Insegnare Storia nella Scuola Secondaria, a cura di F. Monducci e A. Portincasa
Immagine tratta dal sito dell’editore UTET Università
Francesco Monducci, Agnese Portincasa (a cura di)
Insegnare storia nella scuola secondaria. Il laboratorio storico e altre pratiche attive
UTET Università, Torino, 2023, pp. 576.
Introduzione
Giunto alla quarta edizione, Insegnare Storia nella Scuola Secondaria vuole essere sia un manuale universitario per i corsi di didattica della storia sia uno strumento pratico e di riflessione per chi la insegna.
Questa nuova edizione nasce da due esigenze: aggiornare i contenuti, in particolare i saggi dedicati all’utilizzo del digitale che, a causa della rapida evoluzione tecnologica, rischiavano di diventare obsoleti; riflettere sul ruolo sempre più cruciale giocato dall’insegnamento della storia nello smascheramento della manipolazione nella propaganda politica che i cambiamenti geo-politici recenti, “l’ascesa dei movimenti sovranisti, la guerra in Ucraina e l’impatto della pandemia del Covid-19”[1], hanno messo in evidenza.
Sono due i fili conduttori principali presentati nelle quattro parti (le questioni, le cornici, gli strumenti, i metodi e applicazioni) in cui è diviso il saggio: la riflessione sulla natura della storia ed i suoi metodi e la didattica della stessa attraverso le pratiche attive, di cui si offrono spunti operativi.
L’intento del libro è ambizioso, considerando la vastità dei temi trattati nei numerosi contributi. Tuttavia, non è necessario leggere l’intero libro dall’inizio alla fine: ogni saggio ha una sua autonomia rispetto agli altri e costituisce un buon punto di partenza per chi desidera approfondire uno degli argomenti esposti. La varietà di spunti e proposte va considerata, insomma, più una virtù che un limite. Inoltre, è possibile trovare dei fili conduttori, dei presupposti teorici, che uniscono organicamente il testo: il costruttivismo pedagogico da un lato, e il quadro normativo di riferimento dall’alto.
Questioni e Cornici
La sezione intitolata “questioni” è introduttiva rispetto a tutto il volume e offre una riflessione sul perché e sul come vada insegnata la storia e sulle finalità etico-politiche della stessa. La nostra disciplina infatti aiuta le studentesse nella costruzione di una “coscienza storica” [2], intesa come comprensione di sé e della realtà in cui viviamo.
La parte intitolata “cornici” ripercorre invece le riflessioni in materia di didattica della storia calate nelle cornici normative e istituzionali che si sono evolute negli anni. In particolare, i i saggi pongono l’attenzione su come alcuni cambiamenti legislativi, le Indicazioni Nazionali o il Piano Nazionale per la Scuola Digitale, abbiano portato la didattica della storia a superare un insegnamento trasmissivo e nozionistico a favore di un approccio maggiormente improntato allo sviluppo delle competenze.[3]
Il fil rouge di questa sezione può essere sintetizzato attraverso due domande che si ricavano dal testo, “cosa significa insegnare a imparare storia?”[4] e “la storia è davvero una disciplina in crisi”?[5]
Queste domande sull’insegnamento della storia riflettono il dibattito sul suo statuto epistemologico: essa non va più soltanto considerata come esposizione fattuale e cronologica del passato, ma anche e soprattutto come racconto e narrazione dello stesso.[6] La visione della storia come scienza naturale di matrice positivista ed essenzialmente fisicalistica sia sul piano ontologico sia su quello epistemico e metodologico è stata da tempo messa in crisi a favore di una concezione che mette in discussione l’esistenza di un fatto storico oggettivo, intersoggettivamente osservabile e avulsa da valori e punti di vista e pone l’accento sull’opera interpretativa dello storico che crea i fatti storici a partire dalla sua prospettiva. Questi aspetti non possono che riflettersi anche sull’insegnamento della storia che non riguarda più una verità assoluta da conoscere ma il processo attraverso il quale si giunge al passato partendo dal presente. La questione si riassume nell’espressione “insegnare a imparare la storia” che sottolinea come essa non abbia più lo scopo di supportare il senso di appartenenza a una comunità ma debba diventare uno strumento che consenta di cogliere le opportunità insite nell’apprendere come si fa la storia, ovvero sviluppare la capacità di interrogare il passato.
In questo contesto cambia il ruolo dell’insegnante, il quale non si limita a trasmettere nozioni ma si pone come mediatore tra le fonti, che vanno opportunamente selezionate, e gli studenti/studentesse, ovvero gli attori principali dell’apprendimento.
Su questo piano il volume offre due spunti operativi interessanti: la critica alla visione della storia come disciplina prettamente orale[7] e la possibilità per i/le docenti di focalizzarsi su percorsi tematici anziché seguire l’approccio cronologico tradizionale.[8]
Gli strumenti
La sezione dedicata agli Strumenti per l’insegnamento della storia rappresenta la parte più originale del saggio.
La disamina sugli strumenti della didattica parte dall’analisi dei testi scolastici. In particolare, Il saggio di Monducci analizza le trasformazioni recenti del manuale di storia, che aggiungono alla parte narrativa-espositiva degli approfondimenti che riproducono il laboratorio dello storico. Così pensato, il manuale non è più l’espressione di un approccio tradizionale orientato alla trasmissione mnemonica delle conoscenze, ma, se correttamente utilizzato dalle/dagli studenti e dai/dalle docenti, può garantire un approccio attivo alla disciplina, orientato alla costruzione di competenze.
Il secondo capitolo di questa sezione, “Insegnare storia con il web”,[9] parte da una riflessione sull’utilizzo del digitale nella didattica offendo poi anche una serie di spunti operativi. Il web, infatti, è sia un luogo in cui trovare informazioni sia un mezzo per potenziare la didattica.
Negli ultimi vent’anni, un cambiamento epocale ha rivoluzionato il nostro accesso al web. I dispositivi sono diventati sempre più piccoli, veloci e disponibili. Tuttavia, nonostante la rete sia ormai alla portata di tutti, le/gli autrici/autori del saggio sostengono che l’approccio all’informazione digitale sia diretto, senza alcuna “intermediazione scientifica” da parte di esperti.
In questo contesto, l’utilizzo del digitale a scuola non solo non va demonizzato, ma, se introdotto correttamente, può restituire all’insegnante il ruolo di mediatore tra web e studenti.[10]
Centrale il paragrafo dedicato a Wikipedia che è allo stesso tempo un luogo in cui trovare informazioni ma anche un mezzo per acquisire le competenze proprie della disciplina: reperimento di fonti, scrittura di un testo, verifica delle informazioni.[11] Nella seconda parte del saggio invece si descrive l’utilizzo degli strumenti digitali a supporto della didattica per renderla più attiva e cooperativa. Le proposte suggerite sono le più varie e vanno dall’uso dei webware, alle mappe storiche, ai giochi, con esempi concreti di attività didattiche realizzate.
L’ultimo saggio della sezione esplora la possibilità offerta dal laboratorio sulle fonti.[12] Centrale in questo contributo due aspetti: la definizione di fonte come traccia ovvero prodotto dell’attività umana, che allarga notevolmente i materiali a nostra disposizione, e le domande da rivolgere alle stesse.
Metodi e applicazioni
L’ultima sezione del volume raccoglie il più ampio numero di contributi su svariati argomenti e spazia dall’uso delle fonti alle metodologie didattiche (debate, studio di caso, flipped classroom), passando per l la riforma dei Percorsi per l’Orientamento e le Competenze Trasversali.
Particolarmente interessante aver incluso tra le fonti non solo quelle più canoniche – cartacee, iconografiche e filmiche – ma anche alcune meno convenzionali, come ad esempio le canzoni, la letteratura e soprattutto il paesaggio, ben al di là di una semplice attenzione ai luoghi di memoria.
Si segnalano con vivo interesse quei saggi utili alla realizzazione di Percorsi di Educazione Civica e si offre una esemplificazione di due in particolare, il primo relativo alla Didattica con i luoghi della memoria,[13] il secondo riguardante le fake news.[14]
Un luogo della memoria – secondo la definizione di Isnenghi[15] – non è necessariamente un luogo fisico ma può essere anche una ricorrenza o opera letteraria che rappresenti i ricordi collettivi di un popolo o di una comunità. Non di rado si tratta di un “incrocio di memorie” controverse, soggette a narrazioni contrastanti e frutto di una selezione operata nel presente. Progettare un percorso su queste tematiche può permettere alle/agli studenti di riflettere su ciò che il luogo ricorda o celebra (contesto), sulla cultura che lo ha prodotto (momento) e sul cambiamento “emotivo e conoscitivo” che esso suscita nella visitatrice (presente). Scoprire che cosa si cela dietro questi luoghi può consentire inoltre di entrare nel vivo di alcuni problemi che gli storici e le storiche sono oggi sempre più costretti ad affrontare, ovvero l’interpretazione e l’uso pubblico Affrontare questi temi è un buon modo per favorire nei e nelle discenti lo sviluppo di competenze fondamentali per la formazione del cittadino e della cittadina.
In questa direzione si muove anche il saggio “Fake news: riflessioni e proposte didattiche”di Sparano. Introdurre a scuola un’attività sulle fake news è essenziale non soltanto al fine di “ammonire gli studenti sui potenziali effetti negativi del web o dei social” ma anche di “avviare una comprensione critica della disinformazione” con lo scopo di educare all’utilizzo dei media in un’ottica “transdisciplinare”. Conoscere i meccanismi psicologici che stanno alla base delle fake news e riuscire a distinguere tra informazione e sapere risulta fondamentale nell’esercizio delle capacità critiche che consentano a studenti e studentesse un uso consapevole della Rete. La proposta è cruciale perché il più delle volte i cosiddetti nativi digitali non sono avvezzi a districarsi nel mondo della disinformazione, anche se spesso le stesse docenti non hanno familiarità con queste tematiche e le poche pagine dedicate all’argomento non sempre soddisfano le esigenze di approfondimento necessarie.
Conclusioni
Insegnare storia si presenta dunque come una guida esaustiva e aggiornata per chiunque sia coinvolto nell’insegnamento della storia e dell’educazione civica. Il libro offre infatti un quadro teorico e metodologico per l’insegnamento della disciplina, con anche suggerimenti pratici ed esempi concreti per arricchire la pratica didattica degli/delle insegnanti e favorire un apprendimento significativo degli studenti e delle studentesse. Ciò che ci auspichiamo è che questo libro possa contribuire a creare è un dibattito che prenda in considerazione anche la crisi che investe la scuola e i docenti, schiacciati sempre più da incombenze burocratiche, e gli studenti, e proiettati già nel triennio verso un futuro ipotetico che spesso dimentica l’importanza di riflettere sui cosiddetti saperi inutili, sulle tanto vituperate conoscenze senza le quali nessuna competenza è possibile.
Note:
[1] F. Monducci- A. Portincasa, Insegnare storia nella scuola secondaria. Il laboratorio storico e le pratiche attive. Utet, Torino 2023, p. XVII.
[2] L. Boschetti, Pensare storicamente: sei capacità su cui lavorare in classe, in Monducci, Portincasa 2023, p.33.
[3] F. Monducci, Il manuale, per una didattica attiva, in Monducci, Portincasa 2023, p.171.
[4] Boschetti, 2023, p. 31.
[5] C. Villani, Insegnamento della storia e usi del passato: come educare la coscienza storica degli studenti, in Monducci, Portincasa 2023, p.140.
[6] Boschetti, 2023, p.36.
[7] I. Mattozzi, Insegnare a scrivere storia, in Monducci, Portincasa 2023, pp.155.
[8] M.T. Rabitti, Per una nuova storia generale, in Monducci, Portincasa 2023, pp. 71-90.
[9] C. Massari, I. Pizzirusso, Insegnare storia con il web, in Monducci, Portincasa 2023, pp.185-210.
[10] Massari, Pizzirusso, 2023, p.189.
[11] Massari, Pizzirusso, 2023, p.190.
[12] E. Dondero, Le fonti. Alla base del laboratorio storico, in Monducci, Portincasa 2023, p.211.
[13] L. M. Marescalchi, Didattica con i luoghi della memoria, in Monducci, Portincasa 2023, pp.391-406.
[14] D. Sparano, Fake news: riflessioni e proposte didattiche, in Monducci, Portincasa 2023, pp.429-444
[15] M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria, Laterza, Roma-Bari, voll.3