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Documentare la storia: Buñuel e la Spagna degli anni ’30

Documentare la storia: Buñuel e la Spagna degli anni ’30

Fotogramma di Espagne 1937 scattato dall’autrice

Abstract

Nella vasta produzione di Luis Buñuel occupano uno spazio rilevante le produzioni di taglio documentaristico legate alla storia della Spagna degli anni Trenta. La nascita della Repubblica e della Falange, lo scoppio della guerra civile e l’inizio della dittatura franchista, hanno influenzato in modo concreto e decisivo la vita del regista, che racconta questi eventi in Las Hurdes, Tierra sin pan e Espagne 1937. L’autrice dell’articolo si concentra proprio su questi aspetti; su come, cioè, Buñuel decide di raccontare la storia del suo Paese (e di riflesso anche la sua personale), compiendo scelte stilistiche e ideologiche che lo porteranno, dopo la vittoria di Franco, a scegliere l’esilio.

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In the vast production of Luis Buñuel, the documentary-style productions related to the history of Spain in the 1930s occupy an important place. The birth of the Republic and the Phalange, the outbreak of the Civil War and the beginning of the Franco dictatorship had a concrete and decisive influence on the life of the director, who recounts these events in Las Hurdes, Tierra sin pan and Espagne 1937. The author of the article focuses precisely on these aspects; on how, in other words, Buñuel decides to tell the story of his country (and consequently also his own personal history), making stylistic and ideological choices that will lead him, after Franco’s victory, to choose exile.

La República Española nasce a metà aprile del 1931 negli stessi giorni della partenza per l’esilio di Re Alfonso XIII, che ripara a Roma.[1] L’esperienza repubblicana si concluderà sempre in aprile, il 1º aprile 1939, al termine della sanguinosa Guerra civil española.

La nascita della República coincide con radicali prese di posizione politica da parte di molti intellettuali e artisti: Rafael Alberti, ad esempio, si iscrive al Partido Comunista de España, Eugenio Montes e Giménez Caballero diventano conclamati leader fascisti.[2] Buñuel, dal canto suo, torna in Spagna nel 1932 dopo una parentesi professionale, non fortunatissima, vissuta nella grande industria cinematografica americana.[3]

Spagna 1932: Buñuel e la Repubblica

Buñuel viene riaccolto da una nazione diversa, dalla neonata Repubblica cioè, che peraltro fin dagli albori vacilla, data l’instabilità politica e sociale. Dice lui stesso: «Non si parlava d’altro che di politica. La situazione era asfissiante. Si sentiva che tutto sarebbe precipitato». I suoi connazionali sono divisi tra repubblicani e nazionalisti, entrambe le fazioni con ferrei propositi: da un lato coloro che sono desiderosi di proteggere il nuovo ordinamento, dall’altro quanti sono impegnati nel riportare al potere l’antica Spagna monarchica, quella del cattolicesimo più conservatore, dei generali. Schieramenti contrapposti senza possibilità di dialogo. Buñuel al suo rientro percepisce subito un clima avvelenato, dato che sentimenti guerrafondai echeggiano in tutta la penisola, gli stessi che porteranno allo scoppio della Guerra civil, al termine della quale un nuovo oscuro capitolo segnerà la storia del Paese fino al 1975, ovvero la dittatura del generale Francisco Franco, conosciuto per antonomasia come il Caudillo.

Rispetto a molti altri colleghi artisti, nazionali e internazionali, che vorranno impugnare le armi per sostenere la causa repubblicana, Buñuel manterrà un atteggiamento più cauto o circospetto. Pur schierandosi contro il vecchio regime e a favore della República minacciata, il cineasta surrealista deciderà infatti di non partecipare attivamente a scontri armati, scegliendo piuttosto di “impegnarsi” attraverso la propria arte, il cinema. D’altra parte è un uomo di poche parole, cinico, ostico, dallo sguardo vitreo, refrattario – si dice – al dolore e agli entusiasmi altrui, tormentato da dissidi interiori e ancora segnato dal difficile rapporto con il padre.

Las Hurdes, Tierra sin pan

 Non stupisce, dunque, che nel 1932 – la Falange sta per nascere – Buñuel firmi un controverso documentario, un mediometraggio, Las Hurdes, Tierra sin pan, nato produttivamente dal caso, anzi dalla fortuna. Ma occorre fare un passo indietro. A seguito delle polemiche sorte a Madrid nel 1931 dopo la proiezione della seconda pellicola surrealista, L’Âge dOr, Buñuel incontra molte difficoltà nel trovare finanziatori. L’unico disposto a investire in un nuovo progetto del cineasta è l’anarchico Ramón Acín, che gli dona parte del denaro vinto in una lotteria di Natale del 1932. L’intento di Buñuel con Las Hurdes è abbastanza chiaro: mostrare al grande pubblico un altro volto della Spagna di quel tempo, l’Estremadura, regione in contrasto con gli sfarzi delle grandi città come Madrid e Barcellona, contraddistinta da arretratezza e sottosviluppo.

Fin dai primi minuti del film[4] si capisce l’intento polemico del regista, emotivamente turbato dalle disumane condizioni di vita in cui la popolazione hurdana è costretta a vivere. Quanto allo stile del film, la critica è ancora oggi divisa tra due opposte valutazioni, che vedono da un lato Las Hurdes come il risultato di una svolta antropologica di Bunuel (e quindi una rottura con la sua precedente filmografia) e dall’altro invece come un prodotto in  [qui  toglierei assoluta] continuità con i precedenti, dove ancora si conferma lo stile surrealista, come dimostrebbe la scena del gallo sgozzato così vicina a quella dell’occhio reciso con la lama in Un chien andalou. Mercè Ibarz ha per esempio definito Las Hurdes un “documentario surrealista”.[5]

 

Ci si potrebbe domandare in che modo Buñuel sia venuto a conoscere la situazione di alto degrado sociale e di miseria estrema che affligge il popolo hurdano. Probabilmente  attraverso uno studio antropologico edito da Maurice Legendre intitolato Las Jurdes: étude de géographie humaine, una ricerca di “geografia umana” che innesca nel cineasta il desiderio di portare a conoscenza di un vasto pubblico questa condizione di arretratezza.[6] Buñuel – accompagnato dall’amico Ramón Acín, dal fotografo Elí Lotar e dallo sceneggiatore Pierre Unik – parte perciò  per le valli desolate al confine con il Portogallo e per due mesi si dedica alla raccolta del materiale necessario a confezionare trenta minuti di pellicola. Per le riprese che ne conseguono, avvenute durante la primavera del 1932 in soli due mesi, la troupe trova alloggio presso l’antico monastero di Las Batuecas, allora abitato da un solo custode monaco e fino a qualche anno prima anche da altri suoi confratelli carmelitani. Ogni mattina la troupe si mette in viaggio per raggiungere Las Hurdes Altas, una zona punteggiata da una serie di villaggi molto poveri, percorrendo un breve tratto di strada in auto per poi proseguire qualche chilometro a piedi, armati di cavalletto e cinepresa. Ad aprire i primi minuti del documentario muto, in bianco e nero, montato nello stesso 1932 appaiono una scritta: “saggio cinematografico di geografia umana”  e una cartina che individua la posizione di Las Hurdes, un’area circondata da catene montuose capaci di isolare i suoi abitanti, dimenticati dal resto della Spagna.

Fotogramma di Las Hurdes, Tierra sin pan scattato dall’autrice

Dal 1935 invece una colonna sonora accompagna una nuova edizione di Las Hurdes, con una voce fuori campo, alcuni effetti e una musica tratta dalla Quarta Sinfonia di Johannes Brahms. Un’altra sonorizzazione è del 1937. Di certo la voce fuori campo che contrasta con la musica conduce lo spettatore in quello che Alberto Cattini definisce «un itinerario infernale».[7] Il testo è dello stesso Buñuel e del poeta surrealista Pierre Unik: una scrittura classificatoria, fredda, che individua elementi simbolici e di denuncia, non trascurando la religione matrigna e il trionfo della mortuarietà. La spedizione buñueliana incomincia nel capoluogo più densamente abitato e sviluppato della comarca, La Alberca. Tra corse a cavallo e brutali tradizioni ancestrali che sgomentano lo spettatore, inorridito in particolare dall’usanza locale di una festa di matrimonio, la contesa della testa di un gallo decapitato a mani nude, il regista prosegue il suo viaggio nelle tortuose stradine di Aceitunilla. In questa località viene accompagnato da strazianti scene di vita quotidiana: bambini che si abbeverano dalle uniche fonti disponibili, i ruscelli, tutti in pessime condizioni igieniche, e donne che si accingono a lavare i panni rattoppati nei medesimi ruscelli. Un edificio distingue questo centro abitato: è una scuola elementare. Molti bambini che la frequentano sono pilus, ovvero orfani, accolti dalle madri di Las Hurdes in cambio delle 15 pesetas mensili che ricevono dal governo per il loro mantenimento. Un groviglio di case dall’aspetto inquietante (le pietre usate come tetti ricordano i carapaci delle tartarughe) caratterizza invece il villaggio di Martilandrán, dove imperversa la malattia del gozzo, che affligge da secoli la popolazione locale, spezzando vite anche molto giovani, come il regista ha modo di constatare. Toccante è l’incontro con una bambina affetta da questa grave infermità. Una terra dunque primitiva, nella quale un’umanità lavora incessantemente solo per sopravvivere, minacciata anche dal cretinismo, ossia da una sindrome da deficit congenito di iodio. Il documentario, una volta montato (dura 27 minuti), viene inizialmente contestato e poi censurato dalla stessa neonata Repubblica perché giudicato capace di ledere l’immagine della Spagna. La sua proiezione, anche nella versione francese, venne consentita soltanto anni dopo, allo scoppiare della guerra civile, diventando, come era forse nelle intenzioni di Buñuel, strumento di propaganda antifranchista.

Curioso è notare che ai nostri giorni, grazie all’interesse di molti verso il regista, aragonese, proprio questa sperduta regione Las Hurdes è una delle principali mete di cineturismo. Molti viaggiano sulle tracce del regista e della sua troupe, ripercorrendo gli itinerari suggeriti dalle riprese e apprezzando la natura incontaminata del luogo.   Non a caso nel 2018 è stato prodotto un film animato intitolato Buñuel en el laberinto de las tortugas che racconta in chiave ironica e spensierata le circostanze che condussero il maestro del cinema in Estremadura.[8]

Buñuel e la “Guerra Civil”: Espagne 1937

Ma torniamo a quel tempo. Allo scoppio della Guerra Civile Buñuel era a Madrid e venne incaricato dal governo repubblicano di produrre pellicole di carattere militante. Due mesi dopo è inviato come addetto culturale all’Ambasciata spagnola di Parigi, al servizio dell’Ambasciatore Araquistain. È qui che favorisce la realizzazione del film Espagne 1937 (conosciuto anche come Espagne 1936 o España leal en armas ) che molti in verità gli attribuiscono.[9] Secondo Buñuel fu però Jean-Paul Dreyfus, detto Le Chanois, sceneggiatore e regista francese, ad occuparsi completamente del montaggio. Sembra che le cose siano andate in questo modo: Buñuel in Ambasciata riceve molti materiali cinematografici dal fronte di guerra, li sceglie e li ordina, affidando poi a Le Chanois la costruzione del film. Alle riprese mettono mano parecchi cineoperatori che spesso rischiano la vita, tra cui il sovietico Roman Karmen, nato a Odessa, e due anonimi suoi colleghi spagnoli. Ne scaturisce un collage di spezzoni diseguali, una specie di cinegiornale. Frutto di una collaborazione franco-spagnola, il documentario si qualifica dunque come un reportage. Nei trentaquattro minuti che compongono il lavoro, lo spettatore viene travolto da un’ondata di documenti filmati: contadini che si scontrano con la Guardia Civil, donne che distribuiscono volantini prima delle elezioni del 1934, file di elettori ai seggi tra cui molte monache, la festa per la vittoria del Fronte Popolare, ufficiali e soldati che prestano giuramento, tra questi Francisco Franco, sfilata di truppe fasciste, poi l’inizio dell’insurrezione scoppiata il 17 luglio nel Marocco spagnolo, Irún bombardata, fino alle sequenze drammatiche in cui vengono mostrate città martoriate, fucilazioni di massa, mobilitazioni popolari, profughi in marcia verso la Francia. Toccanti sono le immagini che mostrano l’impegno della popolazione, dalle donne al lavoro nella sartoria bellica ai giovani di ogni età affaccendati nella costruzione di barricate a Madrid, fino alla sequenza che mostra il noto striscione sempre a Madrid con la scritta “no pasarán”.

Fotogramma di Espagne 1937 scattato dall’autrice

Altamente impressionanti sono le ultime sequenze dove cadaveri di donne, di bambini e neonati si avvicendano a macerie e distruzione. Molte parti hanno grande valore storico compreso il discorso di Alvarez del Vayo presso la Società delle Nazioni e il comizio di Dolores Ibárruri, nota come La Pasionaria, tenutosi durante la manifestazione di solidarietà a Parigi. Per tutta la durata del documentario musiche trionfali si alternano a esplosioni, colpi di arma da fuoco, crolli. Una voce fuori campo illustra i fatti, ma negli ultimi drammatici minuti essa si ammutolisce ed il silenzio prevale nel rispetto di tante vite spezzate. Nei titoli di coda viene posto l’accento sulla solidarietà internazionale, specie con l’appello: “Quando terminerà questa guerra mostruosa che pone in pericolo la pace in Europa?

L’autoesilio in America

Dopo la vittoria di Franco, non essendo più la Spagna un posto sicuro per Buñuel, ma neppure la Francia, troppo vicina alla Germania nazista, il regista decide di lasciare nuovamente l’Europa per l’America. Conta di far valere la sua conoscenza della guerra civile spagnola e la sua passione politica anche come consulente storico. È convinto che a Hollywood sarebbero stati messi in cantiere dei film proprio sugli anni drammatici del conflitto iberico tra fascisti e antifascisti. Nel settembre 1936, con moglie e figlio, parte dunque per gli Stati Uniti. Ritornerà solo nel 1954.

In verità le sue speranze di rendersi utile nel cinema americano come autore di soggetti, collaboratore, consulente appunto, vano deluse. Nel 1937 Joris Ivens presenta alla Casa Bianca Spanish earth da lui stesso girato, un documentario sulla Guerra di Spagna con testi di Hemingway e Dos Passos, con voce di Orson Welles. Ma di Buñuel non c’è necessità. Spanish earth avrà poco successo, sarà mal distribuito. E non ci saranno altri film sull’argomento.

Solo cinquanta-sessant’anni dopo molti lungometraggi si occuperanno della guerra civile spagnola e altrove, si ricordi Terra e libertà di Ken Loach in Inghilterra o Libertarias di Vicente Aranda nella stessa Spagna.

Dopo Hollywood, Buñuel, in gravi difficoltà economiche, si trasferisce nella più accogliente New York dove raggiunge molti intellettuali e artisti europei (tra cui gli amici Breton e Ernst) che nella Grande Mela avevano trovato rifugio. Iris Barry, stravagante conservatrice del MoMa, gli affiderà un progetto di distribuzione di documentari in America Latina. Una boccata d’ossigeno per il regista spagnolo. A interrompere l’idillio con New York interverrà lo scandalo determinato nel 1942 dall’autobiografia di Dalì che accusava Buñuel di pericoloso ateismo. E allora sarà costretto ad un viaggio all’indietro, nell’America bigotta, verso Hollywood, dove Buñuel si occuperà di banali traduzioni in spagnolo di film americani.

Eppure non sarà Hollywood il capolinea del regista, bensì una terra inesplorata e dalla cultura e lingua familiare: il Messico, una seconda patria per Buñuel, nella quale morirà.

Ma questo è un altro film…

Tracce di bibliografia italiana
  • A. Abruzzese, S. Masi, I film di Luis Buñuel, Gremese, Roma 1981
  • S. Alovisio (a cura di), Luis Buñuel, Marsilio, Venezia 2022
  • M. Aub, Buñuel: il romanzo, Sellerio, Palermo 1992
  • L. Buñuel, Sempre ateo grazie a Dio, E/O, Roma, 2020
  • L. Buñuel, Dei miei sospiri estremi, SE, Milano, 2020
  • L. Buñuel, Perché non uso l’orologio, Henry Beyle, Milano 2023
  • A. Cattini, Luis Buñuel, Il Castoro, Milano 1996
  • V. Cordelli e L. De Giusti, L’occhio anarchico del cinema. Luis Buñuel, Il Castoro, Milano 2001
  • A. Farassino, Tutto il cinema di Luis Buñuel, Baldini&Castoldi, Milano 2000
  • G. Gabotto, Luis Buñuel. L’utopia della libertà, Edizioni Paoline, Roma 1981
  • P. Mechini, Roberto Salvadori, Rossellini, Antonioni, Buñuel, Marsilio, Venezia 1973
  • T. Pérez Turrent e J. de la Colina (a cura di), Buñuel secondo Buñuel, Ubulibri, Milano 1993
  • T. Repetto, Luis Buñuel, la logica irridente dell’inconscio, Ente dello Spettacolo, Roma 2008
  • A. Sánchez Vidal, Scritti letterari e cinematografici, Marsilio, Venezia 1984
  • G. Valerio, Invito al cinema di Buñuel, Murgia, Milano 1999

Note:

[1] Le elezioni municipali del 12 aprile avevano visto una clamorosa vittoria delle forze repubblicane, inducendo il re Alfonso XIII ad abbandonare il Paese (anche se non ancora ad abdicare). Il 28 giugno, le elezioni per l’Assemblea costituente danno una solida maggioranza a repubblicani e socialisti. Dichiarato colpevole di alto tradimento, il re viene deposto; il 9 dicembre viene istituita la repubblica, con una nuova costituzione.

[2] Caballero aveva fondato con Buñuel il primo cine-club di Madrid e aderito alla cosiddetta Residencia de Estudiantes, cenacolo di idee decisamente progressiste. Ne faceva parte anche Federico Garcìa Lorca, presente dal 1919 al 1936.

[3] Il suo film L’Âge d’Or (1930), il secondo nato dal sodalizio con Salvator Dalí (che però, dopo un violento litigio con lui, non partecipò alla realizzazione) suscitò grande scandalo per il suo attacco al cattolicesimo. Lo scalpore, ma anche il successo, che accompagnò il film in Francia e in Europa attirarono l’interesse della Metro Goldwyn Mayer, che invitò B. a New York mettendolo sotto contratto con l’obiettivo di migliorarne la conoscenza delle tecniche cinematografiche. La sua permanenza fu però breve e disastrosa.

[4] Visibile su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=at-xnnNT8N8

[5] M. Ibarz,Buñuel documental: “Tierra sin pan” y su tiempo, Prensas de la Universidad de Zaragoza, Zaragoza 1999.

[6] Del ponderoso testo, edito nel 1927 da Feret & Fils, Bordeaux, esiste una versione digitalizzata nel portale docenti dell’Università di Macerata: cfr. bibliografia del corso di letteratura e cultura spagnola della professoressa Luciana Gentili,  https://docenti.unimc.it/luciana.gentilli/teaching/2022/25974/files/ii-magistrale-a.a.-20222-23-bibliografia/4.%20%201927%20Maurice%20Legendre-%20Las%20Jurdes.%20etude%20de%20geographie%20humaine-%20Paris-%201927..pdf

[7] A. Cattini, Luis Buñuel, Il Castoro, Milano 1996, p. 25.

[8] Il cartone animato è reperibile su YouTube:  https://www.youtube.com/watch?v=glMRQtbxrOs

[9] Sempre su YouTube,  https://www.youtube.com/watch?v=MeiSXKFbAgs

Dati articolo

Autore:
Titolo: Documentare la storia: Buñuel e la Spagna degli anni ’30
DOI: 10.52056/9791254696965/09
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.21, giugno 2024
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Documentare la storia: Buñuel e la Spagna degli anni ’30, in Novecento.org, n. 21, giugno 2024. DOI: 10.52056/9791254696965/09

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