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Costruire un museo virtuale, tra multimedialità e la scoperta di luoghi educanti

Costruire un museo virtuale, tra multimedialità e la scoperta di luoghi educanti
Abstract

L’articolo riprende contenuti e concetti del workshop condotto dagli Autori stessi nell’ambito della Summer School organizzata dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e svoltasi, tra il 29 e il 31 agosto 2023, presso il Museo Cervi di Gattatico; il titolo di questo evento formativo era: Didattica della storia e territorio: paesaggi, luoghi di memoria, musei diffusi. Gli Autori riflettono su come fare didattica con i luoghi della memoria e propongono alcune strategie per creare o lavorare con i musei virtuali e in particolare con la piattaforma Livello9 di Istoreco Reggio Emilia.

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The article takes up the contents and concepts of the workshop conducted by the authors themselves in the context of the Summer School organised by the Ferruccio Parri National Institute and held between 29 and 31 August 2023 at the Cervi Museum in Gattatico; the title of this training event was: Didactics of history and the territory: landscapes, places of memory, diffuse museums. The authors reflect on how to do education with places of memory and propose some strategies for creating or working with virtual museums and in particular with the Livello9 platform of Istoreco Reggio Emilia.

Introduzione

L’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia (d’ora innanzi Istoreco) ha sviluppato, nel corso di un trentennio, una metodologia didattica che ruota attorno a una domanda cruciale: gli spazi del quotidiano, così come i riferimenti toponomastici, possono giocare un ruolo nella formazione dei cittadini del futuro? Infatti se questa affermazione può essere ritenuta valida per quanto concerne i cosiddetti luoghi di coscienza,[1] ovvero scenari non neutrali di eventi storici traumatici, il vero terreno di prova della domanda appena formulata non può che essere il tessuto urbano, quello che tutti i giorni attraversiamo senza coglierne appieno le stratificazioni storiche e semiotiche che lo costituiscono.[2]
Prima di passare a illustrare un case study pertinente incentrato su uno dei progetti più articolati di Istoreco , ovvero Livello 9, si ritiene utile fornire qualche rapido ragguaglio teorico per comprendere meglio l’approccio dell’Istituto all’educazione.

Memoria, potere, comunità, luoghi

Senza pretesa di esaustività, esplicitiamo anzitutto alcuni dei principali riferimenti concettuali sui quali poggia la metodologia usata. In primis, è essenziale soffermarsi  sul francese Maurice Halbwachs,[3] allievo del sociologo Émile Durkheim e ispirato dalla filosofia dello «slancio vitale» formulata da Henry Bergson, che, nei suoi pionieristici studi, definì la memoria delle comunità come un processo di costante ridefinizione e negoziazione di significato del proprio passato, entro il quale la conoscenza di quest’ultimo e le esigenze del presente giocano un ruolo paritetico. Egli aggiungeva, inoltre, che la memoria collettiva è incardinata su riferimenti spaziali, in particolare su quelli che ispirano e indirizzano la dimensione identitaria. Ecco allora che è possibile affermare che la memoria si fonda sul rapporto dinamico e dialettico con determinati luoghi; questi ultimi sono precisamente quelli innervati dai sentimenti e dalle riflessioni delle comunità.[4]

Eppure quegli stessi luoghi sono, in virtù della loro natura politica e sociale, palcoscenico ineludibile per quella che il filosofo Michel Foucault definiva microfisica del potere,[5] ovvero l’insieme di quelle pratiche e quelle narrazioni che plasmano la struttura sociale, dettando la norma e stabilendo il canone del senso comune. Il potere, ricordava l’intellettuale francese, agisce in maniera spesso silente ma pervasiva. Esso, insomma, riproduce se stesso imponendo agli individui tanto determinati comportamenti, riconosciuti come socialmente accettabili, quanto coordinate spaziali, temporali, valoriali, storiche, identitarie. Da questo punto di vista, le intitolazioni di strade o di piazze rientrano pienamente in questa complessa strategia di normalizzazione simbolica. Ecco allora che l’alto valore sociale attribuito dal potere alle “cattedrali della modernità”, ovvero a quei luoghi che istituzionalmente ne celebrano la tendenza accentratrice, come la fabbrica, rischia di depotenziare e oscurare i riferimenti significativi molteplici che comunità e individui ravvisano nei paesaggi urbani della loro quotidianità.

Così, sulla scorta dei lavori di Michel De Certeau, sono proprio le pratiche del quotidiano, vissute dalle persone negli spazi a esse familiari, a consentire, d’altro canto, l’elaborazione di geografie della memoria dal basso, alternative e dissonanti rispetto a quelle imposte dalle istituzioni. Memorie, quindi, che sono il portato delle esperienze delle comunità, tanto di quelle coeve quanto di quelle trasmesse in eredità di generazione in generazione attraverso il racconto e, appunto, la pratica dei luoghi stessi. Pertanto, se prendiamo in considerazione la denominazione di una strada, quando la geografia urbana, così impregnata di pragmatismo, rimanda ad altri spazi e ad altre temporalità, si verifica quella che de Certeau definisce come dislocamento semiotico. Colui o colei che fruisce la città, «vota alcuni luoghi all’inerzia o all’evanescenza e, con altri, compone figure spaziali “rare”, “accidentali” o illegittime».[6] Una sorta di smarrimento o di dissidenza simbolica, insomma, derivata dall’improvvisa sospensione dell’accettazione acritica del riferimento odonomastico imposto dal potere.

A questo punto, nel caso specifico, si può forse immaginare una risposta, per quanto parziale e incompleta, alla domanda iniziale. Ѐ possibile che l’intitolazione di una via cittadina possa tramutarsi in un oggetto di analisi critica e, prima ancora, in un innesco per la curiosità personale? Sulla scorta del precedente sintetico discorso sul metodo, Istoreco scommette sul valore formativo anche della prossimità. Concretamente, lo storytelling sviluppato sui luoghi stessi dagli operatori, accanto al dialogo intessuto con i partecipanti alla sessione didattica o alla esplorazione urbana, si pone dunque il fine di indurre l’adozione di un nuovo sguardo sul nome di una strada, di solito menzionato con nonchalance, oppure su di un edificio che, silenziosamente, reca iscritto su di sé una storia tormentata.[7] Insomma, per dirlo con de Certeau, si tenta di rendere visibile «una città transumante o metaforica [che]si insinua nel testo chiaro di quella pianificata e leggibile».[8] Che il cittadino sappia che in via Adua è ubicato un ambulatorio medico, è un’informazione importante per il vissuto individuale; tuttavia, al contempo, il termine Adua rimanda sia a luoghi remoti nello spazio e/o a eventi lontani nel tempo, sia al momento storico in cui determinate autorità pubbliche decisero di inserire quel nome così esotico nella trama delle vie cittadine. Agli studenti/partecipanti vengono così offerte conoscenze, ma anche stimolate differenti competenze, per ripensare l’ambiente urbano sotto una duplice veste critica, rilevando da un lato i fenomeni di stratificazione/rifunzionalizzazione di luoghi cittadini, dall’altro la manipolazione della storia da parte del potere proprio nell’ambito, spesso presentato come neutro, della toponomastica. Al contempo, i partecipanti all’esplorazione urbana sono messi a parte di quelle memorie locali e comunitarie che continuano a nutrire narrazioni altre rispetto a quelle celebrate e imposte dal potere.[9]

Storie dal basso, memorie mimetiche, relitti ancora incandescenti di manipolazioni del passato per scopi politici: tutti questi elementi, abbracciati in prospettiva critica, permettono di rafforzare, nei partecipanti a questi laboratori didattici diffusi, una pratica di cittadinanza attiva che sappia nutrirsi di quel senso di responsabilità che la democrazia, sempre fragile conquista, porta con sé.

Livello 9: il museo virtuale diffuso dei luoghi del Novecento a Reggio Emilia

La città di Reggio Emilia ha avuto, come altre città italiane, un ruolo importante nella storia del Novecento, vivendo pienamente sul piano locale le dinamiche politiche, economiche e sociali nazionali. Questo protagonismo si è sedimentato in molteplici luoghi, divenuti di conseguenza “luoghi di storia” e in alcuni casi “luoghi di memoria”. È importante chiarire con due brevi definizioni cosa sia un luogo di storia e cosa sia un luogo di memoria. È chiaro che un luogo di storia è il luogo topografico in cui è avvenuto un fatto storico: una via per un bombardamento, una piazza per un attentato, un lager per la deportazione. Forse non è altrettanto semplice definire che cos’è un luogo di memoria; per una lettura problematica di tale concetto storiografico, si rimanda all’articolata riflessione sviluppata da Elena Pirazzoli, che si focalizza anche sulle differenti interpretazioni elaborate in contesto europeo.[10] In alcuni casi il luogo di memoria coincide con il luogo della storia: ad esempio quando sul luogo di storia sono allestiti segni per la commemorazione, come un monumento, una lapide, un cippo o un centro di documentazione finalizzato all’approfondimento di un fatto storico che ha trovato in quel contesto il suo non sterile palcoscenico. Il luogo della memoria, però, può anche non collocarsi nelle vicinanze fisiche del luogo della storia, oppure, riprendendo il lavoro seminale di Nora,[11] sganciarsi da una decodifica letterale del termine “luogo” per arrivare ad includere aspetti astratti o altamente simbolici dell’identità collettiva, così come, appunto, un riferimento odonomastico.

Aggiungiamo anche un’altra osservazione che può sembrare semplice ma che implica, invece, una conseguenza non scontata: il luogo della storia ha valore e deve essere letto per quello che è o che non è più e può essere fonte solo rispetto a ciò che lo contraddistingue   in quel luogo si sono verificati quei fatti particolari e non altri. È perciò un luogo complesso, che presenta spesso una stratificazione visibile o sommersa di storie in cui ogni segno va interrogato nella sua presenza o nella sua assenza. I luoghi della storia, dunque, sono da conoscere per i segni significanti che ancora recano oppure che non recano più, non devono documentare il fatto storico ma suggerire il flusso del tempo che è passato attraverso di essi, che li ha cambiati e continua a cambiarli. È questo il motivo per cui ha senso fare la storia nei luoghi oggi. La “sfida” di lavorare con i luoghi, la loro riscoperta in chiave storica e la loro valorizzazione è da tempo una delle missioni di Istoreco nel tentativo di coniugare la topografia della storia con la pratica archivistica.[12]

Le nuove tecnologie e gli esempi virtuosi offerti da altre città italiane ed europee hanno consentito di elaborare un progetto ambizioso quanto necessario, affinché la città di Reggio Emilia, con i suoi edifici, strade, monumenti e piazze, riesca a raccontare la storia lì dove è avvenuta.

Nel 2018 è nato Livello 9 (https://www.livello9.it/), un museo virtuale in cui la storia del Novecento è narrata attraverso i luoghi di Reggio Emilia e la loro stratificazione nel tempo. Percorsi insoliti, suddivisi in stanze tematiche dove grazie anche all’uso di immagini inedite e documenti, si offre una nuova prospettiva con cui visitare strade, palazzi e piazze.

Il primo intento del sito è quello di essere uno strumento flessibile, fruibile dal proprio PC, Tablet e smartphone e che, proprio per questo, accompagni il visitatore all’interno di un “viaggio” tra i luoghi o, meglio, a partire dai luoghi della storia locale mantenendo sempre attivi i rimandi alla storia nazionale ed europea. Alla base della progettazione del museo vi è il concetto dello “scavare dove si sta camminando”, un uso del luogo storico “orizzontale”, un fare storia “dal basso” senza presunzione di classificazione gerarchica tra luoghi più o meno significativi all’interno della cornice tematica individuata.

Il museo si propone di valorizzare appieno i luoghi e le memorie della città attraverso un approccio coinvolgente senza, però, tralasciare il necessario dibattito critico per la definizione dei contenuti da veicolare e per una rappresentazione quanto più possibile plurale, articolata e aperta dell’identità territoriale. La storia del Novecento è trasmessa attraverso una trama di percorsi sincronici e diacronici che mettano in risalto i passaggi storici fondamentali della città come per esempio: le guerre mondiali, il fascismo e l’antifascismo, la ricostruzione, il movimento cooperativo, gli anni Sessanta, ecc…).

Attualmente le “stanze” attive del museo sono le seguenti:

  • -+Diritti: dedicata al periodo 1938-1948, dalla proclamazione delle “leggi razziali” all’entrata in vigore della Costituzione ovvero dalla negazione all’affermazione dei diritti.
  • Prima Guerra Mondiale: realizzata nel Centenario della sua conclusione, narra gli sviluppi e le ricadute del primo conflitto mondiale a Reggio Emilia.
  • Amicizia Reggio-Africa: dedicata alla storica amicizia basata su cooperazione e aiuto che lega la città di Reggio Emilia ai popoli dell’Africa australe.
  • Reggiana Calcio: sorta in occasione del centenario della nascita della storica squadra di calcio della città A.C. Reggiana, descrive la nascita del gioco calcio in città attraverso alcuni luoghi simbolo. Lo sport è un ottimo strumento di lettura e interpretazione della storia recente, oltre che un valido strumento di coinvolgimento dei giovani e di cittadini meno appassionati ad approcci più tradizionali.
  • Reggio Bombardata: il tema è quello dei bombardamenti che gli squadroni anglo-americani effettuarono sul territorio reggiano durante la fase più violenta della Seconda Guerra Mondiale, dall’autunno 1943 sino all’aprile 1945.
  • Morire in piazza: dedicata agli episodi di repressione e violenza contro chi manifesta avvenuti nel territorio reggiano, in particolar modo le uccisioni di cinque persone durante le manifestazioni del 7 luglio 1960.
  • Officine Meccaniche Reggiane: una fabbrica che ha inciso profondamente nello sviluppo della città, fulcro di attività produttive e teatro di eventi di lotta e occupazione. Dopo alterne vicissitudini, oggi l’intera area è oggetto di un ambizioso progetto di riqualificazione.
  • Buco nero: attraverso alcuni episodi si offre una panoramica dell’ondata di violenza fascista che investì la provincia nel biennio 1921-1922. Una vera e propria campagna di terrore, lanciata dallo squadrismo fascista che seminò il panico nel nostro territorio e non solo tra intimidazioni, minacce e violenza. Dopo un secolo, sono poche le tracce rimaste di questi fatti che sono quasi scomparse dalla nostra memoria collettiva.
Una proposta di Workshop. “I luoghi raccontano il Novecento: il museo virtuale come strumento didattico”

A partire dalle coordinate teoriche e dall’esperienza di Livello 9 illustrate in precedenza, si può cercare di costruire un laboratorio didattico replicabile anche in territori diversi da quello di Reggio Emilia.

Si è detto che il passato si sedimenta nei luoghi in modo differente; d’altra parte negli archivi quotidianamente incontriamo e cataloghiamo fonti preziosissime per fare parlare quei luoghi: documenti, fotografie, filmati che certamente sono a disposizione del pubblico ma che di solito vengono effettivamente consultati solo da addetti ai lavori, fonti preziose che quindi non raggiungono il pubblico inteso come cittadini, appassionati e soprattutto docenti e studenti.

Il laboratorio è dunque pensato per colmare questa lacuna suggerendo un percorso in cui la storia del Novecento è narrata attraverso i luoghi del territorio di appartenenza e la loro stratificazione nel tempo, dove, grazie all’uso di immagini inedite e documenti che si trovano negli archivi del territorio in cui viviamo e lavoriamo e a cui dobbiamo rivolgerci per l’accesso al materiale, si offre una nuova prospettiva con cui visitare strade, palazzi e piazze.

Il primo intento dell’attività è quello di essere una bussola che orienta lo studente all’interno di un “viaggio” tra i luoghi o, meglio, a partire dai luoghi della storia locale (presenti in ogni città: la piazza, la stazione, il municipio, i monumenti) mantenendo sempre attivi i rimandi alla storia nazionale ed europea. Alla base della progettazione c’è il concetto dello “scavare dove si sta camminando”, un uso del luogo storico “orizzontale”, un fare storia “dal basso” senza presunzione di classificazione gerarchica tra luoghi più o meno significativi all’interno della cornice tematica individuata. L’obiettivo è la valorizzazione di luoghi e memorie delle città e la conoscenza della storia del Novecento attraverso una trama di percorsi sincronici e diacronici che mettano in risalto i passaggi storici fondamentali della città come per esempio le due guerre mondiali, il fascismo e l’antifascismo, la Resistenza, la ricostruzione.

Questa potrebbe essere una possibile articolazione del laboratorio (durata 2:30h):

  1. Introduzione metodologica sulla pedagogia e semiotica dei luoghi; introduzione al sito Livello 9 e alle fonti; esemplificazione di due stanze di Livello 9 (la prima parte di questo contributo, con eventuali approfondimenti)
  2. Divisione del gruppo classe in piccoli gruppi e ad ognuno assegnare un arco cronologico o un luogo, partendo da alcune domande guida
  3. Restituzione e conclusioni

Queste alcune possibili domande guida:

  1. Quanti luoghi sono coinvolti in quell’anno? / Quanti avvenimenti storici si stratificano in quel luogo?
  2. Che tipologia di luoghi sono (luoghi immutati, mutati, stratificati, assenti)?
  3. Ci sono politiche della memoria sottese ai luoghi oppure il luogo si connota da sé dal punto di vista della memoria?
  4. Quali fonti integrano la narrazione dei luoghi?

L’obiettivo finale è quello di predisporre un percorso costruito dagli studenti che, dopo un momento introduttivo in cui i docenti presentano gli strumenti multimediali e approfondiscono i possibili approcci alla didattica del luogo come fonte storica, saranno accompagnati nella costruzione di un percorso tematico e cronologico attraverso il Novecento, partendo dai luoghi della città in cui vivono. La classe è così chiamata alla costruzione attiva di possibili itinerari storici locali sulla storia del Novecento; il docente, preparata la struttura, potrà poi coordinare le attività e creare le basi per un’esperienza che si concretizzi in una effettiva uscita sui luoghi e/o nella costruzione di percorsi virtuali guidati dagli studenti in veste di “esperti”.


Note:

[1] A titolo esemplificativo si veda: C. Giubilaro, D. Tononi, E. Pirazzoli (a cura di), Autoritarismi, totalitarismi e luoghi del trauma da siti di violenza a spazi di memoria, Palermo University Press, 2021; J. Cuéllar, S. Milosevic Bijleveld, Memory and Education: Innovative Approaches at Sites of Conscience, disponibile al sito: https://www.sitesofconscience.org/wp-content/uploads/2017/07/Memory-and-Education-Innovative-Approaches-at-Sites-of-Conscience-3.pdf , consultato in data 06/09/2024; A. Ugolini, F. Delizi, Strappati all’oblio. Strategie per la conservazione di un luogo di memoria del secondo Novecento: l’ex Campo di Fossoli, Altralinea edizioni, 2017.

[2] Si veda: M. Augé, Non luoghi. Per un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, 2009; U. Eco, Interpretazione e sovrainterpretazione, Bompiani, 1995; M. Leone (a cura di), La città come testo. Scritture e riscritture urbane, Atti del Convegno Internazionale, Università di Torino – Facoltà di Lettere e Filosofia, 19–20 maggio 2008, disponibile al sito https://www.academia.edu/179459/2009_La_citt%C3%A0_come_testo_Scritture_e_riscritture_urbane_The_City_as_Text_Urban_Writing_and_Re_Writing_Lexia_n_1_2_ , consultato in data 06/09/2023.

[3] Si veda: M. Halbwachs, La memoria collettiva, Unicopli, 2007.

[4]  A. Assmann, Ricordare. Forme e memorie della memoria culturale, Il Mulino, 2015.

[5] M. Foucault, Microfisica del potere. Interventi politici, Einaudi, 1977.

[6] M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, 2001; pp. 281 – 282; p. 152.

[7] Si veda, in merito al dibattito internazionale contemporaneo: Y. S. Levent, From Memory Of Place To Memory Places – A Contemporary Discussion On Remembering And Forgetting, “ICONARCH-IIII NTERNATIONAL CONGRESS OF ARCHITECTURE-III MEMORY OF PLACE IN ARCHITECTURE AND PLANNING” (2017); disponibile al sito https://www.academia.edu/33017673/From_Memory_Of_Place_To_Memory_Places_A_Contemporary_Discussion_On_Remembering_And_Forgetting , consultato in data 06/102024.

[8] M. De Certeau, L’invenzione, cit., p. 146.

[9]  Si veda: L. D. Berg, J. Vuolteenaho (a cura di), Critical Toponymies: The Contested Politics of Place Naming, 2009, disponibile al sito https://www.academia.edu/2114584/Critical_Toponymies_Contested_Politics_of_Place_Naming , consultato in data 06/09/2024.

[10] Per approfondire, si veda E. Pirazzoli, I luoghi di memoria alla prova del tempo, in “Novecento.org”, n. 21, giugno 2024. DOI: 10.52056/9791254696965/18

[11] P. Nora (a cura di), Les Lieux de Mémoire, Paris, Gallimard, 1984-1997 (tre tomi: La République; – La Nation; – Les France).

[12] A tal proposito, si vedano A. Spinelli, I luoghi tra storia e memorie: valorizzazione, contaminazione, mimetizzazione, oblio, in “Novecento.org”, n. 20, dicembre 2023. DOI: 10.52056/9791254695371/14 e A. Spinelli, Luoghi della memoria e odonomastica fascista: esperimenti di outdoor education, in “Novecento.org”, n. 20, dicembre 2023. DOI: 10.52056/9791254695371/10

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Titolo: Costruire un museo virtuale, tra multimedialità e la scoperta di luoghi educanti
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Numero della rivista: n.23, giugno 2025
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
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