Alla ricerca di rilevanze
Ai fini della didattica analizzare i ragionamenti fra storici nell’ambito di un convegno ha acquistato senso ponendosi alla ricerca di rilevanze. Rilevanze intese come spunti per pensare (o ri-pensare) alla storia insegnata nelle scuole. Rilevanze che, a chi scrive, sono sembrate numerose nelle relazioni di Luca Baldissara (Linee del fronte linee di confine. Geografia e territori dell’Italia in guerra) e di Nicola Labanca (Gli studi sulla gotica nel quadro della recente storiografia sulla seconda guerra mondiale). I due interventi, da cui sono citati stralci e temi in maniera informale anche per evitare di suggerire sfondi analitici fuori luogo per l’obiettivo prefissato (nell’articolo sono stati sottolineati in grassetto corsivo solo alcune locuzioni utilizzate dai relatori) sono diventati oggetto per una sintesi utile – o utilizzabile – agli insegnanti di storia nelle scuole secondarie. Senza la pretesa di proporre particolari paradigmi operativi di cui sarebbe opportuno ragionare, semmai, solo a seguito di una discussione fra addetti ai lavori.
Preambolo
Dato per certo che ogni insegnante ha a cuore il suo mestiere e il modo in cui lo fa, mettiamo il caso che riesca a ritagliarsi un po’ di tempo per partecipare a un convegno di specialisti. Forse non sa con precisione cosa sta cercando. Banalmente è lì per aggiornarsi. Probabilmente cerca temi storiografici inediti nella letteratura o schemi per impostare cronologie e/o periodizzazioni; spunti per identificare logiche di spazio o criteri per ragionare sul proprio metodo. Magari, più semplicemente, è alla ricerca di materiale da utilizzare in classe (nuove fonti, documenti, immagini). Tuttavia, trattandosi di linea gotica, la questione della ricerca di novità si fa più complessa: si tratta di un tema innestato in una certa tradizione, su cui è difficile raccontare cose nuove.
Le tematizzazioni più ricorrenti hanno spesso privilegiato la storia politica, amministrativa, sociale, culturale, militare svolta e gravitante nel solo ambito locale. Per meglio dire la storia locale ha assorbito, soprattutto negli ultimi vent’anni, lo spazio della riflessione sull’argomento, ciò che non è solo uno svantaggio. Gli studi di storia locale, infatti, hanno costituito una massa critica d’informazione di grande mole ed interesse, utilissima all’acquisizione ordinaria delle conoscenze, alla profondità analitica, all’identificazione di oggetti storiografici e studi di caso. E tuttavia il rischio di continuare a lavorare sul solo piano locale è quello di rendere più difficile l’identificazione di un quadro generale, come in una deriva amministrativa dell’analisi.
Nuove strade
Una possibilità di superamento dell’impasse è nell’innestare queste vicende entro un contesto territoriale/spaziale più ampio (in una scala regionale, nazionale, mediterranea, europea, globale, di sistema-mondo).
L’altra è quella di variare i temi e provare a studiare la Gotica per ciò che ha rappresentato nella storia d’Italia o in correlazione, ad esempio, con l’antifascismo, il collaborazionismo, la questione del Nuovo Ordine Europeo, la Resistenza. Se non, addirittura, provando a leggervi i prodromi dei Trenta Gloriosi (si pensi a come gli accordi di Bretton Woods del 1944 scompaginino le logiche di continuità e discontinuità nella fase di passaggio dalla guerra al dopoguerra).
Per Baldissara si tratterebbe di avviare un processo di riappropriazione storiografica dello spazio, mentre Labanca insiste sul valore euristico della comparazione fra linee di confine nel secondo conflitto mondiale (la Gotica è un fronte globale entro cui è impegnata una coalizione multinazionale eterogenea e in cui agiscono soldati tedeschi che sul fronte orientale avevano sperimentato una radicalità della guerra che si trasferisce, con loro, sul territorio italiano).
Una prima osservazione, di mero dato geografico, evidenzia come in questa fascia di latitudine da La Spezia a Rimini, linea del fronte e linea di confine naturale coincidano; dato che si arricchisce di significato quando, fra la fine del 1943 e la Liberazione, la zona montuosa a ridosso delle città della Pianura padana diventa, per la Resistenza, luogo ideale per nascondersi, organizzarsi, sferrare operazioni di guerriglia.
Anche nella percezione tedesca si tratta di una zona ad alto investimento, su cui è fissato il limite meridionale del Terzo Reich. Il presidio della Linea Gotica è militarmente e strategicamente rilevante nella logica complessiva della guerra offensiva tedesca: presidiato e difeso con una determinazione pari alla percezione della sua importanza. Rilievo evidente in ciò che Joseph Goebbels scrive il 10 agosto 1943 nelle pagine dei suoi diari: “Hitler vuole che le regioni più ricche della nazione debbano restare in mano nostra per riprendersi il Tirolo del Sud. Se dobbiamo rinunciare alla Sicilia si deve tenere l’Appennino. Gli Alleati erediteranno la parte d’Italia che non vale nulla, ma che costa molto conservare, noi la parte più ricca e soprattutto li terremo lontani dai nostri confini”.
Da questo sovrapporsi di significati, investimenti e valori si crea la specificità di uno spazio storicamente determinato: una linea di fronte sulla quale per otto mesi si scontrano le forze in campo. È un periodo sentito come uno stallo, un tempo di sospensione e d’incertezza durante il quale viene meno la percezione stessa dell’unità del territorio italiano in un’unica compagine statale, quasi come se la storia nazionale avesse subito un arretramento. Il ritorno di un’occupazione straniera nel Settentrione evoca vicende che si pensavano per sempre archiviate nel passato. Come in un interminabile proclama Alexander lo stallo finisce per rappresentare in qualche modo la storia della Gotica e dimostra il fallimento del governo della guerra. Una vicenda difficile da raccontare anche perché imbarazzante per tutti: per il Regno del Sud che aveva dovuto riconoscere la propria impotenza, per gli Alleati che avevano ragionato con una freddezza strategica incompatibile con il loro ruolo, per i tedeschi alle prese con un senso di colpa profondo e persino per la Resistenza che in quei mesi mostra una crisi di fiducia nei propri mezzi.
Né è solo questo; per le popolazioni che su questa linea vivevano si tratta di fare i conti con l’irrompere della guerra nella consuetudine quotidiana, di trovarsi al centro di una relazione forzata fra forze militari occupanti diverse, entrambe interessate a intessere reti di dominio e controllo sul territorio. E, non ultimo e non meno importante, di dover scegliere se proteggere o tenersi lontani dalla Resistenza e dai suoi uomini che in quelle zone si rifugiavano.
Il culmine della complessità e del dolore si tocca fra l’estate e l’autunno del 1944, quando il territorio è oggetto di una campagna di stragi, organizzate secondo una razionalità strategica culminante a Monte Sole.
Muoversi nell’orizzonte della scelta
Chi da oggi guarda a quelle vicende trova scontato valutarle per gli esiti di quanto è accaduto. E tuttavia in una storia di questo tipo, sarebbe utile ragionare anche sulla situazione dei molti attori che vivevano e combattevano in una lunga sosta forzata, nella quale ogni eventualità restava aperta e tutto sembrava ancora possibile. Nessuno sapeva che la guerra si sarebbe risolta per movimento ascensionale dell’esercito alleato e nessuno poteva essere sicuro del fatto che i tedeschi decidessero se tenere la posizione o provare a rompere il confine per scendere a sud. A nord della Gotica la situazione determinata dalla presenza dell’RSI resta in bilico fra sistema di occupazione e collaborazionismo, ciò che non contribuisce a nessuna chiarezza. E così il renitente che sfugge alla leva di Salò può essere un semplice opportunista, condividere appieno le ragioni della lotta oppure non conoscerle nemmeno. I destini individuali s’intrecciano fra loro per logiche molto sfumate che solo il realizzarsi definitivo degli eventi chiarirà per via di approssimazione.
Anche in questo caso si isola una rilevanza di grande utilità per fare ragionare gli studenti sul valore stesso del ragionamento storico, inteso come una riflessione in perenne divenire e capace di con-tenere in sé un alto grado di complessità.