Introduzione al dossier sulla storia dello sport
La fotografia che immortala Coppi e Bartali mentre si passano una borraccia (in realtà era una bottiglia) è diventata l’immagine simbolo del ciclismo italiano. Anzi dello sport. Il 6 luglio 1952 (alle 15 precisano i cronisti pignoli) mentre i due campioni stanno scalando il Col du Télégraphe nel corso del Tour de France si passano una bottiglia d’acqua. Ancor oggi si potrebbe scrivere un libro sulla semiologia di quell’episodio. In realtà si è scoperto recentemente che nella fotografia originale è stata cancellata la figura di Stan Ockers, campione belga, che pedala accanto ai due campioni. Perché quel fotomontaggio? La risposta più semplice è che chi ha scattato la fotografia voleva isolare i due campioni per rendere ancora più simbolica l’immagine. Negli anni, priva di Ockers, quella immagine è stata oggetto di infiniti esercizi di retorica. Qualcuno si è limitato a sottolineare lo spirito decoubertiniano all’insegna della lealtà sportiva di quello scambio. Altri hanno osservato che, pur rivali, i due campioni si scambiavano un gesto di solidarietà in terra straniera a sottolineare la ‘fratellanza’ fra due acerrimi nemici. Insomma, un gesto di distensione nel segno di una Italia da ricostruire e affratellare dopo le rovine e le divisioni della guerra civile. Ma l’eliminazione di Ockers dall’istantanea non è l’unica anomalia della fotografia. Carlo Martini, autore di quello scatto, chiese infatti ai due campioni, con il permesso del direttore di gara, di “posare” e, presa la bottiglia da una signora appostata in curva, Coppi e Bartali si prestarono al gioco. Così un gesto normalissimo (da sempre, e ancora oggi, i ciclisti si passano le borracce anche se rivali) è diventato epico.
Fino a poco tempo fa era luogo comune lamentare che, a differenza della storiografia di alcuni paesi esteri, la storia dello sport in Italia scontasse ritardi e remore. Da qualche anno la tendenza sembra essersi decisamente invertita, a partire dall’interesse che alcune riviste hanno rivolto a un tema fino a poso tempo fa considerato bizzarro e anomalo. Nel 2020 Passato e Presente ha dedicato un numero monografico a Per una storia dello sport (popolare) in Italia. Nello stesso anno una rivista paludata come Rassegna storica toscana, Organo della Società Toscana per la Storia del Risorgimento ha destinato l’intero numero 2 alle origini dello sport in Toscana.
Sempre fino a poco tempo fa, era anche luogo comune – nelle rassegne storiografiche – riferirsi ai pionieri della disciplina (Felice Fabrizio o Sergio Giuntini) per osservare che non erano stati fatti grandi passi in avanti. Oggi invece il panorama è decisamente cambiato. Il dato più confortante è la comparsa sulla scena di una giovane generazione di storici che ha scandagliato la storia dello sport e zone limitrofe: da Eleonora Belloni a Enrico Landoni, da Erminio Fonzo a Nicola Sbetti, da Daniele Serapiglia a Saverio Battente per citarne solo alcuni.
Si tratta di una generazione che sembra aver superato quelle timidezze e quei pregiudizi che un tempo frenavano quanti si dedicavano alla ricerca storica per progredire nella carriera universitaria.
Allo stesso modo, altri studiosi, che vengono da percorsi “altri” di ricerca, si interessano della storia sportiva, iniziano a studiarla, a scriverne.
In questo modo, come ha scritto di recente Francesca Tacchi, iniziano ad esserci anche corsi dedicati alla storia dello sport all’interno dei corsi di laurea in Storia, triennali e magistrali (https://amicidipassatoepresente.wordpress.com/2021/03/16/storia-dello-sport-alluniversita-un-percorso-a-ostacoli-francesca-tacchi/).
Certamente anche la nascita della Società Italiana di Storia dello Sport (https://www.storiasport.com), che conta un’ottantina di soci, ha contribuito allo sviluppo della disciplina. Al suo interno si confrontano storici, sociologi, economisti, e anche il mondo in grande crescita dei bloggers e degli story-tellers, cioè di quella dimensione più prossima alla “public history” che si è palesata come vettore importante di diffusione della storia dello sport. Un confronto importante, su snodi, questioni e soprattutto approcci metodologici, visto che resta forte la tendenza di coltivare ancora questa disciplina come desueta e stantìa “storia degli sport”, rispetto all’idea, per noi più corretta di coniugare l’evoluzione dello sport con la storia sociale, politica ed economica. È fuor di dubbio che lo sport, in quanto manifestazione fra le più caratteristiche della società di massa del Novecento incroci i più disparati campi del sapere: dalla filosofia alla letteratura, dalla religione alla linguistica, dalla scienza alla mentalità collettiva. Senza il confronto con questi parametri non è storia dello sport: è cronaca.
Ulteriore indizio della crescita del tema è l’organizzazione, da qualche anno a questa parte, dei seminari sul calcio ospitati dalla SISSCO.
Ma non solo la ricerca. Anche nel campo della didattica si sono registrati progressi un tempo impensabili. La nascita dei licei sportivi ha sollecitato la didattica a occuparsi della storia dello sport. Sono stati importanti i corsi di aggiornamento promossi nel 2019 dagli Istituti storici della Resistenza del Piemonte (http://www.reteparri.it/in_evidenza/lo-sport-e-la-storia-4942/) e, nel corso del 2020 e 2021, con quelli sostenuti dalla Rete degli Istituti della Resistenza dell’Emilia Romagna (http://www.reteparri.it/eventi/lo-sport-e-la-storia-del-900-6059/). E definitivo segnale dell’interesse per la didattica è il corso di aggiornamento organizzato nella primavera del 2021 dal Ministero della Pubblica Istruzione in collaborazione con la Società Italiana di Storia dello Sport.
E l’elenco delle iniziative potrebbe continuare confermando in definitiva che la storia dello sport è uscita dal suo stadio infantile: il suo studio e il suo insegnamento possono aiutare a capire lo sviluppo dell’Italia contemporanea.
Per tutti questi motivi, ci è parso utile pensare ad un Dossier per 900.org. Lo sport appartiene alla quotidianità dei giovani, in termini di pratica, di fruizione, di passione, di universo simbolico, di immaginari, e per questo può essere una straordinaria chiave di accesso al Novecento.
Abbiamo così chiesto ad amici e colleghi di condividere con la rivista i loro percorsi di studio. Ne sono scaturiti dei saggi utili su più livelli, sia come strumento di formazione per gli insegnanti, che come spunti per la costruzione di unità didattiche.
Alberto Molinari ci porta dentro la storia del fascismo. Nicola Sbetti nelle relazioni internazionali post-Seconda guerra mondiale. Sergio Giuntini fa dello sport un prisma per riflettere sul faticoso percorso verso la parità di genere. Gianni Silei ci parla del tifo inglese, degli hooligans, della violenza quindi, ma anche delle forme di mobilitazione politica che stanno dentro quel mondo. Speriamo si possano aggiungere altri contributi in corso d’opera, ma intanto ci paiono, questi, saggi di grande interesse. Per i quali ringraziamo tutti gli autori, amici e colleghi.