La politica ministeriale italiana sull’agenda digitale
Domanda: Aggiungerei che in Italia non esiste una chiara politica ministeriale, o meglio ogni ministero ha perseguito in modo grossolano politiche differenti (LIM, classi 2.0 etc), cambiando programma prima che il precedente fosse in qualche modo compiuto, il tutto a fronte delle carenze gravissime delle infrastrutture necessarie e dei tagli al finanziamento.
Risposta: Quando senti parlare gli esperti si avverte una forte stanchezza di fronte all’incessante trasformazione tecnologica. Ma inseguire la tecnologia non è possibile, ci vorrebbero miliardi di euro di investimento ogni anno e il settore pubblico non può stare dietro ai colossi del settore. Siamo sommersi di retorica senza supporto empirico. In termini scientifici non sappiamo quasi nulla di come funzionano queste cose. Come possiamo pensarle di iniettarle massicciamente nel sistema didattico? Bisogna sperimentare veramente, ma intanto serve un’applicazione rigorosa del principio di precauzione, che non soltanto ci impone di non applicare quello che è comprovatamente nocivo, ma di non applicare nemmeno quello che non è comprovatamente efficace. Senza contare che a scuola, nelle pratiche reali e nei capitolati di spesa, la segreteria (registri, assenze etc) passa davanti alla didattica. Il digitale è un fantastico strumento di controllo, per cui è naturale che l’amministrazione centrale se ne voglia servire: nei fatti viene sempre prima l’informatica burocratica, la parte tecnologica è sempre stata molto legata all’amministrazione.