I Giovani e la storia. Un’indagine tra gli studenti delle scuole superiori del Veneto
Elaborazione dei dati a cura di Massimo Baldo
Abstract
L’indagine, svolta attraverso dei questionari somministrati a studenti del Liceo e degli Istituti Tecnici del Veneto tra il 2014 e 2016, fa riferimento a un campione di 38 scuole. Le parti che compongono il questionario si riferiscono al rapporto tra i giovani e il passato, ai metodi e gli strumenti di studio, alle conoscenze epistemologiche. La finalità della ricerca punta a stabilire fino a che punto gli studenti, al termine del ciclo scolastico superiore, siano divenuti consapevoli della natura della disciplina storica e dei metodi con cui essa è costruita e organizzata. In sostanza, che idea di storia si sono costruiti.
A. Didattica e mutazioni generazionali: che cosa è cambiato nell’insegnamento della storia
L’idea di elaborare un questionario sul senso della storia e di somministrarlo a un campione significativo di studenti della scuola superiore nasce dall’esigenza di testare i cambiamenti avvenuti nell’insegnamento di questa disciplina negli ultimi vent’anni sia a livello didattico che generazionale. Era nostra convinzione che, in assenza di dati empirici raccolti direttamente nelle classi, fosse impossibile stabilire quali e quanti cambiamenti fossero intercorsi nel modo di accostarsi alla storia da parte delle nuove generazioni, in relazione anche ai possibili nuovi metodi di insegnamento introdotti dagli insegnanti. Non solo: ci interessava anche capire in che modo i nuovi linguaggi digitali avessero interferito e condizionato la percezione del passato ricostruito storicamente e conoscere i diversi criteri di indagine che i nuovi strumenti tecnologici possono suggerire agli studenti.
Una battuta d’arresto
Dopo una stagione, iniziata alla fine degli anni Ottanta e maturata con la Riforma Berlinguer del 1996, di dibattiti pubblici sull’urgenza, avvertita da storici e insegnanti, di svecchiare l’insegnamento della storia, negli ultimi anni questo intento innovativo è venuto meno. Sul ruolo formativo ed educativo della storia è calato il silenzio: si è investito poco o nulla a livello ministeriale e anche l’impegno degli storici si è molto affievolito.
Al di fuori delle celebrazioni imposte dagli anniversari della storia nazionale, anche il dibattito pubblico ha tralasciato una seria riflessione sulla trasmissione del sapere storico, preferendo ignorare le reali difficoltà che sempre di più incontra ogni tentativo di proiettare nel passato la prospettiva temporale delle nuove generazioni. Difficoltà, questa, spesso imputata all’assenza di possibilità future che affligge gli studenti e quasi li costringe a vivere e pensare in un eterno presente.
Tuttavia, in assenza di nuove indagini, la storia è veramente percepita come una materia “morta” che non suscita più curiosità e interesse, di cui ci si deve stancamente occupare per rimediare un voto sufficiente? Dove sono finite le innovazioni didattiche proposte e messe in atto non più di una decina di anni fa? Ci sono stati dei cambiamenti nel modo di rendere la storia più vicina al vissuto degli studenti, come giustamente recitavano le indicazioni metodologiche dei programmi degli Istituti Professionali della fine degli anni Novanta? La cosiddetta “didattica per competenze “delle Nuove Indicazioni Nazionali è conosciuta e messa in atto dagli insegnanti? Con quali risultati?
Tenuto conto del turn over generazionale, nella scuola dovrebbero ormai essere quasi stabilmente inseriti quegli insegnanti che hanno avuto un training formativo anche nelle didattiche disciplinari e quindi una preparazione specifica, non solo di tipo epistemologico, ma anche didattico e metodologico. Il loro inserimento avrà indubbiamente influito anche sull’apprendimento delle discipline da parte degli studenti e quindi sulla percezione delle stesse in termini di utilità e motivazione.
Ripartire da risultati empirici
Per valutare i risultati, di fronte a un quadro generale in continua evoluzione e caratterizzato da molteplici variabili, è importante partire da dati concreti, evitando il ricorso ad astratti modelli teorici che potrebbero nascondere la reale portata dei processi in atto nel mondo della scuola.
I risultati di un’indagine condotta direttamente tra i banchi di scuola potrebbe sovvertire certe convinzioni diffuse sulla problematicità del rapporto dei giovani con un passato ingombrante e percepito come un bagaglio troppo pesante di cui è meglio liberarsi per vivere il presente; oppure potrebbe riservare alcune sorprese, facendo emergere dati contrastanti e in controtendenza che necessitano di riflessioni profonde e di correzioni di rotta da parte degli insegnanti nella progettazione delle pratiche didattiche.
Il questionario è stato elaborato tenendo conto, in modo sintetico, delle varie componenti che intervengono nell’insegnamento/apprendimento della storia. La prima serie di quesiti affronta direttamente la relazione tra gli studenti e il passato, la loro percezione della funzione della storia e le esperienze vissute a contatto con testimonianze di tipo “storico”. La seconda serie di quesiti indaga sulle pratiche consolidate che gli studenti mettono in atto per l’apprendimento della materia e sui cambiamenti che vorrebbero apportare nell’insegnamento della disciplina. Una terza serie di domande pone agli studenti questioni più di carattere epistemologico, indagando sulla loro “idea” di storia e sulle pratiche che, a loro giudizio, lo storico mette in atto nelle sue ricerche.
A indagine conclusa, siamo senz’altro consapevoli di aver tralasciato aspetti importanti quali, ad esempio, il rapporto degli studenti con le testimonianze della memoria soggettiva e collettiva e il loro livello di coinvolgimento nelle celebrazioni della storia nazionale; ugualmente, sarebbe stato opportuno analizzare in modo più approfondito l’abitudine sempre più diffusa tra gli studenti di utilizzare il Web e materiale on-line, non solo per svolgere delle ricerche o degli approfondimenti, ma anche semplicemente come sostituti del libro di testo tradizionale. É nostra convinzione che, mentre leggevamo le risposte dei questionari ed elaboravamo i dati, questi erano già “vecchi”, superati dalla velocità dei cambiamenti messi in atto dalle tecnologie della comunicazione e dall’informazione in tempo reale.
Un’indagine condotta nel Veneto
Dai risultati della circoscritta indagine che è stata svolta nel Veneto[1] su un campione di quasi mille questionari somministrati[2] in 38 scuole tecniche, professionali e liceali, emerge chiaramente questo dato: gli studenti sono interessati a conoscere il passato, ritengono sia importante, sono incuriositi o affascinati da certi temi, personaggi e fatti storici che percepiscono come anello di congiunzione tra le vicende dell’umanità e il proprio presente. La storia invece appassiona, ma di meno: è sentita in molti casi solo come materia di studio, da memorizzare per l’interrogazione del giorno dopo così come è scritta sul manuale o come l’ha “raccontata” l’insegnante, anche se ne viene percepita l’importanza nella formazione culturale personale.
Le indagini degli anni ‘90
I dati di questa indagine offrono un quadro molto diverso sul rapporto tra i giovani e il passato, rispetto alle ricerche della fine degli anni Novanta e l’inizio del 2000 condotte in ambito europeo e nazionale, pur con tutta la prudenza che impone il confronto tra indagini svolte con metodologie diverse[3]. La più importante e ricca ricerca, “Youth and History” del 1997, ha coinvolto ventisette paesi europei, oltre a Turchia, Israele, Palestina. Sono stati intervistati attraverso un questionario 32.000 studenti di quindici anni e 1.250 insegnanti. Il campione italiano era costituito da 62 scuole con 1.288 questionari restituiti. Il quadro che emergeva da quell’indagine non sembra confermare l’immagine di un netto “rifiuto della storia” da parte degli studenti, anche se lo studio scolastico della disciplina era percepito dalla maggioranza come poco coinvolgente e appassionante. Si evidenziava piuttosto un quadro complesso e frastagliato, nel quale coesistevano tendenze contraddittorie e si riflettevano gli effetti di un’accelerazione sensibile di processi storici di grande rilievo in atto nel corso dell’ultimo decennio.
In quegli stessi anni l’interesse per indagare il rapporto tra i giovani e la storia si concretizzava in uno speciale osservatorio, conclusosi con la pubblicazione dei risultati della ricerca triennale “Memoria e insegnamento della storia”[4]; tale ricerca era stata promossa su tutto il territorio italiano dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione e dal Ministero della Pubblica Istruzione, sulla base del protocollo d’intesa 1999-2001, con l’intento di indagare tra i docenti dei diversi ordini di scuola le relazioni tra memoria, biografie individuali e collettive e storia contemporanea, dando particolare rilievo alla storia degli ultimi cinquant’anni. Da questi studi emergeva che:
“Il dato preliminare con cui ci si deve confrontare, nell’ambito dell’insegnamento della storia contemporanea, è la scarsa motivazione degli studenti verso la materia, come evidenziano alcune ricerche condotte sul rapporto tra i giovani e la storia. Le nuove generazioni risultano essere deprivate della memoria del passato ed appiattite su un presente destoricizzato.
Ci sono evidenti ragioni politiche, ideologiche e culturali che inducono, nelle nuove generazioni, la perdita di senso della storia, a cui si aggiunge l’interruzione del passaggio di memoria familiare e collettiva tra le generazioni, che, a sua volta, ha come effetto la rottura dell’interrelazione necessaria e ineludibile tra passato e presente.”[5]
Negli stessi anni, anche in ambito locale, venivano promosse indagini su questi temi, come, ad esempio, quella condotta dall’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea in cui alcuni giovani neolaureati in Storia hanno posto alcune domande generali riguardanti il rapporto con il passato e la storia, con la politica e l’impegno sociale a studenti degli istituti tecnici e professionali e dei licei del Comune di Venezia. I risultati confermavano lo scarso interesse per le vicende del passato e soprattutto per la storia studiata a scuola, con l’unica eccezione di un limitato gruppo di studenti dei licei classici che dichiarava di percepire un legame con le vicende collettive delle passate generazioni e un desiderio di maggiore partecipazione politica[6].
Più recente è, invece, la ricerca condotta da Milena Rombi[7]che, basandosi su una notevole quantità di dati empirici raccolti su un campione rappresentativo di studenti neo-diplomati, fornisce un’articolata rappresentazione dello stato attuale della conoscenza della storia del Novecento al termine della scuola secondaria di II grado, analizzando anche il complesso rapporto che gli studenti intrattengono con la storia contemporanea e prestando particolare attenzione alle forme di rappresentazione, alle fonti di apprendimento e alle metodologie d’insegnamento.
Un’attività svolta con gli insegnanti in formazione
I questionari dell’attuale indagine sono stati somministrati nelle classi del quinquennio superiore, durante gli anni scolastici 2013-2014, 2014-2015 e i primi mesi del 2015-2016, distinguendo tra istituti tecnico-professionali e liceali, tenendo quindi conto anche della diversa formazione degli insegnanti di riferimento che appartengono a distinte classi di concorso. La somministrazione è stata svolta in istituti del centro storico e della provincia di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza e Verona, coinvolgendo quindi ambiti territoriali molto differenziati e caratterizzati da una frequenza scolastica socialmente trasversale.
La compilazione del questionario era volontaria e l’anonimato a discrezione dell’insegnante (molti questionari, infatti, presentano nome e cognome); l’unico dato richiesto era l’indicazione della classe di frequenza e dell’istituto di appartenenza. É stata necessaria, praticamente ovunque, una presentazione generale da parte degli insegnanti di storia che seguivano la somministrazione, per chiarire alcuni quesiti e per far notare agli studenti l’importanza di riflettere sul rapporto con la disciplina, sulla sua natura e sulle sue specificità metodologiche. Quest’operazione metacognitiva si è rivelata per l’insegnante un’occasione proficua per valutare l’efficacia delle pratiche didattiche adottate e per gli studenti un modo per rendersi consapevoli delle proprie abitudini di studio, del valore e della consistenza delle conoscenze acquisite e dell’importanza formativa della disciplina. Il feedback ottenuto ha permesso a molti insegnanti, soprattutto a quelli in formazione, di intervenire sui propri metodi d’insegnamento, in alcuni casi rimettendoli in discussione, in altri semplicemente rivedendo alcune modalità di attuazione del processo di insegnamento-apprendimento. Dalle relazioni che gli insegnanti in formazione hanno elaborato ci è stato possibile conoscere le domande più frequenti poste dagli studenti al momento della somministrazione, i loro dubbi, le perplessità e le difficoltà di organizzare un testo compiuto e pertinente nelle domande a risposta aperta e a completamento.
Le domande proposte dal questionario[8], come già accennato, riguardano vari aspetti, problemi e metodi di studio inerenti l’insegnamento/apprendimento della storia. La diversificazione nella modalità delle richieste (scelta multipla, risposta chiusa e aperta) è dettata dalla necessità di raccogliere, in quelle a scelta multipla e risposta chiusa, dati quantitativamente significativi, mentre, nelle domande a risposta aperta, di verificare attraverso il livello di complessità della risposta la qualità e il grado di acquisizione degli strumenti concettuali in possesso degli studenti. Ci si sofferma innanzi tutto sugli interessi che spingono o meno i giovani ad accostarsi alla conoscenza del passato e sulle motivazioni e le difficoltà che incontrano nello studio della storia come materia scolastica (dalla domanda 1 alla 4). Seguono alcune richieste sulle esperienze pregresse che riguardano gli abituali strumenti di studio, di approfondimento personale e di incontro con testimonianze storiche dirette, quali visite a siti di importanza storico-artistica e musei, lettura di romanzi storici e visione di documentari e film di carattere storico [dalla domanda 5 alla 7]. Un’altra serie di domande indaga sulle aspettative degli studenti riguardo alle conoscenze disciplinari fin dall’inizio del ciclo superiore, chiedendo loro quali pensano siano gli argomenti a cui possono appassionarsi di più e i fatti del passato che ritengono più rilevanti. I dati di questi items hanno lo scopo di misurare quanto l’efficacia dei cambiamenti didattico-metodologici introdotti negli ultimi anni sia stata determinante nel potenziare o meno la motivazione e l’interesse per lo studio della storia.
I restanti quesiti interrogano sul livello di consapevolezza degli studenti in relazione alle competenze storiche già acquisite nella ricostruzione del fatto storico a partire dalla ricerca sulle fonti. Le risposte date dagli studenti, in questo caso, permettono di valutare fino a che punto la trattazione scolastica sia stata effettivamente in grado di trasmettere l’idea della complessità e della problematicità di ogni interpretazione storica conseguita attraverso l’interrogazione critica delle fonti.
Il primo gruppo di domande a risposta chiusa e scelta multipla è stato compilato da quasi tutti gli studenti senza particolari difficoltà, mentre al secondo gruppo a risposta aperta molti si sono sottratti, non essendo in grado di formulare risposte pertinenti e organiche soprattutto nelle domande che richiedevano competenze di tipo temporale (periodizzazione), metodologico (metodo della ricerca storica) e critico (riflessione passato-presente).
B. L’analisi dei risultati [9]
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La curiosità per il passato
Il dato più importante che emerge e che risulta in parte inaspettato, considerato il luogo comune ormai diffuso sulla cosiddetta “sindrome di presentificazione”[10] che affligge le giovani generazioni, è la curiosità per il passato che caratterizza la maggioranza degli studenti intervistati.
Alla richiesta di specificare le epoche di maggiore interesse, emerge una discrepanza tra le scelte degli studenti dei tecnici rispetto a quelli dei licei. I primi distribuiscono complessivamente in modo equo le loro preferenze tra epoca antica, medievale, moderna e contemporanea; i secondi prediligono in modo inequivocabile il XX secolo e la storia più recente.
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L’utilità della storia
Alla curiosità per il passato corrisponde anche un generale interesse per la disciplina “storia” che è ritenuta utile e interessante ugualmente dalla maggioranza degli intervistati. Le motivazioni riguardano prevalentemente il valore delle conoscenze storiche per comprendere il presente e “per non commettere più gli stessi errori del passato”. Il desiderio di apprendimento è però ostacolato per una parte degli studenti dalle difficoltà incontrate nello studio della disciplina a causa di un esagerato numero di “date e nomi” da memorizzare, per altri gli ostacoli sono invece rappresentati dal complesso intreccio degli avvenimenti che ne rende difficoltosa la comprensione e l’esposizione.
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Il contatto con le testimonianze del passato
Le numerose visite a città d’arte, siti archeologici e musei, che gli studenti indicano come esperienze fatte con la famiglia e la scuola, potrebbero rappresentare l’esigenza di un rapporto più diretto con le testimonianze del passato. Non nella stessa percentuale risulta il rapporto con la letteratura e la cinematografia storica, poiché l’utilizzo di queste fonti è più limitato e confinato quasi esclusivamente nell’ambito scolastico. Il dato che colpisce riguarda le preferenze indicate: per il cinema i film più citati sono i kolossal del nostro tempo, quali “Troy”, “’300”, “Salvate il soldato Ryan”; per la letteratura la scelta cade su autori di fiction storica come V. M. Manfredi oppure sulle classiche opere della memorialistica contemporanea, in particolare legata al tema della Shoah. Molto successo riscuotono tra gli studenti i documentari della coppia Piero e Alberto Angela che vengono indicati dalla maggior parte come gli unici programmi televisivi di informazione storica.
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Gli strumenti di studio
Dal secondo gruppo di domande, riguardante i metodi di studio, si evince immediatamente l’assiduo utilizzo dei siti web da parte degli studenti dei tecnici, che è indicato quale primo strumento di consultazione, mentre questa abitudine risulta meno frequente nei licei. A fronte di questo dato, si può constatare però che una buona parte di entrambi gli indirizzi di studio ha consuetudine con i testi storiografici e i documenti presenti nel manuale, mentre risulta più scarsa quella con le carte geo-storiche.
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Le attività di studio e il lavoro in classe
Per tutti il manuale rimane lo strumento privilegiato che viene utilizzato con tecniche di studio diversificate tra cui la più consolidata rimane la tradizionale lettura ad alta voce e sottolineatura del testo. Non vengono invece quasi prese in considerazione le attività di collocazione spazio-temporale degli avvenimenti, soprattutto nei tecnici, dove solo 12 studenti sul totale degli intervistati svolge esercitazioni di questo tipo.
Durante le lezioni in classe la netta maggioranza degli intervistati, soprattutto dei tecnici (il 75%), preferisce ascoltare la lezione dell’insegnante e prendere appunti. Sostanzialmente, quindi, ancora la storia “si ascolta dall’insegnante e si studia sul libro”.
Questo atteggiamento passivo si registra di meno tra gli studenti dei licei che chiedono maggiore spazio per intervenire e discutere sugli argomenti delle lezioni (quasi la metà).
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Le aspettative relative alla conoscenza storica
La stragrande maggioranza degli studenti si aspetta dalla scuola superiore una conoscenza globale della storia umana considerata come un unico processo evolutivo dalle società arcaiche a quelle più “progredite”. Una storia quindi che coincide totalmente con gli avvenimenti passati e che si connota ancora per la sua caratteristica di universalità e di progressione, dato che alla successione temporale corrisponderebbe un miglioramento generale delle condizioni di vita. L’idea sottesa a questo dato, che sia possibile imparare “tutta” la storia, è in palese contrasto con la convinzione, espressa dalla metà degli studenti, che “una buona conoscenza storica” coincida con la capacità di “collegare e confrontare eventi e fenomeni anche di aree e periodi diversi”, indicazione che fa presupporre la consapevolezza della relatività dei fatti storici.
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Gli ambiti di maggior interesse
Alla richiesta di indicare quali siano gli ambiti storici che più suscitano interesse, emerge la persistenza di una storia “evenemenziale” poiché la maggioranza degli intervistati predilige la conoscenza dei fatti relativi alle imprese dei grandi personaggi e contestualmente evidenzia una minore curiosità ad approfondire i fenomeni sociali, economici e in generale legati alla quotidianità. Si potrebbe affermare che agli studenti manchi la capacità di cogliere la specificità storica delle dinamiche sociali ed economiche di medio e lungo periodo, che ritengono evidentemente una prerogativa esclusiva del presente.
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I criteri di selezione dei fatti storici
Una certa difficoltà si nota anche per quanto riguarda i criteri di selezione degli avvenimenti storici: più del 60% degli studenti è consapevole della necessità di stabilire delle rilevanze nella ricostruzione dei fatti, ma pochissimi sono in grado di motivare la scelta e di proporre delle modalità critiche presentando indicazioni precise. Tra i criteri che alcuni propongono emergono affermazioni generiche, quali: ”quelli più importanti”, “quelli che hanno avuto conseguenze nelle epoche future”, “le guerre”, “quelli che hanno fatto la storia….”.
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Il rapporto con la storia più recente
Gran parte degli studenti si orienta meglio, invece, di fronte alla richiesta di indicare uno o più fatti importanti degli ultimi vent’anni, di cui hanno avuto notizia prevalentemente dai media o in famiglia, indicando nettamente come “evento epocale” la distruzione delle torri gemelle del 2001. Seguono, a notevole distanza, la sostituzione della lira con l’euro, la crisi economica, la “primavera araba”, il conflitto arabo-israeliano, il terrorismo e le migrazioni.
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Il mestiere dello storico
L’ultima domanda chiedeva notizie sul “mestiere dello storico” che per quasi la metà degli studenti dei tecnici rimane ancora sconosciuto, visto che eludono la questione; quasi la totalità degli studenti liceali, invece, individua nelle fonti il materiale da cui lo storico non può prescindere (più del 75%). La restante metà degli studenti dei tecnici dimostra di possedere sufficienti conoscenze relative all’importanza delle fonti nella ricostruzione storica e all’essenziale contributo della storiografia nell’approccio critico alla disciplina.
C. Alcune riflessioni sui risultati emersi
Dai risultati emersi si possono trarre considerazioni interessanti, anche se in parte contrastanti, e comunque utili per fare delle scelte didattiche concrete e supportate da dati reali e aggiornati. La contraddizione di fondo che si registra consiste nel forte interesse manifestato dagli studenti per il passato, ma, contestualmente, nella difficoltà a modificare i propri luoghi comuni sulla storia attraverso il percorso di apprendimento realizzato. Non riescono cioè a mettere in connessione lo studio con la loro vita.
Questo è un fenomeno largamente diffuso che gli insegnanti più attenti percepiscono ormai da alcuni anni e che riguarda in modo particolare le discipline umanistiche, un tempo punto di riferimento per molti studenti nella loro vita anche fuori della scuola e oggi, invece, ridotte a mero esercizio di studio, di cui percepiscono a fatica l’utilità.
Questa separazione tra scuola e “mondo reale” diviene ancora più grave per una scienza come la storia, elaborata nel corso dei secoli dall’esigenza degli uomini di riflettere e dare un senso alle vicende umane: vera e propria testimonianza dell’indissolubile legame tra la ricerca storica e il suo oggetto di studio.
Le pratiche didattiche
Il rimedio a questo iato non può consistere soltanto nell’utilizzo più frequente da parte dell’insegnante, al posto della solita lezione frontale, di modalità didattiche attive che sviluppino l’acquisizione di competenze, ma dovrebbe fondarsi soprattutto nella sua capacità di dare forma concettuale e organizzare in conoscenze consapevoli l’interesse e la curiosità dei ragazzi per l’agire umano. In realtà, come risulta da alcune risposte del questionario, il ricorso assiduo a tecniche laboratoriali rischia di frammentare esageratamente l’unitarietà della lezione, spersonalizzando il lavoro dell’insegnante che invece gli studenti indicano come punto di riferimento fondamentale nel loro percorso formativo. Nella realtà scolastica degli ultimi anni, anche a causa delle frequenti e spesso contraddittorie “riforme” legislative, l’insegnante è stato costretto a delegare il proprio ruolo culturale fondamentale di formatore per occuparsi sempre più a tempo pieno di incombenze burocratiche e organizzative che hanno sottratto tempo e risorse all’aggiornamento disciplinare.
Questo non significa auspicare un ritorno al tradizionale insegnamento logocentrico basato sulla lezione frontale dell’insegnante erudito, unico protagonista della vita di classe, ma vuol dire ridare valore alla costruzione, insieme agli studenti, di un bagaglio concettuale che permetta loro di diventare realmente soggetti attivi durante i momenti laboratoriali che, diversamente, rappresenterebbero solo occasioni di pratica esecutiva.
La contraddizione tra la curiosità e l’interesse per il passato e la difficoltà a mettere in relazione le nuove conoscenze con la propria vita riflette forse una formazione storica superficiale e inefficace, indotta dall’assenza di consapevolezza epistemologica (che cos’è la storia?) e di strumenti concettuali di analisi in grado di dare ordine logico e temporale ai dati storici (critica delle fonti).
Metodi di studio ancora tradizionali?
Il dato più significativo che giustifica questa considerazione emerge dall’indicazione della maggior parte degli studenti, in particolar modo dei tecnici, riguardo alle modalità di studio che consistono nelle consuete pratiche di memorizzazione nozionistica. L’insegnante che fa coincidere una buona conoscenza storica con la prevalente memorizzazione di nozioni trasmette un’idea riduttiva e banale della disciplina, che può oltre che annoiare, indurre a un atteggiamento non certo rivolto all’acquisizione di competenze attive. Non è un caso che gli studenti in difficoltà nell’individuare argomenti che hanno suscitato in loro interesse e curiosità abbiano indicato come soli strumenti di studio il libro di testo o gli appunti del loro quaderno. Questo nesso risulta infecondo, perché non permette allo studente di entrare “dentro” alla disciplina cogliendone gli stimoli intellettuali e l’utilità della sua visione prospettica, riducendo il sapere storico a mera raccolta di dati informativi da esibire alla prossima occasione di verifica. La sua spendibilità rimane confinata all’interno delle mura scolastiche. Per questi studenti la storia è utile al massimo a fornire un’infarinatura di “cultura generale”, necessaria per inserirsi con successo nei contesti professionali e relazionali oppure per superare brillantemente i test di cultura generale per i corsi di laurea ad accesso regolamentato.
Immagini standardizzate di alcune epoche
La scarsa varietà di temi proposti da molti insegnanti induce gli studenti a selezionare come rilevanti i canonici argomenti della consueta trattazione manualistica, che infatti si ripetono con gli stessi termini e denominazioni in tutti i questionari. Ciò che lo studente indica è innanzi tutto l’argomento trattato più di recente, di cui custodisce almeno un vago ricordo. Compaiono poi in larga misura gli avvenimenti delle due guerre mondiali che, in assoluto, rimangono i temi più amati dagli studenti, in parte per la loro indubbia portata e vicinanza temporale, ma anche per la loro massiccia presenza a livello mediatico. Forse questi argomenti circolano ancora nei vissuti familiari? Difficile affermare che esistano tuttora dei racconti di trasmissione generazionale a livello diffuso. Certo è che il Novecento sembra essere rappresentato nell’inconscio collettivo degli studenti quasi esclusivamente dalle guerre mondiali, percepite più in una dimensione mitica che nella loro drammatica fattualità storica. La seconda metà del secolo è quasi ignorata, nonostante le indicazioni ministeriali ne prevedano la trattazione e i manuali ormai la affrontino ampiamente, almeno fino agli anni Novanta.[11]
La storia antica riscuote tra gli studenti un certo interesse. In modo particolare sono segnalate la storia romana dell’età imperiale, che colpisce molto l’immaginario giovanile nelle sue vicende più legate al racconto leggendario che alla narrazione storiografica, e la civiltà egizia, il cui fascino è indotto dai suoi aspetti ancora avvolti nel mistero, diffusamente proposti dai media in vari format fruibili dal pubblico giovanile. Anche in questi casi il mito si sovrappone alla storia, dando vita ad una fiction narrativa assai accattivante e facilmente comprensibile, ma priva di spessore temporale e della complessità dei quadri sociali di riferimento.
La percezione della storia recente
Alla richiesta di indicare i fatti più rilevanti degli ultimi vent’anni emerge in modo nettamente maggioritario la “caduta delle torri gemelle” (per il 50% degli studenti liceali), un evento che ha segnato in modo indelebile l’immaginario di un’intera generazione. Si tratta evidentemente di un ricordo non diretto, ma indotto dalle innumerevoli immagini proposte dai media e forse dalla diffusa convinzione che quell’avvenimento abbia dato origine a un’epoca drammatica di instabilità, caratterizzata dal persistente pericolo di azioni terroristiche.
La scelta delle altre rilevanze è assai variegata: si va dall’entrata in vigore dell’euro, alla rielezione del presidente Obama, all’inevitabile conflitto mediorientale fino alla clamorosa “abdicazione” di Benedetto XVI. A questi si vanno ad aggiungere gli avvenimenti che hanno segnato la cronaca degli ultimi mesi, evidenziando uno scarto marcato tra i questionari somministrati nel 2013-2014 e quelli del 2014-2015, in cui compaiono fatti recentissimi quali, ad esempio, l’emergenza emigrazione e gli attentati dell’Isis, ma anche la crisi economica globale che è entrata in modo più tangibile nella vita degli studenti. Il quesito suggeriva una selezione degli avvenimenti recenti nella prospettiva di una futura ricostruzione storica. Le preferenze espresse rivelano una forse spontanea consapevolezza della delicata relazione tra cronaca e storia, dimostrando di avere ben colto il valore periodizzante di certi eventi; alcuni nella loro portata globale, altri nel loro specifico settoriale.
Il rapporto passato/presente
Sul valore formativo della storia le risposte relative agli ultimi quesiti dimostrano che per gli studenti lo studio della disciplina aiuta a comprendere le culture “altre”, magari incontrate durante i propri viaggi o nell’amicizia col compagno di banco straniero, e permette di accostarsi con maggiore consapevolezza critica alla complessità del mondo contemporaneo. L’utilità più rilevante che viene attribuita alla storia è però quella di insegnare attraverso la riflessione sugli errori del passato. È evidente quindi che negli ultimi anni si è diffusa la percezione dell’intrinseco rapporto passato/presente, ma che contemporaneamente la storia è ancora largamente intesa come magistra vitae.
La conoscenza del passato permette di trovare le radici dei processi in atto nella contemporaneità, ma allo stesso tempo rafforza la convinzione assai diffusa che la storia si ripeta nei suoi meccanismi fondamentali. Questo secondo dato sembra rispondere a un’esigenza di trovare nella storia delle risposte agli interrogativi del presente e dei punti di riferimento di tipo etico e civile che sappiano orientare verso modelli rassicuranti da cui trarre esempi di comportamento. Forse il valore attribuito nella scuola, durante gli ultimi anni, alle celebrazioni e alle ricorrenze di grandi e spesso tragici avvenimenti del passato ha dato la possibilità ai ragazzi di venire a contatto con esperienze di vita segnate dal dolore e dalla speranza, molto diverse da quelle attuali. L’incontro con queste storie singolari permette di riconoscersi nei loro protagonisti, in alcuni casi per evitare di ripetere gli stessi errori, in altri per trovare esempi di realizzazione delle proprie aspettative. Questa positiva scoperta del passato può avvenire però solo se lo studente è guidato dal proprio insegnante a problematizzare in forma critica la celebrazione, innanzitutto approfondendo la conoscenza degli specifici contesti dei fatti commemorati e in secondo luogo smascherando la retorica ufficiale del discorso pubblico.
Il lavoro dello storico
Nell’ultimo quesito sulle procedure adottate dallo storico nel suo lavoro di ricerca, buona parte degli studenti indica le fonti quale materiale primario per la ricostruzione del passato. Va sottolineato però che il 40% negli istituti tecnici non è in grado di dare alcun tipo di risposta.
Questi risultati contrastanti inducono a una riflessione più approfondita sul livello di consapevolezza realmente acquisito riguardo al metodo utilizzato dallo storico quando, partendo dai dati estrapolati dalle fonti, procede all’elaborazione del paradigma narrativo su cui si fonda la sua “storia”. Sembra infatti che la convinzione di circa il 30% degli studenti dei tecnici e il 60% di quelli dei licei che “lo storico parta dalle fonti” sia frutto più di una conoscenza indotta da un sapere diffuso, anche acquisito attraverso i media, che di un apprendimento costruito attraverso le attività scolastiche esperite. A conferma di ciò il dato più significativo proviene dai risultati dei quesiti 9 e 11- in cui si chiedeva agli studenti di dichiarare i parametri per auto-valutare la propria conoscenza storica e le aspettative di apprendimento: domande chiave per verificare il reale livello di conoscenza riguardo alla natura e alla funzione della disciplina storica. Meno del 10% complessivamente considera la storia una disciplina scientifica con un suo metodo trasferibile a livello scolastico e meno del 20% ritiene che una buona conoscenza storica preveda la capacità di “ricostruire un fatto a partire da una serie di dati”.
Solo l’abitudine al contatto diretto con le fonti, ancorate alla ricostruzione del contesto attraverso la comprensione dei dati informativi che da esse emergono, può educare alle procedure del lavoro dello storico e alla consapevolezza del particolare statuto scientifico della disciplina.
La centralità delle scelte didattiche
I risultati complessivi emersi dall’indagine svolta ripropongono allora la questione iniziale: fino a che punto gli studenti, al termine del ciclo scolastico superiore, sono divenuti consapevoli della natura della disciplina storica e dei metodi con cui essa è costruita e organizzata? Che idea di storia si sono fatti? La curiosità e l’interesse per la storia trova adeguate risposte nella materia imparata a scuola?
È evidente che il livello di consapevolezza è condizionato pesantemente dalle sollecitazioni mediatiche, a cui le generazioni attuali sono sempre più sottoposte, ma dipende ancora in buona parte dalle modalità con cui i diversi insegnanti affrontano la trattazione della disciplina. Le scelte metodologiche si rivelano infatti fondamentali nel determinare l’idea di storia percepita dagli studenti, non solo durante la loro permanenza a scuola, ma per il resto della loro vita adulta.
Note:
[1] L’indagine è stata svolta all’interno dei corsi PAS (Percorsi Abilitanti Speciali) e TFA (Tirocinio Formativo Attivo) di Metodologia e Didattica della storia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università di Padova nelle classi di concorso A050 e A037 e ha coinvolto istituti superiori di varie zone del Veneto durante gli a. a. 2013-14, 2014-15 e i primi mesi del 2015-2016.
[2] I questionari analizzati sono stati complessivamente 960 di cui 539 degli Istituti Tecnici e Professionali e 421 dei Licei Classici, Linguistici e Scientifici e delle Scienze Sociali. Le classi coinvolte sono state 45.
[3] Vedi l’indagine Youth and History. A Comparative European Survey on Historical Consciousness and Political Attitudes among Adolescents, Hamburg, Edition Koerber-Stiftung, 1997, introdotta e commentate in Italia da Luigi Cajani, Tra passato e futuro. Adolescenti italiani alla ricerca del senso della storia, e da Emilio Lastrucci, La storia insegnata: studenti e insegnanti italiani a confronto, in Atti del convegno di Frascati del 1998, organizzato nell’ambito delle attività del Seminario di studio M.P.I. con decreto 23/12/96, in www.lumetel.it/lapira/seminario/pagine/frascati (ultimo accesso 22 dicembre 2017)
[4] Laurana Lajolo, Storia contemporanea e passaggio di memoria tra le generazioni, in
http://www.israt.it/ebooks_download/ATCO000047.pdf. (ultimo accesso 22 dicembre 2017); A questo proposito, vedi anche N. Baiesi e E. Guerra (a cura di), Interpreti del loro tempo. Ragazzi e ragazze tra scena quotidiana e rappresentazione della storia, Bologna, Clueb, 1997.
[5] Laurana Lajolo, Storia contemporanea, pp. 1-2
[6] Istituto Veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, I giovani e la storia, interviste a studenti dell’ultimo anno di alcuni istituti del Comune di Venezia, 2000, in www.novecento.org (ultimo accesso 22 dicembre 2017).
[7] Milena Rombi, La conoscenza della storia del Novecento in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado. Indagine empirica su livelli di conoscenza, rappresentazioni ed esperienze didattiche degli studenti, ed. Nuova Cultura, Roma, 2013
[8] Il testo del questionario si trova allegato al presente intervento.
[9] Nel testo sono stati inseriti solo i grafici delle domande strutturate, dato che era possibile sintetizzare in forma grafica i dati delle domande aperte, che comunque sono state commentate nel testo.
[10] L’espressione è stata coniata per la pima volta da A. Cavalli nel suo testo Il tempo dei giovani (Bologna, Il Mulino, 1995) per indicare quel fenomeno giovanile che caratterizza la nostra epoca in cui l’incertezza del futuro e la non condivisione di un passato collettivo spingono le nuove generazioni a chiudersi nell’ambito ristretto di un presente sempre più individualizzato, nonostante le opportunità di comunicazione offerte dalle nuove tecnologie. Dello stesso autore vedi anche l’articolo “Educare all’incertezza”, in “Cooperazione educativa, XLIX (1), 2000, pp. 4-9.
[11] Milena Rombi La conoscenza della storia del Novecento in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado. Indagine empirica su livelli di conoscenza, rappresentazioni ed esperienze didattiche degli studenti, ed. Nuova Cultura, Roma, 2013