storia dei Martiri d’Istia[1] non è mai stata dimenticata dalla gente della Maremma. Non fu forse un episodio rilevante nella dinamica della “guerra ai civili” che vide non distanti momenti ben più devastanti come Sant’Anna di Stazzema o la stessa Niccioleta, scie di sangue di un esercito in ritirata. Si tratta qui di una vicenda di tono minore, prematuro scoppio di violenza nell’ambito di quei soli nove mesi in cui in questo territorio imperversò la guerra, quella guerra che fu anche civile. È la storia di undici ragazzi, che furono fucilati perché non volevano arruolarsi nell’esercito di Salò, alcuni erano sbandati, altri coscritti. Non erano partigiani, erano solo renitenti alla leva. Aiutati dai genitori di alcuni di loro, come la famiglia Matteini, si nascosero nella fitta macchia di Monte Bottigli, in un capanno, dove in quei giorni di paura e di solidarietà contadina, parenti e amici portavano panni e cibo per i figli e per i loro compagni. Ci fu una delazione: qualcuno si finse reduce dal fronte russo chiedendo ospitalità al capanno. Ci fu un rastrellamento notturno ad opera di un reparto tedesco ma soprattutto di un manipolo di militi della G.N.R., un nucleo di P. S. e alcuni Carabinieri, principalmente grossetani. I ragazzi furono scoperti nel sonno e catturati, spogliati dei loro averi e brutalmente percossi. Furono portati nel vicino minuscolo borgo rurale di Maiano Lavacchio. Dopo un processo farsa e una notte drammatica nell’unica stanza della “scuolina” di campagna, dove qualcuno lasciò l’estremo saluto sulla piccola lavagna e uno di loro scrisse su un foglio di quaderno una lettera d’addio ai lontani genitori[2], all’alba furono fucilati. Era il 22 marzo del 1944. Fu ordinato di scavare una fossa comune, ma il parroco di Istia d’Ombrone, Don Omero Mugnaini si oppose, e attraverso un sentiero tra i poderi, sostenuto dalla pietà di molti, li condusse sotto stretta sorveglianza dei carnefici, fino al cimitero di Istia, dove ebbero la loro prima sepoltura. Così mentre la gente attonita e sconvolta dal dolore e dal senso di profonda ingiustizia maturava sempre più sentimenti di resistenza civile, il capo della provincia, quell’Alceo Ercolani viterbese che di tante responsabilità si macchiò in Maremma, si vantava per il “brillante fatto d’armi”.
La vicenda è stata studiata da Marco Grilli ricostruendo passaggi e contesti all’interno della breve e difficile quanto incisiva Resistenza nel territorio di Grosseto, in un volume edito nel 2014 e successivamente inserita nell’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia[3].
La memoria
Il fatto, ben presente nelle coscienze del territorio sin dai primi momenti, fu celebrato sin dal luglio del 1944, nel cimitero di Istia d’Ombrone con la partecipazione di 1500 cittadini, del Prefetto e una rappresentanza dell’Allied Military Government[4]. Fu tenuta un’orazione solenne da parte dell’avvocato repubblicano Eliseo Magrassi (in seguito eletto all’Assemblea Costituente), e poi ripetuta ogni 22 marzo a Maiano Lavacchio, espressione di una memoria in questo caso mai divisa. Forse perché si trattava di giovani, molti dei quali figli di famiglie contadine del luogo, forse perché la loro natura di vittime innocenti e inermi, soprattutto senza alcuna connotazione politica, attorno alla loro vicenda si coagulò sin da subito l’affetto e dolore di tutti. Persino alcuni fascisti capirono presto la portata dell’errore compiuto, l’eccessiva efferatezza che non giovò alla causa, delineandosi quale vero e proprio di “errore politico”[5]. Si era tuttavia trattato della condanna a posteriori di una decisione invece dettata dalla convinzione di creare una sorta di terrore preventivo che scollasse le popolazioni civili dal sostegno alla renitenza e scongiurasse in seguito ogni simpatia per ogni forma di resistenza.
Sta di fatto che la memoria degli undici martiri è stata sempre caratterizzata da una forte partecipazione di cittadinanza e istituzioni soprattutto dei due comuni nel cui territorio si è svolta la vicenda, Grosseto e Magliano in Toscana.
Il luogo di Maiano Lavacchio, isolato nel verde, coronato di splendide colline all’interno di un paesaggio che al tempo stesso fa da sfondo a una vicenda storica di dolore e morte ma ne rappresenta la sostanza e la peculiarità richiamandosi ad antichissime suggestioni di storia agraria e contadina, è il cuore pulsante della memoria di questa vicenda. Qui infatti i segni di una memoria diffusa: la cappella voluta dalla famiglia Matteini che racchiude le epigrafi e le effigi di ognuno dei martiri e dove ogni anno si celebra la messa solenne[6], il monumento, un semplice obelisco che sorregge una lanterna, eretto dal comune di Magliano nel 1964 espressione di una più tarda forma di memoria alla base del quale viene annualmente posta una corona d’alloro. Questo luogo vive una volta all’anno con la partecipazione di molti che ancora oggi a distanza di settantacinque anni continuano ad essere presenti per ricordare con scolaresche e popolazione, ripetendo un rito ormai antico ma mai sopito nella memoria del territorio: quasi elemento fondante di una espressione identitaria.
Il confronto con l’Europa
È qui che l’Isgrec si è fatto promotore della costruzione di un piccolo luogo dedicato alla memoria che assumesse in sé caratteristiche nuove, nell’intento di cercare un linguaggio adatto ad essere compreso oggi.
E infatti presente nel borgo una piccola scuola elementare rurale, non la scuola del tragico processo inserita nelle mura di un attiguo caseggiato, ma una costruzione degli anni Sessanta ormai in stato di abbandono dopo la chiusura agli studenti conseguente a politiche scolastiche determinate dallo spopolamento delle campagne. La scuola era destinata all’alienazione da parte dell’Amministrazione comunale di Magliano in Toscana e si è verificata dunque l’occasione di ottenere questi spazi: il luogo era troppo denso di significati per lasciarlo al suo destino. Qui si sono concentrate le attenzioni degli storici dell’Isgrec e dei progettisti per la realizzazione di una “Casa della memoria al Futuro”, grazie alla condivisione con il Comune di Magliano in Toscana e alla generosità dell’architetto Edoardo Milesi che ne ha tracciato il progetto esecutivo.
Il cantiere e le memorie europee
Adesso questa scuola è un cantiere, ma sin da subito è emersa con decisione la necessità di dare una dimensione nazionale ed europea ad un luogo di memoria che sta nascendo, poiché è all’interno di una rete in cui ogni luogo, pur conservando le proprie peculiarità, trae valore dalla diversità e si arricchisce nel confronto e nella connessione con gli altri luoghi. Ciò restituisce la dimensione della complessità rendendo plausibile un’organica ricostruzione di contesti generali e globali. Dal confronto tra le memorie e nel rispetto del messaggio alto dei valori testimoniati nell’atto stesso della loro violazione all’interno della storia si trova un significato e un motivo fondante, che tuttavia si deve oggi dotare di linguaggio diverso e di nuove prospettive di sviluppo.
Potrebbe divenire questo luogo uno dei tanti che, come sostiene Paolo Pezzino,
“in Italia rappresentano un paesaggio storico diffuso e presente sul territorio nazionale…veri e propri centri di cultura democratica, a pieno supporto dell’educazione alla cittadinanza. La visita ad essi costituisce, infatti, quando opportunamente guidata, un modo efficace per avvicinare alla storia le generazioni più giovani, ma anche tutti quei cittadini che non ne hanno consapevolezza, contribuendo alla costruzione di una cittadinanza attiva e partecipata.” [7]
Le reti di memorie
Elemento essenziale è la connessione ad una rete in modo da superare la dimensione delle storie locali che racconta, apportando ulteriore valore alla costruzione di un già ricco panorama nazionale di “Paesaggi della memoria”.
In quest’ottica potrebbe divenire il vertice meridionale di una rete di luoghi già esistenti in Toscana, grazie alle politiche memoriali della Regione da sempre sensibili ai temi legati alla storia del Novecento. Si tratta infatti della testimonianza di episodi fondativi della resilienza a lutti, guerra e fascismo in una corrispondenza ideale e possibile con altri luoghi Toscana, ben più noti e importanti come Sant’Anna di Stazzema, il modernissimo Museo di Fosdinovo, il Museo della Deportazione di Figline di Prato, le Stanze della memoria di Siena, lo stesso Memoriale italiano di Auschwitz, che ha trovato rifugio a Firenze e che inevitabilmente porta con sé echi e suggestioni di problematiche legate alle memorie europee.
È infatti la dimensione europea quella che maggiormente può rendere utile e proficuo un nuovo concetto di luogo della memoria, come rilevato da Massimo Dadà
“… le vere radici comuni dell’Europa le possiamo trovare nella lotta, vittoriosa, al fascismo e al nazismo. Una lotta che ha unito molte le persone, anche tra gli stessi Italiani e tedeschi, che pure quelle dottrine politiche avevano inventato e fatto crescere. Una lotta che all’indomani della fine della guerra sembrava il migliore antefatto per superare intanto i nazionalismi e poi, per alcuni, forse anche le nazioni…
È l’Europa l’ambito ottimale per promuovere progetti sulla memoria, ed è ai nostri omologhi europei che dobbiamo parlare sin da subito. E per quanto sia importante a farlo anche come singoli musei o istituti, è ovviamente una rete di livello nazionale il migliore interlocutore di altre reti nazionali al di fuori dell’Italia, che per fortuna in molti casi già esistono. Insieme dovremmo coltivare l’ambizione di parlare una lingua comune sia nell’ambito europeo, sia in quelle delle singole nazioni, che restituisca il senso più compiuto alle sofferenze della guerra, alle lotte per l’affermazione dei diritti e della pace, al sacrificio delle vittime dell’odio, del razzismo e dei totalitarismi.” [8]
Si tratta quindi di un luogo di memoria in costruzione, ma con un’idea già ben definita rispetto alla struttura e alla filosofia della fruizione, grazie al lavoro congiunto degli storici dell’Isgrec, dell’architetto Edoardo Milesi, della condivisione del Comune di Magliano in Toscana.
Il progetto Erasmus Plus “Our memories and I”
In questo quadro si colloca l’esperienza del progetto Erasmus plus “Our memories and I”, che ha unito scuole di quattro paesi diversi nell’impegno sulla riflessione che scaturisce dal confronto di diversi luoghi di memoria (quali il Museo di Berlino, Mémorial de Rivesaltes, MUME di La Jonquera…), per poi cimentarsi contestualmente con l’allettante prospettiva di contribuire a pensarne ed a progettarne uno, che ancora non esiste: appunto la casa di Maiano Lavacchio. Questo, iniziato nel settembre 2017 e concluso nell’agosto 2019 ha coinvolto cinque scuole europee[9] e quattro Istituzioni che si occupano di storia e memoria[10]. È stato in quest’ottica che i ragazzi dopo una lunga ed articolata riflessione che li ha portati a valutare ed a studiare molti memoriali europei, a novembre del 2018 presso l’Isgrec hanno partecipato ad un laboratorio e profondamente discusso sul concetto di luogo di memoria proponendo visioni originali e spontanee, ma mai scontate. scaturite dal confronto con l’architetto progettista di Maiano Lavacchio, Edoardo Milesi che è stato a disposizione dei ragazzi per tutto il tempo dei laboratori. I prodotti di questo lavoro di conoscenza storica, confronto con le fonti e di discussione sulla memoria sono racchiusi nei disegni e nei prodotti scritti che hanno lasciato segni di una seria e sentita elaborazione teorica portando la riflessione a considerare aspetti profondamente connessi con il presente ed il futuro dei diritti umani.
Il laboratorio artistico di Roman Kroke
All’interno del progetto Erasmus fondamentale è stata l’esperienza della costruzione di un laboratorio artistico nello stesso cantiere della scuola di Maiano Lavacchio: un gruppo di ragazzi del Liceo Rosmini di Grosseto, è stato coinvolto in una sperimentazione didattica di creazione artistica tenuta da Roman Kroke, artista tedesco. I ragazzi, pur non abituati alle pratiche d’arte, essendo allievi di un liceo linguistico, guidati dalla sensibilità visionaria e creativa del docente artista, utilizzando oggetti di riciclo e tecniche miste hanno imparato ad esprimere concetti ed emozioni nel linguaggio affatto nuovo dell’arte, dando voce a idee e concetti originali ed interessanti. Toccando corde profonde della memoria, Roman Kroke ha fatto nascere dalla storia qualcosa di nuovo e denso di significati, così il cantiere della piccola scuola di Maiano è divenuto per qualche giorno un atelier di artisti, un luogo dove si poteva sperimentare nella totale immersione nella memoria un’esperienza nuova e creativa. Qui i ragazzi hanno dato tantissimo in un’attività che li ha coinvolti totalmente (per le immagini si rimanda al sito https://ourmemoriesandi.wixsite.com/erasmusplus/liceorosminigrosseto)
Questo approccio rappresenta l’incipit di una serie di attività che presto potranno caratterizzare la struttura in costruzione, ospitare eventi che nella piena immersione nella memoria generino una forma nuova di riflessione e di scambio tra culture su temi comuni, come la storia, l’arte, la letteratura, ma anche i diritti e la cittadinanza europea.
Il progetto: come si costruisce la Casa della memoria al Futuro?
Fondamentale per comprendere la filosofia del progetto è l’incontro con l’architetto Edoardo Milesi. Milesi non è solo architetto, o meglio, non nel senso di uno specialismo tecnico-professionale. Ha una visione della sua professione più larga: l’architetto appartiene alla terra di confine tra il sapere umanistico e scientifico; al fondo coltiva finalità civili. Che le sue non siano utopie, secondo la versione etimologica di “ou τόπος” (nessun luogo), lo provano le esperienze di architettura pubblica e privata, in Italia e all’estero, realizzate a partire da apparenti utopie. Si è aggiunta la condivisione dell’idea progettuale con il Comune di Magliano in Toscana, che ha avuto fiducia nella volontà dei due soggetti proponenti. A completare contesti e circostanze è stato il contributo offerto attraverso la partecipazione Erasmus al progetto.
Per usare le parole di Edoardo Milesi questo non sarà un luogo dove “mummificare la memoria” ma dove “progettare la nostra contemporaneità”. Egli stesso afferma che “nel progetto di riuso è precisa la volontà di promuovere e produrre arte cultura e formazione attraverso l’aggregazione, la coesione e l’inclusione sociale”. La Casa, dunque, sarà
“un luogo residenziale per la memoria, dove fare ricerca, sperimentare nuovi modi per comunicarla, parlare di identità e culture …e anche come questa memoria prenda un significato diverso una volta entrata a far parte della letteratura, estrapolata dal proprio contesto di appartenenza. Quando cioè si fa storia. In quel momento il ruolo del fruitore, superata la dimensione dello spettatore, è rimesso in discussione sostituendo disegni intenzionalmente formativi, con una dimensione nuova nella quale la memoria può rielaborare i fatti contemporanei guidando comportamenti virtuosi, ma soprattutto fattivi e costruttivi.”[11]
Qui lo spazio diventa “luogo di relazioni” e produzione culturale attraverso lo studio attivo della storia contemporanea.
La fattibilità del progetto
L’idea progettuale poi si fonda sulle condizioni di fattibilità e su risorse e limiti oggettivi.
Il progetto consiste nella ristrutturazione dell’edificio della scuola – interni e porticato – unificando aula e stanze che erano destinate ad abitazione del custode. Tutte le parti dovrebbero essere “abitate”, non solo “visitate”, gli spazi interni ed esterni condivisi e vissuti: cucina, foresteria, stanza per studiare e discutere, porticato per lavorare in gruppo; un tavolo per leggere, scrivere, mangiare insieme.
Un piccolo luogo, dunque, un luogo da vivere solo nella bella stagione (è stato escluso per limiti nella fattibilità il riscaldamento) in maniera semplice e rigorosa. Un luogo da riempire con libri e materiali di memoria per documentare storicamente ciò che è stato, ma soprattutto un luogo dove creare e condividere idee nuove e costruire ponti tra il passato, il presente e l’idea del futuro. Un luogo aperto a momenti di socialità che crei un rapporto tra la natura e il paesaggio.
Necessaria sarà la tecnologia e l’accesso alla rete per costruire percorsi di didattica e per creare momenti culturali aperti al pubblico. Lo spazio esterno sarà fondamentale per unire il qui e l’altrove: un angolo sperduto della Maremma toscana al resto del mondo.
Un modello di condivisione
La grande apertura e versatilità del progetto si deve alla sua natura partecipata e condivisa non solo con le istituzioni e gli enti locali presenti sul territorio, ma anche e soprattutto con la cittadinanza che ha contribuito e contribuisce materialmente per la sua realizzazione. Ciò è portatore di un valore aggiunto poiché la condivisione con il tessuto sociale permette di individuare i bisogni culturali espressi dal territorio per cui una iniziale condivisione è divenuta in itinere il fondamento di una futura auspicabile reale partecipazione. Infatti la città d Grosseto ha “adottato” il monumento attraverso associazioni, la stampa, il mondo delle professioni[12]. Fondamentale il contributo della Regione toscana, ma soprattutto di decine di privati che a titolo personale hanno sostenuto il progetto.
Si è costituito un “Comitato di garanzia”, cui partecipano importanti rappresentanze della società e delle istituzioni: La Curia vescovile, Enti locali, il mondo imprenditoriale e sindacale, una rappresentanza dell’ambiente della scuola.
Il lavoro dell’architetto Milesi ha trovato una sponda, dopo l’interesse, nella disponibilità a operativa alle prime fasi di realizzazione da parte degli ordini professionali di settore e delle imprese di costruzioni ed è stato così possibile procedere per ora ai due terzi del recupero della struttura.
Quali prospettive?
Questa condizioni di partenza positive sottendono un duro lavoro progettazione, riflessione e condivisione. Tuttavia molto è ancora da fare soprattutto in relazione al dibattito sorto in seno alla comunità scientifica circa il ruolo dei luoghi di memoria. Si vedano le posizioni di Pisanty e Cavaglion che sollecitano una necessaria autocritica nella gestione delle politiche della memoria sollevata soprattutto dalla costatazione della recrudescenza di fenomeni di razzismo e xenofobia, nonostante i 20 anni della legge sulla giornata della Memoria, consigliando una sosta di riflessione che sia premessa necessaria a un’inversione delle politiche fin qui attuate.
Tuttavia vi sono plausibili prospettive e tempi lunghi di realizzazione. Almeno abbastanza lunghi per effettuare una serie di scelte positive. Intanto il richiamo alla creatività, alla ricerca di strade alternative, l’invito a studiare e a meditare contaminazioni tra la scienza storica, l’arte e la letteratura: tutti appelli che non cadono nel vuoto. La storia recente di questo luogo della memoria in fieri ha dimostrato almeno in gran parte la capacità di porsi le domande chiave, quelle domande formulate dalla consapevolezza della necessità di nuove vie e nuovi linguaggi per la storia e la memoria.
La creatività, ad esempio, potrebbe essere una strada da percorrere: l’atto del creare artistico dopo un percorso di memoria e di conoscenza storica.
Obiettivo è la stessa costruzione di quella memoria che è pur sempre una conquista individuale nel momento in cui, grazie alle sollecitazioni avute dai luoghi come questo, o dai segni di memoria, si intraprende una via lastricata di domande e a queste domande si cercano risposte nella riflessione e nello studio della storia.
Alcune linee operative
Per il momento si sono individuate alcune categorie di azioni, che potranno soddisfare le finalità del progetto: cioè azioni rivolte al territorio, finalizzate a valorizzarne le risorse sul piano culturale, sociale ed economico, ma anche attività di carattere regionale e nazionale, che si giovano dei rapporti di rete costruiti negli anni dall’Isgrec.
La “Casa della memoria al futuro” potrà divenire un’appendice attiva dell’Istituto stesso, dove trasferire una parte delle sue attività rivolte alla scuola per la formazione degli insegnanti e studenti.
Le attività di formazione sulla cultura della memoria sono sempre state realizzate con un’attenzione ai bisogni che nel tempo mutano, col mutare del clima sociale e culturale. Un aspetto che si sta rilevando con i fenomeni sociali nuovi, tra cui fondamentale l’inserimento nella scuola e nella società di soggetti provenienti da altre culture e tradizioni rende necessario mettere a confronto identità e memorie. Alcune esperienze mostrano quanto sia utile il reciproco ascolto di patrimoni memoriali familiari e di raffronto fra identità diverse.
Non sarà possibile integrare, secondo le ipotesi di scelte strategiche che si vorranno fare, persone provenienti da mondi “altri”, se non aprendo la strada a forme di reciprocità che partono dall’età scolare per le nuove generazioni e rendono di conseguenza le famiglie capaci di dialogare positivamente.
Un secondo livello di attività potrebbe consistere nel creare le condizioni per un rapporto intergenerazionale. Il territorio è depositario di memorie, non solo quelle che si riferiscono alle vicende della guerra e della tragedia delle stragi, ma quelle che costituiscono l’humus da cui la società locale si è costruita, con i valori e le contraddizioni che il presente mostra. Testimoni e protagonisti di esperienze scandite dai tempi diversi del loro vissuto hanno bisogno di luoghi per un dialogo costruttivo, senza nostalgie, ma con l’obiettivo della consapevolezza del mutare dei bisogni e delle aspettative.
Specifiche iniziative dovranno essere progettate con un riferimento preciso alla formazione degli insegnanti. Il luogo prescelto è insieme un giacimento di memorie storiche – storia di lungo periodo, non solo contemporanea – e ambiente naturale – paesaggio antropizzato, ma non stravolto dalla modernità – ideale per la comprensione della natura come risorsa per il futuro. È prevedibile che questa attivazione costituisca anche per l’economia del territorio un elemento di dinamizzazione.
Le diverse attività che saranno realizzate lasceranno come eredità attiva le tracce concrete dei progetti realizzati e del lavoro culturale che sarà svolto. Il concetto espresso nel progetto di “spazio da riempire” si traduce concretamente nella progressiva costruzione di modelli culturali. Materiali prodotti dagli insegnanti, registrazioni, produzioni didattiche sperimentate con le classi riempiranno le stanze della Casa e ne costituiranno il patrimonio.
In sintesi, per il territorio, inteso sia come tessuto sociale che come istituzioni, si prevede che la “Casa” possa divenire, grazie alla sedimentazione di esperienze di questo tipo, un’effettiva risorsa “ordinaria”.
Bibliografia
- D. Bidussa Dopo l’ultimo testimone Einaudi, Torino 2009
- G. Fulvetti, P. Pezzino (a cura di) Zone di guerra, geografie di sangue. L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (1943-1945) Il Mulino, Bologna 2016
- M. Grilli (a cura di) Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei Martiri d’Istia. Isgrec Effigi, Arcidosso 2014
- M. Isnenghi I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita Laterza, Bari 2010
- P. Pezzino Paesaggi della memoria. Resistenze e luoghi dell’antifascismo e della liberazione in Italia, Edizioni ETS, Pisa 2018
- V. Pisanty, Che cosa è andato storto? Le politiche della memoria nell’epoca del post-testimone, Novecento.org, n. 13, febbraio 2020.
- A. Cavaglion, Paesaggi contaminati da decontaminare. Qualche riflessione sui luoghi della memoria, Novecento.org, n. 13, febbraio 2020.
- A. Gagliardo, I Luoghi della memoria: temi e prospettive, Novecento.org, n. 12, agosto 2019. DOI: 10.12977/nov298
Note:
[1] Essi furono: Mario Becucci (nato a La Spezia nel 1906), Antonio Brancati (Ispica, 1920), Rino Ciattini (Grosseto, 1924), Alfiero Grazi (Cinigiano, 1925), Silvano Guidoni (Istia d’Ombrone, 1924), Corrado Matteini (Istia d’Ombrone, 1920), Emanuele Matteini (Istia d’Ombrone, 1924), Alcide Mignarri (Istia d’Ombrone, 1924), Alvaro Minucci (Istia d’Ombrone, 1924), Alfonzo Passannanti (Battipaglia,1922), Attilio Sforzi (Grosseto, 1925).
[2] Si tratta della lettera di Antonio Brancati di Ispica, maestro e studente di medicina, sbandato del Regio Esercito. Carissimi genitori, in P. Malvezzi, G. Pirelli Lettere dei condannati a morte della Resistenza Italiana (8 settembre 1943-25 aprile 1945) Einaudi , Torino, 1955, pp. 93-94 ed è presente nella banca dati curata da Gianni Perona Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza Italiana http://www.ultimelettere.it/?page_id=52&ricerca=129&doc=891
[3] M. Grilli (a cura di) Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei Martiri d’Istia. Isgrec Effigi, Arcidosso 2014; Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=3116
[4] A partire dal settembre del ‘44 risalgono raccolte di denaro destinate alla costruzione di una cappella monumentale per la sepoltura degli 11 martiri, AISGREC, CPLN, 11 fasc.1
[5] Gli stessi fascisti Vezio Vecchi, Ugo Salvatici e Franco Renato accusarono l’operato dei maggiori esponenti del fascio grossetano nell’assemblea del Fascio repubblicano del 26 aprile 1944 a Grosseto, per questo lo stesso Vecchi venne incarcerato con l’accusa di antifascismo e disfattismo, Grilli 2014 pp86-87
[6] Al monumento, la targa con codice QR posta dall’ISGREC nel contesto del progetto Cantieri della memoria. Da lì parte l’itinerario della memoria verso Istia d’Ombrone, lungo il sentiero percorso di corpi dei ragazzi uccisi fino alla Chiesa della frazione di Grosseto, località di origine di alcuni e centro abitato più vicino al luogo della uccisione.
[7] P. Pezzino Paesaggi della memoria. Resistenze e luoghi dell’antifascismo e della liberazione in Italia, Edizioni ETS, Pisa 2018, p 66-67
[8] P. Pezzino, P Paesaggi della memoria. Resistenze e luoghi dell’antifascismo e della liberazione in Italia, Edizioni ETS, Pisa 2018, p.13
[9] Licée Aristide Maillol, Perpignan – Francia, Liceo statale Antonio Rosmini, Grosseto- Italia, Oberstufenzentrum Logistik, Touristik and Steuern (OSZ Lotis), Berlino- Germania, Collège Marcel Pagnol, Perpignan – Francia, Institut Narcís Monturiol, Figueres -Spagna
[10] Funfació Solidaritat Universitat de Barcelona – European Observatory on Memories (EUROM), Barcellona-Spagna, Istituto storico grossetano della resistenza e dell’età contemporanea, Grosseto Italia, Museu Memorial de l’Exili (Mume), La Jonquera – Spagna, Culture Hub Croazia – Platform for Educartion, Creativity and Development through Colture , Split – Croazia
[11] https://www.isgrec.it/la-casa-della-memoria-al-futuro/
[12] In particolare si ricordano associazioni quali l’ANPI provinciale e lo SPICGIL, il quotidiano “Il Tirreno”, il mondo delle professioni, l’ordine degli architetti, le imprese e la CNA.