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“Eccetto Topolino”. Il fumetto in Italia durante il regime fascista

Doc. 5C “Tuffolino” del 27 gennaio 1942

Doc. 5C “Tuffolino” del 27 gennaio 1942

 

Testo per i professori

“ECCETTO TOPOLINO”. IL FUMETTO IN ITALIA DURANTE IL REGIME FASCISTA.

Dall’America all’Italia. Nascita ed diffusione del fumetto

I fumetti rappresentano, nella storia dei media, l’ultima espressione che può coerentemente essere inscritta nell’universo iconografico delle stampe popolari (…). Il fumetto non nasce come prodotto rivolto ad un pubblico di bambini e ragazzi, anche se saranno loro a determinarne il successo e forse non a caso i suoi primi personaggi celebri sono dei veri e propri enfants terribles: caricature di bambini in eterna lotta con gli adulti. ” [Roberto Farnè, 2002, pp.224-225]

Il fumetto nasce in America alla fine dell’Ottocento, ovvero là dove, in anticipo rispetto all’Europa, inizia a prendere forma la società di massa. Nasce infatti come forma di giornalismo umoristico per aumentare la vendita di quotidiani che, in competizione fra loro, cercano di conquistare un pubblico sempre più vasto, tramite inserti di pagine illustrate, soprattutto nell’edizione domenicale. Fin dall’inizio il fumetto trova un pubblico più recettivo non fra i lettori abituali dei quotidiani (le classi medio-alte con un certo grado di alfabetizzazione), ma fra gli strati culturali più bassi della popolazione, fra cui gli immigrati con scarsa padronanza della lingua scritta, e i bambini. La celebre la frase di Hearst* rivolta agli autori di fumetti: “E’ il padre che compra il giornale. I bambini non vedranno mai i vostri disegni se i disegni non richiameranno prima la sua vista” [Farnè, 2005, p.225], evidenzia che all’inizio il fumetto viene percepito come un prodotto che deve conquistare sia adulti che bambini, con una mediazione dei primi rispetto ai secondi di cui l’autore deve tenere conto. La progressiva individuazione dei bambini e dei ragazzi come principale destinatario dei fumetti si ha solo alla fine degli anni ’20 con la pubblicazione dei Comic-books (Albi a fumetti). Novità assoluta del fumetto è che la narrazione non è legata alle regole standard e alle forme tipiche del racconto orale o della scrittura, ma procede in una nuova forma prioritariamente visiva, in cui la parola, non più essenziale alla comunicazione, si contrae e si trasforma, inserita come balloon (in italiano “nuvola” o appunto “fumetto”, termine che in origine designava solo la parte scritta) all’interno delle immagini. Sono queste ultime il cuore della narrazione, che scorre sulle vignette.

*William Hearts, giornalista, editorialista e politico statunitense. Imprenditore brillante e innovativo, costruì un impero mediatico dal 1880, a partire dal primo giornale di San Francisco, “Examiner”, e poi con il “New York Journal”, acquistato nel 1890. Introdusse sui giornali americani le strisce scandalistiche (Yellow) con foto e vignette satiriche, una strategia che aumentarono di molto le vendite. Famoso per le sue battute fulminanti, pubblicò il primo fumetto a colori, “The Yellow Kid”. Sostenitore del Partito democratico e di Roosevelt, intervistò Hitler, nel 1934 a Berlino.

Il fumetto nell’ Italia del primo Novecento

Il “Corriere dei Piccoli” applica con rigore e metodo la sopra citata raccomandazione di Hearst. Compare dal 1908 come supplemento per i bambini abbinato alla “Domenica del Corriere”, l’edizione domenicale del “Corriere della Sera”. Conosciuto come il “Corrierino”, contribuisce a diffondere fra i ragazzi personaggi come il Signor Bonaventura, il Sor Pampurio, Bibì e Bibò, e introduce i fumetti americani, ma con una serie di adattamenti per ridurne l’impatto innovativo. I personaggi vengono ribattezzati con nomi più accessibili per i bambini italiani: Mimmo Mammolo (Buster Brown), Fortunello (Happy Hooligan), Mio Mao ( Felix The Cat), Arcibaldo e Petronilla (Jiggs and Maggie). Soprattutto, vengono eliminati dai fumetti proprio… i “fumetti” cioè il tratto grafico più originale e innovativo di questa espressione letteraria: le nuvolette (balloons) con le parole che i personaggi dicono o pensano, che vengono sostituite da versi, con rima baciata da filastrocca, collocati ai piedi di ogni immagine. Sia pure in questa veste più tradizionalista e anche formalmente più rassicurante, quei personaggi entrano potentemente nell’immaginazione infantile, svolgendo la funzione di “modelli identificatori”, come testimonia il grande successo di pubblico del “Corrierino”, con le sue 800.000 mila copie vendute.

Negli stessi anni in cui alcuni editori, come Vallardi, cominciano a produrre una letteratura a prezzi contenuti per l’infanzia (vista come un bacino interessante per il mercato editoriale), con temi ispirati a esplorazione, avventura, africanismo, primitivismo, colonialismo, patriottismo, il “Corriere dei Piccoli” diventa il canale di una prima mobilitazione dell’infanzia in chiave nazional-patriottica, durante la guerra di Libia, quando sulle sue pagine compaiono la guerra a fumetti di un gagliardo bersagliere, Gian Saetta, nel deserto libico alle prese con goffi nemici, e un piccolo marinaio impaziente di imbarcarsi per fare la guerra, ma rispedito a casa perché troppo piccolo. Questa prima forma di “nazionalizzazione delle masse infantili” si inscrive in una fase storica, a cavallo tra Otto e primo Novecento, nella quale in Occidente emerge una nuova attenzione prima all’infanzia poi all’adolescenza, nel contesto dell’inclusione delle masse – anche quelle infantili e giovanili – nella società e nello stato. Ciò avviene attraverso una pluralità di canali: la scuola, l’associazionismo giovanile (come lo scoutismo), le pratiche sportive e i diversi filoni della letteratura per l’infanzia. E’ appena il caso di richiamare il particolare significato che, in uno stato “giovane” (cioè di recente formazione) e in una società “tutta da fare” come quella italiana, avevano avuto, già negli anni ’80 dell’Ottocento, due romanzi di formazione (solo in parte) destinati all’infanzia come Pinocchio e Cuore.

Il fumetto durante il fascismo, regime della modernità e della comunicazione di massa

Quelle prime forma di “nazionalizzazione delle masse infantili” emerse all’inizio del secolo, si sviluppano su ben più vasta scala, come noto, sotto il regime fascista, con tutte le sue strutture sia di controllo dei mezzi di comunicazione vecchi e nuovi, sia di inquadramento e di irreggimentazione dei vari segmenti della società, in particolare dei giovani di ogni fascia di età (5,5 milioni nel 1936 i bambini organizzati nell’ONB, e quasi 9 milioni nel 1942 gli iscritti alla GIL). Come da più parti osservato, la nazionalizzazione dei giovani diventa fattore decisivo per la nazionalizzazione delle masse, in quanto il bambino non è solo la parte di un tutto, il popolo, ma ne è il prototipo, nel senso che la politica, nei regimi totalitari e in particolare nel fascismo, tratta questo popolo come un “bambino” da educare, conquistare, sedurre, per trasformarlo in un punto di forza, un’arma inesauribile nella competizione fra le nazioni. Nel contesto del balillismo fascista, il mondo dell’infanzia come certezza del presente e promessa del futuro, garanzia di grandezza e di resurrezione, si insedia definitivamente al centro del simbolismo politico e della ritualità pubblica” [Gibelli, 2005, p. 19].

Nell’opera di mobilitazione delle masse e di persuasione del popolo-bambino, le immagini giocano un ruolo essenziale. Pur essendo stato definito un “regime di parole” per l’uso sistematico della propaganda verbale infarcita di retorica roboante e di slogan a effetto, il fascismo mostra anche una spiccata predilezione per il linguaggio delle immagini. In modo diverso, però dal culto delle grandi coreografie del nazismo, per le differenze tra i due leaders, i due regimi e soprattutto le due culture. In Italia ” è probabilmente la ricchezza estrema della cultura figurativa cui fece appello il regime che dà alla politica dell’immagine del fascismo uno spessore ed un significato del tutto peculiari: un tipo di cultura strettamente legata alla storia di un paese cattolico e largamente illetterato quale l’Italia. Il messaggio trasmesso non passa attraverso il fascino esoterico del cerimoniale liturgico privilegiato dal nazismo. Esso ricerca piuttosto la propria efficacia nel linguaggio iconico, chiaro e facilmente decodificabile” [Malvano, 1988, p. 18]. A ciò si aggiunge la caratteristica accentuatamente pedagogica, didascalica e affabulatoria dello stile comunicativo del Duce: “Uno che credeva di offenderci – si lamenta il maestro Mazza nel 1941 – scriveva in Francia: Mussolini è soprattutto un maestro di scuola e tratta gli italiani come un popolo di scolaretti da educare….” [Gibelli, 2005, p. 231].

Non può dunque sorprendere che un regime guidato da un maestro di scuola elementare e poi giornalista, dedichi attenzione a questo genere di giornalismo illustrato per l’infanzia che è il fumetto. Già nel febbraio del 1923 esce in edicola “Il Balilla”, giornalino a fumetti che trasfigura in eroi i protagonisti della Marcia su Roma di pochi mesi prima, e che si pone in concorrenza con “Il Corriere dei Piccoli” al quale si ispira nella grafica. L’editoriale firmato da Dino Grandi recita: ” Saluto! Il nostro giornale è dedicato ai fanciulli italiani. Questi viventi fiori della nostra razza, educati al ricordo degli eroismi compiuti da quegli altri fanciulli che andarono alla guerra cantando e fermarono l’invasore sul Piave, e all’esempio di quelli che per la seconda volta salvarono l’Italia nelle vie, nelle chiese, nelle piazze, nelle campagne, riconquistando alla Madre tutti i suoi figli. I nostri Balilla, raccolti in schiere ordinate, che saranno domani falangi animose, troveranno in queste pagine l’alimento della loro intelligenza e del loro cuore”.

Subito dopo “Il Balilla” esce un terzo concorrente al “Corrierino”, “Il Giornalino” di ispirazione cattolica.

L’editoria per ragazzi prolifera negli anni Trenta, soprattutto per impulso di editori come Nerbini e Mondadori, promotori di pubblicazioni di vario genere, omologate ai contenuti indicati dal regime.

Il primo settimanale italiano a fumetti è “Jumbo, che dal dicembre 1932 pubblica storie a puntate sulla falsariga dell’Inglese “Rainbow” e dà vita al primo eroe di fumetti fascista, attuando un compromesso tra la vecchia didascalia e il balloon. Il 31 dicembre dello stesso anno, di fronte alla crescente notorietà dei personaggi disneyani, Nerbini importa Michy Mouse pubblicando il primo numero di “Topolino. Lo stesso Nerbini lancia nel 1934 il settimanale di grande successo “L’Avventuroso, che per primo elimina le didascalie a favore delle nuvolette (balloons), e ospita nei suoi fumetti quasi esclusivamente eroi americani subito popolarissimi: Flash Gordon, Mandrake, l’Uomo mascherato (il primo “super-eroe in calzamaglia”). Un mese dopo esce “L’Audace, anch’esso con eroi di provenienza americana, in particolare Tarzan. C’è poi “Lucio l’Avanguardista” (versione italiana di “Rob The Rover”), che propone le avventure di un aviere bello e biondo, intrepido difensore della giustizia, col suo biplano di nome DUX una fidanzata di nome Romana. Tanto quest’ultimo quanto i tre precedenti fumetti non sopravvivono al regime, e cessano le pubblicazioni nei primi anni ’40. Sopravvivono invece a lungo dopo il ventennio “Il Monello” (dal 1933), “L’Intrepido (dal 1935), editi entrambi dai fratelli Del Luca, che pubblicano solo materiale italiano; e “Il Vittorioso”, settimanale di orientamento cattolico pubblicato ininterrottamente dal 1937 al 1966, anch’esso con fumetti rigorosamente nazionali. Venduto nelle parrocchie, non nelle edicole, viene promosso dall’Azione Cattolica con l’intenzione di contrastare i fumetti di più largo consumo, soprattutto “L’Avventuroso”, che con i suoi eroi americani vende settimanalmente 300.000 copie.

Gli anni ’30, decennio dei nuovi mezzi di comunicazione multimediale – dopo la radio, il cinema sonoro e i cinegiornali – e del loro uso anche a fini propagandistici da parte del regime, sono dunque anche il decennio di ampia diffusione dei settimanali a fumetti, che nel 1939 arrivano a vendere 1.900.000 copie (molti di più sono ovviamente i lettori, dato che i giornalini a fumetti vengono passato di mano in mano tra i coetanei). Testimonianza preziosa del loro ruolo educativo, per i giovanissimi nati in camicia nera, rimane la rievocazione del “Corriere dei Piccoli” da parte di Italo Calvino in una delle sue Lezioni americane:

Vivevo con questo giornalino che mia madre aveva cominciato a comprare e a collezionare già prima della mia nascita e di cui faceva rilegare le annate. Passavo le ore percorrendo i cartoons d’ogni serie da un numero all’altro, mi raccontavo mentalmente le storie interpretando le scene in diversi modi, producevo delle varianti, fondevo i singoli episodi in una storia più ampia, scoprivo e isolavo e collegavo delle varianti in ogni serie… Quando imparai a leggere, il vantaggio che ricavai fu minimo: quei versi sempliciotti a rime baciate non fornivano informazioni illuminanti; spesso erano interpretazioni della storia fatte a lume di naso, tali e quali come le mie; era chiaro che il versificatore non aveva la minima idea di quel che poteva essere scritto nei balloons dell’originale, perché non capiva l’inglese o perché lavorava su cartoons già ridisegnati e resi muti: comunque io preferivo ignorare le righe scritte e continuare nella mia occupazione favorita di fantasticare dentro le figure e nella loro successione” [Calvino, 1993, pp.104-105].

Estraneo al mondo della scuola e al suo “dovere della lettura”, il fumetto rappresenta per bambini e adolescenti il “piacere della lettura” associata alla fruizione dell’immagine.

Un grande esperto di letteratura per l’infanzia come Gianni Rodari ha scritto a questo proposito che “il fumetto è la prima lettura veramente spontanea e naturale del bambino (…) Direi che fino ad un certo punto, l’interesse principale del bambino al fumetto non è condizionato dai suoi contenuti, ma è in presa diretta con la forma e la sostanza dell’espressione del fumetto stesso. Il bambino vuole impadronirsi del mezzo, ecco. Legge il fumetto per imparare a leggere il fumetto, per capirne le regole e le convenzioni. Gode del lavoro della propria immaginazione, più che delle avventure del personaggio. Gioca con la propria mente, non con la storia ” [Rodari, 1973, p.147, in R. Farnè, 2005, p.233].

La storiografia ha ampiamente sottolineato le molte ambivalenze del fascismo – “rivoluzionario” ma antibolscevico, modernizzatore (soprattutto nelle forme di organizzazione del consenso e nell’uso dei linguaggi) ma tradizionalista nei valori, ecc. – e di questo troviamo ampia conferma a proposito dei fumetti. Va detto in primo luogo che, sul piano dell’uso propagandistico, non si deve pensare a una netta distinzione tra i fumetti più dichiaratamente “militanti” (come “Il Balilla” o “Lucio l’Avanguardista”) e quelli prodotti da editori formalmente “indipendenti”: basti notare come il “Corriere dei Piccoli” si presta a propagandare la guerra d’Etiopia (vedi doc….). Ma è soprattutto sul piano stilistico-formale e nella scelta dei personaggi che emergono scelte in apparenza sorprendenti: proprio “L’Avventuroso”, edito da un “fedelissimo” del regime, Mario Nerbini (“camerata della prima ora”, come fu definito da un gerarca, e in stretti rapporti con lo stesso Mussolini) diffonde in Italia tutti gli eroi dei fumetti americani, sia pur con qualche prudenza autocensoria, ad esempio nel “vestire” l’eroina di Flash Gordon, molto più discinta nell’originale americano (vedi doc. …); e, soprattutto, apre graficamente ai balloons, lasciandosi alle spalle le antiquate didascalie a filastrocche fino ad allora imperanti. Al contrario, i meno allineati “Il Monello”, “L’Intrepido” e soprattutto il cattolico “L’Avventuroso”, come già detto si attengono sempre alla “italianità” dei personaggi dei fumetti.

1936-38. La svolta autarchica e razziale del regime, anche nei fumetti

Tutto cambia dopo l’aggressione all’Etiopia, le sanzioni della SdN, la proclamazione dell’impero, l’alleanza sempre più stretta con la Germania nazista e l’aperta ostilità verso le “plutocrazie occidentali” (tra le quali gli Stati Uniti, ovviamente), fino alla proclamazione delle leggi razziali antisemite del 1938. Per la verità, la polemica contro lo stile di vita e le diverse espressioni della cultura americana (dai balli, all’abbigliamento soprattutto femminile d’oltreoceano) era iniziata già prima, e apparteneva al volto tradizionalista del regime, opposto a quello modernizzatore (si pensi che Louis Amstrong, nella sua unica tournée in Italia prima della guerra, nel 1935, era stato presentato col nome italianizzato “Luigi Braccioforte”!). Nella seconda metà degli anni ’30, però, l’escalation totalitaria, autarchica, imperialista e razzista del regime compie un’accelerazione (o una svolta, secondo altre interpretazioni), con ripercussioni anche nella censura e nel controllo preventivo delle forme di cultura, che non risparmiano il fumetto. Infatti, pochi giorni dopo avere emanato le leggi razziali antisemite (i “Provvedimenti a difesa della razza italiana” del 17.11.1938), il 26.11.1938 il regime fascista, con una Ordinanza del MinCulPop, proibisce la pubblicazione dei fumetti comics americani, “eccetto Topolino”: eccezione, sembra, dettata personalmente da Mussolini.

Il provvedimento ha ovviamente effetti molto diversi, secondo le differenti scelte editoriali sopra indicate.

Il cattolico “Il Vittorioso”, che già ospita solo personaggi italiani, prosegue nella sua linea, ma – a dimostrazione di quanto pervasiva sia l’ideologia dominante, in larga misura condivisa anche nel mondo cattolico – lancia la nuova serie dell’aviatore “Romano il Legionario”, che dura fino al 1940.

A cambiamenti radicali è costretto invece “L’Avventuroso”: il popolarissimo Flash Gordon è sostituito da “I Tre di Macallè”, e Dick Fulmine assume i tratti del pugile Primo Carnera, emblema di forza e di italianità.

Questa fascistizzazione dei fumetti, con l’eliminazione sistematica dei prodotti americani e la loro sostituzione con eroi e storie il più possibile conformi all’ideologia del regime, produce peraltro una disaffezione molto diffusa verso il fumetto.

l fumetti fascisti soffrivano di allusioni fin troppo esplicite, di richiami e riferimenti a una realtà di regime, le cui “avventure” si dimostravano, ogni giorno di più, tragicamente reali, e per questo non potevano occupare lo spazio della fantasia libera in cui si muovevano Flash Gordon e Mandrake. I tanti fumetti di regime, che sostituivano eroi avventurosi con avventurieri in camicia nera nei teatri di guerra in cui il fascismo vantava tutto il suo protagonismo bellico, potevano funzionare (in parte) solo come strumenti di propaganda ideologica, piegando il medium a una intenzionalità che, inesorabilmente, finiva per impoverirlo. L’aberrante equazione pedagogica che induce i regimi totalitari a sovrapporre e a confondere l’addestramento con il gioco, l’ideologia con la fantasia, ha portato a sostituire Flash Gordon con I tre di Macallè, sulle pagine dell’Avventuroso, così come aveva vietato ai bambini di giocare ai Boy Scouts per farli giocare con la divisa e le armi da Balilla. L’ordinanza del MinCulPop è un documento esemplare in questo senso perché, al di là della censura, vi sono due aspetti importanti da sottolineare: il primo riguarda la riduzione a metà delle pagine dedicate alla pura illustrazione, che affermano così la supremazia del testo scritto.

Qui non c’è solo la declinazione in senso fascista di uno dei criteri culturali e pedagogici dell’idealismo, ma anche l’implicita concezione della pericolosità delle immagini, considerate come veicoli di quella immaginazione di cui il regime intendeva avere il monopolio educativo. Il secondo aspetto pone un problema assai più preoccupante dopo aver affermato la necessità che nelle avventure illustrate i caratteri somatici dei personaggi “siano spiccatamente italiani”, la direttiva conclude richiamandosi a “una ispirazione razziale e autarchica””. ([Farnè, 2005, pp. 237-238].

Il clima degli anni di guerra condiziona anche i fumetti: a fianco di giovani Balilla e di eroi della guerra abissina, nascono strisce che ritraggono grottesche controfigure a fumetti dei leaders nemici: Trottapiano Rusveltaccio, presidente americano, e Stalino, sanguinario capo sovietico. Su “l’Avventuroso” compaiono le “Storie di Jitso” che esaltano l’invasione giapponese della Cina. Anche Topolino, l’unico personaggio americano risparmiato dalla censura del 1938, deve soggiacere a un ulteriore giro di vite dal gennaio 1942, quando viene “sostituito in corsa” (da una settimana all’altra) da Tuffolino, un ragazzetto simile per caratteristiche fisiche, affiancato da comprimari facilmente identificabili in Pippo, Minni, Clarabella e Gambadilegno (vedi doc…), coi disegni di Pier Lorenzo De Vita che diventerà uno dei più importanti autori Disney del dopoguerra. Nel dicembre 1943 la mancanza del materiale proveniente dall’estero e, ormai, anche di quello di produzione italiana, porta la Mondadori prima ad accorpare le proprie testate (“Topolino”/ “Tuffolino”, “L’Avventuroso” e “Giungla” escono in veste unica), poi l’anno dopo a interrompere le pubblicazioni.

Va infine osservato che, per tutto il periodo esaminato, i fumetti vengono sempre designati con altri nomi: “cine-racconti”, “cine-romanzi per ragazzi”, “avventure illustrate”. La parola “fumetto” sarà un neologismo successivo, degli anni ’50, costruito attraverso una metonimia (la parte, scritta nella nuvoletta, per il tutto), originariamente con una connotazione fortemente dispregiativa. Basti pensare che “nel suo trattato di letteratura infantile del 1958, quando la parola fumetto era già entrata nel linguaggio comune, Luigi Santucci lo definisce come: “formula spuria, orrendamente antiestetica, che impasta parola e immagine in modo tale che l’una e l’altra nonché integrarsi, si uccidono vicendevolmente. Anche da un punto di vista squisitamente fisico e sensoriale, l’occhio è reso strabico per seguire contemporaneamente il palloncino scritto e la figura che lo illustra. Nelle vesciche bianche a forma di per o di prosciutto che solcano le vignette dei nostri piccoli lettori, la parola ha trovato la sua più squallida tomba.“”[Farnè, 2005, p.240].

Nella nostra cultura e nella critica letteraria, resisterà a lungo ben radicato il pregiudizio verso il fumetto, considerato un genere letterario decisamente inferiore, e guardato con sospetto e diffidenza perché imputato di indurre i ragazzi all’abbandono della lettura e del libro. (Ben diversa, come abbiamo visto, era l’opinione di Italo Calvino, che pure… di lettura e di libri se ne intendeva).

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

L. Bresil, A. Brusa, LABORATORIO, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1994

C. Carabba, Il fascismo a fumetti, Guaraldi, Rimini, 1973

Catalogo della Mostra ” Il Fumetto di Propaganda in Italia. Dalle origini al 1945″-Casa Natale di Mussolini- Fondazione Franco Fossati e Comune di Predappio, Predappio, 2008

R. Farnè, Iconologia didattica, Zanichelli, Bologna 2002

F. Gadducci, L.Mori, S.Lama, Eccetto Topolino. Lo scontro culturale fra fascismo e fumetti, Salerno, 2011

A. Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò, Einaudi, Torino, 2005

M. Isnenghi, L’immagine della Repubblica Sociale Italiana nella propaganda, Brescia, 1985

L. Malvano, Fascismo e politica dell’immagine, Bollati-Boringhieri, Torino, 1988

G.L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bologna, 1984, orig. New York, 1975

E. Musci, “Il laboratorio con Le fonti e le narrazioni Iconografiche”, in Insegnare storia. Guida alla didattica del laboratorio storico, a cura di P. Bernardi, F. Monducci, 2^edizione,UTET, Torino, 2012

http://www.fumetto100.it/ita/cronologia_1929-1938.asp

http://eccettotopolino.blogspot.it/

Testo per gli alunni

“ECCETTO TOPOLINO”. IL FUMETTO IN ITALIA DURANTE IL REGIME FASCISTA

Il fumetto, una delle novità della nascente società di massa, era nato – non a caso – negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, come forma di giornalismo umoristico per aumentare la vendita di quotidiani che, in gara fra loro, cercavano di conquistare un pubblico sempre più vasto grazie ad inserti di pagine illustrate, specie nell’edizione domenicale. Un pubblico costituito, più che dai lettori abituali dei quotidiani, dagli strati culturalmente più bassi della popolazione e dai ragazzi. Nel fumetto, infatti, la narrazione non è legata alle regole del racconto orale o della scrittura, ma procede in una forma del tutto nuova: prioritariamente visiva, incentrata sulle immagini che scorrono come vignette, mentre le parti scritte, non più essenziali alla comunicazione, vengono contratte e poste all’interno delle immagini in forma di balloons (le “nuvolette”, o “fumetti”, parola che in origine indicava solo le parti scritte).

Il primo giornale di fumetti in Italia fu il “Corriere dei Piccoli”, chiamato anche “Corrierino”, nato nel 1908 come supplemento per i bambini della “Domenica del Corriere”, l’edizione domenicale del quotidiano il Corriere della Sera. Il “Corrierino” diede popolarità a personaggi come il Signor Bonaventura, il Sor Pampurio, Bibì e Bibò, e introdusse in Italia i fumetti americani, adattandoli al livello di alfabetizzazione – molto basso – del pubblico italiano. I più noti personaggi americani vennero italianizzati (Felix the Cat diventò Mio Mao, Happy Holligan Fortunello, e così via), ma soprattutto venne eliminato proprio il tratto grafico più originale e innovativo, i balloons, sostituiti da versi in rima baciata col ritmo della filastrocca, collocati ai piedi di ogni immagine. Anche in questa veste più tradizionale rispetto ai modelli d’oltreoceano, le 800.000 copie del “Corriere dei Piccoli” testimoniano il successo presso i giovani del fumetto.

Il fascismo al potere attribuì grande importanza all’uso propagandistico dei mezzi di comunicazione per irreggimentare e fascistizzare le masse, soprattutto quelle giovanili. Nel fare questo, riservò particolare attenzione alla comunicazione visiva, per immagini, particolarmente adatta ai giovani, ma anche alle grandi masse poco o per nulla abituate alla cultura scritta. E’ significativo che già nel 1923 (pochi mesi dopo la Marcia su Roma e ben prima che nascessero sia i vari istituti per il controllo della cultura, sia le organizzazioni di massa controllate dal partito), uscì “Il Balilla”, un nuovo fumetto per ragazzi, chiaramente ideologizzato e in concorrenza con “Il Corriere dei Piccoli” (al quale si ispirava nella grafica).

E’ però negli anni ’30 che si moltiplicarono i settimanali italiani a fumetti. Alla fine del 1932 nacquero “Jumbo” e, di fronte all’enorme popolarità dei personaggi di Walt Disney, “Topolino”, la versione italiana di Micky Mouse, ad opera dell’editore Nerbini. Nel 1934 questo stesso editore, un “fedelissimo” del regime fascista, lanciò “L’Avventuroso”, che fino alla sua chiusura, nel 1943, diede enorme popolarità anche in Italia a personaggi come Flash Gordon, Mandrake, l’Uomo mascherato (il primo “super-eroe in calzamaglia”). Negli stessi anni vennero pubblicato “L’Audace”, con le imprese di Tarzan, e altri tre popolarissimi settimanali che proseguirono invece le pubblicazioni per molti decenni anche nel dopoguerra, con personaggi italiani, non americani: “Il Monello”, “L’Intrepido”, e il cattolico “Il Vittorioso”, distribuito nelle parrocchie e in esplicita concorrenza con “L’Avventuroso”.

L’ambivalenza del regime fascista, modernizzatore nelle forme di comunicazione ma tradizionalista nei valori, si espresse anche nella sua politica culturale verso il fumetto. Questo infatti, da una parte, si prestava a diffondere nel linguaggio delle immagini messaggi e valori dell’ideologia fascista, anche su periodici formalmente indipendenti come il “Corrierino”; dall’altra era un veicolo della cultura americana, via via sempre più osteggiata dal regime. Nella seconda metà degli anni ’30, dopo l’aggressione all’Etiopia, le sanzioni e la proclamazione dell’autarchia, l’alleanza con la Germania nazista, il bisogno di “italianizzare”, e di controllare più strettamente ogni espressione culturale, si espresse anche nei confronti del fumetto.

Pochi giorni dopo avere emanato le leggi razziali antisemite (i “Provvedimenti a difesa della razza italiana” del 17.11.1938), il 26.11.1938 il regime fascista, con una Ordinanza del MinCulPop proibì la pubblicazione dei fumetti comics americani, ad eccezione di Topolino, costretto però, di lì a poco, a chiamarsi Tuffolino. Sembra che sul provvedimento sia stata apposta direttamente dal Duce la frase “eccetto Topolino”. L’eliminazione dei prodotti americani, sostituiti tutti da storie ed eroi conformi all’ideologia del regime, ebbe tuttavia come effetto una diffusa disaffezione dei giovani verso i fumetti; lo testimonia il calo di vendite, che fino ad allora superavano il milione e mezzo di copie alla settimana.

I Documenti

Doc. 1 “Il Balilla”, 23 maggio 1935, prima pagina

Doc. 2 “Il Corriere dei Piccoli”, 24 maggio 1936

Entrambi celebrano la conquista dell’Etiopia e la proclamazione dell’Impero Italiano Africa Orientale

Doc. 3 “L’Avventuroso”, 1938: il racconto a fumetti, a puntate, dell’Italia prima e dopo la Marcia su Roma

Doc. 4A la versione originale, americana, di Flash Gordon

Doc. 4B lo stesso fumetto nella versione italiana, edita da “L’Avventuroso”, 17 marzo 1935

Doc.5 Topolino / Tuffolino: la duplice trasformazione del fumetto l’Ordinanza del 1938:

Doc.5A il n.472 del 30 dicembre 1941 (coi balloons)

Doc.5B il n.473 del 6 gennaio 1942 (con le didascalie in basso)

Doc.5C il fumetto del 27 gennaio 1942, dove Topolino è diventato Tuffolino

Tutti i fumetti sono tratti dal Catalogo della mostra: “Il Fumetto di Propaganda in Italia” (v. bibliografia)

Doc.6 L’Ordinanza del Ministero Cultura Popolare (MinCulPop) sulla stampa periodica per ragazzi del 26 novembre 1938

NB: Per un percorso più breve, limitato alla censura sui fumetti, si possono utilizzare solo i docc.5 (A,B,C) e 6

Doc. 1 “Il Balilla”, 1935, 23 maggio, prima pagina. Nel giornale anche figure di cartone da ritagliarsi come soldatini-giocattolo per i bambini.
01

Doc.2 “Il Corriere dei Piccoli” 24 maggio 1936
02

Doc.3 “L’Avventuroso”, 1938
03

Doc. 4 il fumetto “Flash Gordon”: 4A l’originale americano; 4B su “L’Avventuroso” del 17.3.1935
04

Doc. 5 Topolino / Tuffolino:

Doc. 5A “Topolino” del 30 dicembre 1941
05a

Doc. 5B “Topolino” del 6 gennaio 1941
05b

Doc. 5C “Tuffolino” del 27 gennaio 1942
05c

Doc. 6 L’Ordinanza del Ministero Cultura Popolare (MinCulPop) sulla stampa periodica per ragazzi, 26 novembre 1938 (da “Scuola italiana moderna”, Editrice La Scuola, Brescia)

Abolizione completa di tutto il materiale di importazione straniera, facendo eccezione per le creazioni di Walt Disney, che si distaccano dalle altre per il loro valore artistico e per sostanziale moralità, e soppressione di quelle storie e illustrazioni che si ispirano alla produzione straniera. Riduzione alla metà delle pagine della parte dedicata alla pura illustrazione con conseguente aumento del testo finora quasi totalmente sacrificato. La stampa per ragazzi dovrà essenzialmente assolvere una funzione educativa, esaltando l’eroismo italiano soprattutto militare, la razza italiana, la storia passata e presente dell’Italia. L’avventura avrà la sua parte purché sia audace e sana, ripudiando tutto ciò che vi è nelle storie criminali paradossali tenebrose e moralmente equivoche che inquinavano tanta parte della stampa per ragazzi. I caratteri somatici dei personaggi dovranno essere spiccatamente italiani. Il testo e le illustrazioni dovranno essere opera di scrittorie artisti, e non di dilettanti senza preparazione. Tali direttive che hanno oltreché un valore spiccatamente politico, un’ispirazione razziale e autarchica, dovranno essere attuate completamente entro il mese di dicembre. “

Attività didattiche (in collaborazione con Cesare Grazioli)

Attività didattica (primo percorso)

  1. Contestualizzazione
    • Servendoti del manuale, individua le istituzioni e gli enti che controllano la cultura e l’editoria durante il regime fascista
    • Sempre sulla base del manuale, definisci i seguenti termini: imperialismo, colonialismo, Società delle Nazioni, sanzioni economiche, autarchia, legislazione razziale.
  2. Rapporto fra testo e documenti

    Nel testo si affrontano, fra gli altri, questi temi:

    1. italianizzazione dei personaggi americani
    2. sostituzione dei balloons
    3. preferenza del fascismo per il fumetti di Walt Disney.

    Cerca nel testo le parti che si riferiscono a questi temi e segnale con la lettera corrispondente.

    Poi analizza il dossier dei documenti e, tutte le volte che trovi un riferimento, segnalo con la stessa lettera.

  3. Lavoro sui documenti
    • Nelle pagine tratte dai due fumetti “Il Balilla” e “Il Corriere dei Piccoli” (docc. 1 e 2), che esaltano la conquista dell’Etiopia, noti differenze nel disegno e nella veste iconografica? E nel testo scritto? Come si spiegano?

    • Nel doc.6 (l’ordinanza del MinCulPop), individua i temi (moralità, scrittura, educazione dei giovani ecc), poi cerca negli altri documenti i riferimenti che ti lasciano intuire se questa ordinanza fu rispettata o no.

  4. Integrazione del testo
      1. Dall’analisi dei documenti ricavi delle informazioni che non sono presenti nel testo o che vi sono solo accennate. In particolare, dai seguenti documenti puoi ricavare informazioni sui temi a fianco indicati:

        docc. 1, 2, 3: uso/ abuso del fumetto come strumento di propaganda del regime.

        doc. 4: italianizzazione dei personaggi e delle storie americane.

        doc. 5 (A, B, C): irreggimentazione dell’unico fumetto straniero risparmiato dalla censura.

        doc. 6: censura del regime verso i fumetti stranieri; fascistizzazione della letteratura per ragazzi.

    Prova ora a riscrivere il testo (o a corredarlo di note), sulla base di queste nuove notizie.

  5. Elabora, servendoti anche delle notizie del manuale, un testo che spieghi perché il 1938 rappresenta un anno di svolta per il regime fascista.

Attività didattica (secondo percorso)

  1. Contestualizzazione
    • Nel testo si dice che il regime fascista “attribuì grande importanza all’uso propagandistico dei mezzi di comunicazione per irreggimentare e fascistizzare le masse, soprattutto quelle giovanili :

    individua sul manuale e riassumi in quali modi e forme ciò avvenne;

    • Nel testo si citano in rapida successione “l’aggressione all’Etiopia, le sanzioni e la proclamazione dell’autarchia, l’alleanza con la Germania nazista, il bisogno di “italianizzare”, …. le leggi razziali antisemite”. Anche in questo caso, ricorrendo al manuale, spiega brevemente questi fatti e le relazioni tra di essi

  1. Il rapporto tra il testo e i documenti:
    • Nel testo si dice che “L’ambivalenza del regime fascista, modernizzatore nelle forme di comunicazione ma tradizionalista nei valori, si espresse anche nella sua politica culturale verso il fumetto”. Individua nei documenti 1, 2, 3, 4 in quali forme si attuò questa ambivalenza tra “modernizzazione” e “tradizionalismo” (nel fare questo, tieni conto anche delle caratteristiche del fumetto in Italia a inizio secolo, prima del fascismo, secondo quanto viene detto nel testo)

  1. Il lavoro sui documenti

    Due proposte di lavoro:

    • (percorso semplice)

      concentratevi sul doc.3, tratto da “L’Avventuroso”:

      Come viene presentata la storia italiana prima e dopo la Marcia su Roma? Quali aspetti emergono dell’ideologia fascista? Con quali mezzi si cerca di rendere efficaci i messaggi proposti, facendo leva su sentimenti ed emozioni?

      Usate queste domande come elementi di una traccia per costruire un breve testo

    • (percorso più complesso)

      Concentratevi sul doc.6, l’Ordinanza del 26.11.1938:

      – tenendo conto del fatto che viene emessa pochi giorno le leggi “Per la difesa della razza” (vedi

      contestualizzazione, es. 1), che cosa elimina dai fumetti, e che cosa introduce? (rispondete in

      una tabella a due colonne, con le due voci indicate);

      – mettetevi nei panni dei censori (o degli editori di fumetti che vogliono evitare la censura), e

      riconsiderate i docc. 1, 2, 3, 4B: quali passerebbero “indenni” e quali dovrebbero essere

      modificati, e come?

      – spiegate i motivi per cui, inizialmente, “Topolino” viene risparmiato dall’ordinanza, e come, in

      seguito, deve anch’esso adeguarsi (docc.5A, 5B, 5C)

      – sulla base di quanto imposto dall’Ordinanza, perché, secondo voi, essa produsse tra i giovani

      una “diffusa disaffezione dei giovani per i fumetti”, che si tradusse in un forte “calo di vendite”,

      come dice alle fine il testo?

  1. Integrazione del testo:

    Sulla base del lavoro svolto sui documenti, integrate ora il testo (dal 3^capoverso, che inizia con: “Il fascismo al potere…”) con “l’apparato critico”, cioè le note: ciascuna nota dovrà avere, a piè di pagina, il riferimento al documento pertinente (uno o più di uno) e un testo esplicativo di 2-4 righe.

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Dati articolo

Autore:
Titolo: “Eccetto Topolino”. Il fumetto in Italia durante il regime fascista
DOI: 10.12977/nov77
Parole chiave: , , , , , ,
Numero della rivista: n. 4, giugno 2015
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, “Eccetto Topolino”. Il fumetto in Italia durante il regime fascista, Novecento.org, n. 4, giugno 2015. DOI: 10.12977/nov77

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