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La Fabbrica del Cinema di Carbonia

Un esempio di cantiere culturale permanente nel Sulcis e di riqualificazione dell’ex patrimonio minerario

Ingresso principale della ex direzione amministrativa della Grande Miniera di Serbariu (2022).
Crediti: foto dell’autore.

Abstract

La “Fabbrica del Cinema”, ospitata nella riqualificata ex direzione amministrativa della miniera di Serbariu a Carbonia, è un importante polo culturale pubblico multifunzionale nel territorio del Sulcis che concilia la ricerca sulla memoria e sull’identità, profondamente ancorata alla storia del lavoro, con innovativi percorsi di formazione. Lo scritto, proposto in prima persona dal direttore regionale dei Centri servizi culturali della Società Umanitaria in Sardegna, ripercorre la genesi del progetto sin da suoi esordi, descrivendo le varie fasi di crescita, le esperienze laboratoriali con le scuole, la produzione audiovisiva per documentare la storia locale, la digitalizzazione di materiali d’archivio. La struttura, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna, mira anche alla formazione dei giovani professionisti al fine di creare nuove opportunità di lavoro ponendo sempre al centro la promozione della cultura cinematografica.

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The ‘Fabbrica del Cinema’ (Cinema Factory), housed in the redeveloped former administration building of the Serbariu mine in Carbonia, is an important multifunctional public cultural centre in the Sulcis area that reconciles research on memory and identity, deeply rooted in the history of work, with innovative training courses. The paper, proposed in the first person by the regional director of the Cultural Service Centres of the Società Umanitaria in Sardinia, traces the genesis of the project from its beginnings, describing the various stages of growth, the workshop experiences with schools, the audiovisual production to document local history, and the digitisation of archive materials. The facility, financed by the Autonomous Region of Sardinia, also aims to train young professionals in order to create new job opportunities, always focusing on the promotion of film culture.

Dagli esordi ai grandi festival

Se si volesse raccontare l’identità di un territorio, bisognerebbe pensare alla memoria. La memoria racconta la base del vivere sociale, parla della storia di un popolo, narra le origini delle persone che hanno creato una comunità. E la comunità, la cittadinanza, racconta di un luogo. Quando abbiamo pensato all’edificio che avrebbe ospitato il Centro di servizi culturali (Csc) di Carbonia della Società Umanitaria e il suo nuovo progetto, si è partiti proprio dall’identità del luogo.

La miniera di Serbariu e l’estrazione del carbone hanno rappresentato per decenni l’identità profonda della città. La vicenda industriale è stata, per la gente di Carbonia e del Sulcis, non solo lavoro, non solo salario, ma una storia sociale, una memoria collettiva.

Ispirati dal filosofo pragmatista americano Chauncey Wright, il quale a metà del XIX secolo sosteneva che un veicolo costitutivo del cambiamento e dell’innovazione della società potesse essere raffigurato dalla capacità di utilizzare per nuovi usi i vecchi strumenti, fossero essi utensili, macchine, ma anche fabbricati,[1] abbiamo pensato alla palazzina della direzione amministrativa della Grande Miniera di Serbariu quale luogo a cui approdare per dar vita al progetto Fabbrica del Cinema. E, d’altra parte, memoria e innovazione sociale sono integrate nella lunga storia della Società Umanitaria, ente morale chiamato in Sardegna negli anni Sessanta,[2] per volere della Cassa del Mezzogiorno, con il compito di provvedere a un’infrastrutturazione culturale diffusa attraverso la gestione diretta di alcuni centri di servizi. La funzione principale del progetto doveva essere quella di accompagnare lo sviluppo industriale dell’isola affiancandolo allo sviluppo culturale e a un programma di formazione permanente rivolto ai giovani e agli adulti.

Questa proposta ha determinato un percorso che, per il Csc di Carbonia, si è affermato fin dagli anni Settanta, con delle azioni tese a utilizzare il cinema per fini formativi e didattici. Sedi di partito, sedi sindacali, scuole, gruppi informali e circoli del cinema: ogni luogo era adatto a poter proiettare un film, grazie anche all’utilizzo di attrezzature agili come i proiettori 16mm. Insieme alla proiezione si promuoveva la discussione, cercando, da un lato, di formare i gruppi a un’educazione al dibattito e all’analisi e alla decodificazione di un testo audiovisivo, dall’altro, di provare a trattare collettivamente temi di stretta attualità, cercando al contempo di trasporli sulla realtà sociale del territorio dove si svolgeva l’incontro. Protagonisti di questa stagione entusiasmante furono operatori culturali come Salvatore Figus e Marino Canzoneri.

Negli anni Ottanta si è aperta una nuova fase che, grazie all’acquisto di attrezzature di ripresa pari al miglior livello di broadcasting dell’epoca, ha consentito di intervenire massicciamente nelle scuole e di avviare così una stagione di produzioni audiovisive realizzate secondo lo spirito di uno dei tanti teorici di cui si è potuta avvalere la Società Umanitaria: Filippo Maria De Santis. La sua metodologia del “fare per capire” traduceva sul piano di un laboratorio di cinema – in cui le studentesse e gli studenti, attraverso la produzione diretta, scoprivano da sé il funzionamento dei meccanismi narratologici ed espressivi di un testo audiovisivo – uno dei più importanti insegnamenti della pedagogia contemporanea. Sono gli anni della prima edizione della Biennale sarda Cineragazzi (caratterizzata dal titolo Immagini, Tecnologie Mentali e Produzione, realizzata dal 12 al 14 dicembre 1986 al salone Velio Spano di Carbonia), rassegna dedicata al cinema in ambito scolastico o educativo. Grazie a questa manifestazione, il Centro ha potuto connettersi con altri progetti che in Italia si occupavano di produrre e far vedere il cinema fatto dai ragazzi, con i ragazzi e per i ragazzi: principalmente con i Festival di Pisa e Mondavio e, successivamente, con le esperienze di Genova, Torino, Milano, Mantova, Brescia, Bari.

Cineragazzi inizia a inserirsi e circolare all’interno di una rete nazionale impegnata nella promozione dell’educazione all’immagine nella scuola italiana formata da Università, associazioni e gruppi appartenenti al mondo dell’istruzione di ogni ordine e grado riuniti nel Cias, Comitato italiano audiovisivi e scuola. Nella rete è diffusa una selezione dei migliori prodotti audiovisivi realizzati nelle scuole di ciascuna sede aderente al circuito.

Dal 1986 al 2003 si svolgono ben sei edizioni della rassegna Cineragazzi, che accrescono progressivamente l’entità della rete coinvolta e consentono di aprirsi alle cinematografie del Mediterraneo, coinvolgendo, fra gli altri, il mondo accademico e il Centro sperimentale di cinematografia.

Gli anni Novanta hanno portato alla realizzazione delle cosiddette “storie di vita”, un ciclo di interviste realizzate con protagoniste e protagonisti della storia materiale e soprattutto mineraria del Sulcis che avevano l’ambizione di fissare in un filmato la memoria del lavoro, del vivere e dell’abitare del territorio.

A fine decennio si è quindi aperta l’epoca dei grandi eventi con la realizzazione di storiche manifestazioni come Mare e miniere e l’avvio del Mediterraneo film festival, oggi Carbonia film festival, che hanno permesso al Centro di potersi confrontare con problematiche e tematiche del tutto nuove, sperimentando la promozione della cultura cinematografica, ma anche musicale, visuale e etnovisuale, sul piano di un’iniziativa articolata e complessa.

Parlare di ciò che oggi è la Fabbrica del Cinema senza aver delineato il percorso fin qui tracciato potrebbe apparire non solo futile, ma anche fuorviante. Chi desiderasse comprendere la realtà del polo culturale di Carbonia, come oggi si presenta agli occhi dei visitatori, deve pertanto prendere le mosse dalle origini.

La Fabbrica del Cinema a Serbariu

Quello della Fabbrica del Cinema è quindi un percorso che viene da lontano. Nasce negli anni Novanta da un progetto scritto e proposto al Comune di Carbonia per poi trovare una sua concreta attuazione solo nel 2015, grazie ai finanziamenti della Regione Autonoma Sardegna,[3] e, soprattutto, per merito della Fondazione di Sardegna,[4] come pure del significativo sostegno espresso dalla locale società cooperativa Euralcoop. Allora, come accennato, si era riusciti a prendere in carico la gestione della palazzina dell’ex direzione amministrativa della miniera e a riammodernarne le sale, climatizzarle, ripristinare quanto il tempo aveva deturpato, adeguare gli impianti elettrici e, finalmente, proporre in modo adeguato i servizi e organizzare le attività come mai era stato possibile in precedenza.

La prima volta che varcai l’ingresso della direzione amministrativa, mi colpì la sua forma architettonica: una grande “U” rovesciata in perfetto stile razionalista, il maestoso albero di pomelo, l’immensità dei suoi spazi interni così ben organizzati.

L’edificio è strutturato su due piani: un primo piano e un piano seminterrato. Costruito alla fine degli anni Trenta, nell’ala orientale del piano superiore – dotata di un ingresso autonomo – il fabbricato ospitava l’ufficio del direttore e degli impiegati amministrativi. Nell’ala occidentale dello stesso piano era invece allestito il grande locale dove i lavoratori della miniera ritiravano la busta paga, o quel poco che ne rimaneva, detratte le spese per l’acquisto “a libretto” negli spacci aziendali, l’affitto dell’appartamento limitrofo alla miniera e il costo del carbone, necessario per cucinare e riscaldare. Tutti gli introiti di tali spese erano destinati a rientrare nelle casse della ACai, Azienda Carboni Italiani, proprietaria per conto del governo delle concessioni minerarie.

Adiacente alla grande sala, una scalinata di marmo conduce al piano seminterrato dell’edificio, allora adibito a uffici e magazzino e ad un caveau blindato (originariamente, durante la Seconda Guerra mondiale, era il rifugio antiaereo della Direzione) dove erano custoditi i fondi che servivano alle spettanze del personale minerario e per le spese ordinarie della gestione strutturale del soprasuolo e del sottosuolo.

Ad affascinarmi, più di tutto, fu l’ufficio del direttore della miniera, spazio di per sé musealizzato per la presenza di (pochi) arredi (arricchiti grazie alla solerte ricerca e conseguente raccolta condotta dai colleghi del Centro Italiano della Cultura del Carbone) e dello splendido pavimento realizzato in graniglia di marmo in gettata unica (oggi ritenuto un vero e proprio “must” nell’home decor) con, al centro, il simbolo della miniera per eccellenza: la lampada mineraria.

Sapevamo che la casa della Direzione sarebbe stata la sede perfetta per ospitare il progetto Fabbrica del Cinema e, a ben guardare, ne eravamo consapevoli ancor prima di averla visitata.

L’edificio restituiva per l’appunto una conformazione capace di articolare diversi spazi per diverse funzioni. In questo modo, nel nostro immaginario che poi ha trovato realizzazione pratica, la grande stanza dove erano consegnate le buste paga sarebbe diventata una sala cinema e per la convegnistica mentre il piano seminterrato avrebbe ospitato i laboratori. L’ala orientale, invece, sarebbe stata dedicata alle attività dell’archivio (ingressaggio, acquisizione e digitalizzazione), alle attività di produzione e post-produzione audiovisiva, agli uffici di programmazione culturale e a quello amministrativo.

Centro di servizi culturali 2.0

Tanto importante era il progetto, tanto lo sono stati i partner che hanno affiancato il Centro durante il percorso che ha portato alla sua inaugurazione: le amministrazioni comunali di Carbonia e Iglesias; l’amministrazione provinciale di Carbonia-Iglesias (poi gestione commissariale della ex Provincia); il Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna e l’allora Agenzia Regionale per il Lavoro, oggi ASPAL, Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro.

Laddove negli anni Quaranta risuonava il ticchettio di mani esperte sui tasti delle vecchie Olivetti M20, oggi mani diverse digitano su sensibili tastiere multimediali. Se prima si udiva il frusciare di penne e matite guidate da geometri e architetti intenti a disegnare gli edifici del soprasuolo e le gallerie di sfruttamento del giacimento carbonifero di Serbariu miniera, oggi si sentono i ronzii prodotti dai server multimediali, dalle ventole di raffreddamento dei computer e dai router per l’imprescindibile collegamento alla rete. Quotidianamente, nelle sale si riverberano i sibili e i ticchettii degli hard disk, su cui vengono copiati e conservati gli enormi volumi di dati frutto delle più recenti produzioni audiovisive, come JukeBox al Carbone[5] (ovvero la storia di Carbonia dalla nascita a tutti gli anni Novanta narrata attraverso fenomenologia ed esperienza musicale), Schisorgiu 1937[6] (incentrato su una delle più gravi tragedie minerarie), oppure Pani Antigu[7] (che, in un’alternanza tra passato e presente, ripercorre le fasi di lavorazione della filiera del pane nel piccolo agglomerato urbano di Is Urigus).

Una terza sala laboratoriale, ricavata in quello che un tempo era l’ufficio di un ingegnere, è interamente destinata al trattamento dei materiali in pellicola. Un tavolo d’ispezione e un film scanner con ottica in grado di digitalizzare qualsiasi formato di pellicola, unitamente a una workstation basata su un software dedicato al trattamento dei materiali cinematografici digitalizzati e ai processi rigenerativi degli stessi, consentono ai tecnici di riportare a nuova vita materiali dimenticati in soffitta o negli scantinati. C’è soddisfazione nel restituire alla loro bellezza originaria storie di amori estivi consumati in riva al mare, o i bivacchi al termine della faticosa vendemmia, o nel raccontare le realtà industriali di un tempo, come il ciclo produttivo del sale, documentato tra le saline di Stato dell’isola Sant’Antioco e di quella di San Pietro per mano di un provetto operatore, oggi consapevole donatore di una consistente parte di memoria decisamente affascinante.

Le pareti della ex direzione amministrativa, un tempo rigorosamente spoglie, oggi ospitano la mostra permanente di manifesti del cinema che il giornalista, scrittore e documentarista Sergio Naitza ha scelto di mettere a disposizione del Centro. I quadri ritraggono alcune delle scene più conosciute di importanti film italiani e internazionali unitamente a manifesti di grandi dimensioni che ripropongono alcuni dei “capisaldi” del cinema regionale, come Padre Padrone[8] dei fratelli Taviani o Banditi a Orgosolo[9] di Vittorio de Seta. Si aggiungono opere pittoriche e fotografiche donate alla “Fabbrica” dagli autori che, dal 19 dicembre 2015, hanno scelto la palazzina della direzione amministrativa per presentare i propri lavori al pubblico del sud ovest sardo.

La sala cinema e l’importante comparto multimediale sono strutture aperte al tessuto sociale, culturale e associazionistico del territorio. Dedicato alla memoria di Fabio Masala, che fu primo portavoce e divulgatore dell’opera della Società Umanitaria in Sardegna, nonché primo direttore della Cineteca Sarda, lo spazio un tempo ufficio paghe della miniera è oggi una sala cinematografica all’avanguardia tecnologica. Oltre che ospitare eventi e rassegne di carattere cinematografico e audiovisivo e proiezioni per le scuole, alla bisogna diventa luogo per conferenze, attività seminariali e di formazione.

Il comparto multimediale si articola in una serie di schermi “touch” per accedere, in versione plurilingua, alle info storiche del compendio minerario e a quelle relative al Centro servizi culturali.

Ma è soprattutto il pannello di cristallo da 105 pollici che campeggia nella grande installazione della sala mediateca che rappresenta la miglior soluzione d’accesso all’archivio digitalizzato della “Fabbrica”. Attraverso un’interfaccia digitale  sono fruibili i progetti che hanno caratterizzato la “storia” produttiva del Centro, compresi quelli realizzati con le scuole di ogni ordine e grado a cominciare dagli anni Ottanta e fino ai giorni nostri. Si tratta di progetti laboratoriali che prevedono non solo l’acquisizione di competenze teorico-pratiche, ma spesso si concludono con la realizzazione di audiovisivi di ogni tipo, dalla fiction al documentario passando per le animazioni, realizzate sia con la sabbia sia con la tecnica a “passo uno”[10]. Tutto questo è diventato negli anni, insieme a tante interviste di taglio antropologico nella forma di “storie di vita” e ai filmati in pellicola Super 8 che compongono il cinema privato e familiare, un corpus di materiali che rappresenta la memoria storica audiovisiva del territorio.

Il comparto si completa con l’installazione di un visore 3D in grado di far compiere ai visitatori un tour virtuale della palazzina, alla scoperta degli ambienti riprodotti esattamente come si trovavano negli anni Cinquanta, quando la Direzione era in piena attività.

La formazione

Dal 2017 la Fabbrica del cinema gode di un finanziamento speciale della Regione Autonoma della Sardegna riconosciuto al Csc di Carbonia per la realizzazione del progetto cineportuale. Si tratta di un programma di attività che spazia dalla promozione della cultura cinematografica e audiovisiva all’attività di conservazione e promozione della memoria storica, dalle attività di formazione a quelle di produzione audiovisiva, in un bandolo che tiene uniti tutti i fili e compenetrati questi ambiti di azione.

In particolare, le attività di formazione hanno caratterizzato un percorso che negli ultimi sette anni si è rivolto a giovani del settore, a volte fornendo una ulteriore funzione professionalizzante, in altri casi promuovendo una formazione permanente attraverso cicli di incontri laboratoriali nelle scuole secondarie di secondo grado.

Sempre riguardo ai cicli di formazione dedicati a giovani professionisti non si può non citare il format Carbonia Cinema Giovani Filming Lab che nel 2023 ha visto realizzarsi la sua seconda edizione. Il progetto seleziona sei filmmakers da tutta Italia che, per un periodo di 15 e poi di 7 giorni, trascorrono un’esperienza di lavoro nell’isola sotto la guida del regista Daniele Gaglianone e del sociologo Chicco Angius. Tra gli obiettivi del laboratorio, c’è la valorizzazione dei fondi di cinema di famiglia custoditi nel Csc e raccolti attraverso la campagna regionale della Società Umanitaria in Sardegna “La tua Memoria è la nostra Storia”. Al centro dell’attività vi è dunque l’intreccio tra formazione, produzione audiovisiva, valorizzazione e riscoperta della memoria collettiva del territorio. Il celebre regista Stanley Kubrick sosteneva che «il miglior modo per imparare a fare un film è farne uno»[11]: ed è proprio a questa filosofia che il Centro si è ispirato nel proporre la formula del Filming Lab. L’esito filmico della prima edizione del corso, dal titolo Come scintille nel buio[12], è stato selezionato al prestigioso Biografilm Festival di Bologna ed è stato presentato in anteprima nel giugno 2022.

Da segnalare nelle precedenti annualità, prima del CoViD, l’attività si è rivolta anche a giovani animatori e animatrici digitali con i corsi Anim…azione!, diretti da Luca Ralli, incentrati sul lavoro con tecniche 2D e 3D.

Sul fronte della formazione antropologica, è doveroso citare le due edizioni di Saper intervistare e ascoltare, corso diretto dall’antropologo Francesco Bachis. Incentrato sulle metodologie di base della ricerca etnografica, con particolare attenzione alle forme di colloquio formalizzato, principalmente attraverso il metodo delle storie di vita, il progetto di formazione ha fornito strumenti di base di matrice antropologica a chi opera in campo audiovisivo documentaristico. I momenti di lezione frontale sono stati alternati da esercitazioni in classe e da compiti che gli studenti del corso hanno svolto nell’intervallo tra i diversi incontri.

Destinato a professionisti e professioniste che si occupano di scrittura per film, il corso Sceneggiatura e paesaggio in Sardegna articolato in 12 masterclass era invece incentrato sullo sviluppo di progetti originali per il cinema e la serialità televisiva ispirati dai paesaggi della Sardegna e dalle sue ambientazioni. Ideato dalla società Clapbox con la Fondazione Sardegna Film Commission[13], il percorso era rivolto a persone residenti o domiciliate nell’isola che avessero maturato comprovate competenze di scrittura, anche in contesti diversi dall’audiovisivo (dalla narrativa, alla saggistica, al teatro, alla musica al fumetto), interessate ad avvicinarsi alle tecniche della sceneggiatura.

Infine il Centro di Carbonia ha offerto ulteriori opportunità partecipando ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.[14]

 

Conclusioni

Rigenerare uno spazio dismesso, che è anche luogo storico, come la direzione amministrativa della miniera di Serbariu, è stato un investimento cospicuo in termini progettuali e finanziari che ha consentito di riproporre all’interesse generale uno spazio prestigioso pressoché sconosciuto, restituito a nuova vita grazie alla professionalità dei dipendenti del Centro e dei colleghi della Cooperativa “Progetto S.C.I.L.A”.

L’iniziativa non era esente da rischi. Per questo il Centro servizi culturali di Carbonia dell’Umanitaria, anche considerando il processo di pianificazione strategica del territorio isolano, si è proposto di assumere un duplice ruolo: da una parte attinente alla promozione della cultura cinematografica e audiovisiva, che costituisce il primo obiettivo del nostro agire strategico, dall’altra relativo alla creazione di nuove occasioni di collaborazione con le giovani professionalità che vorrebbero spendere la propria passione e le proprie competenze nel territorio. Produzione di nuovi contenuti, raccolta e conservazione di quelli già esistenti, sono attività che possono essere declinate nell’ottica della formazione e del lavoro e risultano due facce della stessa medaglia.

Grazie alle politiche cineportuali si è così potuto concretizzare un progetto di rigenerazione e riconversione creativa di un luogo che la comunità sente, ogni anno che passa, sempre più come proprio.

Portare l’attenzione sulla connotazione identitaria di un luogo non significa però voler puntare su un piano essenzialmente nostalgico poiché siamo convinti che la memoria funzioni davvero solo se interviene sul presente, ovvero se riesce ancora ad orientare il nostro modo di agire e di pensare.

Far rivivere i locali della vecchia Direzione, riqualificandone gli spazi, ha significato pertanto non solo contribuire alla definizione di una identità ambientale che, direttamente e indirettamente, è il riferimento della nostra storia culturale, ma anche rilanciare il ruolo di una struttura così ricca di memoria in un contesto sociale radicalmente mutato.

Il progetto ambisce ad esplicitare una concezione nuova del luogo che oggi ospita il Centro: senza annullare i segni della sua storia umana ed industriale, si intende ritrovare nel presente una funzione aggregante e propositiva. Un cantiere “aperto” che volge il suo sguardo al passato per progettare il futuro e si alimenta del ruolo culturale e sociale che il Centro svolge come punto di riferimento di un intero territorio, spesso spingendosi ai confini dell’isola.

 


Note:

[1] Cfr. C. Wright, L’evoluzione dell’autocoscienza, Rossana Stambaci (a cura di), Spirali, Milano 1997, passim.

[2] Il Centro servizi culturali opera nel Sulcis-Iglesiente dal 1967, anno in cui viene aperta la prima sede nella città di Iglesias.

[3] Per il tramite dell’Assessorato dei Beni Culturali.

[4] Sotto la presidenza di Antonello Cabras.

[5] Juke Box al Carbone, Lato A: Musiche dal sottosuolo, (Italia, 2019, 56’ – regia di Daniele Arca); Lato B: I Ragazzi fanno sul serio, (Italia, 2020, 81’ – regia di Daniele Arca).

[6] Schisorgiu 1937, (Italia, 2021, 40’ – regia di Paolo Carboni).

[7] Pani Antigu, (Italia, 2021, 97’ – regia di Simone Antonio Manca).

[8] Padre Padrone, (Italia, 1977, 114’ – regia di Paolo e Vittorio Taviani).

[9] Banditi a Orgosolo, (Italia, 1961, 98’ – regia di Vittorio De Seta).

[10] Nota anche come stop-motion, ovvero fotogrammi differenti per ciascuno dei 24 quadri che costituiscono un secondo cinematografico: è così possibile creare effetti surreali, animando oggetti e pupazzi o creando effetti di sparizione o sostituzione di corpi.

[11] Uno dei più celebri aforismi di Kubrick che il regista pronunciò in risposta alle critiche dopo la proiezione di un suo film:  https://www.facebook.com/raicultura.it/posts/-il-miglior-modo-per-imparare-a-fare-un-film-%C3%A8-farne-unostanley-kubrick-condivid/1500387403505386/

[12] Come scintille nel buio, (Italia, 2022, 29’ – regia di Daniele Gaglianone).

[13] Il corso è stato sostenuto con fondi strutturali europei dedicati alla Strategia di sviluppo intelligente della Regione Sardegna (attraverso Sardegna Film Commission) e supportato dal Comune di Carbonia insieme alla Fondazione di Sardegna.

[14] Grazie anche all’impegno e al coinvolgimento delle colleghe e dei colleghi della cooperativa Progetto S.C.I.L.A. dei servizi audiovisivi del Sistema Bibliotecario Interurbano del Sulcis dislocati alla “Fabbrica del Cinema”.

Dati articolo

Autore:
Titolo: La Fabbrica del Cinema di Carbonia
DOI:
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Numero della rivista: n.22, dicembre 2024
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, La Fabbrica del Cinema di Carbonia, Novecento.org, n.22, dicembre 2024.

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