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Gli archivi scolastici tra conservazione, ricerca e didattica

Riflessioni a margine di un seminario romano
(19 maggio 2022, Palazzo Ceva)

Abstract

Gli archivi scolastici conservano fonti preziose per la ricerca storica e per la didattica attiva. La possibilità di utilizzarle passa attraverso la necessaria promozione di politiche di sistemazione e conservazione, strutturali e durevoli. Questo articolo parte dal racconto di un seminario svoltosi a Roma nel maggio del 2022 per proporre una riflessione su questi temi. Le parole di chi scrive si intrecciano a quelle di storiche/ci, archivisti/e e docenti che hanno partecipato all’incontro, con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione pubblica su un bene da conoscere e valorizzare.
Il testo riflette inoltre sulla didattica della storia nelle università italiane, con riferimenti al Corso di laurea in Scienze della storia e del documento e sul Laboratorio permanente di didattica della storia dell’Università di Roma Tor Vergata.

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School archives preserve valuable sources for historical research and active teaching. The possibility of using them passes through the necessary promotion of structural and durable accommodation and preservation policies. This article starts from the account of a seminar held in Rome in May 2022 to propose a reflection on these issues. The words of the writer are interwoven with those of historians, archivists and teachers who participated in the meeting, with the aim of keeping public attention high on an asset to be known and valued.
The text also reflects on the didactics of history in Italian universities, with references to the degree course in History and Documentary Sciences and the Permanent Laboratory of History Didactics at the University of Rome Tor Vergata.

Il seminario

Nel pomeriggio del 19 maggio 2022, presso l’Aula Magna dello storico Palazzo Ceva a Roma – situato nell’area dei Mercati di Traiano e sede di una delle due scuole secondarie di primo grado dell’Istituto comprensivo Ennio Quirino Visconti – si è tenuto il seminario Gli archivi scolastici tra conservazione, ricerca e didattica. L’incontro, organizzato dal Corso di laurea in Scienze della storia e del documento dell’Università di Roma Tor Vergata, è stato concepito nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto comprensivo ospitante.[1] Le sollecitazioni a organizzare il seminario sono state diverse: la presenza presso la sede centrale del ‘Viscontino’ – con questa denominazione è noto a Roma il suddetto Istituto comprensivo – di un archivio storico risalente alla fine dell’Ottocento; la creazione di un centro di documentazione a partire dall’archivio scolastico dell’I.I.S. ‘Edoardo Amaldi’ di Roma (Liceo scientifico, linguistico e classico), grazie alla collaborazione tra il CNR-Ismed e un gruppo di insegnanti della scuola, tra cui Danilo Corradi, che collabora al corso di Didattica della storia – di cui chi scrive è titolare – presso l’ateneo di Tor Vergata.[2] A queste sollecitazioni si è aggiunta presto l’esigenza, su un piano più generale, di tornare a riflettere sulle potenzialità di questi importanti luoghi di conservazione della memoria scolastica e le criticità che riguardano la loro conservazione e il loro uso ai fini della ricerca e della didattica, considerata l’intermittente attenzione di cui godono da parte delle istituzioni e della società tutta. Il Laboratorio permanente di didattica della storia dell’Università di Roma Tor Vergata[3] ha recepito queste istanze, pensando di dedicare un percorso di formazione per docenti sul tema degli archivi scolastici, da inaugurare con questo primo momento di riflessione seminariale. Come si può evincere dallo stesso titolo, pure nel poco tempo a disposizione – essendo il seminario organizzato sulla durata di un pomeriggio – si è voluta mettere in evidenza l’inscindibilità degli aspetti della conservazione, della ricerca e della didattica nel guardare agli archivi scolastici, soprattutto se osservati dal punto di vista della scuola. La riflessione su questo intreccio ha previsto il coinvolgimento di competenze archivistiche, storiche e didattiche in dialogo con una platea di studenti del corso di laurea e docenti dell’Istituto comprensivo. Dopo i saluti istituzionali, la Dirigente Scolastica Rossana Piera Guglielmi, ha presentato l’archivio scolastico del Viscontino e la Biblioteca Magistrale Laziale.[4] Chi scrive ha poi proseguito coordinando i seguenti interventi: di Mirella D’Ascenzo, ordinaria di Storia della scuola e di Storia dell’educazione presso l’Università di Bologna, su Gli archivi scolastici come patrimonio per la ricerca e risorsa per la didattica; di Nicoletta Valente, archivista presso la società Memoria. Servizi archivistici su Gli archivi scolastici: una fonte da censire, conoscere e valorizzare; di Alberto Ventura, Dottore di ricerca in Storia contemporanea, dal titolo «Incorreggibilmente birboni»? La vita nelle scuole elementari del quartiere Barca di Bologna nelle carte degli archivi scolastici (1955-1978); di Mariagabriella Calogiuri, docente del Liceo Classico Statale G. Palmieri di Lecce, su Tracce femminili nell’Archivio storico del Liceo “G. Palmieri” di Lecce. L’esperienza di un laboratorio di storia e, infine, di Danilo Corradi, già presentato, e Francesco Di Filippo, ricercatore del CNR-ISMed, sull’esperienza de Il centro di documentazione come percorso per la ricerca e la didattica in scuole di recente costituzione.

 

Ordinare e riordinare gli archivi scolastici: la normativa

Come ha avuto modo di sottolineare Mirella D’Ascenzo nella relazione presentata al seminario ma anche nei vari suoi contributi sul tema, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono stati pensati e realizzati i primi censimenti di archivi scolastici promossi da soprintendenze archivistiche e archivi di stato, ma anche da enti locali, istituti per la Resistenza e talvolta dalle medesime istituzioni scolastiche, o anche da studiosi e studiose, per ragioni e con finalità differenti.[5] I censimenti sono stati concepiti come uno strumento fondamentale ai fini della costruzione di una mappatura che li rendesse visibili e facesse emergere le esigenze di riordino ai fini dell’utilizzo per scopi amministrativi, di ricerca o didattici.

L’interesse nei confronti di queste miniere della memoria scolastica sorgeva anche sull’onda di – ma allo stesso tempo sosteneva – una “rivoluzione storiografica” che ha riguardato la storia della scuola e che ha consentito il passaggio da un’attenzione verso la storia dell’istituzione basato sulle fonti legislative e sulle teorie pedagogiche a uno sguardo “dal basso”, differenziato tra le singole realtà, centrato sul loro funzionamento, sulla cultura scolastica da loro prodotta, sul rapporto con le istituzioni e sulle relazioni con il territorio, con affondi nell’ambito della storia sociale.[6]

A sostenere gli indirizzi della ricerca si manifestava al contempo una maggiore attenzione istituzionale verso gli archivi scolastici, sollecitata dai grandi cambiamenti in ambito amministrativo.  Un momento periodizzante per la storia degli archivi scolastici si colloca infatti alla fine del secolo scorso, quando le scuole italiane sono state trasformate in enti pubblici acquisendo autonomia amministrativa e, con essa, completa autonomia sulla gestione dei propri archivi e, dunque, sulla propria storia e identità.

In particolare, i provvedimenti sull’autonomia scolastica – art. 21 della Legge n. 59 del 15 marzo 1997, nota come legge Bassanini, dal nome dell’allora Ministro per la Funzione Pubblica e gli Affari Regionali –, il successivo D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999 – che indica le specificità e le declinazioni dell’autonomia scolastica – e il D. Lgs. n. 300 del 30 luglio 1999 – che detta norme per la razionalizzazione, il riordino, la soppressione e la fusione di ministeri, l’istituzione di agenzie, il riordino dell’amministrazione periferica dello Stato – hanno trasformato tutte le istituzioni scolastiche in enti pubblici, sotto la responsabilità dei dirigenti scolastici, e conferito loro personalità giuridica (per cui le scuole sono enti pubblici soggetti di diritti, di doveri e degli effetti delle azioni giuridicamente rilevanti). Le scuole hanno così acquisito «una propria identità storico-culturale, che è espressa nella documentazione prodotta nel tempo».[7] Sul destino degli archivi scolastici interviene poi il D. Lgs. del 29 ottobre 1999 n. 490, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali che li sottopone, in quanto archivi di enti pubblici, alla vigilanza delle soprintendenze archivistiche. Le scuole sono pertanto obbligate a «ordinare i propri archivi e inventariare i propri archivi storici, costituiti dai documenti relativi agli affari esauriti da oltre quaranta anni».[8] Inoltre, nel caso di soppressione o accorpamento di istituti scolastici, la tutela dei loro archivi viene affidata alle soprintendenze archivistiche competenti per il territorio.[9] Torna sulle medesime questioni il successivo Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. N. 42 del 22 gennaio 2004) che disciplina le competenze del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) e delle Soprintendenze, collocando anche gli archivi scolastici sotto la tutela della Soprintendenza archivistica competente per territorio. In virtù di questa supervisione sono state emanate dal MIBAC nel 2008 le Linee guida per gli archivi delle istituzioni scolastiche.[10] Le Linee guida, riconoscendo gli archivi scolastici come «patrimonio archivistico di insostituibile valore poiché conservano la memoria dell’attività didattica nelle sue più specifiche articolazioni ed al contempo consentono di ricostruire la storia culturale e sociale dell’istruzione pubblica italiana sia in ambito locale sia nazionale»,[11] sottolineano l’importanza della razionale e organizzata conservazione degli archivi cartacei ed elettronici, non solo per l’efficace amministrazione, ma anche per agevolare la ricerca storica. Dunque, le istituzioni scolastiche hanno l’obbligo di ordinare il proprio archivio corrente («complesso di documenti relativi ad affari in corso») e riordinare quello esistente, sia di deposito («complesso di documenti relativi ad affari conclusi, conservati separatamente, prima del trasferimento all’archivio storico») sia storico («complesso dei documenti relativi ad affari conclusi da oltre 40 anni e destinati, previa operazione di scarto, alla conservazione per un tempo illimitato per fini prevalentemente storico-culturali»),[12] con obbligo di depositarlo nell’Archivio di Stato competente del territorio in caso di impossibilità a conservarlo in maniera adeguata.[13] Tuttavia, come da più parti rilevato, nonostante l’emanazione di chiare disposizioni legislative in merito – seppure tardiva –, continua a mancare una diffusa consapevolezza dell’importanza della conservazione. Unitamente a ciò la carenza di spazi, di adeguati finanziamenti e di competenze, hanno fatto sì che le scuole si siano spesso disfatte e si continuino a disfare del loro passato oppure tendano a conservare maggiormente documenti amministrativi e contabili piuttosto che quelli relativi alla didattica.[14] Riguardo alla conservazione del materiale didattico, è fondamentale anche il ruolo delle e degli insegnanti, cui spesso è conferita implicitamente un’autonomia decisionale senza direttive e indicazioni riguardo alle modalità di custodire la documentazione (disegni, fotografie, materiale audiovisivo, ecc.). Basti pensare al materiale giacente negli archivi informali privati dei e delle docenti, alle cartelle di file su personal computer o alle fotografie e ai video su smartphone, per la gestione dei quali occorrerebbe un’adeguata formazione.

 

Censire e valorizzare gli archivi scolastici

Il censimento è ritenuto dunque un passaggio imprescindibile, utile alle soprintendenze responsabili degli archivi e alle istituzioni scolastiche stesse che, attraverso esso, acquisiscono consapevolezza della loro storia; lo è anche ai fini della creazione di una rete di competenze necessaria per il percorso di sistemazione, risistemazione, valorizzazione e uso per la ricerca e la didattica. Scrive Mirella D’Ascenzo:

L’operazione di censimento costituisce la prima delle operazioni necessarie per la salvaguardia degli archivi stessi, propedeutica a rendere possibile la fruizione degli archivi scolastici, troppo spesso sconosciuti sia ai singoli cittadini sia agli studiosi, laddove appare invece sempre più evidente la loro rilevanza scientifica e culturale ai fini della ricostruzione della storia scolastica della città e provincia di Bologna tra Otto e Novecento, ma anche dell’intera storia educativa, didattica e sociale della Nazione dopo l’Unità.[15]

Mirella D’Ascenzo ha riportato informazioni circa le attività di ricognizione, censimento, riordino degli archivi scolastici dell’Emilia-Romagna da parte della Soprintendenza archivistica, degli istituti di storia contemporanea, degli archivi provinciali e comunali. In particolare si è soffermata sul censimento che ha riguardato le scuole della provincia di Bologna tra il 2013 e il 2014, ultima mappatura effettuata a oggi. Il censimento ha previsto la compilazione di una scheda destinata, in una fase iniziale, agli istituti comprensivi e alle direzioni didattiche; ha escluso le scuole secondarie, visto che erano già state interessate da una precedente rilevazione della Provincia e anche le scuole private, vista la loro differente storia. La scheda è stata consegnata a 81 plessi scolastici di cui oltre il 90% l’ha restituita compilata. Fra gli istituti che non hanno inviato la scheda compilata ne erano alcuni che hanno segnalato l’impossibilità a rispondere per i danni causati dal terremoto del 2012. Spesso le scuole non hanno compilato il questionario per intero o hanno fornito informazioni imprecise per mancanza di tempo e personale competente.[16] Il censimento ha messo in evidenza numerosi esempi di conservazione virtuosa di archivi, non solo nel capoluogo ma anche in alcune province e più piccoli comuni.

In varie regioni italiane, è stata la suddetta normativa a costituire l’impulso a censire gli archivi delle scuole. Questo è avvenuto nella Regione Lazio e a raccontarlo all’uditorio del seminario è stata una delle sue protagoniste, Nicoletta Valente. Il censimento – sostenuto dall’Irsifar e finanziato dalla Regione Lazio insieme alla Soprintendenza archivistica – è stato realizzato nei primi anni 2000 e ha riguardato nella prima fase alcune scuole secondarie di secondo grado di Roma e provincia. Nello specifico il progetto è stato coordinato da Gemma Luzzi, docente e coordinatrice delle attività educative del Museo storico della Liberazione di via Tasso, e affidato a Roberta Sibbio e Nicoletta Valente, archiviste della società romana di servizi archivistici Memoria. Il lavoro è stato articolato in varie fasi: una prima prevedeva il censimento delle scuole superiori di Roma; una seconda il riordino degli archivi scolastici di maggiore interesse storico (sulla base di precedenti esperienze di riordino condotte dalla Soprintendenza nel Liceo scientifico Cavour e nel Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, scuole con una grande tradizione storica); una terza, infine, un corso di formazione per docenti e studenti, con l’intervento della Soprintendenza Archivistica per il Lazio, che fornisse le competenze per la gestione e l’utilizzo dell’archivio. Gli istituti destinatari sono stati individuati nelle superiori – poiché inferiori per numero alle elementari e medie,[17] viste le limitate risorse a disposizione – fondate tra il 1870 (nascita di scuole di Stato e trasformazione di molte scuole religiose in scuole statali) e il 1963 (visto che con la legge sulla scuola media unica del dicembre del 1962 si modifica la tipologia di alcune scuole superiori). Si pensava inizialmente di dedicare una fase successiva al rilevamento degli archivi delle scuole elementari ma questo percorso, al momento, non è stato ancora attivato. Sono stati individuati 50 istituti dei quali 28 hanno compilato le schede predisposte per il censimento.[18] L’intervento di Nicoletta Valente ha messo in luce come dal censimento siano emerse delle tendenze generali da tenere in considerazione per le iniziative future. Anche nel caso romano sono state individuate delle realtà positive, nelle quali gli archivi non hanno subito dispersioni significative e lo stato di conservazione è discreto: è il caso – tra gli altri – del Liceo Augusto di Roma, che conserva interamente il suo archivio storico. Più in generale, escluse alcune scuole che hanno versato il proprio fondo negli archivi di Stato, gli archivi scolastici sono custoditi nella scuola che li ha prodotti. Tutti sono conservati in stato più o meno discreto o buono, in locali adeguati, anche se frequentemente sono stati effettuati scarti in modo arbitrario non rispondenti a criteri scientifici, in base ai quali sono stati mantenuti inutilmente documenti amministrativi e contabili, mentre sono stati scartati documenti generalmente destinati alla conservazione permanente. Questo anche in ragione del fatto che nelle segreterie delle scuole è per lo più assente personale specializzato addetto all’archivio storico, che abbia competenze archivistiche e sappia gestire il riordino e la conservazione[19]. Tuttavia, questa prima ricognizione ha dato vita a progetti e pubblicazioni[20] nelle quali il racconto dell’esperienza è accompagnato da riflessioni più ampie, sulla necessità di una «concreta e adeguata opera di salvaguardia»[21] degli archivi scolastici.

In seguito al censimento sono stati effettuati gli inventari del Liceo classico Visconti (2008) e del Liceo classico Augusto di Roma (2009). Nicoletta Valente sottolinea l’importanza di “far uscire dai luoghi abituali di conservazione gli archivi appena ordinati”. Dall’esperienza del censimento romano, oltre al rilevamento e alla sistemazione di alcuni archivi, è stata realizzata la mostra Dagli archivi delle scuole romane, promossa dal sindaco Walter Veltroni e tenutasi dal 12 maggio all’11 giugno 2006 nel Salone Centrale del Complesso del Vittoriano, che ha visto esposto il materiale proveniente da venti istituti romani e studenti impegnati nella ricostruzione e nella scrittura della storia della propria scuola.[22] Si tornerà più avanti sulle valenze formative dell’uso dell’archivio scolastico nella didattica. Valente illustra quindi alcuni percorsi che l’hanno vista coinvolta come persona esperta, forse datati per i supporti utilizzati ma significativi dal punto di vista metodologico: la mostra per i settant’anni del Liceo Augusto (2008) e quella per i quarant’anni del Liceo Socrate (2011). Per le esposizioni si è fatto ricorso a pannelli contenenti documenti – testi e immagini – e testi esplicativi ma, specie negli ultimi anni, sono cambiati gli strumenti e le modalità della valorizzazione (con un maggiore utilizzo di prodotti multimediali).

Nicoletta Valente ricorda infine che gli archivi scolastici censiti e inventariati sono confluiti nei sistemi informativi in rete: il SIUSA, Sistema Informativo Unico per le Soprintendenze Archivistiche, rimanda a 118 complessi archivistici scolastici, appartenenti prevalentemente alle regioni Umbria, Liguria e Calabria; il SIAS, Sistema Informativo per gli Archivi di Stato, che riporta però pochi risultati e infine SAN, Sistema Archivistico Nazionale, per il quale si dispone di molti risultati di ricerca. Proseguire in questo lavoro sistematico di censimento e inventariazione degli archivi delle scuole sarebbe di grande supporto alla ricerca che, al momento, troppo spesso è condizionata da ritrovamenti e salvataggi occasionali.

 

Fare storia con gli archivi scolastici

Mirella D’Ascenzo, nel suo intervento di apertura al seminario, ha ribadito l’importanza dell’archivio scolastico come luogo di sedimentazione di fonti fondamentali per la ricostruzione della scuola reale. Infatti, la documentazione amministrativa delle scuole e la documentazione didattica, generalmente presente in misura minore poiché viene più facilmente scartata, come si è già detto,[23] costituiscono materiale che consente di spostarsi dal generale al particolare e viceversa, favorendo il superamento dell’immagine della «scuola legale e ideale», per usare le parole della relatrice. Già nel 2016 Simonetta Soldani scriveva «Andar per scuole in cerca di archivi, da una decina d’anni almeno non è più esclusiva di assidui cultori di piccole patrie, o di presidi e insegnanti interessati a decifrare vicende e identità del loro luogo di vita e di lavoro, al di là del fatto che anche questo tipo di pubblicazioni ha spesso una utilità e dignità documentaria che sarebbe sbagliato sottovalutare».[24] Non è possibile in questa sede dare conto della corposa bibliografia riguardante ricerche che si sono avvalse di fonti conservate in archivi scolastici, generalmente riconducibili a due tipologie: quelle che partono da uno sguardo più ampio e si servono dei documenti scolastici come una fonte tra altre e  quelle che partono dagli archivi delle scuole e, attraverso essi, offrono una lettura concreta della storia della scuola mettendola in dialogo con la storia sociale, culturale e politica.[25]

Mi soffermerò più a lungo sulla ricerca di Alberto Ventura, condotta sugli archivi delle scuole elementari del quartiere Barca di Bologna, lavoro presentato durante il seminario romano.[26] In qualità di componente prima e presidente poi del Consiglio dell’Istituto comprensivo 1 di Bologna, Ventura è venuto a conoscenza del fatto che la scuola conserva, nel suo archivio storico, una serie completa di registri risalenti agli anni 1955-1978, insieme ad altra documentazione conservata in modo meno sistematico. Il quartiere Barca, alla periferia di Bologna, meta di immigrazione prima dalle campagne limitrofe e da altre province della Regione, poi dal Sud della Penisola, è un quartiere che al tempo non godeva di buona fama ma che era oggetto di un’attenzione molto alta da parte delle istituzioni locali. L’amministrazione comunale, infatti, per accogliere una popolazione in continua crescita, avviò nella zona un piano progressista di edilizia popolare e scolastica. L’arco cronologico coperto consente di guardare a un tornante fondamentale per la storia politica e sociale italiana ma anche per la storia della scuola: basti pensare alla riforma della scuola media, all’introduzione del tempo pieno, ai decreti delegati e al tema delle disabilità. Si tratta di una ricerca “dal basso” davvero ricca, scrupolosa e dettagliata, che offre spunti metodologici e ricostruisce le azioni e le interazioni delle soggettività attive nel contesto scolastico – insegnanti, studenti, famiglie –, le quali si muovono entro i quadri normativi e in un sistema organizzato interpretandoli in modi differenti, adeguandosi a essi o provando a modificarli.

 

Gli archivi scolastici per la didattica della storia

Dalla gran parte delle relazioni che hanno composto il dialogo seminariale è emersa con forza la valenza degli archivi scolastici come risorsa per la didattica. Questi sono uno strumento attraverso il quale è possibile costruire laboratori di storia basati sul confronto diretto con le fonti primarie, una ricerca documentale da affiancare alle più utilizzate sintesi manualistiche. Percorso che non è aggiuntivo rispetto alle indicazioni ministeriali per il curricolo e alla progettazione ma che, come ha ben illustrato Mirella D’Ascenzo, si pone in linea con le Indicazioni per il primo ciclo (2012), con il documento per la secondaria di secondo grado (2010) ma anche con il Piano nazionale per l’educazione al patrimonio culturale (2015) e le Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica (2020). Attraverso progetti didattici che utilizzino le fonti contenute negli archivi scolastici è infatti possibile altresì educare al patrimonio culturale riconoscendo il valore dell’istituzione scolastica come parte fondante della vita di una comunità, la cui storia merita di essere ricostruita, scritta e divulgata. Docenti e studenti “fanno” così la storia, contribuendo a ricostruirla ma anche sentendosi immersi in un momento che è parte del divenire storico e allontanandosi da «un vissuto scolastico tutto ripiegato nel presente, che non guarda al futuro, che non si pensa nel tempo, che non sa darsi valore».[27] In particolare, per alunne e alunni di scuola primaria può essere questo un ottimo espediente per entrare nella storia del Novecento a partire dalla propria diretta esperienza scolastica.

L’intervento di Mariagabriella Calogiuri ha illustrato come questo tipo di percorso è stato realizzato presso il liceo in cui insegna, il Liceo Classico G. Palmieri di Lecce, non soltanto intercettando le traiettorie sopra indicate ma anche utilizzando la categoria di genere. Come viene spiegato anche in una pubblicazione che lo descrive nel dettaglio[28] esso si inserisce nel progetto Tracce femminili negli archivi scolastici, nato nel 2014 dalla collaborazione tra il laboratorio didattico e di ricerca «Archivio della scrittura salentina femminile» attivo presso l’Università del Salento e alcune scuole leccesi di antica fondazione – ex Regia Scuola Normale femminile “Pietro Siciliani” e l’ex Regio Liceo-Ginnasio “Giuseppe Palmieri”. Calogiuri si è soffermata maggiormente sull’esposizione di quanto realizzato nel liceo nel quale insegna. La prima fase del progetto ha previsto una formazione per studenti sulla storia delle donne e di genere, sul sistema educativo scolastico e sul processo di alfabetizzazione femminile tra Otto e Novecento. Una seconda fase ha visto le e gli studenti coinvolti, attraverso il cooperative learning, in percorsi di analisi delle fonti sia provenienti dal proprio archivio scolastico (principalmente registri, ma anche verbali e carteggi) sia da altri archivi locali e biblioteche, con l’obiettivo di effettuare prima una ricerca di tipo quantitativo, successivamente di tipo qualitativo. La ricerca di tipo quantitativo ha voluto indagare la presenza numerica, l’estrazione sociale, la provenienza scolastica della popolazione femminile nella scuola tra fine Ottocento e prima metà del Novecento; quella qualitativa ha invece voluto ricostruire dei profili biografici delle sempre più numerose allieve del liceo.

A seguire Danilo Corradi e Francesco Di Filippo hanno invece illustrato il progetto di PCTO realizzato in collaborazione tra CNR-Ismed e Liceo “Edoardo Amaldi” che si trova a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca. Il grande valore di questo progetto risiede nella possibilità di lavorare con gli archivi di scuole di recente costituzione, che non dispongono ancora di un archivio storico, e nell’elaborazione di metodologie di utilizzo non solo di fonti cartacee, ma anche di registri elettronici in uso nelle scuole. Non ci si addentra ulteriormente nella disamina del progetto poiché un racconto dettagliato ne è già stato fatto da Danilo Corradi nella rivista.[29]

Per concludere (e per proseguire)

Guardare da vicino la progettazione didattica e lo svolgimento di attività realizzate e guidate da docenti competenti offre l’occasione di comprendere il ruolo fondamentale degli archivi scolastici nell’insegnamento della storia ma soprattutto nell’educazione alla cittadinanza. Mette altresì in evidenza l’importanza della presenza degli archivi all’interno delle scuole stesse, perché siano una risorsa facilmente accessibile e consultabile. Questo non significa, tuttavia, che la loro conservazione e la loro gestione debbano continuare a essere subordinate alla presenza occasionale nelle scuole di personale – docente e/o amministrativo – competente, che si dedichi a queste attività sulla spinta di un’iniziativa personale. Sono state avanzate nel tempo diverse ipotesi sulla gestione degli archivi scolastici. Partendo tutte dalla necessità di censire e recuperare il patrimonio documentario giacente nelle scuole, auspicano talune lo spostamento negli archivi di Stato, anche a vantaggio della ricerca, talaltre la creazione di musei “leggeri” della scuola, che si propongano come strutture di supporto e coordinamento degli archivi e/o musei conservati nelle singole scuole.[30] Oltre che continuare a dibattere su questo obiettivo di lungo termine, si dovrebbe procedere sin da ora con un censimento sistematico e con un’adeguata formazione di docenti e del personale amministrativo a supporto della normativa.

 


Note:

[1] Una breve parentesi per raccontare la natura della convenzione, che è riconducibile alla storia della Biblioteca Magistrale Laziale. La Biblioteca venne istituita nel 1923, con lo scopo di alimentare la formazione culturale e professionale del corpo docente. Dopo una prima ubicazione in sedi provvisorie, la Biblioteca fu definitivamente collocata in via della Palombella 3, dove – in parte – si trova ancora oggi. In seguito alla breve presidenza di Giuseppe Prezzolini, la Biblioteca fu diretta per un cinquantennio da Giorgio Gabrielli, ispettore scolastico e animatore pedagogico di cui porta il nome. A partire dal 1973 a continuare il lavoro di Gabrielli fu il suo allievo Dante Grossi. Nel 2011, per consentire i lavori di annessione dei locali della biblioteca all’adiacente Istituto comprensivo “Ennio Quirino Visconti”, gran parte dei volumi della Biblioteca (23.000 circa nel complesso) è stata temporaneamente collocata presso l’Università di Roma Tor Vergata. Nel 2022, con una convenzione tra il Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società dell’Università di Roma Tor Vergata e l’Istituto comprensivo “Ennio Quirino Visconti”, si è stabilito di restituire il patrimonio librario alla scuola, di collaborare per il lavoro di sistemazione della Biblioteca, in vista di una futura riapertura, e per la creazione di un Centro studi permanente, dedicato alla didattica della storia.

[2] Danilo Corradi ha presentato questo progetto nella rubrica “Didattica in classe” di questa rivista. Si veda D. Corradi, Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca. Un esperimento di PCTO al Liceo Amaldi di Roma, in “Novecento.org”, n. 19, 2023 [https://www.novecento.org/didattica-in-classe/gli-archivi-scolastici-tra-didattica-e-ricerca-un-esperimento-di-pcto-al-liceo-amaldi-di-roma-7601/https://www.novecento.org/didattica-in-classe/gli-archivi-scolastici-tra-didattica-e-ricerca-un-esperimento-di], url consultata il 18/01/2023.

[3] Il Laboratorio permanente di didattica della storia è un gruppo di lavoro del Corso di laurea in Scienze della Storia e del Documento dell’Università di Roma Tor Vergata che coinvolge docenti universitari e docenti di scuola secondaria con il compito di: organizzare per gli studenti corsi di formazione e workshop dedicati all’insegnamento della storia nella scuola; creare seminari di aggiornamento per docenti di ogni ordine e grado; tenere contatti continuativi con studiosi o gruppi di ricerca che si occupano di questa tematica. Informazioni sulle iniziative organizzate dal Laboratorio all’omonima pagina [https://www-2020.storiaedocumenti.lettere.uniroma2.it/laboratorio-permanente-di-didattica-della-storia/], url consultata il 10/01/2023.

[4] Si veda nota 1.

[5] Si veda M. D’Ascenzo, Gli archivi scolastici come fonti per la ricerca storico-educativa: esperienze e prospettive, in “History of Education & Children’s Literature” (HECL), vol. XVI, n. 1, 2021, pp. 655-676: 657-658. Si rimanda all’articolo anche per una ricca bibliografia riguardante i censimenti, della quale in questa sede – per ragioni di spazio – non si può dare conto in modo esaustivo (in particolare, n. 5, pp. 657-658).

[6] Ivi, pp. 655-660. Tra le prime significative pubblicazioni si veda il volume curato da M.T. Sega, La scuola fa la storia. Gli archivi scolastici per la ricerca e la didattica, Ediciclo editore, Portogruaro (Ve) 2002.

[7] L. Salvatori Principe, Presentazione, in Memorie di scuola. Indagine sul patrimonio archivistico delle scuole di Roma e provincia, a cura dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, Franco Angeli, Milano, 2006, pp. 7-8.

[8] D. Lgs. del 29 ottobre 1999 n. 490, Art. 40.

[9] D. Lgs. del 29 ottobre 1999 n. 490, Art. 30.

[10] Si segnala che, prima delle Linee guida del 2008, le procedure che regolavano lo scarto negli archivi delle scuole erano anche il Regio decreto 653/1925 e il D.P.R. 1049/1963.

[11] Premessa, in “Linee guida per gli archivi delle istituzioni scolastiche”.

[12] Premessa, in “Linee guida per gli archivi delle istituzioni scolastiche”.

[13] Linee guida per gli archivi delle istituzioni scolastiche, Punto 6.

[14] Si vedano, tra tutti, S. Soldani, Andar per scuole, p. 16 ma anche M. D’Ascenzo, Gli archivi scolastici come fonti per la ricerca storico-educativa, pp. 659-660.

[15] M. D’Ascenzo, Gli archivi scolastici come fonti per la ricerca storico-educativa, p. 668.

[16] Per una descrizione dettagliata dei risultati del rilevamento si veda Ivi, pp. 667-674.

[17] La denominazione primarie, secondarie di primo e secondo grado è stata introdotta nel 2003 con la riforma Moratti quando il censimento era in corso.

[18] G. Luzi, Nel ventre della balena: percorsi di ricerca negli archivi scolastici, in Memorie di scuola, 2006, pp. 31-35.

[19] Per approfondire le suddette questioni si veda R. Sibbio e N. Valente, Le carte delle scuole: i primi risultati del censimento degli archivi scolastici di Roma e provincia, in Memorie di scuola, 2006, pp. 37-45.

[20] Si veda principalmente il già ampiamente citato Memorie di scuola, 2006.

[21] S. Soldani, Andar per scuole: archivi da conoscere, archivi da salvare, in Memorie di scuola, 2006, pp. 9-29: 9.

[22] Si veda il volume Dagli archivi delle scuole romane. Storia, memoria, identità. Catalogo della mostra, Gangemi, Roma 2006, catalogo della suddetta mostra.

[23] Si veda, a tale proposito, J. Meda, La conservazione del patrimonio storico-educativo: il caso italiano, in J. Meda, A. Badanelli (a cura di), La historia de la cultura escolar en Italia y en Espana: presupuestos y perspectivas. Actas del I workshop Italo-Espanol de Historia de la Cultura Escolar (Berlanga de Duero, 14-16 de novembre de 2011), Eum, Macerata 2013, pp. 167-198. Si segnala inoltre, dello stesso autore, l’approfondimento sull’uso dei quaderni scolastici e degli elaborati nella ricerca storica, Tra le sudate carte… Guida ragionata ai fondi di quaderni ed elaborati didattici in Italia, in «Biblioteche oggi», n. 8, 2004, pp. 51-56.

[24] S. Soldani, Andar per scuole, p. 15.

[25] Nell’impossibilità di citare la ricca bibliografia al riguardo, mi limito a segnalare rispettivamente per la prima e la seconda categoria di studi: N. Quarenghi, Un salotto popolare a Roma. Monteverde (1909-1945), Franco Angeli, Milano 2014; R. Madoi (a cura di), Tempo di ricostruzione. Il dopoguerra a Milano nei registri della Scuola Stoppani (1945-1950), Franco Angeli, Milano 2020.

[26] A. Ventura, «Incorreggibilmente birboni»? La vita nelle scuole elementari del quartiere Barca di Bologna nelle carte degli archivi scolastici (1955-1978), Edizioni Università di Macerata, Macerata 2021.

[27] M.T. Sega, La scuola fa la storia, p. 18.

[28] D. De Donno, M. Calogiuri, Tracce femminili negli archivi scolastici, in “Ricerche storiche”, 2, 2019, pp. 67-80.

[29] D. Corradi, Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca, si veda supra n. 2.

[30] Sulla prima posizione si veda S. Soldani, Andar per scuole, pp. 27-29, sulla seconda C. Salmini, Per conservare la memoria della scuola, in M.T. Sega, La scuola fa la storia, pp. 71-76.