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Che forma ha un lager? Il progetto di un plastico della Risiera di San Sabba

Che forma ha un lager? Il progetto di un plastico della Risiera di San Sabba
Abstract

Il complesso industriale della Risiera di San Sabba di Trieste, nato alla fine dell’800 e noto per aver ospitato l’unico lager in Italia dotato di forno crematorio, è stato oggetto  di analisi e di studio da parte di un gruppo di docenti, studenti e di storici organizzatisi in una ricerca-azione della durata di due anni scolastici. Il progetto mirava a mettere in evidenza e narrare le trasformazioni dello stabilimento sino alla situazione attuale attraverso lo studio di fonti d’archivio comparate e rilievi topografici. Il risultato finale del lavoro è stato un plastico che oggi con la sua presenza all’interno del sito illustra ai visitatori della Risiera di San Sabba le trasformazioni dei suoi spazi.

Le coordinate geostoriche: la storia della trasformazione della risiera da fabbrica a monumento alla Resistenza

La risiera di San Sabba fu costruita come stabilimento per la pilatura di riso nel tardo ‘800 durante il dominio austro-ungarico, quindi fu trasformata ed adoperata come caserma del Regio Esercito Italiano negli anni ’30 fino a diventare il famigerato Polizeihaflager nazista  dal 1943 al 1945.

La storia di questo luogo non termina con la fine della guerra: nel maggio ’45 la risiera fu occupata dall’esercito jugoslavo per poi diventare campo profughi gestito in seno al GMA dal 1950 al 1953, quindi trasformata nuovamente in un campo profughi prima per italiani esuli dai territori ceduti alla Jugoslavia e poi per profughi e sinistrati fino al 1963. Nel 1965 solo una piccola area appartenente al comune di Trieste venne dichiarata monumento nazionale e si decise quindi l’ennesima trasformazione: Museo della Resistenza.

A seguito di un bando, nel 1970 l’architetto triestino Romano Boico vinse la gara con il progetto di monumentalizzazione dell’area. Boico seguirà come direttore del cantiere i lavori che si protrarranno dal 1972 al 1975, periodo in cui si svolsero anche l’istruttoria ed il conseguente processo intentato ai responsabili della risiera. Nel febbraio del 1975 avvenne l’inaugurazione alla presenza del Presidente della Repubblica.

Da allora la risiera, pur non essendo diventata un Museo della Resistenza,  è  uno dei monumenti più visitati a Trieste, soprattutto dalle scolaresche. I visitatori si fanno catturare emotivamente dall’atmosfera del luogo scenograficamente convincente, si muovono in un’area pesantemente rimodellata in senso espressionistico sia negli spazi drasticamente ridotti e più vuoti a causa di abbattimenti e di “ripuliture” architettoniche, sia mutati nelle proporzioni e falsati rispetto alla realtà storica a causa di costruzioni ex post quali, ad esempio, il muro di ingresso e quello perimetrale. L’esperienza della visita rischia così di essere appagante emotivamente, ma di approfondire troppo poco la conoscenza topografica e spaziale del luogo, aspetto secondo noi  fondamentale per capire le vicende complesse che qui sono accadute. Potremmo dire che oggi la Risiera è una fonte manipolata, quasi muta, se si vuole fare riferimento al luogo come lager, disorientante, poiché, per essere capito, necessita di un lavoro di spogliazione degli  strati superficiali e di uno sforzo di immaginazione assai arduo, soprattutto se i fruitori non sono abituati a questo esercizio.

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L’avvio della ricerca-azione – il percorso didattico e le metodologie

Nel 2013 i Civici Musei in rete con ANED, ANPI, IRSML FVG, vincono un bando indetto dalla Presidenza del Consiglio per un progetto di  “Riallestimento della Sala del Museo della Risiera di San Sabba”: oltre alla rete si costituirà un comitato scientifico di esperti della storia di questo luogo (‘IRSML FVG, Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano (CDEC), Biblioteca nazionale slovena e degli studi/Narodna in študijska knjižnica, Comunità ebraica di Trieste, ANED e ANPI tra i componenti). Dal mondo della scuola emerge fortemente la necessità di produrre strumenti di lettura del luogo e della sua storia per ovviare al disorientamento di cui si scriveva sopra; l’allora Istituto Tecnico per Geometri “Max Fabiani” di Trieste, (oggi I.T.S.“Deledda-Fabiani”), si propone come partner per la ricerca storica sull’area della risiera ed entra nel comitato scientifico che lavora sul progetto di riallestimento: la finalità è quella di studiare la storia della trasformazione dello stabilimento attraverso un lavoro di raccolta e di analisi delle fonti d’archivio quali planimetrie, cartografie, fotografie, rilievi topografici e giungere quindi ad una sintesi rappresentativa della risiera durante l’occupazione nazista da materializzare in un plastico 1:200  in 3D. Negli intenti tale manufatto, posto all’ingresso della rinnovata sala museale, avrà il compito di  mostrare a colpo d’occhio le differenze spaziali ed architettoniche tra il lager ed il monumento di oggi, di orientare al meglio i visitatori negli spazi attuali in rapporto alle forme e agli usi dell’epoca ed infine di contribuire a spiegare cosa fu questo specifico sistema di detenzione, lavoro e transito per centinaia di prigionieri politici ed ebrei.

Metodologia della ricerca-azione

L’ITS “Max Fabiani” entra nel progetto biennale e si comincia a costituire all’interno della scuola un laboratorio interdisciplinare in cui docenti di storia, di materie tecniche e allievi allievi si impegnano in una ricerca-azione in stretta collaborazione con l’IRSML FVG nella persona di Roberto Spazzali, lo storico che guiderà  il gruppo nella consultazione  archivistica, nell’analisi delle fonti e nella successiva progettazione e realizzazione del plastico anche relativamente ad aspetti legati alla sua musealizzazione. Il metodo scelto è quello comparativo, che comincia con la visita al luogo oggetto di studio da confrontare i documenti per creare la consapevolezza delle enormi trasformazioni che tutta l’area nel tempo ha subito. Si è passati quindi all’analisi delle fonti con il sistema del tutoring di docenti ed esperti esterni in piccoli gruppi, infine alla fase pratica vera e propria di restituzione digitale, di stampa e di costruzione del plastico eseguiti sempre in cooperative learning.

Il ritrovamento della pianta dello stabilimento del 1912, insieme ai rilievi topografici dello stato attuale, hanno costituito l’inizio della ricostruzione storica.

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Per un lavoro di ricerca così ampio ed ambizioso è stato necessario suddividere il lavoro in due anni scolatici consecutivi: nel primo ci si è concentrati sull’acquisizione, diversa per studenti e docenti, di conoscenze e competenze storiche e tecnologiche, nel secondo alla costruzione materiale del plastico come sintesi delle analisi di quanto acquisito precedentemente.

La prima fase: ricognizione della cartografia e costruzione di una linea del tempo

Nel primo anno di lavoro (2014-2015) sono state coinvolte le classi terze e quarte della sezione CAT: i docenti, divisi in due gruppi, uno di area umanistica e uno di area tecnica, dopo alcune riunioni iniziali in plenaria per definire obiettivi e tempi di lavoro con lo storico, hanno proceduto parallelamente coinvolgendo le classi sia integralmente che in piccoli gruppi. In particolare sono stati organizzati dei momenti seminariali sulla storia del Litorale Adriatico nel passaggio da dominio asburgico all’occupazione nazista, sull’antisemitismo, sulla geografia dei campi di concentramento, sulla deportazione e sullo sterminio in Europa; sono state fatte numerose visite oltreché in risiera anche presso Uffici tecnici, catasto e archivio di Stato dove gli allievi, guidati dai docenti di materie  tecniche e da esperti archivisti, hanno potuto capire il funzionamento di tali istituzioni e qual è la loro finalità facendo ricerche su documentazione, reperendone copie, digitalizzandole e catalogandole  per il lavoro successivo di analisi dell’edificio.

Accanto e parallelamente a questo percorso tecnico, si è deciso di costruire una linea del tempo che mettesse in rilievo tutti gli eventi più significativi a livello internazionale, nazionale e locale parallelamente alle fasi più significative della storia del complesso da fine ‘800 al 1967: le docenti di storia hanno guidato questa fase aiutando gli allievi a fare delle scelte sulle fonti e a porne  in risalto i dati, anche con sistemi multimediali e internet.

 

La seconda fase: progettazione e realizzazione del plastico in 3 d

Nel secondo anno (2015-2016) il gruppo dei docenti di area tecnica si è confrontato con i docenti di area umanistica e con lo storico per fare delle scelte relative a cosa mostrare nella realizzazione del modello dal punto di vista delle fasi storiche e per poter quindi stabilire le modalità di costruzione (scala, materiali, sistemi di assemblaggio, sistemi di segnalazione e lettura simbolica). Si è pervenuti alla decisione di stampare il plastico con una stampante 3D, scartando opzioni più tradizionali quali la costruzione manuale dei pezzi in legno o plexiglass. L’acquisto di una stampante 3 D ha permesso un’innovazione tecnologica importante, in quanto docenti e allievi hanno acquisito delle competenze specifiche di progettazione e stampa 3D grazie ad un workshop  organizzato con esperti esterni. Oggi esiste, a seguito del progetto,  il “Laboratorio di progettazione e stampa 3D” che costituisce un patrimonio della scuola: tali nuove competenze, inoltre, sono entrate nel curricolo dei futuri geometri e gli  allievi  del triennio progettano e stampano le loro creazioni in questa modalità.

Alla seconda fase del progetto hanno partecipato gli stessi allievi promossi in quarta e in quinta che non solo hanno svolto tutto il lavoro di predisposizione dei files per la progettazione di ogni singolo elemento del plastico, ma hanno anche gestito le fasi di stampa e di montaggio. Risulta un punto di forza della progettazione didattica il fatto che gli allievi abbiano potuto partecipare a tutte le attività, da quelle iniziali sulle fonti di archivio a quelle pratiche e tecniche di preparazione dei materiali, di stampa e di montaggio che hanno concluso il progetto.

Terza fase: la realizzazione del plastico e l’inaugurazione del nuovo spazio museale

Nel gennaio del 2016 è  stato inaugurato il nuovo Museo della Risiera di San Sabba ed il  plastico è stato posizionato all’ingresso della sala, come da progetto iniziale.

Crediamo che l’esigenza preliminare di ricostruire lo spazio del lager nella sua vera estensione per orientare i fruitori del museo sia stata rispettata nello svolgimento del progetto. La scelta di usare la pianta dello stabilimento del 1912 e di ricostruire, a partire da essa, le trasformazioni del luogo è stata efficace, a giudicare dal risultato.

Il plastico presenta i muri perimetrali realizzati da Romano Boico ed il suo ingresso scenografico in cemento,  che intersecano gli edifici preesistenti del primo e del secondo cortile, ma che furono abbattuti o trasformati in varie fasi. Questi sono stati stampati in plastica trasparente per segnalarne la scomparsa, mentre gli edifici ancora esistenti sono bianchi; gli edifici fatti saltare con una carica esplosiva dai nazisti in fuga sono trasparenti, ma segnati con il colore rosso. La riduzione a modello tiene inoltre conto della topografia esterna allo stabilimento: reti ferroviarie, vicinanza al mare e isolamento periferico sono fattori importanti che hanno portato gli occupanti nazisti a scegliere la risiera per creare il loro  Polizeihaflager. Aspetto inquietante che emerge dall’osservazione del plastico è, infine, la grande estensione del lager, che oggi come museo invece appare assai ridotta, mentre nel plastico la dimensione della tragedia è percepibile anche solo con un colpo d’occhio.

Il progetto didattico è stato presentato in un incontro pubblico a Trieste all’interno della mostra fotografica “Partigiani di un’altra Europa” e, nell’aprile del 2016, a Roma durante il follow up del  corso di formazione sulla  didattica della shoah organizzato dallo  Yad Vashem e dal MIUR.

Le fotografie storiche sono tratte dall’archivio dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia