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Equilibri di storie. Albi illustrati per il calendario civile

Equilibri di storie. Albi illustrati per il calendario civile

Immagine creata e scattata dall’autrice

Abstract

Come proporre a scuola la storia contemporanea e il Novecento, in particolare alla scuola primaria? Gli albi illustrati propongono percorsi nuovi per tutti e tutte. L’autrice prova a fornire, agli insegnanti di ogni ordine di scuola, nuovi sguardi su strumenti che già esistono: la narrazione e il calendario civile, in ottica multidisciplinare.

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How to propose contemporary history and the 20th century at school, particularly at primary school level? The illustrated books propose new paths for everyone. The author tries to provide teachers at all levels of school with new insights into tools that already exist: storytelling and the civil calendar, from a multidisciplinary perspective.

Premessa: sentirsi parte (oppure no)

Se dovessi dire davvero quando è stata la prima volta che mi sono resa conto della profondità del passato è stato quando mi sono ritrovata sul latinski most di Sarajevo, il punto esatto in cui Gavrilo Princip ha sparato all’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo e alla moglie, dando inizio al Novecento. Un secolo, il Novecento, che si è infilato in maniera capillare nelle vicende italiane ed europee, andando a plasmare e definire le storie familiari di molti di noi, diventando l’ossatura della coscienza collettiva degli europei.

Poi mi è successo di nuovo nel 2020, lungo le mura del castello di Cape Coast in Ghana. Un luogo, quello come i tanti altri forti che popolano la costa atlantica dell’Africa, da cui milioni di persone sono partite in schiavitù – spesso catturati da altri africani – verso le Americhe. In quel momento ho percepito una totale estraneità rispetto a questo grande tema del passato dell’essere umano. Mi sono sentita estranea a quella storia, perché l’Italia non è stata protagonista di quella parte di vicende umane, ma il coinvolgimento che ha suscitato il luogo. Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana, nel libro Il pericolo di un’unica storia, scrive: «è così, dunque, che si crea un’unica storia: mostrate un popolo come una cosa sola, come un’unica cosa, svariate volte, ed ecco che quel popolo diventa quella cosa».[1] Prima di lei, Chinua Achebe, scrittore nigeriano e padre della letteratura africana moderna in lingua inglese, parlava di “equilibrio di storie”, un metodo che può dare rappresentazione a tutte e a tutti.

A scuola, considerando i visi che ci troviamo di fronte ogni giorno, credo che dovremmo promuovere maggiormente questo equilibrio di storie, per ampliare lo sguardo e l’orizzonte geografico: la didattica quotidiana può essere una grande finestra sul mondo, perché tutti e tutte si sentano parte.

 

Il pensiero narrativo

Secondo Jerome Bruner, importante psicologo cognitivista e psicologo dell’educazione statunitense, la narrazione è a tutti gli effetti una modalità di pensiero e un modo per «fare significato».[2] Pensiero scientifico e pensiero narrativo sono universali, che siano iscritti nel genoma umano o che siano dati della natura del linguaggio. Essi si esprimono in modi diversi in tutte le culture e nessuna di esse ne è priva. Siccome gli esseri umani sono il prodotto di natura e cultura insieme, è bene ricordare che noi rappresentiamo la vita sotto forma di narrazione, come un susseguirsi di eventi concatenati l’uno all’altro, strutturando così la nostra vita individuale e l’adesione a una cultura coesa.[3]

Dare alla propria vita una forma narrativa, poterla “raccontare”, è una possibilità che tutti dovremmo avere, per quanto, essendo quasi otto miliardi di persone, possa risultare inutile. Certo, una storia in più o in meno non cambia i grandi numeri, ma cambia per chi la racconta. Sigmund Freud ha fatto di questo un metodo di cura. Raccontare di sé, avere la possibilità e la capacità di farlo è fondamentale per sentirsi a proprio agio nel mondo, sapendo dove collocarsi all’interno di una storia più grande, che poi non è altro che quello che l’articolo 3 della Costituzione si propone di fare, ossia di cercare di raggiungere il “pieno sviluppo della persona umana”. Inoltre, Lev Vygotskij, psicologo e pedagogista sovietico, fondatore della scuola storico-culturale, ci ha mostrato come linguaggio e pensiero si sviluppino alimentandosi a vicenda in un contesto sociale:

Perciò il pensiero e il linguaggio sono la chiave per comprendere la coscienza umana […] allora è chiaro che non il solo pensiero, ma tutta la coscienza nel suo insieme è legata nel suo sviluppo a quello della parola. […] Una parola piena di senso è un microcosmo della coscienza.umana.[4]

Questo «sentirsi a proprio agio nel mondo»[5] risulta ancora più stringente e difficile nei contesti scolastici attuali, dove – seppur a macchia di leopardo – le classi delle scuole italiane sono spesso multiculturali, con background migratorio diffuso o con vissuti di adozione. Non è facile, per quanto il più rappresentative possano essere le nostre intenzioni, aiutare un bambino o una bambina a creare una storia che lo “inserisca nel mondo”,[6] oltre alla famiglia o al quartiere, se le sue radici sono sparse tra i continenti.

Costruire una “sensibilità narrativa”, rivolta a sé stessi e agli altri, può essere un buon obiettivo per il mondo della scuola, perché il compito principale di un sistema educativo è quello di aiutare chi cresce in una cultura a trovare un’identità al suo interno. Se questo non avviene, l’individuo si sentirà sempre sradicato. La capacità narrativa non può, perciò, essere data per scontata e richiede un solido e lungo lavoro da parte degli insegnanti.

Narrazione storica

Questa introduzione sulla narrazione e sul pensiero narrativo mi permette di dare sostegno e spessore e di valorizzare maggiormente la narrazione storica. La disciplina storica vive, da sempre, la grande contraddizione di essere composta essa stessa da parole. La storiografia prende forma e si diffonde attraverso il linguaggio naturale, sotto forma di racconto. “Ti racconto una storia…” si dice. Ma allora perché la saggistica storica viene letta così poco? E cosa può rimanere alla storiografia, se non riesce a parlare di sé? Cosa rimane alla didattica della storia, soprattutto per i più piccoli, e agli appelli sulla sua necessità retorica insieme all’educazione civica? Probabilmente molto poco, perché, come scrive Marc Bloch «[…] anche se la storia dovesse essere giudicata incapace d’altri compiti, rimarrebbe da far valere, in suo favore, ch’essa è divertente».[7] Ma, per essere divertente, deve essere scritta bene e comprensibile alle persone a cui è destinata.

Inoltre, chi insegna o ha insegnato ai più piccoli lo sa, le difficoltà di orientamento lungo la linea del tempo che hanno i bambini e le bambine non sono affare di poco conto. In una qualsiasi classe prima di scuola primaria, vedi lo stupore vero dipinto negli occhi, quando capiscono che il giorno del loro compleanno è lo stesso giorno in cui sono nati, scandendo così ogni anno che passa. O che le nonne e i nonni sono i genitori delle mamme e dei papà, che a loro volta sono tutti stati bambini e bambine come loro, con altri genitori, nonni, e via dicendo. Come rendere davvero a pieno l’enormità del passato – anche piccolo -, con tutte le sue sfaccettature e le sue dinamiche? Tornando all’impalcatura della disciplina, invece, cosa è davvero importante che passi attraverso l’insegnamento della storia? Dei precetti morali? Un elenco di fatti? Io credo, come scrive Bruner sul pensiero narrativo,[8] che la storia serva solo a costruire maggiore consapevolezza, ad aumentare il ventaglio delle possibilità di comprensione del Mondo e dell’Essere Umano.

E allora perché non unire il potere di affabulazione e catarsi della narrazione con i temi storici e tutto ciò che compone il passato?

Alla scuola primaria, infatti, non si tratta tanto di insegnare la storia come successione di eventi, quanto di educare al pensiero storico, un tipo di pensiero narrativo che si perde nella profondità del tempo e che è legato a precise forme di argomentazione e pertanto deve seguire e alimentare lo sviluppo cognitivo. Anche perché, ricordiamocelo, i libri di testo passano, nel giro dell’estate tra la classe seconda alla classe terza, dall’intervista ai nonni all’estinzione dei dinosauri. Le Indicazioni Nazionali del 2012 parlano del fatto che «la scuola è chiamata ad esplorare, arricchire, approfondire e consolidare la conoscenza e il senso della storia».[9]

Sappiamo anche quanto forte sia il legame che bambini e bambine hanno con l’immaginazione, con il mondo delle immagini e della fotografia e quanto sia importante consegnare loro un’immagine chiara di quello che vogliamo che imparino. Gli storici stessi, nel loro lavoro, devono coltivare una capacità che sia chiama “immaginazione storica” e che è davvero simile a quella dei bambini.

L’immaginazione storica non è peraltro capacità esclusiva dei bambini: poiché il passato non è presente ai nostri sensi, devono usare la facoltà immaginativa, oltre ai bambini, anche gli adulti, e quel particolare sottogruppo di adulti che sono gli storici. Nel Il compito dello storico Wilhelm von Humboldt afferma che lo storico è egli stesso attivo e creativo: deve usare la sua immaginazione per svelare la verità di un evento mediante la presentazione, completando e collegando i frammenti staccati dell’osservazione diretta, anche se, diversamente dal poeta, non può usare la pura fantasia.[10]

Marc Bloch parlava di “orco nella fiaba”.[11]

Per questo il mio invito è quello di provare a scardinare il tradizionale modo di insegnare storia, almeno alla scuola primaria, rendendolo più ragionato e, soprattutto, più diffuso e pervasivo, che significa renderlo maggiormente multidisciplinare. “Ma ci sono le civiltà antiche da fare”, direte voi. “E allora, nel registro elettronico, scrivete educazione civica”, dico io.

Credo che ora gli strumenti ci siano e che siano presenti in buon numero, ossia la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza e il calendario civile. Per altro già le Indicazioni nazionali per il curricolo di storia invitano a proporre uno studio della storia per problemi, senza soffermarsi esclusivamente sullo studio delle civiltà antiche, anche se poi la realtà quotidiana è differente, dal momento che si continuano ad adottare i sussidiari delle discipline, impostati sempre nello stesso modo.

La letteratura per l’infanzia e l’adolescenza: gli albi illustrati

Un albo illustrato è un libro. È un libro dal grande impatto fisico, il formato di solito è grande, le pagine a volte sono grandi come tovaglie e girare una pagina richiede attenzione. È un libro costruito attraverso un complesso sistema di forme, parole e figure. Nelle sue pagine testo e illustrazioni nascono insieme e profondamente intrecciati, creando un linguaggio unico e nuovo. L’albo illustrato porta con sé – intrinsecamente – un ritmo di lettura lento, che può essere fatto da soli o in compagnia, silenziosamente o ad alta voce. Non è solo per bambini e bambine.

Ormai la produzione editoriale e il mercato degli albi illustrati e della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza sono decisamente esplosi, ogni anno si pubblicano numerosi titoli che trattano le tematiche più disparate, vicine alle esperienze e al modo di sentire dei più piccoli, con un livello di qualità altissimo.

In particolare mi concentrerò sugli albi illustrati perché racchiudono diverse caratteristiche positive:

  • pur essendo pensati per l’infanzia, si possono rivolgere a persone di tutte le età;
  • permettono di fruire di letteratura di qualità nella sua interezza in un tempo limitato, senza dover correre velocemente per finirli;
  • testo e immagini, se nascono insieme, si intrecciano in modo indissolubile, offrendo imperdibili occasioni di bellezza e meraviglia;
  • sono complessi e interdisciplinari, permettendo di costruire attorno ad essi unità didattiche davvero complete.

Ma soprattutto, molto spesso, senza alcun intento didattico, senza alcun legame con il mondo della scuola e quanto troviamo in manuali e sussidiari, raccontano storie nella Storia. Nelle pagine degli albi illustrati si trovano storie ambientate durante l’assedio di Sarajevo degli anni Novanta, la guerra civile in Spagna, la rivoluzione di Khomeini in Iran, la Prima guerra mondiale o che restituiscono esperienze come l’emigrazione italiana in Belgio degli anni Cinquanta e Sessanta, oltre alle varie sfaccettature di grandi eventi consolidati come le guerre mondiali. Storie che vengono raccontate in modo delicato e onesto, consegnando storie altre rispetto a quanto troviamo già contenuto nei sussidiari e nei manuali. Marc Bloch scrive

Guardiamoci dal togliere alla nostra scienza la sua parte di poesia. […] Sarebbe una straordinaria sciocchezza il credere che essa, per esercitare sulla sensibilità un richiamo così potente, debba essere meno capace di soddisfare altresì la nostra intelligenza.[12]

 

Il calendario civile

Alessandro Portelli, storico della letteratura americana e teorico della storia orale, scrive che 

Fin dall’Unità nazionale, dalle origini del movimento operaio e poi della Repubblica, la questione di una ritualità altra, di un ciclo laico dell’anno, si è posta come fondamento di un’identità civile, non necessariamente antagonista ma indipendente rispetto al ciclo festivo e liturgico della Chiesa cattolica.[13]

Il calendario civile è un calendario alternativo a quello proposto dalla Chiesa cattolica, uno strumento che ormai molti conoscono, che ci permette di avere una ritualità ciclica, ma che potrebbe essere valorizzato maggiormente, se fatto proprio e se intrecciato anche con la propria vita personale. La creazione del calendario civile non è stata un processo semplice ed è tutt’ora uno strumento non definito, si modifica e si può modificare con il tempo e con l’evolversi delle sensibilità delle persone.[14] È una memoria in divenire: non la ripetizione di singoli momenti nel tempo, ma la continuità e l’evoluzione di un processo di cui quei momenti sono simboli, riferimenti, occasioni. Del resto, anche l’anno scolastico è basato sulla ciclicità, che ben si sposa con la crescita dei bambini e delle bambine: la settimana, le stagioni, i compleanni, le vacanze, e così via. Creare e costruire un calendario di classe che sia anche civile può essere utile per intensificare il tempo passato insieme e ribadire il senso delle regole condivise che rendono possibile la democrazia lungo tutto l’anno. «Il calendario civile non ricostituisce la comunità come entità mistica e indifferenziata ma come luogo di differenze».[15]

Quali date? Come scegliere? Alcune date, infatti, sono di natura istituzionale, come il Giorno del ricordo o il 2 giugno; altre date sono state osteggiate e faticosamente conquistate; altre ancora sono costruite e affermate dal basso, facendo parte di una memoria in movimento. Ad esempio, sicuramente il G8 di Genova del 2001 è estremamente rappresentativo di una generazione di allora giovani venti-trentenni, ogni suo anniversario è l’occasione per riparlarne e ricordare quei giorni di tensione e tragedia; non di certo vi è la stessa condivisione a livello istituzionale. Oppure, ascoltando le voci della generazione di afroitaliani nati all’inizio degli anni Novanta, l’attentato di Macerata del 3 febbraio 2018 a opera di Luca Traini sta iniziando a rappresentare una data periodizzante, una data che simboleggia l’espressione palese del razzismo diffuso in Italia.

Le storie sono importanti. Molte storie sono importanti. Le storie sono state usate per espropriare e diffamare. ma le storie si possono usare anche per dare forza e umanizzare. Le storie possono spezzare la dignità di un popolo. Ma le storie possono anche riparare quella dignità spezzata. […] quando rifiutiamo l’unica storia, quando ci rendiamo conto che non c’è mai un’unica storia per nessun luogo, riconquistiamo una sorta di paradiso.[16]

Nuovi percorsi. Albi illustrati per il calendario civile

Ecco che, intrecciando due strumenti come quelli degli albi illustrati e del calendario civile, si aprono nuovi orizzonti e percorsi della didattica, fin dall’inizio della scuola primaria. Questi nuovi percorsi sono molto flessibili, perché possono occupare sia lo spazio di due ore, giusto il tempo di un’attività di italiano o di educazione civica e storia, che estendersi fino a prendere le sembianze di vere unità di apprendimento, coinvolgendo molte più discipline.[17] Per i più piccoli possono essere il cuore dell’attenzione; per i più grandi possono essere un input per riflessioni più ampie, ma partendo da punti di vista insoliti.

Gli anni e l’attrazione irresistibile per i libri mi hanno portato a raccogliere tentativi di costruzione di un calendario civile del Novecento intrecciato agli albi illustrati, toccando anche date, temi e luoghi nuovi e inaspettati rispetto a quelli canonici della didattica. Quasi sempre, il racconto è corredato da un approfondimento storico, che permette di collocare subito nel tempo e nello spazio quello che si racconta, soprattutto per comprendere le motivazioni delle azioni dei personaggi.

Questa è una selezione di una decina di titoli, scelti cercando di fornire un elenco il più variegato e il più rappresentativo possibile nei temi, nei luoghi e negli eventi storici di riferimento. Il panorama editoriale è più ampio e il tema della Shoah è sicuramente quello più diffuso.

La piccola grande guerra[18] (Prima guerra mondiale)
Questo albo illustrato, edito da Lapis, racconta due storie parallele, quella di un bambino che gioca con i soldatini e quella del padre soldato che contemporaneamente subisce la durezza della trincea durante la Prima guerra mondiale. È un albo che narra una piccola storia, quella di un qualsiasi pomeriggio di gioco di un bambino, accanto alla Grande Storia, quei quattro anni durissimi[19] che hanno cambiato per sempre la vita degli uomini e delle donne del tempo e dei decenni successivi.
Una nave di nome Mexique[20] (Guerra civile spagnola)
Edito da Edizioni Clichy, racconta la storia del transatlantico Mexique, che nel 1937 ha portato 456 bambini e bambine, figli di antifascisti spagnoli[21], in affido presso famiglie messicane. Un viaggio lungo e pieno di timori, in cui i protagonisti si lasciano alle spalle una guerra ma anche i propri genitori, per andare dall’altra parte del mondo, che per loro rappresenta un luogo pieno di incognite. Nel frattempo, il mare ascolta e custodisce i pensieri.
La città che sussurrò[22] (Antisemitismo e Shoah)
Questo è uno degli albi illustrati più belli per affrontare il tema dell’antisemitismo[23] con i più piccoli. In esso si racconta la storia di un villaggio della Danimarca che, durante la Seconda guerra mondiale, è riuscito a nascondere e a salvare diverse famiglie ebree permettendo loro di fuggire di notte. L’intera vicenda è vist attraverso gli occhi di una bambina che ha paura di scendere nel buio della cantina.
Io e Mao[24] (Rivoluzione Culturale cinese)
In una grande città nel nord della Cina, a metà degli anni Sessanta, un ragazzino vive come tanti bambini cinesi. Un giorno, il Presidente Mao proclama la Rivoluzione Culturale. È l’inizio di un periodo terribile ed esaltante. Ogni giorno accadono fatti brutali, ma, malgrado tutto, il Paese crede fermamente nel suo Presidente. Con sguardo autobiografico l’autore racconta la vita della sua famiglia e allo stesso tempo uno dei periodi più turbinosi e terribili della storia contemporanea di un Paese così determinante negli attuali equilibri globali[25].
L’erba magica di Tu Youyou[26] (Lotta contro la malaria)
L’albo racconta come una farmacista ha cominciato la sua pervicace ricerca di una cura per la malaria e di come ha scoperto le proprietà antimalariche dell’artemisia annua, grazie (anche) alla passione per la medicina tradizionale cinese che le è stata trasmessa da quel vecchio signore con il cesto sulle spalle, che seguiva quando era bambina. Un titolo che sicuramente allarga lo sguardo oltre l’Europa, ma che permette di parlare anche di storia italiana[27].
Tre in tutto[28] (Treni della felicità)
È la storia di circa settantamila bambini del sud Italia che, finiti il fascismo e la guerra, salirono sui “treni della felicità”[29] per raggiungere al Nord le famiglie di contadini, operai, impiegati che li accolsero, permettendo loro di salvarsi da una vita difficile. È un bambino a raccontare l’intera vicenda: prima la guerra, poi il lungo viaggio in treno, i canti partigiani nei circoli sociali, il mare e la neve visti per la prima volta, i due pasti al giorno. Un albo in cui è forte il tema della separazione: sia dai propri cari alla partenza, sia dalla famiglia affidataria nel momento del ritorno.
Mio padre, il grande pirata[30] (Emigrazione italiana in Belgio)
I rapporti tra genitori e figli sono ricorrenti nei testi per l’infanzia, soprattutto quei rapporti che si vivono lontani, come il caso di un bambino innamorato del mito del padre, una specie di pirata che rientra a casa solo una volta all’anno, con regali e racconti. Sarà solo dopo un incidente in miniera[31] che il bambino capirà la verità. Un lungo viaggio in treno verso il Belgio, e poi l’ospedale in cui ritroverà il padre ferito e sperimenterà la delusione di un mito infranto.
Oltre il giardino[32] (Rivoluzione iraniana)
Il padre di Chiara è ambasciatore a Teheran nei primi anni Ottanta, nel pieno della rivoluzione islamica e della guerra con l’Iraq. Di lì a poco l’intera famiglia lo raggiunge: ma l’Iran[33] è un paese lontano e sconosciuto agli occhi di un bambino. Chiara si sente al sicuro dentro il giardino dorato della villa in cui abita, un luogo sicuro e accogliente, ma fuori c’è ben altro: c’è la città nera dove soldati dalle lunghe barbe scure sono armati fino ai denti. Un giorno, però, incontra Massoud, l’unico che le consente di provare a uscire e l’unico a cui permette di entrare.
La fioraia di Sarajevo[34] (Assedio di Sarajevo)
Questo albo è illustrato da Sonia Maria Luce Possentini e scritto da Mario Boccia, che l’assedio di Sarajevo[35] (1992-1996) lo ha visto con i suoi occhi e ne ha catturato frammenti con la sua macchina fotografica. È un albo intenso, che tocca temi come lo sguardo, l’identità, cosa ognuno lascia di sé, la guerra. È scritto in prima persona, ogni parola è stata soppesata prima di essere scelta e richiede la stessa attenta riflessione da parte dei lettori. Ne risulta una lettura solenne, da fare lentamente e con grande silenzio intorno, ma rimane alla portata anche dei bambini più piccoli.
L’autobus di Rosa[36] (Segregazione razziale negli USA)
Nonno e nipote sono in visita all’Henry Ford Museum di Detroit, osservano un autobus d’altri tempi, al centro di un grande salone. Quello è l’autobus di Rosa Parks, quello sul quale, a Montgomery in Alabama, lei si rifiutò di cedere il posto a un bianco[37].  Quella storia il nonno afroamericano la conosce bene, perché su quell’autobus c’era anche lui. Da qui, egli comincia a raccontare della segregazione. Sullo sfondo, una copertina di un giornale con la fotografia di Barack Obama. Un’altra storia di passaggi di testimone tra generazioni.

 

Bibliografia
  • C. N. Adichie, Il pericolo di un’unica storia, Einaudi, Torino, 2020
  • M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, Einaudi, Torino, 2009
  • A. Bolaffi e G. Crainz (a cura di), Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzione difficile, 2019, Roma
  • M. Boccia, S.M. L. Possentini, La fioraia di Sarajevo, Orecchio Acerbo, Roma, 2021
  • J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 2001
  • D. Calì, I. Labate, Tre in tutto, Orecchio Acerbo, Roma, 2018
  • D. Calì, M. Quarello, Mio Padre il grande pirata, Orecchio Acerbo, Roma, 2013
  • A. Capetti, A scuola con gli albi, Topipittori, Milano, 2018
  • J. Elvgren, Fabio Santomauro, La città che sussurrò, Giuntina, Firenze, 2015
  • M. J. Ferrada, A. Penyas, Una nave di nome Mexique, Edizioni Clichy, Firenze, 2019
  • F. Focardi, Nel cantiere della memoriaFascismo, Resistenza, Shoah, Foibe, Viella, Roma, 2020
  • C. J. Hong, Io e Mao, Babalibri, Milano, 2008
  • X. Lu, A. Coppini, L’erba magica di Tu Youyou, Editoriale Scienza, Firenze, 2018
  • C. Mezzalama, R. Lejonc, Oltre il giardino, Orecchio Acerbo, Roma, 2019
  • A. Portelli, (a cura di), Calendario civile, Donzelli, Roma, 2017
  • S. Ruiz Mignone e D.Pintor, La piccola grande guerra, Lapis, Roma, 2015
  • F. Silei, M. Quarello, L’autobus di Rosa, Orecchio Acerbo, Roma, 2013
  • L. Tasca (a cura di), La storia raccontata ai bambini, Le Monnier Università, Firenze, 2019
  • L. S. Vigotskij, Pensiero e linguaggio, Laterza, Bari, 2011

Note:

[1] C.N. Adichie, Il pericolo di un’unica storia, Einaudi, Torino 2020, pp.11-12

[2] J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano 2001, p.52

[3] Bruner, 2001, pp-52-55

[4] L.S. Vigotskij, Pensiero e linguaggio, Laterza, Bari 2011, p.396

[5] Bruner, 2001, p.54

[6] Bruner, 2001, p.54

[7] M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, Einaudi, Torino 2009, p.9

[8] Bruner, 2001, pp.99-112

[9] Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012, p.41

[10] L. Tasca (a cura di), La storia raccontata ai bambini, Le Monnier Università, Firenze 2019, p.11

[11] Bloch, 2009, p.23

[12] Bloch, 2009, p.10

[13] A. Portelli (a cura di), Calendario civile, Donzelli, Roma 2017, p.X

[14] Per approfondire il tema del calendario civile si vedano F. Focardi, Nel cantiere della memoria. Fascismo, Resistenza, Shoah, Foibe, Viella, Roma, 2020 e A. Bolaffi e G. Crainz (a cura di), Calendario civile europeo. I nodi storici di una costruzione difficile, Dozelli, Roma, 2019.

[15] Portelli, 2017, p.XIII

[16] Adichie, 2020, p.19

[17] Per un approfondimento didattico ben curato si veda A. Capetti, A scuola con gli albi, Topipittori, Milano 2018

[18] S. Ruiz Mignone, D.Pintor, La piccola grande guerra, Lapis, Roma 2015

[19] Per un approfondimento sul tema si veda P. Rumiz, Come cavalli che dormono in piedi, Feltrinelli, Milano 2016

[20] M. J. Ferrada, A. Penyas, Una nave di nome Mexique, Edizioni Clichy, Firenze 2019

[21] Per un approfondimento sul tema si veda P. Lo Cascio, La guerra civile spagnola. Una storia del Novecento, Carocci, Roma 2013

[22] J. Elvgren, Fabio Santomauro, La città che sussurrò, Giuntina, Firenze 2015

[23] Per un approfondimento didattico sul tema si veda M. Corradini, Tu sei memoria. Didattica della memoria: percorsi su ebraismo e Shoah alla scuola primaria, Erickson, Trento 2022

[24] C. J. Hong, Io e Mao, Babalibri, Milano 2008

[25] Per un approfondimento sul tema si veda G. Messetti, Nella testa del Dragone, Mondadori, Milano 2020

[26] X. Lu, A. Coppini, L’erba magica di Tu Youyou, Editoriale Scienza, Firenze 2018

[27] Per un approfondimento sul tema si veda G. Donelli, E. Serinaldi, Dalla lotta alla malaria alla nascita dell’istituto di Sanità pubblica. Il ruolo della Rockefeller foundation in Italia: 1922-1934, Laterza, Bari 2004.

[28] D. Calì, I. Labate, Tre in tutto, Orecchio Acerbo, Roma 2018

[29] Per un approfondimento sul tema si veda B. Maida, I treni dell’accoglienza, Einaudi, Torino 2020

[30] D. Calì, M. Quarello, Mio Padre il grande pirata, Orecchio Acerbo, Roma 2013

[31] Per un approfondimento sul tema si veda T. Ricciardi, Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone, Donzelli, Roma 2016

[32] C. Mezzalama, R. Lejonc, Oltre il giardino, Orecchio Acerbo, Roma 2019

[33] Per un approfondimento sul tema si veda R. Redaelli, L’Iran contemporaneo, Carocci, Roma 2011

[34] M. Boccia, S.M. L. Possentini, La fioraia di Sarajevo, Orecchio Acerbo, Roma 2021

[35] Per un approfondimento sul tema si veda J. Pirievec, Le guerre jugoslave, Einaudi, Torino 2014

[36] F. Silei, M. Quarello, L’autobus di Rosa, Orecchio Acerbo, Roma 2013

[37] Per un approfondimento sul tema si veda R.Parks, J. Harkins, La mia storia, Mondadori, Milano 2021