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La ritrovata agenda di Ugo Gregoretti dei tempi di Vietnam, scene del dopoguerra

La ritrovata agenda di Ugo Gregoretti dei tempi di <em>Vietnam, scene del dopoguerra</em>

Ugo Gregoretti.
Crediti: Phyrexian – Questo file deriva da: Ugo Gregoretti – 2002.jpg di Riccardo Spinella, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Abstract

Il saggio presenta e analizza la pellicola Vietnam, scene del dopoguerra, firmata nel 1975 per la Unitelefilm dagli autori e registi Ugo Gregoretti e Romano Ledda, attraverso un racconto, nel Vietnam appena liberato che percorre da Nord a Sud la penisola, mostrando le immagini di territori che fino a due mesi prima erano ancora impegnati in uno dei conflitti più lunghi e distruttivi del XX secolo. Il racconto si svilupperà attraverso due voci complementari: quella narrante dello stesso Gregoretti, all’interno del lungometraggio, e quella dell’autore che trascrive in fieri minuziosamente sulla sua agenda personale (inedita e datata 1975), le sue osservazioni, i temi da trattare nel medesimo documentario, le varie ipotesi di montaggio e disposizione delle scene. Il documentario risulta dunque essere una fonte rilevante per indagare ed analizzare da vari punti di vista la portata sociopolitica del conflitto vietnamita attraverso la prospettiva creativa di un regista ironico e dissacrante.

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The essay presents and analyses the film Vietnam, scenes from the post-war period, made in 1975 for Unitelefilm by the authors and directors Ugo Gregoretti and Romano Ledda, through a narrative in the newly liberated Vietnam that travels from North to South of the peninsula, showing images of territories that until two months before were still engaged in one of the longest and most destructive conflicts of the 20th century. The story is developed through two complementary voices: the narrating voice of Gregoretti himself, within the feature film, and that of the author who meticulously transcribes in fieri on his personal diary (unpublished and dated 1975), his observations, the themes to be dealt with in the same documentary, the various editing hypotheses and the arrangement of the scenes. The documentary is therefore a relevant source for investigating and analysing from various points of view the socio-political scope of the Vietnamese conflict through the creative perspective of an ironic and desecrating director.

 INDICE

  1. Introduzione
  2. L’agenda del regista: una fonte imprescindibile
  3. Anatomia di un documentario
  4. Considerazioni finali
  5. Appendice – Agenda
  6. a) Tematiche generali e specifiche
  7. b) Thai Binh
  8. c) Annotazioni sulle città del Vietnam del Sud
  9. d) Ipotesi di montaggio

 

Introduzione

L’analisi del documentario Vietnam, scene del dopoguerra (1975), realizzato da Ugo Gregoretti[1] e Romano Ledda,[2] direttore di «Rinascita», comporta la disamina di un’opera prodotta in un momento cruciale della storia contemporanea, come la fine della guerra del Vietnam, inserendola in un contesto ben determinato sia rispetto alla situazione instabile e concitata di un Paese appena riunificato sia rispetto alla narrazione specifica e unica, scelta per raccontare agli italiani di metà anni Settanta le immagini del Vietnam liberato.[3] L’indagine si svilupperà attraverso due voci complementari: quella narrante dello stesso Gregoretti, all’interno del lungometraggio, e quella dell’autore che trascrive in fieri minuziosamente sulla sua agenda personale (inedita e datata 1975), le sue osservazioni, i temi da trattare nel medesimo documentario, le varie ipotesi di montaggio e disposizione delle scene.[4]

Del conflitto vietnamita, una guerra lontana, ma vissuta e partecipata da tutto l’Occidente, Ugo Gregoretti non decide di raccontare il momento della liberazione, come altri reporter di guerra quali – per citare solo alcuni italiani – Tiziano Terzani, Piero Angela e Oriana Fallaci; sceglie invece di narrare l’immediato dopoguerra, in un lungo viaggio tra le contrastanti scene di un Paese in ricostruzione.[5] Il documentario, prodotto dalla Unitelefilm, è una fonte rilevante per indagare ed analizzare da vari punti di vista la portata sociopolitica del conflitto vietnamita  attraverso la prospettiva creativa di un regista ironico e dissacrante.

 

L’agenda del regista: una fonte imprescindibile

Per indagare e ricostruire i temi generali e specifici del lungometraggio, occorre anzitutto considerare una fonte di sorprendente importanza, ossia l’agenda personale dell’autore, datata 1975 – collocata a seguire in appendice – e conservata presso il «Centro Studi Ugo Gregoretti» di Pontelandolfo (BN), nella quale egli riportò, pagina dopo pagina, non solo osservazioni, dettagli ed impressioni riguardanti il viaggio, ma anche dati ed elementi tecnici riferiti alla disposizione e alla durata delle sequenze e ad ipotesi di montaggio.[6] Il punto focale, che viene ripetuto all’interno dell’agenda e che di conseguenza emerge anche nel lungometraggio, è il carattere unitario della storia, della cultura, della lingua, della tradizione e del costume vietnamita, che doveva essere esaltato tramite testimonianze artistiche, monumenti, dipinti e luoghi legati indissolubilmente ad avvenimenti storici.[7] Altro spunto fondamentale per l’autore, risulta essere la ricerca di tracce della presenza del colonialismo e la constatazione delle conseguenze dei cento anni di dominazione francese per il Paese.

In seguito, Gregoretti passa in rassegna le varie religioni presenti in Vietnam: buddismo, confucianesimo e cattolicesimo, la loro diffusione, penetrazione ed influenza al Nord come al Sud ed i conseguenti problemi connessi alla presenza delle maggiori confessioni.[8]

Inoltre, l’autore ricostruisce le lotte per l’indipendenza della nazione vietnamita dalle più antiche contro la quattro dominazioni cinesi e le invasioni mongole della metà del XIII secolo, a quelle dei movimenti indipendentisti e nazionalisti contro il colonialismo francese all’inizio del XX secolo.[9] Gregoretti annota altresì, come punti cardine da enfatizzare nel documentario, la penetrazione dell’ideologia marxista nel Vietnam, evidenziando quindi le diverse classi sociali e indugiando particolarmente sulle insurrezioni contadine, sul ruolo della classe operaia delle città ed il successivo avvento di Nguyễn Ái Quốc, meglio noto come Ho Chi Minh, il quale arrivò nel Nord per formare il fronte Viet Minh (Lega per l’indipendenza del Vietnam) che raccolse le forze patriottiche in lotta per l’indipendenza del Paese.

Dopo la resa del Giappone e la conseguente rivoluzione di agosto, i Viet Minh approfittarono del momentaneo vuoto di potere per prendere il controllo del Paese. Il 2 settembre 1945 Ho chi Minh proclamò ad Hanoi l’istituzione della Repubblica Democratica del Vietnam e l’indipendenza nazionale. Tuttavia, i francesi rapidamente ripresero il controllo della zona che avevano ceduto ai giapponesi, e iniziò la Prima guerra d’Indocina (1946-1954). Il dominio francese si concluse il 7 maggio 1954.[10]

Gregoretti rivolge l’attenzione alla costruzione del socialismo nella Repubblica Democratica del Vietnam del Nord (R.D.V.N.), a partire dal 1945 sino al 1954, cercando di indagare i principali problemi e le maggiori difficoltà riscontrate, come la riforma agraria, l’inizio del movimento di cooperazione nelle campagne e l’industrializzazione.[11]

L’autore tenta di valutare lo sviluppo economico dell’esperienza socialista del Vietnam del Nord soprattutto durante l’intervento statunitense, analizzando così le conseguenze del conflitto a livello di produttività economica.[12] Proprio in relazione a questa fase, l’autore si sofferma sui crimini di guerra e sulla lotta del popolo vietnamita, indagando – per poi esporre nello stesso documentario– quali siano state le maggiori distruzioni, gli attacchi più clamorosi ad istituzioni di carattere assistenziale e sociale e quanto sia stato ingente il numero delle vittime civili.[13] Allo stesso tempo, Gregoretti punta la cinepresa anche verso gli organismi locali, realtà certamente meno clamorose e conosciute, come le varie organizzazioni per la difesa del popolo vietnamita operative durante il conflitto, i rifugi, le testimonianze del lavoro e della vita domestica in tempo di guerra e, soprattutto, l’azione ideologica e propagandistica del partito, raccontando altresì atti di valore sia individuali che collettivi.[14] Altro tema fondamentale, sempre diligentemente annotato dall’autore, è la descrizione del Vietnam contemporaneo, degli scenari di cui si ritrova testimone esclusivo in quel momento.[15] Gregoretti si propone di mostrare, ad esempio, come sia organizzata e in che modo si viva in una città come Hanoi, capitale del Vietnam del Nord, mettendo in scena uno spaccato della vita quotidiana da più punti di vista: la partecipazione politica, il lavoro, lo studio, l’abitazione, la vita privata, i trasporti, gli svaghi, il commercio socializzato e quello privato, l’amministrazione della giustizia, il sistema fiscale e l’assistenza sanitaria. Gregoretti visita in prima persona le fabbriche socialiste, riflettendo sullo stadio di sviluppo della produzione nordvietnamita, sui progetti per l’avvenire, sugli aspetti tipici della condizione operaia e sul ruolo della medesima classe in rapporto alla società, sulle cooperative agricole, evidenziandone gli aspetti più significativi.[16] Sempre ad Hanoi, l’autore tenterà di rilevare, attraverso le interviste, un linguaggio evocativo e delle riflessioni appuntate nella sua agenda, come l’ideologia socialista abbia saputo mettere le radici nell’animo popolare intrecciandosi con i valori della tradizione, come gli affetti familiari, la moralità e lo spirito di sacrificio; quella dell’autore è una sorta di indagine che, tramite testimonianze dirette, immagini e racconti, tenterà di rilevare come l’ideologia socialista seppe radicarsi, interpretare e recepire le aspirazioni più profonde del popolo vietnamita. Ultimo snodo cruciale, annotato dall’autore, è certamente quello di evidenziare i principali problemi posti dal ritorno alla normalità o meglio alla pace, dopo molti anni di lotta.[17]

 

Anatomia di un documentario

L’opera Vietnam, scene del dopoguerra, lungometraggio a colori della durata di 97 minuti, come ha sottolineato lo stesso Gregoretti durante la prima presentazione pubblica nel corso della rassegna savonese, intitolata «Momenti del cinema italiano contemporaneo», tende a informare lo spettatore più che a soddisfare le esigenze estetiche dell’autore; da qui la semplicità espressiva del film e il suo chiaro vigore documentaristico.[18] Tuttavia, si sbaglierebbe a interpretare quest’esigenza “politica” come una rinuncia ad un preciso e autonomo stile espressivo. Gregoretti e Ledda attraversarono il Paese da Sud a Nord, da Saigon ad Hanoi, tra giugno e luglio, per poi decidere di effettuare un montaggio diverso delle sequenze del viaggio.[19]

Più che un racconto, il loro lungometraggio risulta essere una commossa, ma oggettiva testimonianza sugli orrori della guerra, sui problemi, sui tempi politici, sociali e umani della ricostruzione. Ne sono protagonisti i combattenti, i contadini che tornano nelle risaie, le grandi e tumultuose città create dall’inurbamento forzato, le donne e i bambini vietnamiti. Svolge il ruolo di protagonista anche lo stesso Paese, con la sua storia e la sua civiltà, la fierezza delle sue genti e le sue straordinarie bellezze naturali: un Vietnam che emerge come indipendente, libero e unito.[20] I due autori non registrarono solo l’itinerario del cammino verso la liberazione nazionale di quel popolo, un massacro che portava fra gli altri i nomi dei territori di Quang Tri, Hué, Da Nang, My Lai, Xuan Loc, ma percorsero anche la strada verso la ricostruzione di un patrimonio morale e umano che trenta anni di guerra spesso avevano colpito a morte.[21] Era la radiografia di un’impresa ardua, di cui gli stessi vietnamiti non nascosero le difficoltà, ma che fu perseguita con quella tenace pazienza, che era stata la principale leva morale della vittoria di un piccolo popolo sulla più efficiente e moderna macchina bellica del mondo.[22]

Scena 1, U. Gregoretti, R. Ledda, lavoratori edili che costruiscono una casa, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 1:24:05, 1975.

È per queste ragioni che generalmente si parla di Vietnam, scene del dopoguerra come di un’opera dotata allo stesso tempo di caratteri politici e poetici: Gregoretti e Ledda rifuggirono dal dato “clamoroso”, dalla notazione ridondante, preferendo lavorare sui fatti minuti della vita di tutti i giorni, sulle emozioni che la macchina da presa poteva trarre dalla fatica quotidiana, dai piccoli gesti di una vita priva di clamore, ma ricca di umanità. Al di là delle tappe principali, i due autori attraversarono villaggi grandi e piccoli, incontrando le persone che lì vivevano e raccontando le loro testimonianze.[23]

Scena 2, U. Gregoretti, R. Ledda, il lavoro nelle risaie di Thai Bin, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 10:39:06, 1975.

Il lungometraggio si apre con una inquadratura frontale sulla città di Hanoi e con l’immagine, emblematica e nel contempo antitetica, in montaggio alternato, di semplici lavoratori edili in attività lungo una strada, mentre demoliscono il muretto di un rifugio antiaereo, e di altri intenti a costruire una casa.[24] La macchina da presa vaga per altri scorci della città in campo lungo, campo medio e piano americano:[25] la cattedrale, il parco della riunificazione, il tempio della letteratura, dove una guida li introduce alla storia e alla cultura del Paese, e la stazione, spostandosi poi all’ingresso di un museo-memoriale. All’interno di quest’ultimo li attende il sindaco che illustra i materiali raccolti a testimonianza del bombardamento del quartiere dei ferrovieri, avvenuto la notte del 26 dicembre 1972.[26] Il bombardamento su Hanoi durò circa quaranta minuti, gli ordigni caddero non solo sulla periferia, ma anche sul centro della città, provocando numerose vittime civili e distruggendo molte abitazioni, così da poter essere definita «la notte più sanguinosa» nella capitale nordvietnamita, dopo la ripresa dei bombardamenti da parte del presidente Nixon.[27]

Il viaggio procede ancora, questa volta con donne e uomini ripresi al lavoro nelle risaie di Thai Bin, provincia profondamente addentrata nel Delta del fiume Rosso; gli individui appaiono caratterizzati dal ritmo millenario dei movimenti delle zappe e di altri strumenti utilizzati per lavorare.[28]

Proprio mentre scorrono le immagini di Thai Bin e della sua economia prettamente agricola, – con l’alternanza di campi lunghi e medi – l’autore offre rilevanti spunti di riflessione, anche tra le pagine della sua agenda, riguardo gli aspetti più significativi della vita di una cooperativa agricola, estendendo il discorso anche ai problemi generali dello sviluppo economico nel Vietnam del Nord.[29]

La suddetta provincia, unico bacino del Nord interamente pianeggiante, ha da sempre avuto essenzialmente un’economia agricola abbastanza difficoltosa a causa della esiguità di superficie.[30] Infatti, prima della rivoluzione del 1945, la quasi totalità delle terre apparteneva ai proprietari terrieri, che la concedevano ai contadini a mezzadria, con il risultato di uno sfruttamento intensivo che rendeva il terreno sempre meno fertile.[31]

Scena 3, U. Gregoretti, R. Ledda, le ricamatrici di Thai Bin: esempio di cooperativa artigiana, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 13:01:18, 1975.

Con la riforma agraria del 1949, la terra venne confiscata ai proprietari fondiari reazionari e redistribuita a tutti (compresi i proprietari fondiari) in parti eguali. Agli inizi degli anni Sessanta vennero organizzate le cooperative agricole. Gregoretti annota che nel 1961 circa l’80% dei contadini si era già unito in cooperativa e da quel momento l’agricoltura del territorio aveva cominciato a svilupparsi in maniera sempre crescente.[32] Dopo la riforma agraria, infatti, e la creazione delle cooperative, il rendimento della produzione del riso era salito a tre tonnellate per ettaro rispetto al periodo prerivoluzionario (prima del 1945) in cui la produzione era di 2,7 tonnellate, fino a raggiungere nel 1974, periodo quasi contemporaneo al documentario, un rendimento di sette tonnellate.[33]

Nel documentario, poi, con un campo lungo dall’alto che si trasforma successivamente in campo medio, viene anche mostrato un esempio di cooperativa artigiana con primi piani di ricamatrici che lavorano all’aperto su due file di telai, delle quali ci vengono mostrati molti dettagli delle mani[34] e della produzione. In seguito, l’autore sottopone ad un’attenta e accurata valutazione anche altri settori come la sanità e la cultura, in cui viene testimoniato un incremento di medici, ospedali e teatri nella provincia.[35] Gregoretti insiste molto nel narrare il funzionamento delle cooperative e i progressi da esse apportati, mettendo in evidenza anche i benefici dell’unione e dell’assistenza reciproca dei contadini, a testimonianza di come ideologia, lavoro e produttività potessero coesistere e migliorare lo stile di vita di un’intera comunità. Egli rileva una netta e crescente trasformazione sociale ed un notevole miglioramento economico in tutto il Vietnam del Nord.

Le successive scene del documentario puntano l’obiettivo sul centro della città, dove una serie di insegne mostrano a chi vi è appena giunto, come non ci si dovrebbe abbigliare, pettinare o atteggiare, per non imitare le mode occidentali; tali raffigurazioni sono tutte affisse lungo il muro di una fabbrica.[36] All’ingresso di un cinema si possono osservare le locandine di due spettacoli: una produzione nordcoreana e la versione sovietica de “L’idiota” di Dostoevskij.[37] Ciò che dalla narrazione filmica emerge con maggiore evidenza è che ad Hanoi complessivamente si respirava un’atmosfera positiva, di ripresa. A guerra finalmente finita, i contatti tra Nord e Sud erano ripresi tramite ogni mezzo di comunicazione, anche se nel Nord si cercava di moderare l’influsso degli usi occidentali che potevano provenire dal Sud, mantenendo una sostanziale sobrietà anche nell’uso dei capi di abbigliamento.[38]

Scena 4, U. Gregoretti, R. Ledda, l’arrivo a Saigon, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 16:53:21, 1975.

L’arrivo dei due autori a Saigon viene introdotto infatti da immagini ben diverse rispetto a quelle precedenti.[39] La sobrietà e la compostezza di Hanoi lasciano il posto agli scorci dell’immane traffico cittadino della capitale del Vietnam del Sud, composto maggiormente dalle inquadrature dei giovani che girano per viale Le Loi su rumorosi ciclomotori.[40] Proprio questi ultimi sono gli elementi di novità che contrappongono le due capitali: infatti, sia i motoveicoli che il carburante, con il quale potevano girare per le strade, erano di importazione occidentale.

Scena 5, U. Gregoretti, R. Ledda, fermo immagine su elmetto abbandonato, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm, (ora AAMOD), min. 30:21:06, 1975.

Le scene del documentario si perdono, poi, attraverso numerosi campi americani, tra le vie della trafficata città. La cinepresa si sofferma, dapprima, sulla lunga fila di persone situata davanti ad una banca che aspetta di poter ritirare piccoli depositi, per poi inquadrare l’ambasciata statunitense con un fermo immagine sugli elmetti abbandonati;[41] poco lontano, infatti, si trova il “mercato dei ladri”, noto anche come “mercato del saccheggio”, in cui degli ambulanti vendono proprio oggetti di chiara provenienza statunitense, molto spesso abbandonati nella capitale dall’esercito. La dominazione statunitense a Saigon è molto più evidente ed invasiva rispetto a quella francese e la si può facilmente osservare nello stile delle costruzioni o nelle insegne pubblicitarie.[42]

Scena 6, U. Gregoretti, R. Ledda, l’altra Saigon, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 21:09:24, 1975.

Al di là di questa città esisteva però “un’altra Saigon”,[43] ai quali gli spettatori vengono introdotti, attraverso la cinepresa – con un iniziale campo lungo che, tramite un montaggio continuo, si avvicina gradualmente ai soggetti, divenendo campo medio e poi piano americano – dinnanzi agli scorci di baracche lungo il fiume, in una periferia, che per alcuni aspetti potrebbe fin troppo rievocare i sobborghi romani di fine anni Cinquanta di pasoliniana memoria.[44] Vengono mostrati degli acquitrini e delle fogne a cielo aperto, tra i caseggiati, e le immagini successivamente scorrono sulle attività all’interno del “Quartiere 11”, al quale gli autori erano potuti accedere grazie all’aiuto di alcuni partigiani del comitato rivoluzionario di quartiere. Le persone tra i vicoli della baraccopoli, rese riconoscibili attraverso suggestivi primi piani, sono in fila davanti all’ingresso di un edificio, la sede del Comitato di caseggiato, dove venivano rilasciati i buoni di consegna per la razione mensile di riso.[45]

Scena 7, U. Gregoretti, R. Ledda, ritorno nelle campagne, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 33:28:05, 1975.

Scena 8, U. Gregoretti, R. Ledda, la scuola per “rieducandi”, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), min. 55:40:01, 1975.

Le immagini trasportano lo spettatore nei villaggi di un Sud appena liberato che sembra avere infiniti volti, tra cui quello dei contadini che fanno ritorno nelle campagne, nelle terre dei loro avi, dopo anni di miseria vissuti in città durante la guerra e dopo ore infinite di viaggio;[46] o quello dei primi piani dei tanti giovani che ricostruiscono le loro abitazioni con materiali di fortuna nei nuovi villaggi; ancora, quello dei tanti bambini che risiedono nelle molteplici baracche e che si avvicinano curiosi alla cinepresa.[47] Il viaggio verso i villaggi del Sud, come Nha Trang, è connotato dalle immagini di paesaggi sfuggenti, numerose risaie con specchi d’acqua e piccoli mercati. La strada verso Tuy Hoa è costellata da risaie, campi di lavoro volontario ed altre numerose scene di vita contadina. In prossimità di Tuy Hoa, nella strada n. 5, avviene la rieducazione dei membri dell’amministrazione civile del distretto con numerose inquadrature riservate  ad una lezione sui crimini statunitensi e ai molti “rieducandi”[48] che intervengono con momenti di autocritica.[49] Ciò che appare è dunque un Paese in cui regna la povertà, pur mostrando alcuni segnali di speranza e ripresa, come mostrano le attività di un mercato del porto della città di Da Nang, nel quale venivano scaricate balle di riso e numerosi pacchi contenenti libri per le scuole elementari; a ciò fanno da contrappunto la panoramica su paesaggi desolati con carcasse di mezzi militari abbandonate e le vedute della zona desolata di My  Lai, in cui era avvenuto il terribile massacro del tenente Calley.[50]

Scena 9, U. Gregoretti, R. Ledda, il massacro di My Lai, Vietnam, scene del dopoguerra, Unitelefilm (ora AAMOD), ora 1:06:02, 1975.

Dopo My Lai, il viaggio prosegue, attraverso campi lunghi e medi, verso Hué, luogo della distruzione dell’esercito di Thieu in fuga, e il villaggio di Dong Hà, comune fra i più colpiti della provincia di Quang Tri.[51] I campi di Quang Tri sono ancora minati, per cui i superstiti sono stati costretti a rifugiarsi ancora più a sud, nell’ultima provincia abitata alle porte del 17° parallelo. È proprio questo territorio di frontiera che ci regala le immagini più dure, di distruzione, macerie e carcasse.[52]

 

Considerazioni finali

È un itinerario estetico quello che gli autori hanno perseguito con rigore sin dalla scelta del commento esplicativo alle immagini, letto dallo stesso Gregoretti. Attraverso questa impostazione stilistica, gli autori riescono a dare allo spettatore molte delle informazioni sulla complessità della situazione del Paese, sugli obiettivi di riunificazione nazionale che i dirigenti vietnamiti perseguivano con la stessa tenacia e pazienza dimostrate in trent’anni di lotta.[53] Le immagini sono protagoniste indiscusse di questo lungometraggio, in quanto riescono a trasportare lo spettatore al cospetto della distruzione, della povertà e della disperazione del popolo vietnamita. Il documentario risulta essere, perciò, un susseguirsi di straordinarie scene di un Vietnam, sino alla metà degli anni Settanta, inedito ai più: un Paese ripreso nel suo doloroso passaggio dalla guerra alla pace, nel quale le immagini del dopoguerra, dovevano provocare sgomento e domande in Occidente, specialmente in merito al futuro delle dinamiche geopolitiche.[54] La criticità più evidente del film, anche per il solo fatto di essere stato prodotto dalla Unitelefilm, casa di produzione del PCI[55], è da ricercarsi nelle immagini edulcorate di un comunismo “benefico” che non solo ha liberato e unificato il Paese, ma che provvede anche alla ricostruzione e al mantenimento della popolazione, grazie alla riforma agraria e ad una sistematica campagna per eliminare “i proprietari feudali” dalla società rurale, e che si oppone ostinatamente all’Occidente, pur essendo, al contempo, costretto a venire a patti con esso.[56] Il ritratto bonario di una Saigon corrotta dal capitalismo che ne ha coartato l’anima, producendo l’inevitabile spaccatura tra ricchi e miserabili, non lascia dubbi sulla simpatia degli autori. È evidente poi come nella contrapposizione tra città e campagna vinca quest’ultima, di una povertà quasi idillica, un mondo incontaminato di valori genuini e indomita forza di volontà, uniti all’ideologia socialista.[57] La città è maggiormente rappresentata come luogo di sopraffazione e sradicamento, da cui i contadini, forzatamente costretti a lasciare le loro case, scappano appena possono per tornare all’agricoltura nella terra dei loro avi.

Ugo Gregoretti e Romano Ledda, quindi, per primi, con la macchina da presa, illustrarono senza retorica un Vietnam liberato attraverso le immagini in diretta e la voce fuori campo.[58] D’altra parte, questo era sempre stato il modus operandi del Gregoretti autore e regista dei documentari politici: porsi al servizio della “militanza” –  gli operai per i documentari Apollon e Contratto, il popolo vietnamita, in Vietnam, scene del dopoguerra – realizzando pellicole autentiche e attuali, che ponessero al loro centro la lotta e la rinascita dei protagonisti. Il valore documentario dell’opera è quindi innegabile per il suo carattere pionieristico e rimane tra le più significative sull’argomento tra quelle girate negli anni Settanta, proprio per aver presentato, soprattutto alle generazioni più giovani, la storia di un popolo proiettato verso il futuro e di una Nazione viva.[59] La società e la cultura italiana alla fine della proiezione di Vietnam, scene del dopoguerra nei circuiti d’essai, dunque, si resero finalmente conto di un fatto molto semplice, ma che nei lunghi e dolorosi anni del Conflitto era sfuggito quasi a tutti in Occidente: ora esisteva un Vietnam senza guerra, perché ‘Vietnam’ non è il nome di una guerra, ma di un Paese e, soprattutto, di un popolo.[60]

 


Note:

[1] Ugo Gregoretti (1930-2019) è stato un regista, attore, giornalista e drammaturgo italiano. Tra i più noti autori televisivi italiani, Gregoretti cura gli adattamenti e dirige per la radio e la tv opere letterarie come “Le tigri di Mompracem” (1974) di Emilio Salgari, “Il Circolo Pickwick” (1968) di Charles Dickens, “Uova fatali” (1977) di Bulgakov. Come regista cinematografico, Gregoretti esordisce con il documentario “Piazza San Marco” (1956). Nel 1963, con Pasolini, Roberto Rossellini e Jean-Luc Godard, dirige il film collettivo “Ro.Go.Pa.G.”. Il suo segmento si intitola “Il pollo ruspante”. Nello stesso anno, Gregoretti scrive e dirige il curioso film di fantascienza “Omicron” (1963), con Renato Salvatori. Alla fine degli anni Sessanta, torna al documentario: “Apollon: una fabbrica occupata” (1969), “Il contratto” (1970), “Vietnam, scene del dopoguerra” (1975). Più o meno nello stesso periodo, Gregoretti debutta anche come attore di cinema, nel film “Amore mio aiutami” (1969) di e con Alberto Sordi. Nel 1980, è nel cast de “La terrazza” di Ettore Scola. La sua ultima esperienza in questa veste risale al film “Buoni a nulla” (2014) di Gianni Di Gregorio. Nel 2010, Gregoretti riceve un Nastro d’Argento alla carriera.

[2] Romano Ledda (1930 – 1987) è stato un giornalista e politico italiano, membro della segreteria nazionale della FGCI, nel 1960, col IX congresso, entrò nel Comitato centrale del Partito Comunista Italiano, rimanendovi fino alla morte. Come giornalista fu collaboratore de Il Contemporaneo, condirettore de l’Unità, vicedirettore di Critica marxista e di Rinascita, rivista di cui, nell’ultimo anno di vita, fu nominato direttore. Fu anche autore di importanti inchieste sulla politica in Africa.

[3] M. Argentieri, Il Vietnam che rinasce, «Rinascita», n. 5, 30 gennaio 1976, p. 36.

[4] In appendice – agenda, sezione D, Ipotesi di montaggio, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, anno 1975, conservata presso «Centro Studi Ugo Gregoretti», Pontelandolfo (BN), 17-18 luglio, 31 luglio, 1,3 7 agosto, figure 24-29.

[5] U. Rossi, Lungo viaggio nel Vietnam liberato, «L’Unità», 21 gennaio 1976.

[6] In appendice – agenda, sezione D, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 17-18 luglio, 31 luglio, 1,3 7 agosto, figure 24-29.

[7] Ibidem.

[8] In appendice – agenda, sezione A, Tematiche generali e specifiche, le pagine  originali e  inedite dell’agenda di Ugo  Gregoretti, cit., 3 gennaio, figura 3; sulla storia e la cultura vietnamita si veda anche: F. Montessoro, Vietnam, un secolo di storia, Franco Angeli, Milano, 2016.

[9] Ivi, 4 gennaio, figura 4; sull’anticolonialismo indocinese si veda: J. Chesneaux, Storia del Vietnam, Editori Uniti, Roma 1966.

[10] Ivi, 5 gennaio, figura 5; R. Monteleone, Le radici dell’odio: Nord e Sud a un bivio della storia, Edizioni Dedalo, Bari 2002, pp. 156-158.

[11] Ivi, 5-7 gennaio, figura 5,6,7; Cfr. F. Montessoro, 2016, pp. 35-42.

[12] Ivi, 3 gennaio, figura 3.

[13] Arminio Savioli, Impressionanti rivelazioni sulle atrocità degli USA nei villaggi del Vietnam del Sud, «l’Unità», domenica 18 agosto 1968.

[14] In appendice- agenda, sezione A, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 3-4 gennaio, figure 3,4.

[15] Ivi, 7-8 gennaio, figure 7-8; Cfr. F. Montessoro, 2016, pp. 50-55.

[16] Cfr. Luca Pavolini, Testimonianze sul Vietnam di oggi al Festival dell’«Unità», «l’Unità», 30 agosto 1975, p. 13.

[17] In appendice – agenda, sezione A, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 9-10 gennaio, figure 9-10.

[18] Cfr. Rossi, 1976

[19] In appendice – agenda, sezione D, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 17-18 luglio, 31 luglio, 1,3 7 agosto, figure 24-29.

[20] Vietnam, scene del dopoguerra, Ugo Gregoretti, Romano Ledda, 1975, in Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD), Unitelefilm, Roma, min. 97.

[21] M. Minciotti, Gregoretti racconta la pace vietnamita, «Il Secolo XIX», 20 gennaio 1976.

[22] Rossi, 1976

[23] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 1975.

[24] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 197; vedi Scena 1, U. Gregoretti, R. Ledda, lavoratori edili che costruiscono una casa, cit., min. 1:24:05, 1975.

[25] Il piano americano inquadra l’attore (o gli attori) a partire dal ginocchio/metà coscia all’insù fino a mostrare l’orizzonte oltre la testa dell’attore, cattura gesti e linguaggio del corpo, si adatta perfettamente a scene di dialogo, ancor meglio se di gruppo. Già utilizzato agli albori del cinema, il piano americano è poi diventato consuetudine del genere western, in quanto permetteva di mostrare i gesti dei pistoleri nel momento stesso in cui estraevano le pistole dalla fondina.

[26] A. Cambria, Vietnam: un’altra notte di strage ad Hanoi- abbattuti 8 B-52, in «Lotta Continua», 28 dicembre 1972.

[27] Cambria, 1972.

[28] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., cit.; vedi Scena 2, U. Gregoretti, R. Ledda, il lavoro nelle risaie di Thai Bin, cit., min. 10:39:06, 1975.

[29] In appendice – agenda, sezione B, Thai Binh, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 2 febbraio, Figura 11; ai tempi della partizione del 1954, il Vietnam era una società prevalentemente rurale; i contadini rappresentavano quasi il 90% della popolazione totale. Nel Nord i comunisti avevano intrapreso un programma per cambiare radicalmente la struttura socioeconomica della società. La questione centrale del cambiamento era apparentemente economica, ma la motivazione fondamentale era principalmente politica e sociale. Sulla base del principio marxista della lotta di classe, essa ha portato ad una struttura sociale completamente nuova. La classe dei grandi proprietari terrieri fu eliminata, e venne realizzata una dittatura   del proletariato in cui gli operai ed i contadini emersero come i nuovi protagonisti nominali di uno Stato socialista tendente alla eliminazione delle classi sociali.

[30] Ivi, 2-3 febbraio, figure 11-12.

[31] Ivi, 3 febbraio, figura 12.

[32] Ivi, 6-7 febbraio, figura 14.

[33] Ivi, 8 febbraio, figura 13.

[34] Vedi Scena 3, U. Gregoretti, R. Ledda, le ricamatrici di Thai Bin: esempio di cooperativa artigiana, cit., min. 13:01:18, 1975.

[35] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 1975.

[36] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 1975.

[37] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 1975.

[38] In appendice – agenda, sezione C, Annotazioni sulle città del Vietnam del Sud, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 7-11 luglio, figure 16-20.

[39] Vedi Scena 4, U. Gregoretti, R. Ledda, l’arrivo a Saigon, cit., min. 16:53:21, 1975.

[40] Vedi Scena 4, U. Gregoretti, R. Ledda, l’arrivo a Saigon, cit., min. 16:53:21, 1975.

[41] Vedi Scena 5, U. Gregoretti, R. Ledda, fermo immagine su elmetto abbandonato, cit., min. 30:21:06, 1975.

[42] Vedi Scena 4, U. Gregoretti, R. Ledda, l’arrivo a Saigon, cit., min. 16:53:21, 1975.

[43] Vedi Scena 6, U. Gregoretti, R. Ledda, l’altra Saigon, cit., min. 21:09:24, 1975.

[44] Si fa riferimento alla condizione umana e sociale dei giovani e dei sottoproletari della periferia della capitale cominciata nel secondo dopoguerra. Per maggiori approfondimenti: Pier Paolo Pasolini, Carlo Di     Carlo, 1967, in AAMOD, Unitelefilm, Roma; Roberto Carnero, Morire per le idee, Giunti, Firenze, 2017.

[45] Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., 1975.

[46] Vedi Scena 7, U. Gregoretti, R. Ledda, ritorno nelle campagne, cit., min. 33:28:05, 1975.

[47] Vedi Scena 7, U. Gregoretti, R. Ledda, ritorno nelle campagne, 1975.

[48] Vedi Scena 8, U. Gregoretti, R. Ledda, la scuola per “rieducandi”, cit., min. 55:40:01, 1975; vi erano scuole di rieducazione per quadri dell’amministrazione “fantoccia”. Il corso nelle suddette scuole durava cinque giorni ed era riservato ad ex responsabili dell’amministrazione comunale, provinciale e di distretto che, invece di essere uccisi dai partigiani, vengono trattati come vittime ingannate, da recuperare con una politica di persuasione e riconversione. Materia di studio nelle aule era la storia recente del Paese. Solitamente i “rieducandi” in aula si alzavano in piedi ed elencavano tutti i crimini e i mali sociali provocati dalla dominazione straniera.

[49] In appendice – agenda, sezione C, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 13 agosto, figura 23.

[50] Vedi Scena 9, U. Gregoretti, R. Ledda, il massacro di My Lai, cit., ora 1:06:02, 1975; Vietnam, scene del dopoguerra, Gregoretti, U., Ledda, R., cit.

[51] In appendice – agenda, sezione C, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 15 luglio, figura 21.

[52] Ivi, 16 luglio, figura 22.

[53] Rossi, 2016.

[54] L. Barletta (a cura di), Scritti scostumati per uno zibaldone gregorettiano, Guida, Napoli, 2012, pp. 139-141.

[55] Ugo Gregoretti si iscrive al PCI nel 1970, attraverso una lunga lettera inviata al Partito e riportata in Luigi Barletta (a cura di), Scritti scostumati per uno zibaldone gregorettiano, cit., pp. 73-74. Il vero risultato di tale iscrizione per Gregoretti fu quello di poter ricercare un contatto reale e diretto con la classe operaia e con le sue lotte: una concreta possibilità di rieducazione politica. Un legame con il movimento operaio che poté tradursi, grazie al cinema, in una sorta di do ut des, nel quale l’autore confessa di aver preso molto più di ciò che aveva dato; vedi anche Pasquale Donnarumma (intervista), L’altra storia di Ugo Gregoretti, in «Terra Nullius», 27 gennaio 2015, p. 12.

[56] L. Atticciati, (a cura di), Il Vietnam negli anni di Ho Chi Minh, in «Storico.org», 2004.

[57] In appendice, agenda, sezione A, le pagine originali e inedite dell’agenda di Ugo Gregoretti, cit., 1-10 gennaio, figure 1-10.

[58] Gli Anni del Vietnam. 40 Anni Dopo /Giornata Gregoretti, in «Casa del cinema a Villa Borghese», Sezione: Gli anni del Vietnam, 30-04-2015, http://www.casadelcinema.it/?event=glianni-del-vietnam-40-anni-dopo-giornata-gregoretti.

[59] Gli Anni del Vietnam. 40 Anni Dopo /Giornata Gregoretti.

[60] Gli Anni del Vietnam. 40 Anni Dopo /Giornata Gregoretti.

 Appendice – Agenda

Per gentile concessione di Lucio Gregoretti, erede di Ugo Gregoretti
a) Tematiche generali e specifiche

Figura 1, U. Gregoretti, Agenda Personale (inedita),1° gennaio 1975.

Figura 2, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 2 gennaio 1975.

Figura 3, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 3 gennaio 1975.

Figura 4, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 4 gennaio 1975.

Figura 5, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 5 gennaio 1975.

Figura 6, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 6 gennaio 1975.

Figura 7, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 7 gennaio 1975.

Figura 8, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 8 gennaio 1975.

Figura 9, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 9 gennaio 1975.

Figura 10, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 10 gennaio 1975.

b)      Thai Binh

Figura 11, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 2 febbraio 1975.

Figura 12, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 3 febbraio 1975.

Figura 13, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 6 febbraio 1975.

Figura 14, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 7 febbraio 1975.

Figura 11, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 2 febbraio 1975.

c) Annotazioni sulle città del Vietnam del Sud

Figura 16, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 7 luglio 1975.

Figura 17, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 8 luglio 1975.

Figura 18, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 9-10 luglio 1975.

Figura 14, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 7 febbraio 1975.

Figura 20, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 11 luglio 1975.

Figura 21, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 15 luglio 1975.

Figura 22, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 16 luglio 1975.

Figura 23, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 13 agosto 1975.

d) Ipotesi di montaggio

Figura 24, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 17 luglio 1975.

Figura 25, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 18 luglio 1975.

Figura 26, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 31 luglio 1975.

Figura 27, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 1° agosto 1975.

Figura 28, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 3 agosto 1975.

Figura 29, U. Gregoretti, Agenda personale (inedita), 7 agosto 1975.

Dati articolo

Autore:
Titolo: La ritrovata agenda di Ugo Gregoretti dei tempi di Vietnam, scene del dopoguerra
DOI: 10.52056/9791254696965/10
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.21, giugno 2024
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, La ritrovata agenda di Ugo Gregoretti dei tempi di Vietnam, scene del dopoguerra, in Novecento.org, n. 21, giugno 2024. DOI: 10.52056/9791254696965/10

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