“Piazza Fontana. Il processo impossibile”
Piazza Duomo, Milano: funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana
Di ignoto – https://www.facebook.com/103751976338499/photos/a.448946721819021.93603.103751976338499/892379190809103/?type=3&theater, Pubblico dominio, Collegamento
Benedetta Tobagi
Piazza Fontana. Il processo impossibile
Einaudi, Torino, 2019, pp. 425.
La strage di piazza Fontana, avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 è stata un evento epocale: con il bilancio drammatico di 17 morti e oltre 90 feriti era, nella breve storia dell’Italia repubblicana, l’ evento terroristico con il maggior numero di vittime.
Soprattutto quel luogo e quella data hanno rappresentato l’epicentro di una serie di scosse che per molti anni hanno messo a dura prova la tenuta delle fragili istituzioni democratiche di un Paese che si trovava in una posizione peculiare tra i paesi dell’Europa occidentale: nazione aderente al Patto Atlantico, aveva il più forte partito comunista attivo nei paesi europei estranei al Patto di Varsavia. L’Italia appariva dunque, in piena guerra fredda, come Paese di confine tra i due blocchi; al centro di una forte tensione politica internazionale. Circostanza questa – come anche la strage dimostra – non estranea a gravi episodi sul fronte dell’eversione e del terrorismo interno.
Piazza Fontana è stata «la madre di tutte le stragi» ed ha aperto la stagione delle bombe neofasciste; ma è, al tempo stesso, «la madre degli anni bui», quelli segnati dall’avvio degli attentati terroristici condotti dall’estremismo di sinistra. Ancora, quella bomba ha rappresentato per interi settori dell’opinione pubblica democratica, progressista, «la perdita dell’innocenza», il venire meno di una visione positiva, ottimistica sul funzionamento delle istituzioni repubblicane nate sulle macerie morali e materiali ereditate dalla conclusione della seconda guerra mondiale.
La ricostruzione dell’autrice mostra, infatti, che numerose furono le manipolazioni e le deviazioni delle indagini, promosse dalla «convergenza” di «una pluralità di attori» «che perseguivano obiettivi differenti”.
Piazza Fontana, dunque, è un evento liminale che Benedetta Tobagi affronta nel suo importante saggio ripercorrendo il «labirinto delle inchieste» giudiziarie nate hanno segnato la storia nazionale. In 36 anni (1969-2005) sono avvenuti 3 processi, per un totale di 10 giudizi: un primato che sarebbe stato superato solo dal percorso giudiziario (durato ben 43 anni) per la strage di Piazza della Loggia (28 maggio 1974).
Il primo lungo processo si dipana tra il 1969 e il 1987 e produce ben 5 giudizi (con 2 appelli e altrettante rispettive pronunce in Cassazione):
«il solo primo grado copre 10 anni, con un dibattimento che conosce ben tre false partenze, prima di quella definitiva. Il secondo, la cui istruttoria germoglia da indicazioni del primo giudizio d’appello del precedente, dura ben undici anni, dal 1981 al 1991, mentre il terzo, scaturito da indagini avviate nel 1988, si svolge tra il 1995 e il 2005».
Si tratta di una vicenda giudiziaria intricata che giunge a un punto di approdo paradossale: la realizzazione di «una giustizia incompiuta che tuttavia iscrive nella storia i nomi dei responsabili». Perché i terroristi neofascisti veneti, Franco Freda e Giovanni Ventura, ritenuti inizialmente colpevoli e condannati all’ergastolo nel 1979 dalla Corte di Assisi di Catanzaro, verranno in seguito assolti fino all’ennesima – ultima – pronuncia della Cassazione, emessa il 3 maggio 2005 e che dichiara «tutti assolti, di nuovo», ma che, «alla luce di nuovi elementi di prova», li individua comunque come «responsabili», «almeno davanti al tribunale della storia».
Un processo, il primo, quello di cui si tratta nel libro di Tobagi, che fu un duello tra l’acume investigativo di alcuni inquirenti e le reiterate azioni di depistaggio messe in atto da più parti. Un processo che ebbe una risonanza mediatica senza precedenti e che vide testimoniare personaggi di primo piano della classe dirigente politica di allora. Un processo, ancora, che assunse una dimensione internazionale sotto l’emergere del dipanarsi di reti eversive che univano uomini della destra radicale attivi in alcuni paesi dell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia); a dimostrazione di come il «vincolo internazionale» abbia avuto «riflessi pesanti» sulle dinamiche della vita interna del Paese in quei decenni. Connessione evidenziata anche dall’espressione, “strategia della tensione”, apparsa sulle pagine del tabloid inglese The Observer, due giorni dopo lo scoppio.
Un labirinto, segnato da una galleria di volti e da un campionario di voci, che l’autrice ripercorre per restituire la complessità di una vicenda giudiziaria inestricabilmente legata alle molteplici contraddizioni di un periodo della storia nazionale che ha messo a rischio la tenuta delle istituzioni democratiche. La ricostruzione di «un processo epocale» che «entra in profonda, reciproca, risonanza con la propria epoca».
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