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Moj Dom: ricordi nel dopoguerra jugoslavo

Moj Dom: ricordi nel dopoguerra jugoslavo

Il logo del progetto “Moj Dom: ricordi nel dopoguerra jugoslavo”.

Abstract

L’articolo descrive una selezione di attività tratte dal kit didattico “Moj Dom: ricordi nel dopoguerra jugoslavo”, una risorsa educativa parte dell’omonimo progetto europeo. L’edukit supporta nella comprensione delle guerre degli anni Novanta in Jugoslavia attraverso le testimonianze di chi ha attraversato quegli eventi, considerando sia esperienze di fuga, sfollamento e rifugio in altri Paesi, sia esperienze di attivismo, volontariato e accoglienza. Nel testo si forniscono strumenti per l’applicazione pratica delle attività contenute nel kit nelle proprie classi o presso gruppi di aggregazione giovanile informale.

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The article describes a selection of activities from the ‘Moj Dom: memories in post-war Yugoslavia’ edukit, an educational resource part of the European project of the same name. The edukit supports the understanding of the wars of the 1990s in Yugoslavia through the testimonies of those who lived through those events, considering both experiences of flight, displacement and refuge in other countries, as well as experiences of activism, volunteering and reception. The text provides tools for practical application of the activities in the kit in one’s own classroom or at informal youth groups.

Il progetto Moj Dom

Sono passati più di trent’anni dall’inizio delle guerre di dissoluzione della Jugoslavia, ma quel passato continua ad avere una forte influenza sull’Europa di oggi e sul modo in cui le persone pensano e guardano agli eventi bellici. Le migrazioni o le successive esperienze di sradicamento continuano a influenzare le politiche culturali, educative, sociali e urbane e la diplomazia nei paesi dell’ex Jugoslavia. Le memorie della guerra permangono anche dopo la pace, influenzando direttamente le possibilità di riconciliazione.

Da questa consapevolezza è nato “Moj Dom: Refugees, migration and erased memories in the aftermath of Yugoslav wars” (“Moj Dom: Rifugiati, migrazioni e memorie cancellate nel dopoguerra jugoslavo”), un progetto su scala europea finanziato dal programma CERV Remembrance di EACEA e che coinvolge diversi soggetti con sede in Austria, Croazia, Germania, Italia e Slovenia. Moj Dom (la mia casa) analizza le diverse interpretazioni dei conflitti nei Balcani con un approccio di public history e ponendosi principalmente tre obiettivi: stimolare un forte coinvolgimento delle giovani generazioni, far emergere e rendere pubbliche le narrazioni dal basso, spesso silenziose contro-narrazioni, nonché aprire il dibattito intergenerazionale e internazionale. La complessa transizione politica, sociale ed economica dei paesi dell’ex Jugoslavia può portare a una serie di riflessioni collettive su come la guerra e gli sradicamenti che ne derivano influenzino l’elaborazione del senso di casa, il senso di abitare un territorio, di vivere insieme in una società in transizione e di partecipare attivamente alla vita comune.

Durante il progetto sono state esplorate diverse forme d’arte e di comunicazione pubblica che fanno riferimento alle riflessioni emerse dalle storie e dalle forme di rielaborazione intergenerazionale e internazionale: la mostra realizzata da APS Lapsus e Codici attraverso gli scatti realizzati da Marco Carmignan durante degli eventi di condivisione di testimonianze e racconti, organizzate presso le comunità diasporiche nel Nord Italia; lo spettacolo teatrale Stitches del regista Damir Avdić, realizzato dal teatro sperimentale Maska di Lubiana (Slovenia) sulla base di quanto emerso dalle interviste condotte in tutti i paesi coinvolti dal progetto; il documentario “La lunga vacanza” realizzato dal regista Davor Marinković attraverso un percorso di co-scrittura con una delle testimoni coinvolte dal progetto. Forme artistiche quindi capaci di affrontare problemi sociali complessi, riflettere sui traumi individuali e collettivi e portare punti di vista diversi sulle società attuali e sui protagonisti di questo percorso.

Il Kit didattico o Edukit

L’Edukit “Moj Dom: ricordi nel dopoguerra jugoslavo” è il risultato del lavoro di diverse organizzazioni e istituzioni aderenti al progetto “Moj Dom”, convinte che affrontare e comprendere le guerre degli anni Novanta in Jugoslavia non sia un mero esercizio accademico per le giovani generazioni ma un passo necessario per comprendere processi storici, sociali e politici complessi, favorire identità inclusive e garantire una migliore comprensione dell’importanza della pace e del vivere insieme. Imparando dai conflitti passati e impegnandosi in un lavoro di memoria completo, le generazioni più giovani possono costruire un futuro in cui la diversità sia celebrata e prevalga la comprensione reciproca.

Il punto di partenza per la realizzazione dell’Edukit sono state alcune interviste condotte nel 2023 e 2024 da Codici, APS Lapsus, IEF e Peace Institute, ognuna delle quali è collegata all’esperienza primaria o secondaria delle guerre che hanno portato alla dissoluzione della Jugoslavia. I/le testimoni sono tutti/e individui provenienti dall’ex Jugoslavia: persone trasferitesi a causa delle guerra, rifugiate, migranti per ragioni economiche, seconde generazioni, oltre a testimoni che hanno lavorato nell’ospitalità, nei centri per rifugiati, nelle organizzazioni non governative e nei comitati cittadini.

Gli estratti delle interviste inclusi nei laboratori seguono la trascrizione originale del discorso. Le interviste sono state condotte nella lingua madre delle persone coinvolte come testimoni, mentre per le loro traduzioni i partner hanno deciso di mantenere il più possibile la trascrizione originale, considerando anche espressioni comuni e idiomi nelle lingue nazionali. Tuttavia le traduzioni sono state talvolta adattate per necessità di comprensione.

Cosa si può trovare nell’Edukit

L’Edukit è suddiviso nelle seguenti sezioni:

  1. un’introduzione al progetto “Moj Dom” e alle organizzazioni e istituzioni coinvolte nel progetto;
  2. una panoramica storica per inquadrare cronologicamente il contesto delle guerre in Jugoslavia;
  3. i laboratori;
  4. una bibliografia con libri, film e musica per ulteriori approfondimenti sull’argomento;
  5. le conclusioni, con un link al sito del progetto e un invito a inviare il proprio feedback dopo aver usato l’Edukit.

I metodi sviluppati a partire dalle interviste possono essere utilizzati sia nell’educazione formale sia in quella non formale e sono stati sviluppati per adattarsi ai gruppi classe delle scuole superiori (14-19 anni) e a centri educativi attivi con la stessa fascia di età; tuttavia, possono essere utilizzati anche con gruppi di età diverse, tenendo conto della complessità del contesto storico.

È presente inoltre una introduzione di inquadramento storico, con un paragrafo dedicato ai nodi irrisolti e alle questioni aperte.

 I diversi laboratori sono introdotti da una sintesi riguardante le finalità e i contenuti del percorso, per guidare nell’orientamento tra le diverse proposte e aiutare nella scelta. Essi sono presentati attraverso una scheda, descrittiva del target, delle tempistiche e dei materiali consigliati, nonché una guida passo per passo delle modalità di realizzazione.

Seguono poi tutti i materiali testuali e fotografici necessari alla realizzazione del laboratorio.

In accompagnamento sono state indicate domande che fungono da stimolo, utili a creare dibattito problematizzando i temi del percorso.

I laboratori del kit

I laboratori Costruire legami; La tua casa, la mia casa; Le sfide dell’attivismo; Il trauma nell’infanzia; Le scelte nel conflitto sono stati progettati da Lapsus, un’organizzazione con sede a Milano che si occupa di storia e testimonianze. Dopo aver partecipato alla ricerca e alla raccolta di interviste, Lapsus ha selezionato diverse trascrizioni di fonti orali per comprendere meglio e approfondire i temi trattati nei laboratori. Lapsus mira a integrare ricerca, insegnamento e divulgazione della storia contemporanea attraverso metodi di storia pubblica, generando consapevolezza e rendendo accessibile la conoscenza storica.

Questi laboratori mirano a favorire una comprensione più profonda di questi temi attraverso estratti di interviste riportanti le esperienze personali condivise dalle persone intervistate. La metodologia proposta prevede lavoro di gruppo, discussione critica e confronto. Raccomandiamo di utilizzare questi metodi in contesti di educazione formale.

I laboratori Paesaggi della memoria; Oggetti di memoria; Opiniometro; (Dis)Uguaglianza; Racing – Gioco da tavolo; Appartenenza sono stati invece sviluppati da Documenta, un’organizzazione della società civile con sede a Zagabria, Croazia. Sin dalla sua fondazione, Documenta si è impegnata a incoraggiare il processo di confronto con il passato e a stabilire la verità fattuale sulla guerra, attraverso tre programmi principali: 1) Dialogo e politiche pubbliche, attraverso gli sforzi educativi dell’organizzazione; 2) Ricerca, che include la documentazione delle perdite umane e la registrazione delle memorie personali; 3) Miglioramento degli standard e delle pratiche giudiziarie, grazie al monitoraggio e la segnalazione dei processi per crimini di guerra.

Questi laboratori mirano a coinvolgere le giovani generazioni in una riflessione attiva sulle loro interpretazioni e pensieri su identità, appartenenza, processi di costruzione della casa e privilegi. I metodi prevedono approcci critici e apprendimento pratico. Raccomandiamo di utilizzare questi metodi in contesti di educazione non formale, in cui poter condividere le proprie esperienze con gruppi di pari.

Di seguito, una panoramica dettagliata dei laboratori contenuti nel kit.

  • Costruire legami: a partire da un’introduzione sull’ospitalità e lo sfollamento, si svolgono una discussione di gruppo e un esercizio di empatia basato su estratti di interviste, con riflessioni su come promuovere  l’accoglienza e l’inclusione.
  • La tua casa, la mia casa: dopo una discussione di gruppo su un glossario comune relativo al concetto di “casa”, le persone partecipanti si intervistano a vicenda sulle loro esperienze e rappresentazioni visive di ciò che significa casa, per comprendere meglio le sfide affrontate da chi ricostruisce la propria vita dopo la guerra o lo sfollamento.
  • Le sfide dell’attivismo: attraverso le testimonianze di coloro che hanno attivamente sostenuto chi è stato sfollato o ha dovuto fuggire dalla propria casa all’interno dell’ex Jugoslavia e in altri paesi, il laboratorio mira ad approfondire il ruolo del volontariato e dell’attivismo.
  • Il trauma nell’infanzia: leggendo una selezione di testimonianze e altre fonti, questa attività mira a creare uno spazio sicuro e di supporto per le persone giovani al fine di esplorare un tema impegnativo e sensibile, promuovere l’empatia e aumentare la consapevolezza sugli effetti a lungo termine della guerra su bambini e bambine.
  • Le scelte nel conflitto: questo laboratorio esplora le complesse scelte durante le guerre jugoslave, concentrandosi sulle decisioni di combattere o disertare. Attraverso testimonianze personali, discussioni e riflessioni, il gruppo di partecipanti acquisirà una comprensione delle esperienze umane dietro gli eventi storici, promuovendo l’empatia e il pensiero critico sulle decisioni in tempo di guerra.
  • Paesaggi di memoria: partendo da estratti delle interviste con testimoni, le persone partecipanti all’attività discutono le loro prospettive sul significato di casa, famiglia e identità. Discutono insieme su come le diverse esperienze di vita modellano in modo differente le prospettive degli altri su questi temi.
  • Oggetti di memoria: riflettendo in gruppi su foto di oggetti personali e biografie, basate sulle interviste condotte durante il progetto, si sperimenta l’importanza della differenza di prospettive, dell’individualità e del ruolo che le storie personali hanno nella comprensione degli eventi storici.
  • Opiniometro: il gruppo di partecipanti  esplora le personali interpretazioni di casa, identità e appartenenza, e comprende come queste categorie siano fluide e possano cambiare a seguito di diverse esperienze di vita e di eventi traumatici come guerre e migrazioni forzate.
  • (Dis)Uguaglianza: basato su metodi di educazione non formale, il laboratorio supporta i e le giovani nell’impegnarsi attivamente nella discussione su disuguaglianza, stereotipi, esclusione e altre questioni rilevanti oggi nelle loro società.
  • Racing – Gioco da tavolo: il laboratorio mira a coinvolgere gruppi di giovani nella discussione su privilegi e disuguaglianze attraverso giochi di ruolo e giochi da tavolo. Il laboratorio cerca di fare un confronto tra eventi storici connessi alle guerre nell’ex Jugoslavia e i diritti delle persone rifugiate oggi.
  • Appartenenza: il laboratorio consente a gruppi di giovani  di esplorare le dinamiche di gruppo e, in particolare, di vivere situazioni di esclusione e di “sentirsi straniero/a” tra gruppi di persone.

Dopo aver fornito una panoramica del progetto e degli Edukit, si propongono di seguito due attività didattiche esemplificative degli usi che possono essere fatti dello strumento.

Prima proposta di kit didattico:
Challenge of activism – Le sfide dell’attivismo.

L’attività proposta si adatta preferibilmente a essere utilizzata con un gruppo di massimo 25 persone in contesti di educazione formale, con la possibilità di dedicare circa 2 ore al laboratorio. L’attività non necessita né di spazi né di materiali particolari e può essere condotta in una aula scolastica.

Si consiglia inoltre di proporre l’attività a persone tra i 15 e i 20 anni, per la delicatezza di alcuni temi trattati. Durante il laboratorio saranno infatti proposte ai partecipanti e alle partecipanti estratti di testimonianze raccolte dal progetto Moj Dom, che trattano argomenti sensibili e che possono essere difficili da affrontare. Si consiglia di creare uno spazio per gestire le emozioni che possono sorgere dalla lettura. 

L’obiettivo dell’attività è di stimolare una riflessione nel gruppo che porti alla comprensione del ruolo dell’attivismo, del volontariato e del lavoro umanitario durante la dissoluzione della Jugoslavia attraverso testimonianze e discussioni. Questo workshop mira a fornire uno spazio ai giovani e alle giovani per interagire con le storie personali degli individui che attivamente si sono impegnati per portare aiuto in contesti di guerra, crisi o ingiustizie. Attraverso testimonianze, discussioni e riflessioni, i partecipanti e le partecipanti acquisiranno informazioni sulle esperienze umane che stanno dietro agli eventi storici collettivi e potranno mettere alla prova le loro capacità di empatia e pensiero critico. Partendo da un contesto storico preciso, quindi, il gruppo potrà riflettere sul ruolo e sulle sfide del lavoro umanitario nei contesti di guerra, nonchè sulle molteplici strade che l’attivismo e la solidarietà dal basso hanno trovato per promuovere forme di aiuto, assistenza, advocacy. Approfondendo le narrazioni di chi ha avuto ruoli nell’attivismo e nelle azioni di volontariato, i suoi sforzi per affrontare le avversità, il gruppo di partecipanti acquisisce preziose conoscenze sulle dinamiche con cui può avvenire un cambiamento sociale.

È consigliabile fornire al gruppo di partecipanti un quadro introduttivo del contesto balcanico e delle guerre successive alla dissoluzione della Jugoslavia. Per farlo, il/la docente (o la persona che guida il laboratorio), può avvalersi dell’introduzione storica inserita in apertura del kit didattico e dei materiali di approfondimento inseriti nella bibliografia in coda alle attività.

Sarà inoltre importante condividere con il gruppo gli obiettivi dell’attività, sottolineando la loro rilevanza per comprendere il contesto storico dell’attivismo e il suo impatto sugli sviluppi sociali durante il periodo affrontato e nei contrasti successivi, fino ai giorni nostri.

Può essere utile anche porre alcune domande al gruppo rispetto alle conoscenze pregresse sulla Jugoslavia e sulla dissoluzione di questa. Questo scambio iniziale può essere molto utile per valutare la conoscenza specifica e il livello di approfondimento da proporre nel laboratorio.

Dopo questo primo momento, il/la docente presenta al gruppo le testimonianze di attivismo, volontariato e lavoro umanitario durante la dissoluzione della Jugoslavia, raccolte durante il progetto Moj Dom. Gli estratti delle testimonianze sono riportate in un unico Allegato in coda alla scheda del laboratorio.

Le testimonianze sono una collezione di punti di vista differenti relativi alle sfide affrontate e alla resilienza mostrata dagli individui in mezzo agli sconvolgimenti politici.

Le testimonianze possono essere lette ad alta voce oppure da ogni singolo partecipante. Sarà importante, dopo ogni lettura, lasciare uno spazio per l’introspezione, permettendo di elaborare il contenuto a livello personale e collettivo. Questa pausa riflessiva incoraggia alla connessione con le narrazioni a un livello più profondo, promuovendo empatia e comprensione.

Successivamente il/la docente può stimolare una discussione su quanto letto, offrendo a tutte le persone partecipanti l’opportunità di condivisione aperta dei propri pensieri, emozioni e domande suscitate dalle testimonianze. Questo scambio interattivo non solo consente l’esplorazione di prospettive diverse, ma facilita anche un senso collettivo di apprendimento e scoperta mentre ci si muove attraverso le complessità delle narrazioni.

Nella scheda del laboratorio sono riportate alcune domande che possono fungere da stimolo per la riflessione e la successiva discussione, come ad esempio: quali temi o sfide comuni noti tra le testimonianze? In che modo l’attivismo ha contribuito a plasmare gli eventi durante la dissoluzione della Jugoslavia? Quali erano i rischi e i sacrifici affrontati dagli e dalle attiviste? In che modo queste testimonianze ispirano o supportano l’attivismo contemporaneo?

Questa attività può essere svolta singolarmente, quando il gruppo classe coinvolto è di dimensioni ridotte, oppure in sottogruppi da circa 3 o 5 persone ciascuno. In quest’ultimo caso, sarà necessario dare del tempo ai sottogruppi per il confronto, invitandoli poi a selezionare una persona che abbia ruolo di portavoce per riassumere i punti della discussione.

Sarà importante stimolare una discussione per stabilire una connessione tra le testimonianze. Suggeriamo di annotare su una lavagna o un cartellone le parole chiave della discussione e, alla fine del percorso, di iInvitare  le persone partecipanti a condividere le loro impressioni sull’attività, stimolandole a riflettere su quali competenze e/o riflessioni pensano di aver acquisito nel corso del laboratorio.

Seconda proposta di kit didattico:
Opiniometro

L’attività proposta si adatta a differenti contesti e può essere utilizzata sia come attivatrice di dibattito nel gruppo partecipante, che come attività rompighiaccio a cui far seguire un ulteriore approfondimento.

Non essendo necessaria una conoscenza storica pregressa dei temi trattati, l’attività può facilmente essere utilizzata in contesti informali o da gruppi con cui non sia avvenuto un precedente lavoro di approfondimento.

Il percorso, della durata di circa 90 minuti, si propone di sostenere il gruppo nel comprendere, attraverso le parole di testimoni, le differenti interpretazioni del concetto di casa, identità e appartenenza, e come queste categorie siano fluide e possano cambiare a seguito di diverse esperienze di vita e di eventi traumatici come guerre e migrazioni forzate.

Per farlo, sono forniti cinque brevi estratti di interviste realizzate durante il progetto Moj Dom da affidare al gruppo per la riflessione.

Si consiglia di svolgere l’attività in una stanza o spazio libero da ingombri, in cui i partecipanti possano muoversi liberamente.

La persona che conduce l’attività si occupa di dividere il gruppo in sottogruppi più piccoli, per favorire il dialogo e la discussione sui temi. Ad ogni sottogruppo è affidata la lettura degli estratti e l’avvio di un’analisi di quanto emerge.

Nella scheda sono indicate delle domande di stimolo, qualora fosse necessario sostenere i sottogruppi nell’individuazione dei temi principali comuni alle testimonianze, o differenze e particolarità delle stesse.

Mentre i sottogruppi analizzano le testimonianze, la persona che guida l’attività divide lo spazio in tre sezioni. Il modo più semplice per farlo è suddividere visivamente lo spazio utilizzando del nastro adesivo, ma ciò varierà a seconda dello spazio a disposizione. La prima sezione è simboleggiata dal simbolo + (più), che indica “accordo”; la sezione centrale è rappresentata dal simbolo = (uguale), che indica “non sicuro”; l’ultima sezione ha il simbolo – (meno), che indica “disaccordo”.

La persona che guida l’attività inviterà i sottogruppi ad ascoltare delle affermazioni riportate nella scheda del laboratorio (ad esempio: “La casa è più un sentimento che un luogo materiale”; ”Una volta che hai perso la tua casa, nessun altro posto può essere di nuovo casa”; ”Il diritto a una casa è un diritto umano e, per questo motivo, dovrebbe essere garantito a tutti”) che leggerà in sequenza e a distribuirsi nelle tre sezioni in cui è diviso lo spazio, a seconda delle loro opinioni personali sull’argomento.

Dopo ogni affermazione, sarà importante chiedere a ogni persona posizionata nelle diverse sezioni di spiegare perché ha scelto di posizionarsi lì e perché si ritiene d’accordo, in disaccordo o incerta riguardo all’affermazione, stimolando un dibattito e confronto tra le diverse posizioni.

Può essere utile prendere nota di alcune delle affermazioni e opzioni espresse dai partecipanti. A conclusione di questa attività, può essere utile invitare le persone partecipanti a unirsi nuovamente nei sottogruppi precedenti, dove avranno alcuni minuti per discutere nuovamente delle loro opinioni circa le affermazioni e accordarsi su tre parole chiave legate al concetto di casa, da presentare all’intero gruppo, come un vocabolario condiviso.