L’Ucraina fra Russia ed Europa. Una sovranità ipotetica o ipotecata?
Mappa generale dei confini delle nuove terre dell’Ucraina nel 1649, o Palatinati di Podolia, Kiov, Braclav
Immagine di Willem Hondius – encyclopediaofukraine.com, Public Domain, Link
Abstract
L’Ucraina è un paese con molteplici identità, perché la sua storia è contrassegnata dal fatto di essere sempre stata parte di insiemi più grandi o, per meglio dire, perché “le terre ucraine” sono sempre state inserite nel corso dei secoli in formazioni statuali maggiori, molto diverse le une dalle altre e da questo deriva che anche l’Ucraina attuale è portatrice di identità diverse, di problemi diversi. L’autrice prova a ripercorrere la storia del Paese per fornire un utile chiave di lettura per capire sia le ragioni profonde della guerra di oggi, sia le dinamiche attraverso le quali la propaganda utilizza (e spesso mistifica) la storia.
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Ukraine is a country with multiple identities, because its history is marked by the fact that it has always been part of larger ensembles or, to put it better, because “Ukrainian lands” have always been embedded over the centuries in larger state formations that are very different from each other, and from this it follows that today’s Ukraine also carries different identities, different problems. The author attempts to trace the country’s history to provide a useful key to understanding both the deeper reasons for today’s war and the dynamics through which propaganda uses (and often mystifies) history.
Premessa
Il discorso storico per ciò che riguarda l’Ucraina è molto complesso e potrei sintetizzarlo dicendo che l’Ucraina è un paese con molteplici identità, perché la sua storia è contrassegnata dal fatto di essere sempre stata parte di insiemi più grandi o, per meglio dire, perché “le terre ucraine” sono sempre state inserite nel corso dei secoli in formazioni statuali maggiori, molto diverse le une dalle altre e da questo deriva che anche l’Ucraina attuale è portatrice di identità diverse, di problemi diversi. È stato detto che è un paese “a geometria/geografia variabile”, uno stato debole, quasi un artificio, politicamente parlando.
Una riflessione che ho da sempre espresso nei miei studi sull’Ucraina – dai primi anni 2000 – è che questo paese non è mai stato presente nella mappa culturale e quindi mentale europea.[1]
Scrivevo nell’incipit del mio primo libro dedicato all’Ucraina, divenuta indipendente nel 1991:
è stupefacente constatare quanto poco si sappia ancora, in Italia soprattutto, di questo paese, nel momento in cui il processo di riunificazione delle due metà del continente europeo solleva, inevitabilmente, la questione di dove si collochi l’Ucraina, fra la Russia, di cui ai tempi dell’Impero degli zar faceva parte, per poi divenire parte dell’URSS, e la nuova Europa che arriva praticamente ai suoi confini. Per una studiosa di storia dell’Europa centro-orientale e della Russia, impegnata da anni ad illustrare agli studenti italiani la complessità delle vicende storiche e politiche che hanno riguardato quell’area dall’epoca moderna a quella contemporanea, il problema di inquadrare in questo contesto il “caso ucraino” si è sempre rivelato particolarmente difficile, in quanto si trattava di parlare di “terre ucraine” – o almeno rivendicate come tali – all’interno di poderosi stati quali la Confederazione polacco-lituana, la Russia zarista, l’Impero Asburgico e i loro stati successori.[2]
Oggi non potrei scrivere altrimenti e questo è un dato sconfortante, perché è proprio in questa scarsa conoscenza della “questione ucraina” che trovano spazio semplificazioni, forzature, distorsioni, non necessariamente correlate alla “narrativa putiniana”, ma senz’altro foriere di incomprensioni e, purtroppo, di manipolazioni.
In particolare, e non ho mancato di rilevarlo nell’introduzione a L’Ucraina in 100 date di recente pubblicazione[3] – cui ho dato un taglio “divulgativo” –, il nome Ucraina compare nel titolo di volumi vari, usciti nel 2022-2023, ma senza che poi, all’interno di essi, si trovi un profilo storico appena completo che dia a questo Paese – il più esteso, dopo la Russia, del nostro cosiddetto “continente” – la visibilità e l’importanza che merita.
Certo, l’Ucraina risente di un problema specifico che emerge in tutti gli studi che riguardano l’Europa centro-orientale quando si cerchi di tracciare la storia di Stati che sono venuti sorgendo dal venir meno dei vecchi imperi multietnici e multiterritoriali, che hanno dominato quella parte d’Europa, dai Balcani agli Urali, fino al primo ventennio del secolo XX. Eppure nel suo caso vi è di più: un processo di state building ritardato anche rispetto a quello dei Paesi vicini – per esempio Polonia, Cecoslovacchia, Stati baltici – che almeno all’indomani della Prima guerra mondiale ottennero un riconoscimento della propria esistenza all’interno di confini internazionalmente riconosciuti.[4]
Il primo tentativo di costituire uno Stato ucraino indipendente, fra il 1917 ed il 1921, fallì, con la parziale eccezione di quella parte d’Ucraina poi costituitasi come Repubblica sovietica ed entrata nell’URSS, dove sarebbe rimasta dal 1919 – formalmente dal 1922 – al 1991; guadagnando molto dal punto di vista territoriale dopo la Seconda guerra mondiale, ma perdendo politicamente ogni autonomia, com’era nella logica che dominava l’impero sovietico diretto da Mosca.
Non è agevole – spiegavo – percepirsi e farsi percepire come uno Stato che se da un lato è “nuovo” nella sua indipendenza, dall’altro è tutt’altro che “artificiale”: pensiamo soltanto al fatto che gli antecedenti della sua restaurata piena sovranità sono brevi esperienze statuali rappresentate da entità differenti quali la Repubblica Popolare Ucraina, l’Etmanato di Pavlo Skoropads’kyj, la Repubblica popolare dell’Ucraina occidentale, la Repubblica ucraina del 1919, proclamata ma mai effettivamente operante: tutte realtà che nacquero e morirono nel tormentato corso della Prima guerra mondiale e della sua conclusione e che furono oggetto di condanna e oblio forzato durante l’esperienza di sovranità limitata della RSS Ucraina.
Illustrare tutto questo non era semplice, tanto che mi risolsi a scrivere subito un secondo libro Ucraina 1921-1956,[5] che avrei voluto poi ampliare fino al 1991 almeno, riprendendo sinteticamente anche la parte dal Medioevo alla Prima guerra mondiale che avevo trattato in La questione ucraina fra ‘800 e ‘900, per far sì che il discorso sul “perché” dell’Ucraina trovasse una sua completezza.
Debbo dire che mi scontrai con l’indifferenza del mercato editoriale, che raggiunse l’apice quando mi fu espresso che non v’era ragione di investire sulla “storia di piccoli paesi dell’Est di nessun interesse per il pubblico italiano”. Nessuno prese in considerazione l’ipotesi di tradurre alcune storie dell’Ucraina quali quelle di R.P. Magocsi, Ya. Hrycak, A. Kappeler, O. Subtelny, A. Wilson.[6] Eppure i miei studenti erano interessati, eccome, all’argomento e a mano a mano che si laureavano e si ritrovavano a lavorare in associazioni, scuole, biblioteche mi invitavano proprio a tenere una “lezione” sull’Ucraina, corredata da mappe storiche che rendessero visibile il difficile percorso di costruzione territoriale affrontato da quel Paese, complicato dalla fatale difficoltà a ottenere il giusto riconoscimento identitario, sia sotto il profilo linguistico, sia sotto quello culturale.
Sembrava sempre ritornare l’idea, ottocentesca, che l’Ucraina fosse una nazione “senza storia”, al pari di altre nazioni essenzialmente contadine, prive di una élite consapevole, di una lingua riconosciuta come distinta, di una chiara memoria statuale.
Il mio compito era rendere conto di questo in termini accessibili, non limitandomi all’epoca moderno-contemporanea, ma spingendomi fino all’epoca medievale, per quanto in forma succinta e semplificata. L’atmosfera di quelle cosiddette lezioni, negli anni Dieci di questo secolo, era piacevole e costruttiva e non ricordo domande o interventi apertamente polemici, che mettessero, insomma, in dubbio la dignità statuale dell’Ucraina e la possibilità che attuasse una positiva transizione al post-sovietismo, nonostante i fardelli, le contraddizioni, le difficoltà economiche, sociali e politiche che si trovava a fronteggiare.
Quando è scoppiata la guerra, che tale subito mi è parsa al di là dell’eufemismo “operazione speciale” di infausta memoria (staliniana!),[7] mi sono chiesta se avessi fuorviato i miei ascoltatori, se avessi trascurato importanti elementi di giudizio, se fossi caduta nel facile entusiasmo degli “occidentalisti” sempre convinti che, alla lunga, tutti si adeguino alle loro prospettive. Sono andata a rivedere una presentazione in Power Point che avevo tenuto per l’ISPI, nel 2012, dal titolo L’Ucraina fra Russia ed Europa. Bilanci e prospettive dove concludevo dicendo:
In realtà il dilemma della collocazione dell’Ucraina fra Russia ed Europa resta sempre aperto: i russi mirano a reintegrare lo spazio ex-sovietico, mentre l’Europa, per sue ragioni economiche e politiche, non sembra prefiggersi né a breve né a medio termine una integrazione dell’Ucraina nel suo spazio effettivo. Così è anche per la NATO, che all’inizio sembrava offrire prospettive celeri di adesione.
Era allora l’epoca della presidenza Janukovič (2010-2014) e l’opzione pro-russa o pro-europea non era così definita come parrebbe oggi, anzi, sembrava più probabile che si realizzasse la prima. Mi azzardavo ad esprimere una preoccupazione è cioè
che l’Ucraina metta un’ipoteca sulle proprie risorse energetiche, nucleari e militari a favore della Russia: opto perché conservi una sua piena sovranità che le permetta di trattare su un piede più paritario sia con la Russia sia con l’Europa, uscendo prima o poi dalla scomoda posizione di stato cuscinetto.
E in effetti l’Ucraina decise di aprirsi verso l’Europa, nonostante le esitazioni dell’Unione Europea a inaugurare un serio percorso d’adesione, pur tenendo aperta la porta, come affermava ufficialmente laddove dichiarava che «encouraging prosperity and stability in a nearby state is part of its European Neighbourhood Policy». L’UE infatti, inseriva l’Ucraina in una articolata serie di programmi, che spaziavano in vari ambiti, sempre all’insegna della implementazione degli “standard europei” cui voleva spingere anche i Paesi esterni al proprio perimetro.
Gli intellettuali ucraini, allora, in patria e all’estero, tendevano, del resto, a sottolineare la natura “europea” del paese, dall’epoca della Rus’ di Kiev – meglio usare Kyïv, perché questo è il nome ufficiale ucraino – ai primi decenni del Novecento, per cui ciò che aveva tagliato fuori l’Ucraina dal resto dell’Europa sembrava sempre essere il fatto di aver dovuto seguire la politica di separatezza propria dell’Unione sovietica, soprattutto nell’epoca della Guerra fredda e della contrapposizione dei blocchi. Non a caso, si ricordava che le logiche di russificazione e di sovietizzazione erano state particolarmente spietate in Ucraina – pensiamo allo Holodomor e alle purghe che lo precedettero[8] – proprio perché essa era affacciata verso il resto del continente e quindi potenzialmente aperta ad influenze diverse.
Era in fondo questo uno degli elementi che caratterizzarono la crisi del 2013-2014 – con i noti eventi di Piazza Indipendenza a Kyïv, Majdan Nezaležnosti, poi Euromaidan – scatenata dal fatto che il tanto sospirato accordo di associazione con la UE non fu firmato da Janukovič, come convenuto, al vertice di Vilnius (28-29 novembre 2013).[9]
Da quel momento in poi nelle lezioni, tenute esternamente all’Università, quando era presente un pubblico adulto, si insinuò un elemento di tensione, dovuto alla crescente politicizzazione della questione, specie dopo l’annessione della Crimea e la destabilizzazione del Donbass (2014), che riportava nel dibattito alcuni temi, spesso enunciati in maniera apodittica, tipica di un pre-giudizio, più che formulati come domanda specifica:
- Suvvia l’Ucraina è uno stato artificiale. Nell’Ottocento non esisteva neppure. Qual è il gioco dell’Occidente nel volerla far esistere? Infastidire la Russia più di quanto non lo sia già verso l’allargamento della Nato e della UE?
- È ormai assodato (!?) che l’Ucraina andrà incontro a una spaccatura fra la sua parte occidentale e quella centro-orientale, e del resto come si fa a non capire che gente che parla russo non vuole essere ucraina? Perché non si segue il modello dell’Alto Adige? O della Svizzera?
- Io amo la cultura russa (la grande cultura russa, la più grande che ci sia, la splendida cultura russa). Io mi sono nutrito fin dalla giovinezza di Puškin, Tolstoj, Dostoevskij, ma io di ucraini non ne ho mai sentito neanche uno. Io capisco la Russia, ma non che cosa pretenda l’Ucraina. Anche Gogol’ scrive in russo.
Queste “domande” – tutt’altro che naives, al di là dell’apparenza – venivano sempre poste negli ultimi minuti, senza più possibilità di replica, quando avrebbero meritato di essere trattate una per una in modo chiaro e distinto. Ma libri già esistevano su questi argomenti e altri se ne sarebbero potuti scrivere! Pareva, in fondo, che il tempo ci fosse e mai avrei ipotizzato che si potesse arrivare a un’aggressione bellica da parte della Russia: mi sembrava che il prezzo dell’isolamento e della condanna per una eventuale brutale violazione del diritto internazionale avrebbe trattenuto Putin da un passo così fatale, nonostante il precedente della Crimea.
Mi sbagliavo, evidentemente, sottovalutando la portata della rivendicazione di Mosca nei confronti di Kiev, supportata dalla dottrina dell’unità del Mondo russo o Russkij mir, che aveva inglobato nel suo farsi molti elementi di varie tradizioni ereditate dal passato più remoto e più recente e aveva proceduto a una sintesi storico-politica – con tratti metafisici[10] – di carattere aggressivo, autoreferenziale, estremamente “nuova” sia pur negli elementi di continuità con sciovinismi precedenti, con cui mai s’erano davvero fatti i conti.
Mi sono peraltro resa conto che lo schema di un’eventuale nuova lezione non avrebbe potuto variare rispetto al passato, pur partendo dalla constatazione della guerra in atto.
E così ho fatto, in tutti gli interventi che mi sono stati richiesti nell’ultimo anno, con qualche variazione a seconda del tipo di pubblico, ma senza cambiarne l’impianto.
Il problema è infatti quello di scegliere se valga la pena di toccare solo gli argomenti proposti dai social – in chiave sostanzialmente critica nei confronti dell’Ucraina – o se procedere a una lezione “classica” sulla storia dell’Ucraina. Anche oggi, a un anno e mezzo dallo scoppio della guerra, per me resta valida la seconda opzione. E non potrei trovare altra chiave per affrontare il tema dell’Ucraina, se non mostrare come il problema della sua identità affondi le radici nel passato e come non lo si possa capire seguendo semplicemente la cronaca dell’oggi.
Ecco quindi in rapida successione gli argomenti che tratterei, in un modo discorsivo che invogli poi il pubblico, quale che sia, a ulteriori letture o approfondimenti.
Svolgimento di una lezione con mappe[11]
Come è noto l’Ucraina è diventata indipendente nel 1991 per la prima volta nella sua storia, se trascuriamo il breve anche se significativo periodo 1917-1921.
È dal 1991 che si può parlare di una sua sovranità, di un suo ruolo distinto da quello della Russia o delle altre repubbliche ex-sovietiche.
Parlando di repubbliche ex-sovietiche non dobbiamo dimenticare, anche se oggi pare lontano nel tempo, il crollo dell’URSS nel 1991 e la fine del sistema che raccoglieva intorno a Mosca una vasta area centro-europea.
Il processo si fece tumultuoso, anche se in fondo incruento, con l’apparire sulla scena di nuovi soggetti storici, le repubbliche per la prima volta indipendenti, alla ricerca di una identità post-sovietica.
Su questo sfondo io vorrei qui parlare dell’Ucraina, che i russi sostengono essere parte costitutiva della sfera geopolitica russa e rivendicano addirittura con una guerra d’invasione.
Il destino odierno dell’Ucraina, come paese-frontiera, affonda le sue radici in un passato tormentato.
Le terre che compongono oggi l’Ucraina sono state nei secoli divise fra potenti Stati quali la Confederazione polacco-lituana, la Russia zarista, l’Impero asburgico e i loro Stati successori.
Ecco quindi che lo studio della questione ucraina impone di ripensare all’Europa centro-orientale come era prima di dividersi secondo le linee degli stati nazionali non solo come è successo dopo la Prima guerra mondiale e, in parte, anche dopo la Seconda, ma anche in epoca moderna e addirittura medioevale.[12]
Che cosa c’era nel Medioevo nelle terre che noi diciamo ucraine?
Nel Medioevo la vasta terra tra il Mar Baltico e il Mar Nero era occupata da un grande stato chiamato Rus’ di Kiev, un enorme sistema politico, influente in Europa dalla fine del IX alla metà del XIII secolo, quando si disintegrò sotto le pressioni combinate delle lotte intestine e dell’invasione mongola (1237-1240).
Mappe 1A e 1B:
La Rus’ di Kiev, badate, era Rus’, non Russia, l’antica terra slava, ma neanche uniformemente, perché vi vivevano varie tribù. Qui i Variaghi/Vichinghi instaurarono i loro principati, di cui Kiev o Kyïv era il più ambito, ma che non era proprietà permanente di alcuno.
Dopo l’invasione mongola e la crisi da essa generata, i principati che componevano la Rus’ di Kyïv seguirono traiettorie diverse.
Diamo un’occhiata a due mappe, riguardanti due entità nate dal crollo della Rus’ di Kiev importanti per il nostro discorso.
Mappe 2 e 3: il regno di Galizia e Volinia e il primo nucleo della Moscovia.
Il regno di Galizia e Volinia fu una delle poche realtà statuali ucraine, nata dalla dissoluzione della Rus’ di Kiev. Nel 1245 il suo principe Danylo Romanovyč fu incoronato re con il consenso di Innocenzo IV. La dinastia si estinse e poi questi territori entrarono nella Polonia-Lituania di cui parleremo a breve.
La Moscovia, nata dal principato di Vladimir Suzdal’, emerse ben presto come una potenza forte, espandendosi con successo tra il XIV e il XVI secolo e pretendendo naturalmente di essere l’erede della Rus’ di Kiev.
Questa pretesa fu contrastata da altre potenze emergenti come il Granducato di Lituania e il Regno di Polonia. Il primo a subentrare nei territori della Rus’, a dispetto degli eredi dei vari principati della Rus’, fu uno Stato pagano, di recente formazione, il Granducato di Lituania, che ne incorporò la maggior parte, Kiev compresa, tant’è che il suo nome completo divenne Granducato di Lituania, Rus’ e Samogizia. Poi la Lituania si unì alla Polonia e formò la Confederazione polacco-lituana. Nella Confederazione restarono tutte le terre che oggi chiamiamo ucraine, bielorussie, baltiche. Tutte eredi di Kiev, se vogliamo, alla pari della Russia creatasi dal principato di Mosca.
Mappa 4A e 4B: il Commonwealth polacco-lituano, da dove emerga come l’Ucraina si trovi nel regno di Polonia.
Mappe 5A e 5B: 1648. Etmanato.
Nel 1648 scoppia la rivolta cosacca ispirata e guidata da Bohdan Chmel’nyckyj che vorrebbe ottenere il riconoscimento della componente ucraino-ortodossa da parte della Polonia-Lituania. Nasce l’Etmanato che raggruppa terre ucraine della riva sinistra del Dnipro, ma l’atteso riconoscimento polacco-lituano non avviene e nel 1654, a Perejaslav, Chmel’nyckyj decide di porre queste terre sotto protezione russa.
Il cosiddetto Etmanato è effettivamente una parte di Ucraina, “moscovita” dal ‘600 e poi “russa”.
Nel trecentenario, 1954, Chruščëv “regalò” come si dice la Crimea all’Ucraina proprio per suggellare la fratellanza fra i due popoli.
Mappe 6-7-8: Spartizioni Polonia-Lituania.
Nel 1772 ha luogo la prima spartizione della Confederazione polacco-lituana ad opera di Austria, Russia e Prussia, che portò terre abitate da ucraini in Russia e in Austria. Questa divisione fu poi perpetuata dal Congresso di Vienna nel 1815.
Mappa 9:
Fra il XIX e XX secolo la questione nazionale ucraina venne posta all’ordine del giorno sia nell’Impero asburgico sia in quello russo. Come nazione “non storica”, l’Ucraina non aveva, a differenza della Polonia, per quanto spartita, o della Russia zarista, una élite consapevole, una lingua riconosciuta come distinta, una chiara memoria di una passata statualità, salvo il regno di Galizia Volinia o l’Etmanato.
L’Ucraina tentò di costituirsi in Stato autonomo nel periodo 1917-1921, quando le vicende belliche e rivoluzionarie – Rivoluzione russa del 1917, febbraio e ottobre – rimisero in discussione gli equilibri della regione.
Nel 1919, quando si apriva la Conferenza di Pace di Parigi le ostilità in Europa orientale non erano ancora finite e in parte concernevano proprio l’Ucraina.
Sul suolo ucraino si scontravano vari belligeranti. Principalmente i Rossi, i Bianchi, gli eserciti contadini anarchici, le truppe dell’Intesa, i Polacchi, gli Ucraini del centro-est costituiti in UNR (Repubblica popolare ucraina, che comprendeva le terre ucraine ex-zariste), gli Ucraini occidentali della ZUNR.
Vediamo le due Repubbliche ucraine:
Mappa 10:
UNR, la Repubblica popolare ucraina nata nel fermento della rivoluzione russa (1917-1920) poi sovietizzata.
Mappa 11:
ZUNR la Repubblica dell’Ucraina occidentale che si congiunse all’altra Repubblica popolare, dando vita (1919) ad un’unica Repubblica ucraina, ma solo teoricamente perché sul terreno proseguiva la guerra che vedeva molti attori andare, venire, conquistare, perdere, vincere ancora…
Mappa 12:
Si può ben immaginare il peso per la popolazione di questo mosaico bellico, dopo aver già patito il conflitto vero e proprio che aveva visto contrapposti russi e austriaci, alleati dei Tedeschi.
In definitiva rimasero in campo davvero solo i polacchi e i russi.
Il contenzioso sovietico-polacco si concluse con la Pace di Riga del 1921 con cui di fatto la Polonia riconobbe la Russia sovietica e l’Ucraina sovietica, assicurandosi nel contempo la Galizia orientale insieme ad altre terre ucraine, lasciando aperta la porta a future rivendicazioni da parte sovietica.
Quindi tre regioni rivendicate dai patrioti ucraini finirono, dopo la Prima guerra mondiale, all’interno dei nuovi stati nati dal crollo dell’ordine precedente quali la Polonia (Galizia orientale, L’viv), la Romania (Bucovina settentrionale, Černivcy), la Cecoslovacchia (Transcarpazia, Užgorod).
Mappa 13: la Polonia, la Romania, la Cecoslovacchia nel periodo interbellico.
Nel periodo interbellico quindi l’unica realtà statuale ucraina era la Repubblica Ucraina Sovietica, che, passato un breve momento d’entusiasmo, cessò di attirare gli ucraini rimasti fuori dai suoi confini perché andava conoscendo una sovietizzazione sempre più accentuata, che ebbe risvolti drammatici con l’ascesa di Stalin. Qui si apre la questione del nazionalismo ucraino in questi nuovi Stati, legato al problema del trattamento riservato alle minoranze.
Il caso più emblematico è quello della Polonia, dove nacque un nazionalismo ucraino anti-polacco, intransigente, organizzato clandestinamente, non alieno dal terrorismo. Quando la Polonia fu “spartita” fra Germania e URSS grazie al cosiddetto Patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop che nel «Protocollo segreto» definiva anche le rispettive ambizioni territoriali,[13] la Galizia orientale ritornò all’URSS e ne sperimentò le politiche di omogeneizzazione al modello sovietico per tutto il periodo 1939-1941.
Nel 1941, quando iniziò l’attacco tedesco all’Unione Sovietica, molti ucraini videro con favore l’arrivo dei tedeschi in Galizia, ritenendo che questi potessero appoggiare la nascita di un’Ucraina autonoma, primo nucleo, forse, di una futura Ucraina indipendente.
È opinione accreditata che già nel 1942 questa illusione fosse tramontata, ma ormai gli ucraini dell’Ovest sarebbero stati additati come filonazisti per i decenni a venire, tanto più che i membri dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e poi dell’Esercito insurrezionale ucraino (UPA) si sarebbero contraddistinti per la prolungata resistenza contro il ritorno sovietico.
Con la vittoria nella Seconda guerra mondiale l’URSS si assicurò l’Ucraina occidentale, la Bessarabia (divisa fra Moldavia e Ucraina), la Bucovina settentrionale e, infine, la Transcarpazia. In pratica l’URSS si prese l’eredità ex-austro-ungarica e l’Ucraina sovietica beneficiò di queste acquisizioni, ingrandendosi ulteriormente nel 1954 con l’assegnazione della Crimea.
Mappa 14: L’Ucraina sovietica (1945-1991).
In definitiva, i patrioti che tanto si batterono per la creazione d’uno Stato ucraino indipendente, fra 1917 e 1921, non avrebbero forse sperato che il loro Paese potesse mai raggiungere l’estensione attestata dalla mappa di cui sopra, ma neanche avrebbero pensato al prezzo che avrebbero dovuto pagare per questo: basti anche solo ricordare la tremenda carestia o Holodomor che ebbe luogo sotto l’egida di Stalin, all’insegna della dekulakizzazione, e che costò milioni di vite nel breve torno di tempo del ’32-’33; la durezza con cui i sovietici reintegrarono l’Ucraina occidentale nell’Ucraina sovietica dopo la Seconda guerra mondiale e sovietizzarono gli altri territori di cui dicevamo.
L‘Ucraina visse poi in pieno il periodo della stagnazione, della fedeltà, ideologica e linguistica persino, a Mosca, attraverso Brežnev, Andropov, Černenko con minime variazioni.
Un fatto essenziale per determinare la svolta in senso antisovietico fu, nel 1986, lo scoppio del reattore nucleare di Černobyl (ucr. Čornobyl’). La gestione ufficiale dell’evento di Černobyl divenne il segno patente del criminale disinteresse delle autorità, locali e centrali, per la popolazione e quindi il catalizzatore dei movimenti di indipendenza nazionale in Ucraina.
La democratizzazione, l’indipendenza del paese divennero rivendicazioni sempre più condivise all’interno dell’opinione pubblica ucraina, nonostante la perdurante situazione di oppressione politica. L’Ucraina avviò un processo di distacco da Mosca, che diventò un fatto compiuto nel 1991, con la proclamazione dell’indipendenza.
Gli ultimi 30 anni
È significativo della lentezza della trasformazione politica in senso democratico il fatto che l’Ucraina è stata l’ultimo degli stati ex-sovietici a darsi una costituzione, approvata solo il 28 giugno 1996.
Il dilemma della collocazione dell’Ucraina fra Russia ed Europa è rimasto sempre aperto: né la Nato né la UE hanno mai spinto l’Ucraina ad aderire, per l’una era un boccone troppo grosso, per l’altra un rischio nei rapporti con Mosca.
Ma la transizione al postcomunismo in Ucraina è stata diversa che in Bielorussia o in Russia: la dirigenza post-sovietica ucraina è stata a più riprese contestata e non è emersa una figura “forte” intorno a cui centralizzare e verticalizzare il potere.
Un primo segnale di insofferenza dell’Ucraina per la sua dirigenza post-sovietica ebbe luogo nel novembre 2004. Fu la Rivoluzione arancione, una protesta innescata dal sospetto di brogli nella competizione presidenziale fra Janukovič e Juščenko, il quale, a differenza dell’avversario, impostò la sua campagna in senso europeista. Era in larga parte una battaglia di propaganda, dietro la quale giocavano interessi economici fra gruppi vecchi e nuovi; ma quando Janukovič vinse le elezioni il sospetto di brogli elettorali portò la gente in piazza per chiederne l’invalidazione, che ottenne dalla corte suprema.
Juščenko divenne Presidente, ma non senza un compromesso sottobanco con il vecchio potere, che avrebbe influito sugli equilibri futuri, anche se questo portò a un dialogo con la UE.
Alle successive elezioni nel 2010 vinse Janukovič, che scelse di puntare sulla questione della lingua russa, prendendo un atteggiamento anti-ucraino, cambiando la legge elettorale, dando il netto segnale di voler imporre un regime autoritario, rafforzando i legami con la Russia.
Nell’autunno del 2013 i due progetti di integrazione economica europeo e russo, che procedevano paralleli, entrarono in conflitto; mentre Putin proponeva una zona di scambio comune anche con la Bielorussia, l’Unione europea proponeva un accordo di associazione al quale avrebbero aderito anche Georgia e Moldavia.
L’Ucraina portava avanti le due trattative, supportate da gruppi diversi di oligarchi a seconda dei loro interessi.
Quando al vertice di Vilnius del 28/29 novembre si trattò di firmare l’accordo con la UE, Janukovič annunciò che l’Ucraina non lo avrebbe fatto. Questo innescò una vasta protesta, quella di Piazza dell’Indipendenza, ribattezzata Euromaidan, che finì con la fuga del Presidente in Russia. Di lì è nata una forte polarizzazione della posizione fra Ucraina e Russia, che è andata acuendosi per tutti i governi successivi, cui la Russia ha risposto con la conquista non dichiarata della Crimea nel 2014, cui è seguita l’annessione alla Russia sancita da un referendum, non internazionalmente riconosciuto, al pari quindi del conseguente cambiamento di confini.
Mappe 15A e 15B: La Crimea.
Un altro puntello russo è costituito dalla Transnistria. Questo è uno Stato ai confini con l’Ucraina non riconosciuto a livello internazionale. La Transnistria, dopo essersi staccata dalla Moldova, dichiarò unilateralmente la propria indipendenza come Repubblica Moldava di Pridnestrov’e ancora il 2 settembre 1990. Importante sottolineare che il 18 marzo 2014 la Transnistria ha chiesto l’adesione alla Russia, in seguito alla secessione della Crimea dall’Ucraina e alla sua integrazione nella Federazione Russa.
Mappe 16A e 16B:
L’annessione della Crimea ha costituito un primo vulnus all’integrità ucraina, l’apertura di una partita geopolitica importante per la Russia, che ha investito subito le regioni del Donbas, dove due città si sono autoproclamate repubbliche indipendenti, Donec’k e Luhans’k, con presidenti filorussi, e milizie varie sul territorio.
Una prima parziale invasione dell’Ucraina da parte russa ha avuto luogo, in effetti, nel 2014, per salvaguardare le due Repubbliche dalla riconquista di Kyïv, lasciandole dentro la compagine ucraina, ma al di fuori del controllo della capitale.
Qui è iniziata una pesante guerra di propaganda, un tentativo di riconquista da parte di Kyïv, che ha sempre sostenuto che dietro alle forze degli insorti si celavano in realtà forze armate russe o supportate dai russi, e il progetto di Putin di destabilizzare l’Ucraina. Una guerra ibrida, insomma, che però ha causato vittime, profughi e verso la Russia e verso l’Ucraina.
È indubbio che le due Repubbliche costituivano un punto d’appoggio russo nel Paese, utile per future operazioni, oltre che un banco di prova per la propaganda anti-Kyïv, a cui venivano contrapposte le questioni relative lingua – alimentando la fobia che Kyïv volesse eliminare i russofoni – con accuse sempre più pesanti, fino a giungere a quella di genocidio.[14]
La situazione si è polarizzata fra una Ucraina che ha sempre più teso a proclamarsi democratica ed europeista, contro una Russia sempre più plasmata in senso autoritario e antioccidentale. Porošenko prima e Zelensk’yj dopo hanno sottolineato il tema dell’Ucraina democratica e pro-Europa.
Io non credo che sia solo il desiderio dell’Ucraina di aderire alla Nato – problema che non è mai stato all’ordine del giorno dell’Alleanza – o di entrare nell’EU – con cui era arrivata solo a un trattato di adesione – ad avere determinato in Putin la scelta di attaccarla, per attuare il ritorno della Russia sulla scena come grande potenza. Credo che sia perché l’Ucraina è l’esempio di una parte del mondo che per tanto tempo è stato russo e che ha voluto lasciarsi alle spalle l’eredità di quel passato – zarista, sovietico, post-sovietico che fosse – in cui non è mai riuscita ad affermare la propria identità, per quanto composita, dato il difficile percorso di costruzione nazionale cui la storia l’ha sottoposta.
Putin ha giudicato che l’Ucraina fosse, e lo ha detto apertamente, un bluff, un Paese recuperabile alla sfera russa una volta per tutte.[15] Ha presentato l’Ucraina come un “paese fallito”, con un popolo depredato e povero, governato da “neonazisti drogati”. Ma il 2004 con la Rivoluzione arancione, il 2013 con l’Euromaidan, la reazione popolare odierna ci dicono che è un’immagine sbagliata, un calcolo errato da parte di Mosca. In questo vi è un grande potenziale di tragedia di cui vediamo solo l’inizio.
Per concludere e approfondire, si può proporre anche con una serie di mappe (tratte, per esempio da “Limes” o dai dossiers ISPI) che danno l’idea di come si è evoluta la situazione.
Bibliografia
Si consiglia di visitare il sito dell’Associazione italiana di studi ucraini (AISU), www.aisu.it e in particolare la sezione Pubblicazioni dove si può consultare la Bibliografia dell’ucrainistica italiana.
Oltre ai libri citati nelle note si segnalano:
- Storia della Russia e dell’URSS:
- A. Borelli, Nella Russia di Putin. La costruzione di un’identità post-sovietica, Carocci, Roma, 2023.
- A. Graziosi, L’URSS di Lenin e Stalin. Storia dell’Unione sovietica. 1914-1945, il Mulino, Bologna, 2007. In particolare il cap. 8, La fame e il suo uso, 1932-1933.
- N.V. Riasanovsky, Storia della Russia dalle origini ai giorni nostri, Bompiani, Milano, 2001.
- N. Werth, Storia dell’Unione Sovietica: dall’impero russo alla comunità degli stati indipendenti, Il Mulino, Bologna, 1993.
- Memorial Italia (a cura di), M. Flores (coord.), Anatomia di un regime, Milano, Corriere della Sera, 2022.
- Storia dell’Ucraina, con particolare attenzione a libri recenti:
- Memorial Italia (a cura di), M. Flores (coord.), Assedio alla Democrazia, Milano, Corriere della Sera, 2022.
- S.A. Bellezza, Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa, Morcelliana, Brescia, 2022.
- G. Cella, Storia e geopolitica della crisi ucraina, Carocci, Roma, 2021.
- A. Giannuli, Spie in Ucraina, Salani, Milano, 2022.
- A. Graziosi, L’Ucraina e Putin fra storia e ideologia, Laterza, Bari, 2022.
- Y. Hrycak, Storia dell’Ucraina dal Medioevo ad oggi, il Mulino, Bologna, 2023.
- Kappeler, Russes et Ukrainiens. Les frères inegaux du Moyen Age à nos jours, CNRS, Paris, 2022 (ed. or. Beck, München 2017).
- S. Merlo, La costruzione dell’Ucraina contemporanea, il Mulino, Bologna, 2023.
- S. Plokhy, Le porte d’Europa. Storia dell’Ucraina, Mondadori, Milano, 2022.
- Atlanti:
- D.P. Hupchick, H.E. Cox, The Palgrave Concise Historical Atlas of Eastern Europe, New York, 2001.
- P.R. Magocsi, Historical Atlas of East Central Europe, University of Washington Press, Seattle WA, 1993.
È sempre possibile, digitando l’oggetto della mappa desiderata (soprattutto se in inglese) in un motore di ricerca, trovare ottime mappe che possono essere scaricate e mostrate all’occasione. Una buona raccolta si trova all’indirizzo: https://commons.wikimedia.org/wiki/Atlas_of_Ukraine
Note:
[1] G. Lami, Ukraine’s Road to Europe: Still a Controversial Issue, in L.M.L. Zaleska Onyshkevych, M.G. Rewakowicz (a cura di), Contemporary Ukraine on the Cultural Map Of Europe, M. E. Sharp, Armonk; New York 2009, pp. 29-39.
[2] G. Lami, La questione ucraina fra ‘800 e ‘900, Cuem, Milano 2005.
[3] G. Lami, L’Ucraina in 100 date. Dalla Rus’ di Kyïv ai nostri giorni, Dalla Porta, Pisa 2022.
[4] G. Lami, Storia dell’Europa orientale. Da Napoleone alla Prima guerra mondiale, Mondadori Education; Le Monnier Università, Milano-Firenze 2019.
[5] G. Lami, Ucraina 1921-1956, Cuem, Milano 2008.
[6] R.P. Magocsi, A History of Ukraine, Toronto University press, Toronto 1996; A. Kappeler, Petite histoire de l’Ukraine, Institut d’etudes slaves, Paris 1997 (ed. or. tedesca 1994); Ya. Hrycak, Historia Ukrainy. 1772-1999. Narodziny nowoczesnego narodu [Storia dell’Ucraina. 1772-1999. La nascita di una nazione moderna], Institut Europy Środkovo-Wschodnej, Lublin 2000; O. Subtelny, Ukraine. A History, Toronto University press, Toronto, 2000; A. Wilson, The Ukrainians: Unexpected Nation, Yale University Press, Yale 2000.
[7] A. Dell’Asta, La “Pace russa”. La teologia politica di Putin, Morcelliana, Brescia 2023.
[8] E. Cinnella, Ucraina. Il genocidio dimenticato. 1932-1933, Della Porta, Pisa, 2018; A. Applebaum, La grande “carestia”. La guerra di Stalin all’Ucraina, Mondadori, Milano, 2019; R. Conquest, Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica, Rizzoli, Milano 2023 (ed. or. inglese 1986).
[9] Bellezza, Ucraina. Insorgere per la democrazia, La Scuola, Brescia 2014.
[10] A. Dell’Asta, La “Pace russa”. La teologia politica di Putin, Morcelliana, Brescia 2023.
[11] P.R. Magocsi, Historical Atlas of East Central Europe, University of Washington Press, Seattle; London 1993 e Idem, Historical Atlas of Central Europe, University of Toronto Press, Toronto 2019 (3° edizione); varie selezioni di mappe su «Limes» e ISPI, Speciale Russia-Ucraina: Dieci mappe per capire il conflitto, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/speciale-russia-ucraina-10-mappe-capire-il-conflitto-33483.
[12] Si veda la bella panoramica della storia ucraina offerta, nell’immediatezza dell’invasione, da E. Cinnella, Il passato per capire il presente, https://www.dellaportaeditori.it/marginalia/ucraina-il-passato-per-capire-il-presente/.
[13] A. Salomoni, Il protocollo segreto. Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della storia, il Mulino, Bologna 2022.
[14] S.A. Bellezza, Le radici del conflitto nel Donbas, in “Micromega”, 10 maggio 2022, https://www.micromega.net/radici-conflitto-donbas/.
[15] Address by the President Of the Russian Federation, February 21, 2022, http://en.kremlin.ru/events/president/news/67828; cfr. anche V.V. Putin, On the Historical Unity of Russians and Ukrainians, 12 luglio 2021, http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181. Per un’analisi dei discorsi di Putin sull’Ucraina cfr. G. Lami, La storia “ad uso e consumo”: i discorsi di Vladimir Putin, Fondazione Feltrinelli, Milano, 2022.