Comunicare la storia al tempo dello storytelling. Tecniche umanistiche e digitali per muoversi nella promozione culturale.
IV Master di Comunicazione storica dell’Università di Bologna
Il Master di Comunicazione storica dell’Università di Bologna è nato nel 2009 con l’obiettivo di professionalizzare gli umanisti. Da allora ci sono state tre edizioni – 60 studenti in larga misura soddisfatti, visti i questionari anonimi post corso e gli sviluppi delle loro attività – mentre la quarta edizione partirà a novembre 2015.
Il Master risponde alla più semplice domanda che uno studente laureato in discipline umanistiche si pone: come posso far fruttare le mie competenze culturali nel mondo del lavoro? La mia prospettiva è solo l’insegnamento?
La laurea umanistica ha il pregio di rendere duttile la mente: fornisce tecniche di ricerca, analisi filologica dei documenti, definisce i tratti dei contesti di studio e le sue evoluzioni. L’università italiana ha un’importante tradizione negli studi umanistici (nell’ateneo bolognese Lettere e Lingue sono due riconosciute eccellenze), ma non fornisce gli strumenti per muoversi sul più ampio fronte dell’industria culturale. La professionalizzazione spetta ai master considerati, al pari dei dottorati, istruzione di terzo livello. Purtroppo però molti master sono dei contenitori vuoti: alcuni si presentano con nomi altisonanti per fungere da richiamo – ma poi la presenza del docente di chiara fama si riduce a una conferenza; altri master sono on line – e manca un’autentica interazione con i docenti e fra il gruppo di studenti, altri ancora sono inseriti nell’ambito delle normali lezioni universitarie cosicché viene meno una formazione mirata, professionalizzata e plasmata – dove possibile – sulle peculiarità dello studente. Tutti questi sono modelli didattici antitetici al Master di Comunicazione storica che – sin dalla sua prima edizione – si è caratterizzato per avere mantenuto, quasi integralmente, lo stesso corpo di insegnanti. A cambiare sono stati gli aggiornamenti imposti dalle singole discipline, l’evoluzione della tecnologia e le domande del mercato. La continuità del corpo docente e la disponibilità di tutti a lavorare in gruppo, permette di mantenere una buona integrazione fra i corsi e di realizzare una sorta di filiera tra il tema, i suoi livelli di analisi (storico, letterario, semiotico) e la sua concretizzazione in un formato: un sito internet, un e-book, una infographic, una visualizzazione 3D, una app per cellulari, un documentario. In questo panorama non manca neppure il tradizionale strumento cartaceo: abbiamo infatti istituito con la casa editrice Unicopli la collana Comunicazione storica, dove i nostri studenti si possono cimentare costruendo testi di alta divulgazione attorno a competenze maturate negli studi del Master per la realizzazione di altri supporti.
Si tratta di contenitori diversi per messaggi diversi, poiché l’assunto di Marshall Mc Luhan, il mezzo è il messaggio, resta ancora più vero con lo sviluppo tecnologico. A partire da tale convinzione, miriamo a costruire un sistema didattico che sia in grado di mantenere la correttezza storiografica dell’esposizione di un tema in spazi di diverso formato come sono quelli a cui approda il lavoro finale dei nostri studenti. Così nel 2009, l’approccio didattico è stato quello di scegliere di adottare come strumento lo storytelling, parola di uso corrente in questi ultimi anni, che potremmo definire come una tecnica di costruzione e comunicazione dei significati.
Lo storytelling è molto di più di una formula giornalistica o dell’intercalare vezzoso dello spin doctor. Nel nostro caso mette a confronto gli eventi con le loro interpretazioni contrastanti, con le deformazioni giustificate in nome della politica, dell’audience e del mercato. Quella che Eric Hobsbwam ha felicemente definito come invenzione della tradizione è un rito che formalizza valori, ma è soprattutto un sistema di narrazione. Non è forse vero – come afferma Jerome Bruner ne La ricerca del significato – che ogni significato è negoziato all’interno della comunità? Questo è un aspetto che agli studenti di Comunicazione storica interessa da molti punti vista, considerando la crescente articolazione sociale delle società complesse.
Sul fronte delle politiche culturali del presente, il comunicatore storico deve lavorare come mediatore culturale e mostrare capacità inclusive di fronte a un tessuto sociale sempre più disomogeneo.
È pur vero che una negoziazione in eccesso produce l’abuso pubblico della storia, una complessa deriva che codifica l’esperienza del passato in un errato senso comune storiografico. L’idea di potere arginare questa distorsione è stata una delle molle che inizialmente più ha spinto nel progetto di istituzione del Master, unitamente alla consapevolezza che per realizzare contenuti culturali corretti e in grado di durare non è necessario solo il messaggio, ma la conoscenza e l’accesso al medium.
Al di là delle abilità che il Master si prefigge di fornire agli studenti, né i docenti né gli studenti si dimenticano di essere anzitutto umanisti (ancorché digitali) e questo importante patrimonio si cerca di inserirlo in una visione complessiva delle politiche culturali. Inevitabile è il confronto tra il divario italiano di investimenti culturali e potenzialità del patrimonio, e le risorse destinate alla cultura nei paesi vicini, come la Francia, ad esempio.
Da questo punto di vista, il master lavora in due direzioni: verso le istituzioni vuole agire da stimolo nel sostegno delle iniziative culturali, ponendosi anche come stimolatore di domanda di cultura; secondariamente si prefigge di costruire idee, nella consapevolezza che i nostri studenti siano anche in grado, tecnicamente, di realizzarle.
Detto questo occorre anche essere onesti nei confronti di coloro che si accingono a frequentare i nostri corsi: il Master non offre un lavoro, ma fornisce strumenti di lavoro, il Master non è un ufficio di collocamento, ma offre l’opportunità agli studenti di creare relazioni utili per successive carriere. Lavorare nella redazione di un programma come La storia siamo noi, o a un qualunque altro programma di Rai Storia, permette di imparare come funziona il lavoro di gruppo, come si scrive un programma, come si cercano i materiali nelle teche e come si montano. Non è un caso che alcuni nostri studenti abbiano continuato a collaborare con la Rai che, per gli stage, è il nostro principale approdo professionale.
Non ultimo, in una visione che vede tutto il corpo docente convinto del primato dell’istruzione pubblica, un contenuto prezzo di iscrizione: 3.000 euro, tariffa inalterata dal 2011.