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Raccontare le rivoluzioni del Novecento attraverso gli oggetti. Un percorso didattico tra storia e educazione civica

Raccontare le rivoluzioni del Novecento attraverso gli oggetti. Un percorso didattico tra storia e educazione civica

Particolare della pubblicità delle scarpe da pallacanestro Converse “Non-Skids”
Crediti: Published in American Legion Weekly magazine, vol. 2, no. 1 (Jan. 2, 1920), pg. 29., Public Domain, Link

Abstract

Il laboratorio è ideato dal Centro documentazione donna di Modena e dall’Istituto storico di Modena nell’ambito del più ampio progetto Rivoluzioni. Persone, luoghi ed eventi del ‘900 tra crisi e trasformazioni, realizzato tra il 2019 e il 2022. Il percorso laboratoriale è rivolto al triennio delle scuole superiori e cerca di intrecciare storia e educazione civica con l’obiettivo di far riflettere gli studenti e le studentesse sul concetto di rivoluzione nelle sue diverse valenze (politica, economica, femminile, dei consumi, culturale e scientifico-tecnologica) e sulle connessioni che possono essere individuate tra rivoluzioni e acquisizione di diritti in campo politico e sociale nel corso del Novecento. La didattica dell’oggetto diventa lo strumento per guidare la riflessione e costituisce  una prospettiva efficace per aiutare studenti e studentesse a cogliere la complessità delle trasformazioni in ambito politico, sociale, economico e culturale.

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The workshop is conceived by the Centro documentazione donna di Modena and Istituto storico di Modena as part of the larger project Rivoluzioni. Persone, luoghi ed eventi del ‘900 tra crisi e trasformazioni held between 2019 and 2022. The educational workshop is aimed at three-year high school students and seeks to interlace history and civic education. The aim is to get students to reflect on the concept of revolution in its different aspects (political, economic, women’s, consumer, cultural and scientific-technological) and on the connections that can be identified between revolutions and the acquisition of rights in the political and social fields during the 20th century. Objects become the tool to guide reflection and are an effective perspective to help students understand the complexity of transformations in the political, social, economic and cultural areas.

Rapporto tra storia e cultura materiale: un lungo cammino

Sempre più spesso gli oggetti sono al centro dell’indagine scientifica, non solo quella ingegneristica e produttiva ma anche nelle discipline cosiddette umanistiche. Inizialmente sono state antropologia e archeologia a interrogarsi sugli aspetti materiali della produzione umana e sui suoi significati: in tal senso può considerarsi pionieristico il volume pubblicato dall’antropologo Arjun Appadurai nel 1986 The Social Life of Things,[1] che ha contribuito a mettere in luce quanto gli oggetti siano definiti anche dalla cultura e dai sistemi valoriali in cui si trovano.

Negli anni Ottanta, in particolare nell’ambito dell’antropologia postcoloniale, si assiste a una rivalutazione della materialità dei sistemi simbolici e un’attenzione rinnovata viene rivolta al rapporto tra individui, gruppi e oggetti dei loro contesti di vita che troverà un terreno molto fertile nel decennio successivo nello sviluppo dei material studies.

Sul finire del Novecento, con un certo ritardo, anche la storia contemporanea ha affrontato la questione, dapprima da una prospettiva di storia economica e di storia globale che ha guardato per lo più alla storia degli oggetti come “storia in movimento” seguendo la loro circolazione e i loro usi nello spazio e nel tempo, poi soprattutto attraverso la storia di genere,[2] che ha cercato di far emergere le connessioni tra oggetti, cultura materiale, e costruzione dell’identità personale, sociale e sessuale.[3]

A segnare questo nuovo interesse si inserisce anche il progetto di Neil MacGregor, storico dell’arte e direttore di prestigiosi musei britannici, che ha voluto raccontare la storia del mondo alla radio, attraverso cento oggetti provenienti dalle collezioni del British Museum di Londra. Le trasmissioni radiofoniche sono poi diventate una pubblicazione oggi imprescindibile per analizzare il ruolo della cultura materiale nel racconto della storia.[4]

Da parte sua l’antropologo Daniel Miller ha dimostrato con i suoi studi sulla cultura materiale come «le società diventano ciò che sono e ciò che fanno in molti modi differenti, attraverso la parentela, i rituali e anche gli oggetti»[5] ma spesso il loro uso è così abituale e quotidiano da non farci soffermare sull’azione che svolgono nei sistemi sociali. Seppur poco considerati, gli oggetti sono centrali nella definizione dei comportamenti di una società. Talvolta si tende a credere che gli oggetti materiali siano qualcosa di “altro”, che ci distoglie dagli aspetti più autentici della realtà,  invece in qualsiasi società, anche quelle non industriali e non pervase dalla continua produzione in serie, attraverso gli oggetti si strutturano relazioni complesse e sofisticate. Vestiti, automobili, arredamenti, telefoni contribuiscono a renderci ciò che siamo, tuttavia se è vero che gli oggetti creano la realtà, allo stesso tempo non bisogna dimenticare che gli oggetti sono anche profondamente influenzati dal contesto in cui sono creati. Nel quotidiano ognuno di noi apprende abitudini e modi di agire attraverso l’interazione con gli oggetti che ci circondano e sono quella stessa realtà circostante e la sua organizzazione a permetterci di produrli e utilizzarli. Quando non sono più utili o non sono più reperibili e convenienti i materiali per produrli, gli oggetti cadono in disuso, diventando parti di un mondo passato. Si potrebbe dire che all’interno del medesimo processo noi creiamo gli oggetti e gli oggetti creano noi, stabilendo una relazione molto stretta tra soggetto e oggetto.

 

Gli oggetti e la didattica della storia: da una didattica museale a una  didattica in classe

Gli studi di antropologia[6] hanno evidenziato la centralità degli oggetti che fanno parte delle nostre vite: viviamo circondati da oggetti che in un qualche modo parlano di noi e del nostro tempo, e parallelamente mostrano come materiali, abitudini e comportamenti siano mutati o, al contrario, siano rimasti inalterati nel corso della storia. Sviluppare in classe una didattica che parta dall’analisi degli oggetti consente così di combinare la dimensione astratta con quella concreta e fare riferimento a epoche lontane nel tempo. La gran parte degli oggetti che utilizziamo quotidianamente contribuisce in modo determinante a dare forma ai contesti e alla cultura in cui viviamo oggi, ma ogni oggetto è anche un oggetto storico, che ci permette, se adeguatamente interrogato, di scoprire qualcosa del tempo in cui è stato prodotto e delle molteplici relazioni di cui ha fatto parte. La loro evoluzione nel tempo è indicativa di come sono cambiati i costumi, gli stili di vita, ma anche i mezzi di produzione. Allo stesso modo ogni generazione lascia in eredità alle generazioni future un’enorme mole di oggetti, che si modificheranno, cambieranno forma oppure uso, potranno diventare iconici o essere dimenticati. Gli oggetti contribuiscono anche a definire noi stessi, con le nostre individualità e specificità. Questo, in chiave didattica, li rende particolarmente utili per individuare punti di contatto tra la storia, intesa come insieme di fatti ed eventi più generali, e la storia biografica e familiare di ognuno di noi.[7]

D’altro canto l’oggetto nella sua fisicità e concretezza riesce a dare corpo a concetti che altrimenti risulterebbero delle astrazioni e si rivela dunque uno strumento particolarmente proficuo per avvicinare i/le giovani alla conoscenza dei processi storici, e delle loro molteplici sfaccettature. In tal senso la didattica museale è un esempio importante e consolidato per la sua efficacia.[8] Molto spesso è attraverso l’oggetto che riusciamo a immaginare un passato di cui altrimenti faremmo fatica a farci un’idea. Come fa l’archeologia, che studia le epoche passate attraverso i resti materiali, anche gli oggetti attualmente in uso possono diventare il punto di partenza per analizzare sistemi politici, relazioni di potere, scale valoriali e meccanismi di produzione e consumo.[9] Si tratta, cioè, di usare gli oggetti per studiare il modo in cui i sistemi sociali e culturali si formano e si trasformano.

Lo studio dei manufatti umani si rivela uno strumento utilissimo anche dal punto di vista metodologico. Di fronte all’oggetto gli studenti e le studentesse sono chiamati/e ad adottare quell’atteggiamento di curiosità e di ricerca tipico di chi si pone delle domande e fa delle ipotesi, che altro non è che la postura del/lla ricercatore/trice, dello/a storico/a davanti alle sue fonti. Osservazione, comparazione, sensorialità sono poste al centro del processo di apprendimento, che avviene così mediante la scoperta e il ragionamento induttivo. Si tratta di un approccio metodologico di cui da tempo fa ampio uso la didattica nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria[10] ma che si auspica venga esteso anche alle scuole degli ordini superiori. Oltre a raccontare la  dimensione collettiva gli oggetti sono spesso evocatori del vissuto personale o familiare: le storie e le relazioni che si sviluppano attorno a un oggetto sono altrettanto importanti per costruirne il significato.

A maggior ragione in un mondo che si è fatto sempre più digitale, il contatto diretto con le cose consente di riappropriarsi della materialità degli oggetti e della conoscenza sensoriale che deriva dal maneggiarli. Anche per la minore abitudine a studiarli, gli oggetti hanno spesso una capacità di attrarre e stimolare curiosità che i libri di testo non hanno, e questo permette di creare un contesto di apprendimento esperienziale più coinvolgente.

 

Revolution Lab. Il Novecento: un secolo di rivoluzioni e conquiste

Utilizzare gli oggetti per raccontare la storia del Novecento, e in particolare le rivoluzioni che ne hanno segnato i momenti di crisi e le cesure, è l’idea alla base di un percorso didattico ideato dal Centro documentazione donna di Modena e dall’Istituto storico di Modena nell’ambito del più ampio progetto  Rivoluzioni. Persone, luoghi ed eventi del ‘900 tra crisi e trasformazioni realizzato tra il 2019 e il 2022.[11] Il percorso laboratoriale è rivolto al triennio delle scuole superiori e cerca di intrecciare storia e educazione civica con l’obiettivo di far riflettere gli studenti e le studentesse sul concetto di rivoluzione nelle sue diverse valenze (politica, economica, femminile, dei consumi, culturale e scientifico-tecnologica) e sulle connessioni che possono essere individuate tra rivoluzioni e acquisizione di diritti in campo politico e sociale nel corso del Novecento.

L’approccio utilizzato in aula è di tipo dialogico, attivo e partecipativo. Si intende infatti favorire lo sviluppo di un pensiero critico, stimolando la riflessione attraverso il dialogo e il confronto libero e costruttivo tra pari, mediante la realizzazione di attività e di discussioni in piccolo gruppo e in plenaria, che permettano di arrivare a una co-costruzione dei significati sulle tematiche proposte.

Il laboratorio invita i ragazzi e le ragazze ad analizzare i processi di trasformazione che in vari ambiti hanno segnato la storia del Novecento e indagare le conseguenze che questi cambiamenti hanno determinato nella vita sociale a breve e a lungo termine. È sembrato particolarmente efficace dal punto di vista didattico utilizzare la cultura materiale: oggetti comuni, alcuni dei quali fanno ancora parte della nostra vita quotidiana, e che, se interrogati con attenzione, possono raccontare molto del tempo che li ha prodotti e delle trasformazioni che hanno innescato, le cui tracce sono ancora oggi rintracciabili nella vita di tutti i giorni.

È stata, quindi, selezionata una serie di oggetti considerati particolarmente rilevanti per ciò che hanno rappresentato nella storia del XX secolo e che potevano aiutare gli alunni e le alunne a ragionare su continuità e cambiamenti, persistenze e mutamenti.

 

I incontro. Cos’è una rivoluzione

Il percorso si articola in quattro incontri: il primo è dedicato all’analisi del concetto di rivoluzione. Attraverso un gioco rompighiaccio gli studenti e le studentesse, suddivisi in piccoli gruppi, sono  chiamati a indicare il significato che attribuiscono al termine «rivoluzione», «rivoluzionario», scegliendo tra varie categorie (oggetti, personaggi storici, personaggi di fantasia, libro, poesia musica, film ecc.) due esempi che rispondono alla loro idea di «rivoluzionario», motivando la loro scelta e scrivendola su un post it.

Tabella 1. Plancia di gioco

Si tratta di un’attività in due fasi: dapprima ogni componente del gruppo definisce singolarmente due esempi personali, poi all’interno del gruppo, dopo un momento di condivisione e confronto, viene avviata una sorta di negoziazione per stabilire quali degli esempi scelti siano rappresentativi di un’idea di rivoluzione comune a tutto il gruppo da portare poi nella discussione in plenaria. Nella seconda fase, infatti, ogni gruppo racconta ad alta voce in che modo è arrivato a definire gli esempi selezionati, allargando la discussione a tutta la classe per una condivisione e un confronto sulle scelte di ciascun gruppo. Questo momento di scambio e dialogo è finalizzato a guidare la riflessione dei ragazzi e delle ragazze sul diverso valore delle scelte individuali e delle scelte collettive, e come le une e le altre si collochino su una diversa scala. Ciò consente di approfondire il concetto e la definizione di “rivoluzionario”, passando dalla sfera più soggettiva della vita individuale a quella della sfera collettiva che coinvolge bisogni, esigenze, aspettative di un gruppo più ampio, per cogliere meglio il significato e il portato storico del termine. Obiettivo prioritario è dare comunque spazio alla voce degli studenti e delle studentesse, porsi in loro ascolto e muovere dalla loro percezione soggettiva e da ciò che valutano nel loro presente, nella loro esperienza di vita.

Riprendendo quello che è emerso dalla discussione, si introduce il concetto di “rivoluzione” attraverso una prospettiva storica, cercando di mostrare come è cambiato il suo significato nel corso del tempo,[12] e in particolare come esso si sia concretizzato nel corso del Novecento, in vari ambiti: da quello politico – si pensi alla Rivoluzione russa di inizio secolo – a quello scientifico, tecnologico (dalle scoperte della fisica einsteiniana alle rivoluzioni dell’informatica o a quella dei trasporti); da quello sociale, in particolare la rivoluzione femminista, a quello economico; il tutto sempre discutendo con la classe e facendo esempi concreti tratti dalla storia del XX secolo [tab. 2]. A questo punto la parola torna ai ragazzi e alle ragazze, che sono chiamati a ripensare alle loro scelte e a inserirle all’interno delle tipologie di rivoluzioni proposte.

Tabella 2. Le tipologie di rivoluzioni

Come compito per l’incontro successivo si chiede loro di pensare a un oggetto – solo ed esclusivamente un oggetto del Novecento – che ritengano in qualche modo rivoluzionario, alla luce delle riflessioni sviluppate durante l’ incontro.

 

II incontro. Dagli oggetti ai diritti

È nel secondo incontro che la cultura materiale diventa centrale per avviare e sviluppare il ragionamento: i ragazzi raccontano ai compagni quale oggetto hanno scelto e il motivo della loro scelta. A partire da quanto emerge, la classe viene guidata a comprendere quanto gli oggetti possano essere un’utile fonte storica sotto diversi punti di vista: soffermarsi a pensare al periodo e al contesto storico in cui sono stati inventati e diffusi, di quali materiali sono composti, a come è cambiato il loro uso nel corso degli anni, di quali simboli e valori sono portatori, è una modalità per guardare ai cambiamenti storici da una prospettiva “diversa” rispetto a quelle considerate più tradizionali, ma ugualmente efficace. In questo modo i ragazzi e le ragazze scoprono come anche oggetti apparentemente banali siano in realtà custodi di una storia stratificata.

Agli studenti e alle studentesse viene quindi proposta una lista di oggetti [tab. 3a e b], selezionati preliminarmente perché considerati “emblemi” di alcuni dei principali cambiamenti sociali, politici e culturali avvenuti nel Novecento (es. automobile, aeroplano, penicillina, radio, lavatrice, Barbie, ecc.), che alimentano la discussione fatta in precedenza e integrano la lista degli oggetti “rivoluzionari” definita dai ragazzi.

Tabella 3a. Gli oggetti rivoluzionari

 

Tabella 3b. Gli oggetti rivoluzionari

 

Le grandi rivoluzioni storiche sono state spesso accompagnate da un mutamento delle condizioni di vita di chi quelle trasformazioni ha promosso oppure subito. Un cambiamento che in molte occasioni ha inciso sui diritti, tema a cui è dedicata la seconda parte dell’incontro. La domanda che viene posta ai ragazzi e alle ragazze è se sia possibile ragionare in termini di estensione di diritti e allargamento dei soggetti titolari di diritti in relazione all’avvento di una rivoluzione.

Per introdurre questa parte viene proposta un’attività in cui, dato un elenco di diritti, si chiede agli studenti e alle studentesse suddivisi in gruppi di ordinarli in senso gerarchico da quello che ritengono più necessario a quello che può essere considerato meno importante [tab. 4]. I gruppi sono, così, chiamati a discutere al proprio interno per definire l’ordine in cui intendono collocare i diritti, per poi condividere le rispettive liste, in modo da coinvolgere tutta la classe in un confronto sul valore e l’importanza che i diritti rivestono nella vita sociale. L’obiettivo dell’attività è mostrare alla classe che è impossibile costruire una scala gerarchica: tutti i diritti sono ugualmente importanti e si implicano l’un l’altro. Il dibattito che si sviluppa consente ai ragazzi e alle ragazze di riflettere e discutere con i loro compagni e le loro compagne su temi centrali della loro quotidianità e del loro presente, sul rapporto tra diritti individuali e collettivi e sulle interconnessioni tra diritti e doveri. Attraverso un excursus storico sulle diverse categorie di diritti e su come si sono sviluppati nel tempo si sottolinea come, soprattutto nel corso del Novecento, si sia assistito a un ampliamento dei diritti, non più intesi come richiesta solamente individuale, ma come conquiste fondamentali ottenute dalla collettività.[13]

Tabella 4. Elenco dei diritti

 

III incontro e restituzione finale. Oggetti, rivoluzioni e diritti.

Il terzo incontro riprende le riflessioni proposte nei due incontri precedenti e avvia una sintesi dei principali concetti affrontati. Per fare ciò si propone un’attività, una sorta di memory: i ragazzi e le ragazze, divisi in gruppi, hanno a disposizione due mazzi di carte, uno con gli oggetti proposti nel corso del secondo incontro e uno con i diritti, su cui gli studenti e le studentesse hanno riflettuto. A turno ognuno pesca una carta da entrambi i mazzi e deve provare a individuare una connessione tra oggetto e diritto, qualora sia possibile, e associare le coppie a una delle rivoluzioni proposte sulla plancia di gioco [tab. 5].

Tabella 5. Plancia di gioco

 

Così facendo gli oggetti diventano il simbolo che dà concretezza alle trasformazioni storiche, oltre che lo strumento con cui i diritti sono stati richiesti o si sono espressi. Ad esempio, la minigonna diventa il simbolo della rivoluzione femminile che ha segnato una tappa importante nella storia dell’emancipazione delle donne, nella rivendicazione del diritto all’autodeterminazione e all’uguaglianza.

L’ultima tappa del percorso chiama in causa direttamente i ragazzi e le ragazze. Si chiede loro di scegliere un oggetto, o tra quelli in elenco o uno liberamente individuato da loro, che diventa il tema di una ricerca condotta in piccoli gruppi sulla storia di quell’oggetto e sugli effetti che questo ha determinato nel contesto sociale in cui è stato prodotto, è stato usato, ha circolato.[14] L’esito della ricerca è un prodotto multimediale (presentazione power point, podcast, video, blog, ecc.) realizzato dagli studenti e dalle studentesse, mediante l’ausilio di una griglia di lavoro usata come guida [tab. 6] e discussa in classe. La griglia si compone di alcune domande da porre all’oggetto, mette l’accento sull’importanza delle fonti e sulla loro attendibilità, da esplicitare mediante una bibliografia e sitografia di riferimento. Il risultato di questo lavoro è al centro del quarto e ultimo incontro, che è il momento di restituzione in cui ogni gruppo presenta il suo prodotto finale a tutta la classe.

Tabella 6. Alcuni dei punti chiave da seguire nel lavoro finale

 

Considerazioni finali

Al termine dell’attività è stato sottoposto alle classi un questionario di gradimento.[15] Gli studenti hanno manifestato il loro apprezzamento soprattutto per i momenti di discussione e confronto, durante i quali hanno avuto la possibilità di esprimere le proprie opinioni e condividerle con il resto della classe. In particolare l’attività dedicata ai diritti ha permesso loro di aprire un dialogo su un tema complesso e difficilmente affrontato tra coetanei, di cui hanno compreso maggiormente la centralità nella vita quotidiana, mettendosi in ascolto di punti di vista anche molto diversi dai propri.

Attraverso le loro opinioni emerge chiaramente anche il ruolo centrale che hanno ricoperto gli oggetti nella riflessione: per tanti ragionare con e su gli oggetti è stata una modalità di lavoro inedita con cui guardare ai cambiamenti storici e alle conseguenze che questi hanno portato. Un interesse che ha poi caratterizzato anche il lavoro finale di ricerca, che ha coinvolto in prima persona gli studenti e le studentesse nell’approfondimento delle connessioni tra rivoluzioni, diritti e materialità di cui gli oggetti sono il simbolo. Questo percorso diventa un efficace osservatorio per cogliere e mettersi in ascolto delle istanze e delle differenti priorità della Generazione Z. Dalla scelta degli oggetti sono emersi i temi che più interessano: l’attenzione per i diritti civili, in particolare quelli delle donne, e l’attenzione per lo sviluppo tecnologico e scientifico.

Si tratta di un percorso laboratoriale articolato, spesso proposto come PCTO, che impegna le classi per diverse settimane e che per funzionare al meglio ha bisogno della stretta sinergia tra docenti e studenti/studentesse. I prodotti finali[16] rendono conto del lavoro svolto e soprattutto permettono ai ragazzi e alle ragazze di analizzare storicamente gli oggetti che li circondano in una prospettiva di lungo periodo e che prende in considerazione molteplici aspetti. Da un lato analizzano come l’uso e la percezione di quegli oggetti siano cambiati nel tempo, dall’altro hanno modo di riflettere sui cambiamenti storici sia che hanno reso possibile l’introduzione di quegli oggetti sia che quegli stessi oggetti hanno portato nella società, e hanno la possibilità di soffermarsi su come gli oggetti

siano portatori di trasformazioni, cesure e cambiamenti che hanno contribuito all’acquisizione di certi diritti. È indispensabile che alla riflessione diacronica si aggiunga quella sulla contemporaneità: i/le partecipanti sono chiamati/e a interrogarsi su come sono cambiati quegli oggetti, e soprattutto su come è cambiato il modo di usarli e rappresentarli. Il percorso laboratoriale ha mostrato come gli oggetti siano la lente con cui poter comprendere la società presente nella complessità attraverso la conoscenza della storia e le interconnessioni tra passato e presente.

 

Bibliografia
  • A. Appadurai (a cura di), La vita sociale delle cose. Una prospettiva culturale sulle merci di scambio, trad. it., Meltemi, Milano 2021.
  • F. Benigno, Tra storia e storiografia, Officina Libraria, Roma 2021.
  • N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990.
  • B. Bongiovanni, Rivoluzione, in A. d’Orsi (a cura di), Alla ricerca della politica. Voci per un dizionario, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 217-228.
  • G. De Felice, Archeologie del contemporaneo. Paesaggi, contesti, oggetti, Carocci, Roma 2022.
  • M. Douglas, Il mondo delle cose: oggetti, valori, consumo, trad. it., Il Mulino, Bologna 1984.
  • A. Facchi., Breve storia dei diritti umani. Dai diritti dell’uomo ai diritti delle donne, Il Mulino, Bologna 2007.
  • E. Felice, La conquista dei diritti. Un’idea della storia, Il Mulino, Bologna 2022.
  • M. Flores, Storia dei diritti umani, Il Mulino, Bologna 2012.
  • A. Hirsch, Una storia delle donne in 100 oggetti, trad. it., Corbaccio, Milano 2023.
  • R. Koselleck, Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Clueb, Bologna 2007.
  • N. MacGregor, La storia del mondo in 100 oggetti, trad. it., Adelphi, Milano 2012.
  • D. Miller, Per un’antropologia delle cose, trad. it., Ledizioni, Milano 2013.
  • D. Miller, Cose che parlano di noi. Un antropologo a casa nostra, trad. it., Il Mulino, Bologna 2020.
  • A. Petrizzo, C. Sorba, Storia e cultura materiale: recenti traiettorie di ricerca, in «Contemporanea», a. XIX, n. 3, 2016, pp. 439-482.
  • J. Santacana Mestre, N. Llonch Molina, Fare storia con gli oggetti. Metodi e percorsi didattici per bambini e adolescenti, Carocci, Roma 2022.
  • E. Traverso, 1789-1989: un’altra storia, trad. it., Feltrinelli, Milano 2021.
Sitografia

 


Note:

[1] A. Appadurai (a cura di), La vita sociale delle cose. Una prospettiva culturale sulle merci di scambio, trad. it., Meltemi, Milano 2021.

[2] Su questo si segnala il recente libro A. Hirsch, Una storia delle donne in 100 oggetti, trad. it., Corbaccio, Milano 2023.

[3] A. Petrizzo, C. Sorba, Storia e cultura materiale: recenti traiettorie di ricerca, in «Contemporanea», a. XIX, n. 3, 2016, p. 439.

[4] N. MacGregor, La storia del mondo in 100 oggetti, trad. it., Adelphi, Milano 2012.

[5] D. Miller, Per un’antropologia delle cose, trad. it.,Ledizioni, Milano 2013. p. 47.

[6] Oltre al testo già citato, di Miller si segnala anche Cose che parlano di noi. Un antropologo a casa nostra, trad. it., Bologna, Il Mulino, 2020.

[7] J. Santacana Mestre, N. Llonch Molina, Fare storia con gli oggetti. Metodi e percorsi didattici per bambini e adolescenti, Carocci, Roma 2022.

[8] Si segnala il lavoro sugli oggetti personali svolto dal War Childhood Museum di Sarajevo, museo dedicato all’infanzia in guerra, nato da un progetto partecipato di public history e inaugurato nel 2017. I visitatori si muovono tra teche piene di oggetti e oggetti sospesi a mezz’aria; scorrono davanti ai loro occhi  lettere, indumenti, foto, video, giochi, matite colorate, orsetti di peluche, costruzioni, biciclette, strumenti musicali, libri donati dai loro proprietari, che erano bambini al tempo dell’assedio della città, per raccontare l’esperienza che hanno vissuto della guerra. Cfr. https://warchildhood.org/

[9] G. De Felice, Archeologie del contemporaneo. Paesaggi, contesti, oggetti, Carocci, Roma 2022. Su questa stessa rivista si veda anche Andrea Augenti, Il paesaggio come fonte storica e strumento didattico: l’archeologia dell’età contemporanea, in “Novecento.org”, n. 21, giugno 2024. DOI: 10.52056/9791254696965/13

[10] Santacana Mestre, Llonch Molina, 2022.

[11] Il progetto nasce dalla collaborazione di diversi istituti modenesi: Comitato per la storia e le memorie del Novecento del Comune di Modena, Istituto storico di Modena, Centro documentazione donna, Fondazione Collegio San Carlo di Modena, con il sostegno della Fondazione di Modena. Il progetto, proseguito anche dal 2022 al 2024 come Rivoluzioni. Trasformazioni sociali e politiche nella cultura moderna e contemporanea, ha come obiettivo la creazione di un portale per raccontare i principali cambiamenti del Novecento vissuti dalla città di Modena in relazione alle rivoluzioni globali. Si rimanda al sito web https://rivoluzioni.modena900.it/

[12] Per approfondire i diversi significati attribuiti al termine rivoluzione si rimanda a B. Bongiovanni, Rivoluzione, in A. d’Orsi (a cura di), Alla ricerca della politica. Voci per un dizionario, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. 217-228. Sul rapporto tra il concetto di rivoluzione e il tempo R. Koselleck, Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Clueb, Bologna 2007.

[13] Per un quadro generale dell’evoluzione storica dei diritti si vedano N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990 e A. Facchi, Breve storia dei diritti umani. Dai diritti dell’uomo ai diritti delle donne, Bologna, Il Mulino, 2007.

[14] Sul portale di Rivoluzioni (https://rivoluzioni.modena900.it/) gli studenti e le studentesse hanno potuto consultare  video e approfondimenti dedicati ad alcuni degli oggetti proposti durante il lavoro in classe (es. Barbie, automobile, frigorifero, ecc…).

[15] Al termine del progetto i materiali didattici prodotti durante l’attività in classe sono stati analizzati dalla dott.ssa Antonella Capaldi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, al fine di delineare un quadro dal punto di vista sociologico del modo in cui ragazzi e ragazze si sono rapportati all’attività e delle scelte effettuate.

[16] Sul portale di Rivoluzioni (https://rivoluzioni.modena900.it/didattica/) sono stati pubblicati alcuni degli elaborati finali degli studenti e delle studentesse che hanno partecipato al percorso.

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Titolo: Raccontare le rivoluzioni del Novecento attraverso gli oggetti. Un percorso didattico tra storia e educazione civica
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Numero della rivista: n.22, dicembre 2024
ISSN: ISSN 2283-6837

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