Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet
Dossier @storia: la storia nell’era digitale, pubblicato sul numero 1, dicembre 2013.
Relazione sull’intervento di Carlo formenti “Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet”.
Incantati dal tecnoentusiasmo?
La relazione di Carlo Formenti Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet tenutasi il 9 marzo 2013 all’interno del convegno stori@. La storia nell’era digitale ha costituito una sorta di controcanto rispetto agli interventi degli altri relatori che avevano analizzato i nuovi media come strumenti didattici neutri. Formenti è partito dalla seguente questione: i nuovi media sono effettivamente strumenti didattici privi di una qualsiasi connotazione intrinseca?
La risposta è implicitamente racchiusa nel titolo della sua relazione (che è anche il titolo di un suo importante volume pubblicato dall’editore Raffaello Cortina nel 2000) ed è evidentemente negativa. Per mettere a fuoco il problema, Formenti ha proposto un’analisi critica del nostro rapporto con le nuove tecnologie, condotta ricostruendo le tappe genealogiche fondamentali dell’affermazione del Web. Tre grandi miti fondativi hanno incantato il grande pubblico planetario: Internet e le nuove tecnologie digitali sarebbero stati portatori di un processo di democratizzazione 1. sul piano politico, 2. sul piano economico, 3. sul piano della diffusione dei saperi. La tesi di Formenti è che tutti e tre questi miti fondativi di Internet, sottoposti a un’analisi più attenta, si riducono a una mera autorappresentazione ideologica che i nuovi media oggi offrono di loro stessi. Il passo da compiere per non rimanere incantati da ciò che la rete vorrebbe che si dicesse di lei è operare una netta distinzione tra la dimensione odierna di Internet e coloro che sono gli autentici ideatori dell’uso civile di Internet, ovvero gli studiosi delle università statunitensi, gli hacker e le prime comunità virtuali americane, che operavano ispirati dalla letteratura fantascientifica di Philippe K. Dick, dalle teorie di Norbert Wiener e dai movimenti cyberpunk a cavallo tra anni ottanta e novanta. I pionieri di Internet certamente avevano come loro principale obiettivo quello di dare vita a spazi di democrazia radicale e di libera circolazione dei saperi. Ma queste istanze di democratizzazione finirono per essere divorate, paradossalmente, nel momento in cui i nuovi grandi gruppi dell’industria informatica iniziarono a interessarsi di Internet, ovvero nel 1995, quando venne lanciato da Microsoft Internet Explorer; la nascita di questo browser costituì un punto di non ritorno nel processo di monopolizzazione dei flussi di informazione. L’odierna realtà di Internet è ben rappresentata da alcuni dati: sappiamo infatti che il 90 per cento dei blog e dei post sulla Rete è controllato in modo diretto o indiretto dai grandi gruppi dell’industria culturale; sappiamo anche che una parte molto significativa delle operazioni finanziarie a livello mondiale non avviene più nelle borse delle grandi capitali, ma nelle cosiddette dark pools, le piattaforme finanziarie esterne ai circuiti regolamentati, dove cioè meccanismi automatizzati giocano su variazioni minime, addirittura frazioni, dei valori dei titoli e che, quindi, è attraverso le nuove tecnologie digitali che si sviluppano le nuove forme di speculazione del turbo-capitalismo. Un altro processo a cui prestare attenzione è quello delle clouds, enormi serbatoi di contenuti privati, che vengono messi nelle mani delle corporation. Inoltre, come fare finta di nulla dinanzi all’enorme quantità di contenuti e dati personali che gli utenti mettono a disposizione su Internet grazie per esempio all’utilizzo dei social network? Il caso “Datagate” di cui si discute a livello globale in questi giorni, sta attirando l’attenzione globale sulla collaborazione tra poteri statali e corporation, in merito all’immagazzinamento e al controllo di contenuti di milioni di file, e-mail ecc. attraverso il sistema PRISM e sta portando alla luce come l’uso delle nuove tecnologie esponga i cittadini al pericolo di essere controllati – a dispetto di ogni rispetto della privacy – con modalità estremamente intrusive. A riprova dei processi di ibridazione tra poteri forti (di per sé incontrollabili dalle leggi di mercato e della concorrenza) il fatto che lo scandalo “Datagate” veda coinvolti l’NSA insieme ai più grandi nomi della Net Economy.
La consapevolezza del fatto che Internet e in generale tutte le nuove tecnologie non possano essere considerate “naturalmente”democratiche, la presa di coscienza del fatto che questi mezzi di comunicazione spesso funzionino in una sola direzione (dall’alto verso il basso), e che le nuove forme dello sfruttamento del lavoro e le nuove modalità di controllo passano dalla rete sono tutte questioni essenziali per chi oggi intenda rapportarsi in modo critico alle nuove tecnologie, anche a fini didattici.