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Drive In e la fast TV

Abstract

Il cambiamento introdotto nelle trasmissioni televisive in Italia dallo sviluppo delle TV private attraverso la storia di uno dei programmi più longevi, di successo e discussi degli anni 80 è esemplato nella trasmissione Drive In. Attraverso l’analisi del palinsesto, dei tipi urbani, del ruolo delle donne, si forniscono spunti di riflessione sul principio della libertà di comunicazione e sul rapporto della televisione con la contemporaneità: sono i modelli televisivi a influenzare le persone o sono gli stili di vita ad essere recepiti e amplificati dalla TV?

Durata

2/4 ore.

drive in

Il cast e la scenografia della trasmissione – pubblico dominio

Testo per i docenti

Gli albori delle teletrasmissioni

Le prime trasmissioni televisive in Europa nascono negli anni Trenta. L’avvento dei nazionalismi prima, e lo scoppio del secondo conflitto mondiale poi, ne condizionano l’utilizzo e lo sviluppo per oltre due decenni. I bombardamenti hanno distrutto gli archivi dell’E.I.A.R ( Ente Italiano Audizioni Radiofoniche). Perciò, la sola documentazione oggi disponibile sulla prima generazione di trasmissioni italiane è costituita dal “Radiocorriere”: analizzandolo, se ne ricava l’idea che le trasmissioni, pur nella loro varietà, erano ma sempre sotto lo stretto controllo del regime.

Il dopoguerra: un diverso uso del medium televisivo

La sede romana dell’EIAR riaprì il 26 ottobre 1944 con la nuova ragione sociale, R.A.I (Radio Audizioni Italiane), che nel 1954 fu trasformata anche in operatore televisivo. Il 3 gennaio 1954 si inaugura il Programma Nazionale o Primo Programma, l’attuale RAI Uno. Questa è la data di solito indicata come “nascita” della TV in Italia. Una TV con poche ore di trasmissione giornaliere e possibilità di scelta di canali limitatissima: il Secondo Programma, l’attuale RAI Due, aprirà solo nel 1961. Questa ristrettezza iniziale, col tempo tende ad arricchirsi. Già negli anni 60 è possibile ricevere, nelle regioni dell’Italia Settentrionale, il segnale di reti televisive straniere in lingua italiana: Telemontecarlo, TSI, TV Koper Capodistria, legate anche alle vicende migratorie e politiche dell’immediato dopoguerra, cui si aggiunsero reti televisive che trasmettevano via cavo a livello locale, come Telenapoli o Telebiella, che dovettero chiudere in quanto trasmettevano illegalmente.

Tra il 1970 e il 1974 si contano oltre 30 emittenti che trasmettono via cavo, modalità di trasmissione autorizzata con la sentenza 225 del 1974 della Corte Costituzionale, mentre la televisione terrestre[1] continua a rimanere monopolio RAI. La trasmissione via cavo è però molto costosa. Una successiva sentenza della Corte Costituzionale, la 202 del 1976, cercò di porre rimedio a questa situazione, autorizzando la trasmissione via cavo, ma solo a livello locale, facendo lievitare il numero di queste reti dalle 250 del 1978 alle oltre 600 del 1980.

La rivista e il varietà

Fin dai primi anni delle trasmissioni televisive il varietà, modello ripreso dal teatro, è considerato “lo” spettacolo televisivo per tutta la famiglia, quello che riuniva davanti al piccolo schermo grandi e piccini. La struttura di questo genere prevede normalmente una coppia di comici, un canovaccio ben costruito nel quale tutto è previsto e gestito dalla sapiente – ma non invasiva – regia di un presentatore che amalgama momenti di ballo, canto, comicità. Sono famosi e di lunga durata programmi quali Canzonissima e Fantastico. Può essere opportuno, per far comprendere agli allievi cosa si intenda con il termine varietà prima della nascita della tv commerciale citare come modello di riferimento della TV di Stato il Festival di Sanremo, le sue scenografie, il ruolo del presentatore, delle vallette, il suo ritmo, il tipo di regia.

Questi programmi non erano interrotti dagli spot pubblicitari[2].

Dal monopolio di Stato alle TV private

All’inizio del 1977 viene introdotta la tv a colori. Ma è negli anni ‘80 che si la grande svolta d della televisione Italiana. La storia di questo cambiamento è legata alla storia di Telemilano 58 il cui proprietario è Silvio Berlusconi. La vicenda dell’emittente è abbastanza complessa. Qui ci limitiamo a segnalare che, nel settembre 1980, dopo diversi cambiamenti di nome e di ragione sociale, si arriva alla nascita di Canale 5, la prima delle reti Fininvest. L’intuizione che favorì il successo di queste reti rispetto alle molte altre esistenti fu la creazione di un’agenzia di pubblicità interna, Publitalia ‘80, che consentiva di anticipare le richieste degli inserzionisti contattandoli direttamente.

Le TV private, infatti, si reggono sugli introiti pubblicitari.  COn la possibilità di controllare le loro richieste, Fininvest fu in grado di confezionare programmi in cui gli spot pubblicitari erano già inseriti nel palinsesto. Lo scopo era quello di arrivare a trasmettere su tutto il territorio nazionale, cosa che non era permessa alle TV private, sfruttando il fatto che i grandi capitali introitati avevano permesso di assumere molti noti personaggi RAI[3], con grande successo di ascolti. Non solo, dunque, si arrivò alla copertura del territorio nazionale, ma ne nacque un diverso modo di fare televisione, dai ritmi accelerati, rispetto a quanto accadeva in RAI, proprio per via della presenza degli spot pubblicitari. Possiamo osservare questo fenomeno in una trasmissione che ottenne un grande successo, sebbene priva di “grandi nomi” e non particolarmente sostenuta o amata da Berlusconi, almeno secondo quanto affermano gli stessi autori: Drive In.

Drive In: caratteristiche del programma e protagonisti

Drive In è un programma comico, andato in onda su Italia 1 tra il 1983 e il 1988. I grandi ascolti la fecero passare dal martedì alla domenica sera[4] e i giudizi su di essa erano e rimangono contrastanti. Se molti intellettuali da subito ne ammirarono il nuovo ritmo, l’assenza del conduttore, la riduzione del balletto, tipico del varietà, a favore di sketch comici, la presenza di donne in abiti succinti e dagli spazi di espressione ritenuti limitati, così come il tipo di contenuti trasmessi, furono da subito oggetto di dibattito e critica.

Il programma, alla cui regia si susseguono Giancarlo e Beppe Recchia, fu ideato da Antonio Ricci. Questi introdusse nella formula del varietà, ben consolidata, cambiamenti che fecero di Drive In un prodotto nuovo in cui vennero inserite gag, satira politica, parodie di personaggi famosi che talvolta, con dei “cameo” intervenivano in trasmissione quali ospiti.

Contrariamente a quanto avveniva nel varietà classico, il ritmo dello spettacolo é serrato. Comprende anche gli spot pubblicitari e prevede che diversi generi televisivi e no (ad esempio, ci sono le comiche e delle simil-telenovelas), si alternino senza soluzione di continuità. Agli occhi del telespettatore la trasmissione appare come un flusso continuo, che si svolge, tra l’altro, davanti al pubblico degli ospiti del drive in che funge da scenografia. Un pubblico in sala non del tutto passivo, alle cui reazioni si accompagnano risate preregistrate e mandate volutamente fuori tempo, per sottolineare l’ironia di alcuni momenti. La cifra portante della regia, comunque, restano i veloci cambi di scena che permettono il susseguirsi dei monologhi di comici, per lo più sconosciuti, a parodie di film o soap opera celebri, intervallati da brevi stacchetti ballati, il tutto su un filo conduttore, quello dell’esistenza del locale e delle vicende del suo proprietario e dal suo aiutante (rispettivamente Gianfranco D’Angelo e Ezio Greggio).

Molti di questi elementi sono stati, come detto prima, evidenziati sin dalla messa in onda del programma. Tuttavia, la loro analisi puntuale è avvenuta successivamente, soprattutto quando, in occasione del trentesimo anniversario della prima puntata, fu realizzato e trasmesso un documentario a firma di Luca Martera dal titolo “Drive In: l’origine del male”[5]. Dobbiamo infatti pensare che chi seguì con fedeltà la trasmissione per cinque anni si sia solo parzialmente reso conto di essere testimone di questo cambiamento: non a caso, i giudizi espressi nel corso del tempo da parte dei critici televisivi sono mutati. Quello che a prima vista può essere giudicato come un programma comico in cui si rispecchia fedelmente la vita di un ventenne medio, milanese[6], della metà degli anni Ottanta, in realtà era molto di più. I giudizi sulle  novità sono stati addirittura raccolti in un “ipse dixit”[7]. In questo vediamo Umberto Eco, che definì il programma come il momento di passaggio dalla paleotevisione alla neotelevisione; e poi Luciano Salce, Omar Calabrese, Angelo Guglielmi, Maurizio Cucchi, Giovanni Raboni. Le tante opinioni possono essere riassunti dalla lapidaria definizione di Fellini, del 1986, che afferma che Drive In “é l’unico programma per cui vale la pena di avere la tv”[8].

In un’altra occasione, Umberto Eco invitò a paragonare la quantità di cose che Drive In riesce a mostrare in due minuti con quelle che si vedono in due minuti della vecchia TV 1987, sottolineando come si fosse passati indenni attraverso quel salto che lui definiva “da fantascienza”[9].

Un nuovo modo di fare comicità

Altri due elementi di novità del programma già citati furono il fatto che si chiamarono volti poco conosciuti tra i comici, molti dei quali devono proprio al programma la loro fortuna[10], mentre fino ad allora le reti di Berlusconi avevano “strappato” alla RAI i volti più noti con contratti da favola per garantirsi attenzione da parte del pubblico;  e il fatto che il drive in, inteso come ambiente scenico, veniva aperto e chiuso dal proprietario, D’Angelo, che si concedeva monologhi nei quali ironizzava sui vizi degli italiani.

    Il proprietario Gianfranco D’Angelo e l’aiutante Ezio Greggio

Il proprietario Gianfranco D’Angelo e l’aiutante Ezio Greggio

L’ironia d’apertura era rinforzata dal fatto che i comici interpretavano vari personaggi, ognuno recitato come l’imitazione di una persona reale fino a diventare un “tipo”, con modi di dire e gesti ripetitivi e ben individuabili, generando così ilarità e nello stesso tempo aspettativa da parte dello spettatore, in sala come a casa. La poliedricità messa in campo da questa nuova leva di comici non ebbe tutta il medesimo successo: alcuni personaggi vennero abbandonati, altri furono riproposti per tutti gli anni di messa in onda della trasmissione, altri ancora sono molto discussi.

Enzo Braschi, ad esempio, è quasi esclusivamente ricordato per l’interpretazione del paninaro, ma in effetti, successivamente si presentò nelle vesti di una nuova “tribù urbana” (new romantic, dark, rockabilly, punk) giustificando i continui cambiamenti con la necessità di restare “di moda”. L’idea era quella di mostrare un personaggio in evoluzione, fino alla prova del servizio militare, che avrebbe dovuto segnare il passaggio alla maturità. Prova fallita per questo personaggio, che nell’ultima stagione si ripropone come “cucador”[11]: adolescente cresciuto, ma non maturato

    Sergio Vastano nei panni del bocconiano

Sergio Vastano nei panni del bocconiano

Sergio Vastano, con il personaggio del bocconiano, ironizzava sugli studenti fuori sede e fuori corso, che, non in grado di mantenersi, pesano economicamente sulle famiglie d’origine ben oltre il necessario. Il bocconiano ebbe molto più successo di quanto lo stesso Vastano si aspettasse. All’opposto, si esibiva il metallaro, interpretato da Francesco Salvi, con ben altri ideali e stili e linguaggio di riferimento. Molti furono i personaggi creati da Giorgio Faletti: puntava molto sull’esagerazione linguistica quello di Vito Catozzo, una guardia giurata dal forte accento pugliese che ignorava l’uso del congiuntivo e che, con l’ingigantimento di uno stereotipo diffuso al Nord Italia nei confronti dei meridionali, “pativa” la presenza di sei figlie femmine contro un solo maschio, del quale cercava a tutti i costi di nascondere l’evidente omosessualità.

    Giorgio Faletti interpreta Vito Catozzo

Giorgio Faletti interpreta Vito Catozzo

Il controverso ruolo delle donne nella trasmissione

Molto discussa invece la questione sul ruolo femminile[12] all’interno del programma. Se da molti, infatti, Drive In viene considerato come il programma TV per eccellenza, nel quale la donna è relegata in secondo piano ed esaltata solo per le sue qualità fisiche[13], autori ed attori rifiutano questa definizione, insinuando che, spesso, chi esprime questi giudizi confondeva, in realtà, Drive In con un altro programma, Colpo Grosso. Questo, in realtà, era un programma dove le donne avevano l’unico compito di spogliarsi, mentre invece le “Ragazze Fast Food” non erano veline mute, ma intervenivano con battute brevi, ma salaci, recitate a tempo e, soprattutto, i loro costumi di scena, per quanto vistosamente sexy, non erano più succinti di quelli indossati nel varietà classico della RAI. Riassume questa disparità di opinioni Stefania Carini, in un articolo del 2013:

“come tutto ciò che ha cambiato la vita, Drive In non finirà mai di essere oggetto di letture sempre più disparate talvolta anche volutamente tendenziose”[14].

Nel confrontare le due trasmissioni, i difensori di Drive In sostengono che quest’ultima, rispetto a Colpo grosso, vede la presenza in scena di donne che si contraddistinguono per ironia e intelligenza al di là dell’abbigliamento, che sembra svilire la loro intelligenza, ma non ci riesce. L’abbigliamento è volutamente provocante, proprio per smentire lo stereotipo per cui le belle donne non possono avere altre qualità. Si tratta invece di donne che, nelle parole e nei comportamenti, ribaltano la prima impressione di stupidità. Inoltre, a ben guardare, il loro ruolo non è minoritario rispetto a quello dei colleghi uomini[15]. Diverso, invece, il caso di Colpo Grosso, che aveva un altro pubblico di riferimento: adulti, non adolescenti, come nel caso di Drive In. I due programmi andavano in onda su reti differenti e in orari diversi, proprio a marcarne le differenze[16]. Si noterà che tutti gli interventi video a Drive In, femminili come maschili, sono brevissimi, ma molto densi. Nel caso degli interventi femminili, numerosi sono i riferimenti al mondo politico dell’epoca. Perciò, rivedendoli in classe, andranno contestualizzati. Uno degli interventi proposti, ad esempio, è di Ilona Staller, una pornostar che venne eletta in Parlamento nelle file del Partito Radicale. La prima battuta, che fa riferimento al fatto che la donna non trova il suo pitone, può portare fuori strada, ma bisogna soffermarsi sulla seconda. All’affermazione “Sarai l’unica in parlamento ad interessarti degli animali” la Staller risponde infatti “No: i Democristiani si battono per la salvaguardia della Piovra”. Pochi secondi e tutto un quadro politico da approfondire: i ragazzi potrebbero avere visto lo sceneggiato tv “La Piovra”. E si dovrà tenere nel dovuto conto il fatto che, in quel momento storico, una deputata attribuiva a un partito politico responsabilità collusive che, a lungo erano state negate.

Massimo Boldi in compagnia delle succinte e procaci ragazze fast food, elemento che più attirò i pareri negativi di parte della critica.

Massimo Boldi in compagnia delle succinte e procaci ragazze fast food, elemento che più attirò i pareri negativi di parte della critica.

La satira politica e quella verso gli italiani 

Con la nascita della tv privata nasce la possibilità di critica nei confronti della classe politica. Questione oggi scontata. Ma non dimentichiamo che gli anni ‘80 sono il decennio che precede Mani Pulite e che Drive In, soprattutto nelle imitazioni di Gianfranco D’Angelo (De Michelis, De Mita, Goria, Spadolini) non risparmia critiche sulla corruzione e sui difetti di chi governa. Talvolta questa satira non passa attraverso l’imitazione dei politici, che avviene con l’esagerazione di alcune loro caratteristiche fisiche e caratteriali, ma attraverso l’invenzione di un personaggio, il “Tenerone”, che cibandosi di ritagli di giornale “emette sentenze” lapidarie, alcune delle quali ancora attuali (abbiamo proposto l’analisi didattica della gag sul mancato completamento del ponte sullo stretto di Messina).

D’Angelo usa l’ironia anche nei confronti della gente comune, degli italiani come popolo. Spesso apre o chiude la trasmissione con un monologo in cui prende in esame un “vizio” diffuso (le ferie, le diete): a questo punto, il programma può essere letto come il susseguirsi dell’analisi di una serie di tipi/vizi a diversi livelli: nazionale, regionale, di età, di genere, di classe, ecc.

Bibliografia
  • Francesca Anania, Breve storia della radio e della televisione italiana, Carocci, 2004
  • Aldo Grasso, Storia della televisione Italiana, Garzanti, 2004
  • Aldo Grasso, Cecilia Penati, La nuova fabbrica dei sogni, Il saggiatore, 2016
  • Paolo Ruffini, Scegliete! Discorso sulla buona e sulla cattiva televisione, Add Editore, 2015
  • Lorella Zanardo, Il corpo delle donne, Feltrinelli, 2010

SITOGRAFIA

VIDEOGRAFIA

Il dossier

Il dossier di documenti è stato composto tenendo presente il limite di tempo massimo entro cui svolgere il lavoro e cercando di approcciare tutte le tematiche sollevate dalla trasmissione. La visione dei video on line è complicata dalla presenza di banner pubblicitari. I contenuti veicolati da Drive In, inoltre, non sono più immediatamente comprensibili agli alunni. La caratteristica del programma è la brevità degli scambi e dei monologhi. Negli interventi dei comici, in genere sotto il minuto, il riferimento all’attualità richiede sempre una contestualizzazione preliminare, soprattutto per i temi politici. Per la comprensione del format televisivo è utile la visione del documento 4, sigla di apertura. Proponiamo poi alcuni spezzoni di una stessa puntata (documento 3) che toccano tutti gli aspetti che ci interessa approfondire (tipi urbani, ruolo delle donne, satira politica). Analizzando gli spezzoni (si tenga conto dei minuti indicati) sarà possibile avviare  discussioni sul periodo e avere un’idea di quanto numerosi fossero gli stimoli lanciati durante la trasmissione: il ruolo delle donne in televisione, la satira politica, le tribù urbane.

Si propongono complessivamente sette brevi percorsi, afferenti a due tipologie di lavoro: nei limiti di tempo indicati è possibile svolgere il lavoro sul linguaggio giovanile abbinato ad un altro degli esercizi proposti, dividendo la classe in sei gruppi. Le proposte di lavoro prevedono l’uso delle differenti tipologie testuali (descrittiva, argomentativa, ecc.). Ogni documento è accompagnato da una breve nota.

Documenti

Documento 1

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/satireggi-anni-ottanta-battute-profetiche-sulla-politica-967144.html

Articolo che approfondisce i temi del ruolo delle donne e della satira politica

Documento 2

Scheda paninaro http://www.nonlasolitastoria.it/wp/elena-mastretta/summer-school-2016-materiali-studio-di-caso/

Si tratta di una scheda redatta scegliendo tra i materiali disponibili in rete, compresa la video intervista ai paninari di San Babila e utilizzando anche i testi indicati in bibliografia, utile come modello per la realizzazione di schede analoghe da parte degli allievi

Documento 3

http://www.dailymotion.com/video/x1956f6_drive-in-ep-01-04-1983-the-best-of_shortfilms

Questo video è una puntata integrale del programma. Prima di utilizzarlo con gli allievi, meglio scaricalo con un apposito software (es. http://www.onlinevideoconverter.com/it/) in quanto la pagina su cui è ospitato contiene numerosi banner pubblicitari che, aprendosi in continuazione, ne compromettono la fruizione ottimale. Da non visionare per intero, ma scegliendo gli spezzoni a seconda degli argomenti di interesse.

Documento 4

https://www.youtube.com/watch?v=ZY06E7dwhYM

Questo video è una delle sigle iniziali del programma. Utile per comprendere il nuovo ritmo della trasmissione. La breve durata lo rende sempre utilizzabile.

Documento 5

http://www.ilfoglio.it/cultura/2016/02/25/i-petalosi-anni-ottanta-perch-nessuno-come-i-paninari-sapeva-forgiare-parole-nuove___1-v-138704-rubriche_c281.htm

Questo articolo riflette sul linguaggio dei paninari e può essere utile per un lavoro sul testo insieme alla visione degli spezzoni video.

Testo per gli allievi

Il contesto e il palinsesto

Gli anni ‘80 furono, per i giovani, un momento di “disimpegno politico”, soprattutto come reazione al decennio precedente. In quegli anni anche il rapporto del pubblico con la TV e le caratteristiche dei programmi cambiarono molto. Simbolo di questi cambiamenti viene ritenuta la trasmissione Drive In. Difficile descriverne il format, che aveva come filo narrativo le vicissitudini del proprietario del locale, Gianfranco D’Angelo, che con il suo assistente, Ezio Greggio, provavano a ottenere denaro da un cliente, Enrico Beruschi, attirato più dalla bellezza di cassiere e cameriere, che dai film che venivano trasmessi nel cinema all’aperto per far funzionare meglio i loro affari.

Queste vicende, come gli interventi della moglie del malcapitato e la vita che si svolge nel locale, passano subito in secondo piano rispetto alle gag dei comici e alle presenze femminili, che di fatto occupano tutta la scena, pur non trattandosi di personaggi già famosi. Drive In era un programma comico in cui il presentatore non esisteva e i “numeri” si alternavano uno dopo l’altro. Cambi di scena veloci, parodie di film celebri, comici alle prime armi quasi tutti provenienti o facenti riferimento per linguaggio e “caratteristiche” al Nord Italia, soprattutto a Milano.

Drive In viene indicato come “ritratto perfetto” della vita che si conduceva nella capitale lombarda negli anni 80, caratterizzata da un benessere economico diffuso e dalla figura di Silvio Berlusconi, allora ancora lontano dalla scena politica, ma che, ad una analisi più attenta, di quel mondo sembra essere più la presa in giro che la riproduzione fedele. Si passava da un comico all’altro con uno stacchetto ballato dalle “Ragazze Fast Food”, che alludevano al modello americano che i telespettatori conoscevano da telefilm di successo (lo stesso drive in è luogo d’incontro e modello d’alimentazione d’oltreoceano) e che vestivano abiti succinti. Di fatto, questo ritmo incalzante permetteva di inserire bene gli spot pubblicitari: il modello ideale per la nascente tv commerciale che di spot pubblicitari vive e per il pubblico giovane, così diverso da quello che aveva avuto come modello di riferimento televisivo solo le proposte RAI.

I tipi urbani e i vizi degli italiani

Drive In, andò in onda dal 1983 al 1988 e dal 1984. Fu realizzato negli studi Mediaset alla periferia di Milano. Una delle caratteristiche del programma fu la creazione di “tipi urbani”, che permettevano una immediata e completa identificazione dei giovani telespettatori con i protagonisti dello show. Questo meccanismo fu messo in atto attraverso l’esagerazione dell’uso di espressioni dialettali o del gergo urbano, di stereotipi gestuali o culturali e alla riproposizione, in chiave comica, delle caratteristiche tipiche di un popolo, quello italiano, non completamente amalgamato da un punto di vista culturale, senza che tuttavia l’ironia sfociasse nella volgarità o travalicasse il limite del sorriso. Ad esempio, nel periodo di messa in onda della trasmissione, soprattutto nelle metropoli del Nord Italia, era una moda (e un’aspirazione) diffusa quella di essere “un paninaro” o un “bocconiano”. Nei suoi monologhi d’apertura nel ruolo di proprietario del locale o nel personaggio del “Tenerone”, Gianfranco D’Angelo ironizzava spesso sui difetti degli italiani.

La presenza femminile

La trasmissione ricevette durante la messa in onda elogi, perché rappresentava un elemento di assoluta novità nel panorama televisivo italiano, ma fu anche criticata per il ruolo che a molti è sembrato e ancora sembra essere, di secondo piano riservato alle donne. Il regista, gli autori e molti degli attori su questo punto hanno sempre espresso parere contrario, affermando invece che Drive In offriva alle donne in scena molte più occasioni di esprimersi di quante non venissero offerte da altri programmi di altre Tv private e della RAI. Va sottolineato che, al contrario di quanto accade oggi sul tema della strumentalizzazione del corpo femminile in TV, all’epoca non ci furono proteste in senso “femminista”.

La satira politica

La satira politica, allora sconosciuta in TV, era l’altra grande novità del programma: qualcosa di non permesso nella TV di Stato, ma che fu ben accolta dal pubblico e trovò nel personaggio del “Tenerone”, inventato da Gianfranco D’Angelo e nelle sue imitazioni di alcuni politici, uno strumento molto efficace. Si riuscì ad ironizzare su temi che ancora oggi invadono le cronache e i telegiornali: i leader politici in cerca di carisma, la scarsa attenzione dei sindacati verso i problemi dei lavoratori, le tangenti e i ritardi sui lavori pubblici, la corruzione della classe politica.

Attività didattica

Vengono proposti sei attività didattiche, da svolgersi in sei gruppi diversi. Si raccomanda lo scambio fra i diversi gruppi attraverso la discussione dei lavori svolti che avrà esiti diversi a seconda della scelta del secondo esercizio fatta dal docente. Prima dell’attività, si leggerà il testo, commentandolo brevemente.

  1. Analizzare il documento 4 e scrivere un testo di dieci righe in cui descrivere somiglianze e differenze con le sigle di apertura di almeno due attuali programmi TV (indicandone il nome e la rete su cui vengono trasmessi).
  2. Dopo avere letto il documento 1 e avere analizzato il documento 3 dal minuto 5.45 al minuto 6.05 (intervento dell’Onorevole Ilona Staller), dal minuto 13.16 al minuto 13.30 e dal minuto 22.56 al minuto 23.5, stendere un testo argomentativo sul ruolo delle donne nella trasmissione Drive In e in trasmissioni attuali (L’Eredità di Rai Uno, ad esempio), indicando somiglianze e differenze.
  3. Dopo avere analizzato il documento 3 dal minuto 25.40 al minuto 26.10 (gag Greggio-Tenerone sul Ponte di Messina), stendere la scaletta di un saggio breve sul tema della satira politica in TV, riflettendo su quanto sia ancora attuale il minuto di trasmissione andato in onda oltre trenta anni fa.
  4. All’interno del documento 5 viene riportata questa frase: “Non me ne sdruma delle tue pare assurde, io sgommo al brucio per non fare un pacco alla tipa cuzzata di fresco”, tipica del linguaggio dei paninari. Provare a riproporla in italiano corrente e nello slang giovanile attuale, stilando un piccolo dizionario delle espressioni gergali odierne.
  5. Scegliere uno dei tipi urbani creati al Drive In (il bocconiano, ma o uno dei personaggi di Faletti, di Braschi) e stendere su di esso una scheda (a titolo esemplificativo, usare come modello http://www.nonlasolitastoria.it/wp/elena-mastretta/summer-school-2016-materiali-studio-di-caso/).
  6. Stendere una scheda su un tipo urbano più attuale (es. gli Emo) . Per questa esercitazione può essere utile ai fini di un successivo confronto in classe creare un gruppo femminile e uno maschile all’interno della classe: ad esempio, lavorando sui personaggi di Braschi nelle versioni femminili e maschili, ben caratterizzate nei due generi soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento. In rete sono disponibili in proposito molte immagini e sarà possibile anche aggiungere una voce di confronto con l’abbigliamento di moda oggi.

 

Note:

[1]              Nella televisione terrestre si utilizzano onde radio emesse dai trasmettitori posti sulla superficie terrestre.

[2]              Si faccia riferimento a questo proposito allo studio di caso che Cesare Grazioli ha stilato su Carosello

[3]              Berlusconi riuscì a mettere sotto contratto, tra gli altri, Corrado, Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Raffaella Carrà, Pippo Baudo. Proprio gli ultimi due furono poi oggetto di imitazioni da parte di Gianfranco D’Angelo al Drive In.

[4]              Portato al debutto il 4 ottobre 1983, dalla seconda edizione lo show divenne l’appuntamento fisso della domenica sera di Italia 1 sino alla sua chiusura, avvenuta il 17 aprile 1988. In onda inizialmente per una sola ora a settimana, dato il grande riscontro vide presto raddoppiare la sua durata, raccogliendo di fronte ai televisori oltre otto milioni di spettatori

[5]              Il documentario è andato in onda il 4 dicembre 2013 ed è disponibile on line, previa registrazione al sito Mediaset

[6]              Mentre la prima edizione fu girata a Roma, le successive furono realizzate a Milano, anche se in periferia. La collocazione degli studi e la provenienza geografica di buona parte del cast favorirono l’identificazione del programma anche con la “risposta milanese” alla comicità romanesca fino ad allora molto in voga.

[7]              http://www.mediaset.it/quimediaset/articoli/drive-in-ipse-dixit_16843.shtml

[8]              Federico Fellini, l’Unità, 23 febbraio 1986

[9]              Francesco Specchia, ‘Drive In’, tv e ipocrisia: quando per la sinistra Ricci era Gramsci, su liberoquotidiano.it, 12 febbraio 2011

[10]            Sono “esplosi” a Drive In Patrizio Roversi e Syusi Bladi, Carlo Pistarino, Ezio Greggio, Sergio Vastano, Zuzzurro e Gaspare, Giorgio Faletti e Francesco Salvi, così come molti modi di dire ancora oggi in uso, benché sia difficile oggi per chi ha meno di 40 anni ricondurne l’origine alla trasmissione.

[11]            Termine mutuato proprio dal linguaggio dei paninari

[12]            La presenza femminile in Drive In è abbastanza variegata: oltre alle spesso citate “Ragazze Fast Food” abbiamo due cassiere, interpretate da Carmen Russo e Lory del Santo nelle diverse edizioni, ma anche un gruppo di 7 adolescenti, “Le monelle” e “Le bomber”

[13]            Questa tesi è sostenuta soprattutto da Aldo Grasso

[14]            Stefania Carini, “Drive In , quello show che cambiò la TV e gli italiani”, europaquotidiano.it, 14/12/2013.

[15]            Nel 1970 Raffaella Carrà fu criticata perché nella sigla di apertura del programma Canzonissima mette troppo in mostra l’ombelico Carrà è in coppia con Corrado. I due passeranno poi alle reti Fninvest

[16]            Queste affermazioni potranno essere oggetto di discussione attraverso la visione degli spezzoni della trasmissione Drive In indicati nelle esercitazioni didattiche, senza necessariamente approcciare con i ragazzi le caratteristiche del game show Colpo Grosso andato in onda su Italia 7, che per il fatto di essere ambientato in un Casinò e di prevedere degli Strip Tease non è proponibile a un pubblico scolastico.

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Dati articolo

Autore:
Titolo: Drive In e la fast TV
DOI: 10.12977/nov184
Parole chiave: , , , ,
Numero della rivista: n.8, agosto 2017
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Drive In e la fast TV, in Novecento.org, n. 8, agosto 2017. DOI: 10.12977/nov184

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