PAM il partigiano e i fumetti resistenziali nella “Collezione Luciano Niccolai”
Un Progetto di Catalogazione Digitale: osservazioni sulla serie cult di Nino Camus
Abstract
Nell’articolo vengono illustrati scopi e metodologia del Progetto di Catalogazione Digitale applicato ai fumetti resistenziali della “Collezione Luciano Niccolai”. Della serie cult «PAM il partigiano» di Nino Camus si studiano dati generali, aspetti grafici, contenuto del racconto, aspetti storico-generali e storico-episodici e, per la prima volta, si fa un raffronto fra “narrato” fumettistico e realtà storica.
Indice
- Progetto di catalogazione digitale di fumetti resistenziali
- «PAM il partigiano»: aspetti generali
- Biografia dell’Autore
- Analisi critica della grafica
- Analisi critica della storia e dei testi
- Identificazione dei personaggi
- LA SQUADRA DI PUNTA
- SMACCO ALLA S. MARCO
- PAM CONTRO TREDICI
- IL GARIBALDINO CAPPA – 109 BRIG. GARIBALDI – MILANO
- GAPPISTI ALL’OPERA
- FIRENZE LIBERATA
- IL FIGLIO FUCILATO di Paul Campani
- FIRENZE LIBERATA – 3 tavole del numero 6 rimasto incompiuto
- Bibliografia
- Ringraziamenti
Progetto di catalogazione digitale di fumetti resistenziali
Per i fumetti resistenziali della “Collezione Luciano Niccolai” è stato elaborato un progetto di catalogazione digitale che ha lo scopo di esaminarli non soltanto dal punto di vista grafico come è stato finora. Le azioni partigiane saranno infatti inserite nel loro contesto geografico, se ne esamineranno gli aspetti storici generali e quelli storico-episodici, in modo da tentare poi un raffronto fra il “narrato” fumettistico e la realtà.
Allo scopo è stata predisposta una scheda bibliografica in cui inserire: i dati identificativi generali sia dell’albo che degli autori, con una breve biografia di questi ultimi; la localizzazione territoriale dell’azione narrata; l’analisi critica della grafica, della storia e dei testi; un breve riassunto della trama; notizie di storia territoriale generale riferite al periodo; notizie storiche specifiche su quel particolare episodio partigiano (ove possibile). Verranno poi ricercati e descritti gli eventuali punti di convergenza fra la narrazione del fumetto e la realtà.
La scelta di esaminare in dettaglio e riportare in questo articolo le osservazioni sulla serie «PAM il partigiano» scaturisce da molti fattori. «PAM il partigiano» è infatti un fumetto molto raro, poco conosciuto anche dagli addetti ai lavori. È una serie resistenziale cult, un “fumetto verità d’autore” che niente ha da invidiare a quelli realizzati successivamente da fumettisti “stellati” quali Crepax, Staino, Uggeri, Pratt, etc. A differenza di questi ultimi tuttavia, è stato pubblicato nel 1946 ed ha caratteristiche grazie alle quali si presta in modo particolare a verificare la validità del progetto.
«PAM il partigiano»: aspetti generali
Il difficile reperimento della serie «PAM il partigiano» è emblematico delle difficoltà incontrate dai collezionisti di fumetti resistenziali. Dopo aver acquisito con grosse difficoltà i cinque fascicoli a firma Nino Camus, pubblicati da Il Cucciolo di Milano, abbiamo dovuto constatare che ben tre di essi erano privi delle controcopertine, rivelatesi poi di estremo interesse.
Data la rarità e l’importanza di questo fumetto è stata iniziata una convulsa ricerca delle pagine mancanti, che sono state reperite tramite la Biblioteca Civica di Bra, con cui sono stati instaurati cordiali rapporti di collaborazione, e grazie ai Signori Fabio e Grazia Camusso, figli dell’Autore, che con grande sensibilità e cortesia hanno messo a nostra disposizione non solo il suddetto materiale, ma anche interessanti documenti mai pubblicati.
Il lavoro di Nino Camus era già stato oggetto di un precedente articolo di Tamagnini [Tamagnini 1995] ed era stato trattato sia nel catalogo della mostra organizzata dal Comune di Pistoia «Per la libertà. La Resistenza italiana nel fumetto» [Barbi e Niccolai 1955] che nel volume «Per la Libertà. La Resistenza nel fumetto» [Gaspa e Niccolai 2009]. Tutti e tre i lavori erano basati soltanto sul numero 3 della serie, unico allora a disposizione, e presentavano il fumetto come opera di Nino Camus, in quanto l’attribuzione a Giovanni Camusso è avvenuta soltanto nel 2011. Del tutto recentemente sono state da noi raccolte nuove e più precise notizie.
Non è questa la sede per affrontare le ragioni per cui la Resistenza non trovò una giusta collocazione nel panorama fumettistico italiano del primo dopoguerra; questo argomento è stato già ampiamente trattato in altre autorevoli sedi [Anceschi 1995; Tamagnini 1998; Faraci 1998]. Da parti politiche diverse e con motivazioni diverse, la Resistenza nei fumetti italiani fu frettolosamente accantonata per essere rimpiazzata da tematiche più neutrali, soprattutto importate da oltre oceano. Questo fatto, insieme alla prematura scomparsa dell’Autore, fu forse motivo della scarsa diffusione della serie, uscita nel 1946, che per le sue caratteristiche avrebbe meritato un più ampio successo.
Biografia dell’Autore
Giovanni Camusso nacque a Torino il 23.06.1910. Frequentò l’Accademia di Brera a Milano diplomandosi professore di disegno. A soli diciotto anni, nel 1928, era stato assunto alla FIAT (Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili – Torino) dove lavorò nell’ufficio tecnico della sezione automobili-aviazione. Nel 1937 Camus sposò la signorina Eugenia Pecchioni, donna dotata di grande sensibilità artistica, che gli fu accanto per tutta la vita e gli dette due figli, Fabio e Grazia.
Camusso era dotato di una grande e multiforme vena artistica, un acuto spirito satirico e pieno di humor che gli avevano permesso di iniziare, a partire dagli anni ’30, una lunga e proficua collaborazione con vari giornali e riviste dell’epoca. Importante fu la sua carriera di vignettista per le più importanti riviste satiriche italiane quali il «Bertoldo», il «Marc’Aurelio», «Candido», «Becco Giallo», il «Travaso», per le quali lavorò con lo pseudonimo di Nino Camus. Nelle redazioni, Camus fu sempre affiancato da grandi talenti: profonda fu la sua amicizia con Walter Molino, che lo ritrasse nel 1943 in un acquerello attualmente in Collezione Camusso.
Negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta numerose sue vignette e racconti illustrati apparvero su la «Domenica del Corriere» e sulla «Tribuna Illustrata». Camus realizzò anche fotoromanzi per «Grand’Hotel» e varie copertine per la «Illustrazione del popolo» con cui collaborò fino al 1944, come dimostra il disegno esecutivo per la copertina del n. 31 del 1944 (Collezione Camusso).
Nel 1938/1939, dopo i contatti avuti con la cugina Angela Ruffinelli, Camus si trasferì a Milano per collaborare alla realizzazione de La Rosa di Bagdad, divenendo parte integrante della “famiglia” di Gino Domeneghini. Domenighini era rimasto colpito da Biancaneve ed i sette nani di Walt Disney ed aveva scelto questo tipo di disegni per la preparazione del suo film. Camus dimostrò di avere una particolare conoscenza ed inclinazione per le immagini dal vago sapore disneyano, avendo certamente studiato le strips di Topolino pubblicate sino dal 1930 sull’«Illustrazione del Popolo».
Dopo il trasferimento a Milano, e durante la guerra, Camusso lavorò come disegnatore e progettista presso le Industrie Aeronautiche Officine Caproni di Taliedo. In una lettera al padre Antonio, senza data, ma scritta tra il 29 e la fine di aprile 1945 egli racconta:
[…]Ora sto facendo un esposto al Comitato d’Agitazione Operaia della Caproni, trovandomi io nel caso d’un danneggiato politico essendo stato licenziato dopo l’8 settembre, in seguito a rappresaglia di 4 (?) fascisti che avevo denunciato alla Commissione di Fabbrica d’allora. Se il mio ricorso avrà buon esito, la Ditta mi deve pagare lo stipendio da allora fino ad oggii, che sarebbero 18 mesi a L. 2000, come minimo farebbero 36.000 lire. Ma credo sarà difficile ottenere qualcosa perché pretendono che dimostri d’aver aiutato il movimento insurrezionale. E sì che in casa mia fino a 8 giorni fa c’era nascosto proprio uno del Comitato, ricercato dalla Brigata Nera […]
Dopo un periodo di agitazioni e scioperi, alla Caproni vigeva un clima di terrore ed intimidazione instaurato dai fascisti della Muti agli ordini del tenente Cesare Cesarini. Responsabile della deportazione di più di 60 lavoratori, Cesarini fu eliminato il 16 marzo 1945 da Giovanni Pesce, nome di battaglia Visone. Camusso descrisse questa azione partigiana nel numero 4 del fumetto «PAM il partigiano», in cui definì Cesarini “il boia della Caproni” [Giannantoni F., Paolucci I. 2005]. Camusso conobbe molto bene anche Paolo Danesi che raffigurò in una caricatura con una casacca con il teschio e le due tibie incrociate. Paolo Danesi era il feroce capo delle guardie della Caproni, confidente dell’OVRA (Opera di vigilanza e repressione antifascista o Opera volontaria di repressione antifascista), la Polizia Segreta dell’Italia fascista (dal 1930 al 1943) e poi della Repubblica Sociale Italiana (dal 1943 al 1945) [De Biaggi Giuseppe De Zorzi Naco, deportato a Dachau]. Alla Caproni Giovanni Camusso ebbe anche modo di conoscere il fratello di Molino, Antonio, dirigente della azienda e strenuo oppositore del regime, che pagò con la deportazione e la morte la sua militanza [Leondi 2005].
Nino Camus rivelerà appieno la propria vena neorealista in uno dei suoi ultimi lavori, il fumetto «PAM il partigiano», che lo vede fumettista di genio, attento alla realtà storica, ambientale e civile di quel difficile periodo. Camusso produsse autonomamente questo fumetto nel 1946 mostrando una grandissima capacità di cogliere l’atmosfera di attesa, gli umori, la personalità dei personaggi, con un senso del movimento e del taglio delle vignette che fanno di PAM una serie cult ed un vero capolavoro nel settore dei fumetti resistenziali. Elegante e coinvolgente è il sapiente uso del bianco e nero.
Giovanni Camusso morì prematuramente l’11 marzo del 1947 a causa di una gravissima malattia vascolare.
Analisi critica della grafica
Un esame della parte grafica dell’intera serie ha messo in evidenza la grandissima qualità dei fumetti di Nino Camus. Le copertine, a colori, riportano sull’angolo superiore sinistro l’immagine di Giuseppe Garibaldi, segue il sottotitolo: La storia d’Italia scritta col sangue dei suoi figli. Sulla sinistra, in banda verticale, si legge: AUDACIE EROISMI Pagine di ardimento scritte dai giovani che nelle città e sui monti si batterono per la libertà d’Italia.
Ogni storia riporta un bollettino dell’azione partigiana descritta e dei risultati conseguiti. È questa un’altra delle caratteristiche di tutta la serie, unica nel suo genere, che raramente si ritrova in altri fumetti, soprattutto se si considera l’anno di stampa. I fascicoli misurano 25×17 cm e sono stampati in bianco e nero su una carta sottile, leggermente avoriata, tipica delle produzioni dell’epoca. Le tavole evidenziano una fine regia, certamente sviluppata dall’Autore durante la sua esperienza cinematografica per la realizzazione de La rosa di Bagdad, primo film di animazione italiano. Le vignette hanno un taglio mirabile, l’impaginazione è classica, ma studiata apposta per sottolineare il movimento dell’azione. Questa è un’altra delle caratteristiche peculiari della serie. I personaggi sono ben disegnati, hanno fisionomie decise, mobili e facilmente riconoscibili; il movimento dei corpi è fluido ed altamente realistico, confrontabile in campo cinematografico a sequenze neorealiste. Gli sfondi, sia interni che esterni, sono ricchi, trattati con un sapiente gioco di prospettiva e con dovizia di particolari che li rendono quasi tridimensionali. Il lettering è semplice, chiaro, i testi altamente coinvolgenti.
Dal punto di vista grafico le azioni notturne sono rese in un chiaroscuro molto efficace. Nell’episodio Smacco alla S. Marco parte dell’azione si svolge di notte, e le vignette, soprattutto quelle che descrivono l’attesa del camion e l’azione all’interno delle camerate, si dipanano in un clima di grande tensione, reso alla perfezione dallo sfondo nero in cui i personaggi si stagliano prepotentemente in chiaro. Anche l’episodio narrato nel numero 4 presenta un particolare interesse per le scene notturne. Il contrasto tra luci ed ombre è stato ottenuto in modo diverso a seconda del periodo e dell’atmosfera: con un tratteggio parallelo per le vignette che esaltano l’ambiente ed i gappisti in attesa; con una sorta di tenebrismo a profonde macchie nere e personaggi in chiaro che “bucano” le vignette per ottenere una intensificazione drammatica dell’azione. Le silhouette mobili rendono perfettamente l’atmosfera del momento e la catastrofe incombente.
Analisi critica della storia e dei testi
Come accennato, una delle caratteristiche di novità di PAM è il realismo delle azioni partigiane narrate. Una simile aderenza alla realtà in quel periodo non si ritrova neppure negli episodi di «Sciuscia», che pure, a buon diritto, è universalmente ritenuto un piccolo capolavoro della fumettistica resistenziale. Del resto lo stesso Autore nella quarta di copertina del numero 5 di PAM ha chiaramente descritto il proprio modus operandi e le proprie fonti. Nessuno, al di fuori di Camus, avrebbe potuto meglio esprimere il rispetto per la Resistenza, la storia italiana e la verità di quel periodo convulso ed esaltante:
“Ai nostri lettori”
Chiunque volesse mettere in dubbio la veridicità delle azioni svolte dai partigiani e scritte, senza romanzatura per i nostri ragazzi, noti che ogni azione porta insieme al titolo il riferimento al bollettino del CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTÀ del periodo clandestino, con dati precisi di persone e luoghi e tutte le condizioni in cui si è svolta l’operazione. Con tutti questi dati a disposizione ognuno può a piacer suo controllare quanto narrato.
Alla luce di tali principi abbiamo esaminato i 5 numeri della serie, nonché le tre tavole del numero 6, incompleto e mai stampato.
Identificazione dei personaggi
Le ricerche per l’identificazione del personaggio principale, PAM, sono risultate ovviamente infruttuose; PAM è infatti l’archetipo del valoroso capo partigiano, che indossa talvolta i gradi di Comandante di Brigata. Tuttavia, nel numero 4 intitolato Gappisti all’opera, PAM è quasi certamente il Comandante Visone, ossia Giovanni Pesce, gappista e medaglia d’oro al valor militare. Inoltre, nel numero 1 La squadra di punta viene narrata un’operazione condotta dalla 116a Brigata “L. Campegi” [Brigata SAP (Squadre di Azione Patriottica)] e nella cronologia dell’insurrezione a Milano si nota come il giorno 27 aprile 1945 ad un’ora imprecisata della mattinata, presso lo scalo ferroviario dell’Ortica, il capitano Kragora, comandante il presidio tedesco, si arrese a PAM, vicecomandante la 116a Brigata Garibaldi SAP.
Talvolta PAM è affiancato da Poldo, che firma anche un breve racconto su PAM contro 13, numero 3 della serie. In quel numero Poldo indossa le mostrine di Vice Comandante di Brigata e su un cartellino posto al di sopra di esse si legge: “Cornaggia”. Questa scritta si riferisce alla brigata di appartenenza di Poldo. La brigata fu dedicata a Luigi Cornaggia Medici, partigiano della Divisione “Cichero”, Brigata “Arzani”, ferito nella battaglia di Pertuso (Alessandria) il 23 agosto 1944 e morto due giorni dopo. Poldo è quasi certamente il nome di battaglia di Leopoldo Cavenago, nato a Milano il 3 febbraio 1896, di professione vigile del fuoco, arruolato nella Resistenza dal 23 giugno 1944, inserito nel Distaccamento “Pienovi” della Brigata “Cornaggia”, Divisione “Aliotta”. Di Poldo si trovano tracce nel racconto di Franco Costa sulla battaglia di Pietragavina in comune di Varzi (Pv) combattuta dalla Brigata “Crespi”: «[…]Sebbene sia armato della sola pistola (non ho più rivisto il Poldo e il mio mitra, ahimè!) sono salito anch’io su un camion […]» [Costa Brigata “Crespi”,Varzi, Battaglia Pietragavina]
Nel fascicolo numero 2 intitolato Scacco alla S. Marco Poldo è uno dei garibaldini che assaltano la Caserma S. Marco di Voghera. La presenza di un combattente di nome Poldo è confermata da Italo Pietra (Edoardo) nel suo Oltrepò vita santa «[…] tre ragazzi e il vecchio Poldo, pompiere di Milano, erano entrati in caserma…» e «[…] fra gente di strada e i tre di Poldo in attesa […]». Comandava il gruppo di 3 partigiani che entrarono per primi nella Caserma S. Marco di Voghera il 20/21 ottobre 1944. [Pietra 1945]
Lo ricorda anche Roberto Moroni in Colpo di mano in caserma «[…] ormai il momento della partenza è giunto: Drak, Poldo, Oreste, Mario, Baffo e Falco, gli uomini scelti dal comandante Piero[…]» [Moroni Caserma S. Marco, “ “Crespi”]
I fumetti
LA SQUADRA DI PUNTA
di Nino Camus
PAM il partigiano La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 1. Milano: Il Cucciolo
“Assalto al posto di blocco di P. Vigentina in Milano eseguito il giorno 15 aprile 1945 dalla 116° Brigata “L. Campegi” (Brigata S.A.P.) e diretta dal Comandante di battaglione LEO, con il concorso di cinque garibaldini
RISULTATO: Recupero di tre mitra e due pistole. Nessuna perdita garibaldina. Un morto ed un ferito fascista”
RIASSUNTO
È il 5 aprile 1945. La squadra di punta formata da 5 garibaldini della SAP “L. Campegi” e da PAM, capo della squadra, si è riunita. Una staffetta (Giulia) ha portato un ordine: bloccare per qualche ora il posto di blocco di Porta Vigentina a Milano in modo da far passare il comandante. Gli uomini studiano il piano con l’aiuto delle carte e vengono stabiliti i compiti. Nel frattempo la sentinella avverte che sta arrivando qualcuno ed i partigiani impugnano le armi e si posizionano. È Giulia, che dall’altra parte della parete fa pressione su un punto prestabilito, che si apre rivelando il rifugio. Giulia porta un messaggio con l’orario della azione fissata per le 8 del giorno dopo. La mattina dopo due sappisti passano senza problemi il posto di blocco con le biciclette, che vengono poi nascoste. I due si avicinano alle sentinelle e le assaltano. Purtroppo uno dei militi reagisce sparando ed i partigiani lo uccidono. Il conflitto attira i militi dall’altra parte del blocco. I sappisti, pur avendoli immobilizzati, incontrano un forte resistenza nei militi che tentano di avvertire i posti di blocco vicini, ma i partigiani hanno provveduto a tagliare i fili della linea. I militi, in compagnia di due “signorine”, non vogliono comunque arrendersi; lo faranno soltanto quando PAM, entrato da una finestra nel posto di blocco, li obbligherà ad arrendersi ed uscire con le mani alzate. Arriva la macchina del Comandante; PAM e compagni caricano sulla vettura le armi requisite e per vie diverse rientrano in città
NOTIZIE STORICHE
Dopo gli scioperi milanesi del 1943 e 1944 e la feroce rappresaglia che ne seguì, vennero costituiti i primi Gruppi di Azione Patriottica (GAP) che iniziarono subito ad operare. Nel gennaio 1944 fu costituita la 3a Brigata d’Assalto Lombarda, ma già nel mese di febbraio sopraggiunse un periodo di estrema difficoltà, caratterizzato da gravi deficienze organizzative e disciplinari e segnato da un clima di attendismo. Questa situazione si protrasse fino all’arrivo a Milano di Giovanni Pesce, avvenuto nel giugno del medesimo anno. Giovanni Pesce (Visone) aveva operato a Torino dimostrandosi un grande teorico e conoscitore della guerra di resistenza urbana. Dopo un periodo di riassestamento fu messo a capo della 3a Brigata d’Assalto GAP Lombardia di cui facevano parte tre distaccamenti gappisti e nessuna formazione di montagna. Dal settembre al dicembre 1944 a capo della 3a GAP c’era Luigi Campegi, assassinato al campo Giurati nel gennaio 1945. A lui venne intitolata la 116a Brigata Garibaldi SAP “Campegi”. Pesce fu nuovamente a capo della 3a GAP dal dicembre 1944 al maggio 1945, [Pesce 10.02.1946]. Nell’estate del 1944 nel milanese nacquero le Squadre d’Azione Patriottica (SAP), formate da elementi che, pur continuando la propria vita, di fatto agivano quando chiamati. Le SAP affiancarono le GAP e le Brigate nella lotta partigiana. Il movimento sappista si sviluppò con la costituzione di varie formazioni sia nelle città che nelle fabbriche sestesi, roccaforte del movimento, per un totale di circa 3000 uomini. Il 10-15% di costoro era in grado di condurre anche azioni gappiste e rappresentò il nucleo delle cosiddette squadre di punta.
La 116a Brigata Garibaldi SAP “Campegi”, costituita nel febbraio 1945 da un distaccamento della 118a Brigata Garibaldi, era attiva a Milano nelle zone di Porta Venezia, Città studi, Lambrate.
La brigata, composta da distaccamenti attivi presso le fabbriche Olap, Bianchi, Acciaierie Vanzetti, Deposito smistamento ferrovieri e dal Battaglione d’assalto “Cucciolo”, era comandata da Bruno Galbiati (Marino), Commissario politico era Giacomo Bontempi, trasferitosi a Milano nell’ottobre 1944 per prendere parte alla resistenza armata.
L’insurrezione milanese iniziò il 24 aprile 1945 a Niguarda con uno scontro armato tra garibaldini e repubblichini. Il 25 aprile squadre di GAP e di SAP entrarono in azione nei quartieri popolari di Porta Romana, Porta Vigentina e Porta Ticinese. La 116a fu molto attiva e partecipò a molte azioni.
Fino dalla mattina del 25 aprile occupò il politecnico per farne base di operazioni; nel pomeriggio il distaccamento della Brigata SAP della Caproni, insieme ad altre forze partigiane, prese possesso della fabbrica Caproni di Taliedo.
Il giorno 26 – in Via Benedetto Marcello – 120 tedeschi si arresero ai sappisti della 116a Brigata SAP e ad elementi della Brigata del Popolo Gasparotto; ad un’ora imprecisata della mattinata, presso lo scalo ferroviario dell’Ortica il capitano Kragora, comandante il presidio germanico, si arrese a «PAM», vicecomandante la 116a Brigata Garibaldi SAP. Vennero catturate 2 mitragliere a canne multiple montate in torrette blindate su un treno merci, 6 a canna singola e le armi automatiche individuali degli oltre cento prigionieri che furono rinchiusi nel Politecnico; sempre il 26 a mezzogiorno presso la Innocenti di Lambrate, squadre della 116a, di altre Brigate SAP ed altre formazioni non meglio identificate ebbero un violento scontro con i tedeschi che avevano rioccupato la fabbrica.
Nel pomeriggio del 27 aprile in zona Ticinese (Via Borgazzi 4) sappisti della 116a Brigata Garibaldi catturarono Achille Starace, ex segretario del Partito nazionale fascista.
Tre giorni dopo l’inizio dell’insurrezione la città era già sotto il controllo dei partigiani. I combattimenti più importanti si ebbero vicino alla fabbrica Innocenti a Lambrate, alla fabbrica OM (zona Vigentina) e alla Breda (Viale Sarca). Gli ultimi cecchini furono eliminati il 28 aprile, mentre i tedeschi cedettero le armi all’arrivo delle brigate partigiane provenienti dall’Oltrepo e dalla Valsesia, o degli americani.
Il numero 1 riporta in seconda e terza di copertina un articolo, che si sviluppa su vari numeri intitolato Com’era formata una brigata garibaldi di città.
La controcopertina contiene l’estratto di un articolo de «L’Unità» del 23.10.1945 dal titolo La memoria dei morti non deve essere tradita sulla traslazione della salma di Marco Casman, eroe dell’antifascismo, alla presenza del Presidente del Consiglio Ferruccio Parri. Viene anche riportato il testo dell’ultimo «scritto inviato dal Martire Campegi agli amici». Illuminante è il commento che accompagna la lettera firmata Luigi: «così sapevano morire gli eroi che si batterono per la libertà d’Italia e per dare al popolo una vita più bella e felice»
SMACCO ALLA S. MARCO
di Nino Camus
PAM il partigiano La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 2. Milano: Il Cucciolo
“Bollettino. Presa della Caserma di S. Marco (già Cavalleria) in Voghera dai garibaldini: Poldo, Oreste, Maganza, Falco, etc provenienti da Varzi della 165° Brigata Garibaldi “M. Crespi”. Reparto di Polizia Divisionale – Divisione Oltrepo pavese, al comando di “L’Americano” (Italiano studente in ingegneria) commissario, Piero, ottobre 1944.
RIASSUNTO
Franco, uno dei garibaldini, porta a PAM l’ordine di attaccare la Caserma di S. Marco. PAM riferisce l’ordine al vice comandante ed al commissario politico che deve scegliere sei volontari. Tutti i partigiani si rallegrano di poter finalmente uscire dall’inattività e vorrebbero partecipare all’azione. Vengono scelti i sei garibaldini che, travestitisi da fascisti, raggiungono la caserma S. Marco. Crac e compagni si presentano al piantone facendosi rifornire di viveri e coperte. Intanto sopraggiunge l’ufficiale di picchetto accompagnato da una signorina. I nostri si presentano all’ufficiale di picchetto che subito li mette di guardia al portone principale. Intanto i militi, ubriachi, stanno dormendo profondamente. Al segnale convenuto arriva il camion dei partigiani; guidati da Crac, questi ultimi svegliano tutta la caserma e si fanno condurre all’alloggio ufficiali. Viene intimata la resa e ad un rifiuto dei fascisti inizia uno scontro a fuoco. I garibaldini li sopraffanno facendo 50 prigionieri e requisendo armi, munizioni e vettovagliamenti. Senza aver subito perdite «[…] gli eroi della guerra d’imboscate riprendono cantando le vie dei monti […]» [Camus 1946].
NOTIZIE STORICHE
Nel luglio 1944, anche a causa della crisi delle formazioni spontanee di ribellione – bande Piccoli, del Greco, Primula Rossa – le file dei partigiani si ingrossarono e fu costituita la Brigata Garibaldina “Crespi”, così chiamata dal nome di Carlo Alberto Crespi, fucilato a Varallo (Vercelli) il 3 aprile 1944.
L’8 agosto 1944 nacque la prima Divisione Garibaldina dell’Oltrepò, comandata da “Americano”, alias Domenico Mezzadra, studente della facoltà di Magistero dell’Università di Torino. Agli inizi di settembre la divisione assunse la denominazione “Aliotta”, dal nome del partigiano caduto Angelo Aliotta (Diego). Costituivano la Divisione garibaldina le Brigate “Capettini”, “Crespi” e “Casotti”, insieme alla Brigata Matteotti, che però si mantenne autonoma dal punto di vista organizzativo.
Una delle azioni più clamorose condotte con successo dai partigiani della “Crespi”, coadiuvati da quelli della “Casotti”, fu l’operazione “San Marco”, presso la Caserma di Cavalleria di Voghera. Importante fu anche la partecipazione della brigata ceca, i 33 cecoslovacchi del posto contraereo di Bressana Bottarone erano infatti passati dalla parte dei partigiani garibaldini, portando con sé armi e munizioni.
L’azione fu accuratamente preparata. Come risulta da un resoconto di Roberto Moroni, già nell’agosto 1944 l’organizzazione clandestina di Voghera aveva infiltrato nel battaglione San Marco alcuni giovani della zona: Babi (Carlo Germani), Bobi, Bibi, Bubi e Bill (Ferruccio Fellegara). Ai primi di settembre alcuni di essi si presentarono volontari per il presidio che il Comando del Distaccamento di Voghera e la Wehrmacht avevano costituito a Genestrello. Il 15 settembre, mentre Babi e compagni erano di guardia, un’incursione partigiana riuscì a trasferire armi, equipaggiamenti e munizioni a Pietragavina, sede del Comando della “Aliotta”.
Il 16 settembre si iniziarono ad approntare i piani dell’attacco alla S. Marco, alla cui preparazione parteciparono tra gli altri Carlo Covini (Oscar) e Peppino Capitani (Falco). Dopo una lunga estenuante attesa arrivò l’ordine dell’attacco. Il giorno 14 ottobre 1944 alcuni partigiani della “Aliotta” – Drak, Poldo (alias Leopoldo Cavenago), Oreste, Mario, Baffo (alias Mario Maganza), Falco (alias Capitani Peppino) – indossarono la divisa dei marò e scesero in pianura. Alle 18 Mirto rilevò la parola d’ordine che passò a Falco, l’autista. Si procurarono le chiavi e furono aperti i cancelli. Bubi si era offerto volontario come capoposto ed i partigiani della “Aliotta” furono fatti entrare e vennero nascosti in una cameretta. Poldo e compagni sostituirono i marinai nei picchetti e alle 21 alcuni elementi pericolosi vennero neutralizzati.
Dopodiché iniziò l’azione vera e propria: alle 22 i partigiani sostituirono la ronda, entrarono nelle camerate e fecero prigionieri marinai ed ufficiali. Al posto di guardia giunse anche una ronda delle Brigate Nere per consegnare 7 militi, senza però accorgersi dell’azione nemica, tanto che alcuni dei consegnati si unirono ai partigiani. Vennero ripulite infermeria ed armeria. L’azione si concluse con successo a mezzanotte quando giunsero due camion con 16 partigiani e 4 cecoslovacchi (Praga, Kladno, Brno, Bratislava) che conoscevano bene il tedesco, tutti in divisa e con i documenti in regola per passare ai posti di blocco. Nessuna complicazione neanche al rientro, visto che i camion passarono indenni anche l’ultimo posto di blocco di Rivanazzano. [Guderzo 2002; Pietra1945; Moroni Caserma S. Marco, Brigata Crespi]
[ …]Gli uomini furono scelti tra i più decisi e capaci del comando divisione, del reparto cecoslovacco […]e della brigata “Casotti”: l’azione venne studiata in ogni dettaglio, si agì in perfetta intesa con l’organizzazione clandestina di Voghera […] Nello studio dei dettagli si convenne di scegliere la serata di un sabato come la più adatta […] Si mandano in avanscoperta[…]partigiani vogheresi, conoscitori perfetti dei luoghi, in divisa di militi della “San Marco“ (Drak, Poldo (Leopoldo Cavenago), Oreste, Mario, Baffo (Mario Maganza) Falco (Capitani Peppino). A notte inoltrata, su un autocarro catturato alla Wermacht, partono 12 italiani e 4 cecoslovacchi (Praga, Kladno, Brno Bratislava) […] vengono superati i posti di blocco nemici mercé regolari documenti di transito; i partigiani, perfettamente armati, sono in città, si uniscono ai partigiani che li hanno preceduti […] l’azione ha inizio con l’immobilizzo delle sentinelle e il blocco del corpo di guardia […] alle sentinelle catturate si sostituiscono i nostri partigiani […], si aprono i cancelli, l’autocarro entra nel cortile, i cecoslovacchi alle mitragliere sono pronti, se necessario, per l’ultimo combattimento […] Quelli della “San Marco”, ufficiali e soldati, sono presi nel sonno, l’armeria viene vuotata, l’infermeria anche, gli automezzi della “San Marco” sono catturati […] Tre ore dopo la loro entrata i 20 dell’Oltrepo lasciano la città […]; il bottino è dato da 76 prigionieri, fra i quali nove ufficiali, da armi pesanti e leggere, tante munizioni come mai si erano viste, medicinali e medicamenti, uniformi e coperte, di cui tanto si sentiva il bisogno. Non un colpo era stato sparato […] [Casali 1965]
Si trattò di un intervento partigiano condotto su un territorio ricco di fermenti resistenziali, in cui la Resistenza godeva di ampio consenso popolare. In data 19 novembre 1944 l’Oltrepo Pavese vide anche la nascita della Libera Repubblica di Varzi, una delle prime del Paese. Quasi tutti i personaggi presentati nel fumetto sono reali:
Americano (Domenico Mezzadra): studente della facoltà di Magistero dell’Università di Torino, era al comando della prima Divisione Garibaldina dell’Oltrepò, costituita l’8 agosto 1944. Per le sue temerarie azioni la figura dell’Americano divenne ben presto leggendaria nell’Oltrepo.
Mario Maganza (nome di battaglia Baffo): nato a Milano nel 1920. Il 20 luglio 1944 “Baffo”, entrò a far parte dell’87a Brigata garibaldina “Crespi”. Nel settembre partecipò alla presa di Varzi e, poco dopo, alla azione che permise la cattura di 40 appartenenti al Battaglione San Marco di stanza nella Caserma di Cavalleria di Voghera.
Poldo è il nome di battaglia di Leopoldo Cavenago, nato a Milano il 3 febbraio 1896, di professione vigile del fuoco. La scritta Cornaggia che si legge sulla camicia di Poldo si riferisce alla sua brigata di appartenenza intitolata a Luigi Cornaggia Medici, partigiano della Divisione “Cichero” Brigata “Arzani”, morto in seguito alle ferite riportate nella battaglia di Pertuso (Alessandria) il 23 agosto 1944.
Il numero 2 riporta, in seconda di copertina l’articolo Preda bellica…con spaghetto che illustra un’azione partigiana condotta con successo sulla via Emilia. L’articolo è scritto da Manna ed illustrato da Camus. In terza di copertina prosegue il testo Com’era formata ed inquadrata una brigata garibaldi di città. L’ultimo paragrafo lamenta la costante carenza di armamenti, che in mancanza dei lanci delle forze alleate, si riducevano a “povere rivoltelle conquistate con un disarmo”. Sulla controcopertina i gradi in uso alle formazioni partigiane.
PAM CONTRO TREDICI
di Nino Camus
PAM il partigiano. La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 3. Milano: Il Cucciolo
“PAM contro tredici: “Settembre 1944” – Azione svolta dalla divisione Oltre Po Pavese, 165° Brigata Garibaldi “M. Crespi”, reparto Polizia Divisionale “Arditi Bianchi”. Presi ventuno prigionieri, tre “1100” e tutte le armi ed il materiale del deposito tedesco di Portalbera”.
RIASSUNTO
Poldo della Brigata “Cornaggia” sta parlando con Alberto – un partigiano della Brigata “Crespi” – delle pessime condizioni dei loro camion e della mancanza di carburante. Stanchi di aspettare i lanci alleati che non arrivano, con il Comandante PAM viene deciso di fare un colpo presso un deposito dove sono di guardia 13 austriaci. Si prepara il piano di battaglia: i partigiani formeranno tre squadre, una comandata da Crac, la seconda da PAM e la terza da Poldo. L’indomani 12 garibaldini partono da Zavattarello con un camion per rifornirsi al deposito di Portalbera. Sulla Via Emilia incrociano quattro aerei alleati e si fanno riconoscere, evitando così di essere colpiti. Dopo un piccolo incidente al camion che richiede l’intervento di un carro di buoi, le tre squadre si dividono per piombare sul nemico simultaneamente da tre punti diversi. La squadra di Poldo ferma un’auto di tedeschi e prende prigionieri i passeggeri; viene fermata e requisita una seconda auto, di repubblichini, fatti anch’essi prigionieri. La battaglia entra nella fase cruciale, si attacca la postazione con mitra e bombe a mano; i nemici vengono disarmati e fatti prigionieri. Requisiti armi e approvvigionamenti, i partigiani rientrano alla base. L’operazione si conclude con il ritorno dei garibaldini alla base, la distribuzione del bottino e soprattutto con la consapevolezza che non ci sono state perdite.
NOTIZIE STORICHE
Tra fine luglio e metà agosto 1944 le file dei partigiani si erano ingrossate tanto da far nascere nuove brigate. Una di queste era la Brigata “Crespi”, intitolata a Carlo Alberto Crespi, attestatasi a Zavattarello. Il suo comandante era Mario Colombi (Mario), il vice comandante era Carlo Barbieri (Ciro) che riuscì a guadagnarsi la fiducia di tutte le genti dell’Oltrepo. In essa confluirono poi una parte della “Capettini”, la banda di Andrea Spanojannis (Greco) e quella di Angelo Arneri (Tigre). Infine la 51a “Capettini”, la 87a “Crespi” e la 88a “Casotti” costituirono la Divisione “Aliotta” comandata da “Americano”.
Ma con l’ingrossarsi delle file partigiane, uno dei problemi più gravi, a parte quello della sicurezza, era la costante mancanza di armi e vettovagliamenti, tanto più che i partigiani trasferivano i loro campi base in alta collina o in montagna, dove la popolazione era molto povera. Le brigate, in assenza di aiuti da parte degli alleati, erano costrette a compiere continue azioni di disarmo e fare delle requisizioni.
Le azioni partigiane per il reperimento degli armamenti furono numerose, ad esempio il 13 luglio gli uomini di Americano e quelli della Primula Rossa, da poco entrati nella “Capettini”, disarmarono con un attacco a sorpresa il presidio repubblichino situato a Cabella Ligure, in Val Borbera, e fecero un buon bottino di armi e munizioni.
Italo Pietra (Edoardo) scrive nel suo Il coraggio del NO Figure e fatti della Resistenza nella Provincia di Pavia, Editrice Amministrazione Provinciale di Pavia Stampato nel mese di marzo 1981:
Nell’Oltrepò pavese […] Eravamo tre brigate, eravamo mille armati, eravamo padroni di una zona libera fatta di sette valli, di ventidue comuni, di cinquantamila abitanti; ma il magazzino armi e munizioni era ancora sulla via Emilia, ogni arma un agguato, così tanti ragazzi, come Armando, Bianchi e Walter, sono morti con la faccia sull’asfalto. Non avevamo avuto neanche un lancio. […] scendevano a sera i gialli camion partigiani della Wehrmacht verso gli agguati al Po e lungo la via Emilia. [Pietra 1981]
In Montagna Ribelle Giulio Guderzo scrive sull’argomento:
Nella pianura dell’Oltrepò riprendono intanto i disarmi: Il 6 ottobre (1944) tocca […] al Distaccamento T.F. della GNR (Guardia Nazionale Repbblicana) di Bressana Bottarone, seguito il 16 dal “Presidio tedesco” di Lungavilla e il 24, sulla via Emilia, tra Fumo e Verzate, “i banditi” catturano “quattro tedeschi e un capitano italiano”, mentre a Salice “militari germanici” impegnati in uno scontro a fuoco da un “numeroso gruppo di partigiani” se la cavano con un solo ferito” [Guderzo 2002]
Il numero 3 di PAM mostra in seconda e terza di copertina un articolo firmato POLDO dal titolo Fuoco a volontà che narra un’azione compiuta per reperire carburante. L’azione sfortunata si conclude purtroppo con la morte del gappista milanese Bianchi “inviato da noi per riposare insieme ad un altro compagno ma che non sapevano star senza menar le mani”. Prosegue l’articolo Com’era formata ed inquadrata una brigata garibaldi di città. La controcopertina è dedicata ad un breve fumetto su un tentativo di arresto del garibaldino Cappa a Sesto San Giovanni.
IL GARIBALDINO CAPPA – 109 BRIG. GARIBALDI – MILANO
di Nino Camus
In controcopertina di PAM il partigiano. La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 3. Milano: Il Cucciolo
Il giorno 24.2.1945 alle ore 6,30 del mattino, i militi della G.N.R. si recavano nell’abitazione del garibaldino Cappa in Viale Italia Sesto S. Giovanni per arrestarlo, ma egli reagiva con prontezza di spirito e abbatteva il Brigad. Giorgio Arrighi, la Guardia Ceragioli, il Milite Dario Borgonovo, feriva il Milite Ronchi Anselmo e metteva in fuga gli altri 13 e riusciva a ritirarsi portando in salvo il mitra. 109 Brig. Garibaldi – Milano.
RIASSUNTO
Niente è da aggiungersi al Bollettino, eloquente nella sua stringatezza, e il fumetto, in una sola tavola ed una manciata di vignette, riesce a rendere perfettamente l’atmosfera e l’urgenza di quei giorni. Tre repubblicani bussano alla porta di Cappa, stanno cercando armi. Cappa scende dal letto, si veste e punta il mitra contro i nemici. La vignetta successiva si svolge in strada, Cappa sta sparando ai repubblicani, poi fugge.
NOTIZIE STORICHE
In questa monotavola Camus ci parla della 109a Brigata SAP che operava a Sesto San Giovanni (MI). In effetti il Garibaldino Cappa di cui viene narrata l’azione era Angelo Bertagna (comandante Kappa), vicecomandante della 184a Brigata SAP presso le Acciaierie Falck. Il dott. Claudio de Biaggi, ricercatore storico milanese, ci ha informati che Luigi Borgomaneri in Li chiamavano terroristi. Storia dei GAP milanesi 1943-1945 così scrive a pag. 318:
Angelo Bertagna, il comandante Kappa, magnificato anche da Radio Londra, il quale il 24 febbraio, vistisi piombare in casa alcuni militi della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) venuti per arrestarlo, ne uccide due e, in mutande, inseguitili per strada, ferisce gli altri tre che si erano dati alla fuga.
Nella nota a piè di pagina aggiunge:
«Su Angelo Bertagna (“Kappa”), comandante del 2° distaccamento della 184a Brigata SAP (Acciaierie Falck), cfr. Un Brigadiere e un agente uccisi a Sesto San Giovanni, in «Corriere della Sera», 25 febbraio 1945».
Inoltre, nel rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) a Mussolini sull’episodio, tratto dall’archivio della Fondazione Micheletti di Brescia, si legge
« [Bertagni]… si impossessava di un parabellum e sparando a bruciapelo uccideva il brigadiere Giorgio Arrighi ed il milite Dante Seragioli…».
GAPPISTI ALL’OPERA
di Nino Camus
PAM il partigiano La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 4. Milano: Il Cucciolo
“Bollettino. Il maggio 1944 quattro gappisti di Torino facevano saltare con alto esplosivo, la stazione della radiotrasmittente di quella città. Attaccati da numerose forze tedesche e repubblicane, facevano strage del nemico, ma due di essi cadevano in mano ai nazi-fascisti ed un terzo si suicidava il giorno dopo per non rimanere prigioniero.”
RIASSUNTO
I gappisti hanno ricevuto l’ordine di far tacere Radio Torino e, benchè privi di mezzi, si riuniscono per elaborare un piano e controllare i dintorni della stazione radio torinese. Durante la ricognizione si rendono conto del potenziale nemico (nove o dieci carabinieri). Rientrati alla base preparano le bombe ad orologeria e si accingono all’azione. Cade la sera e i gappisti attendono pazientemente il cambio della guardia, quindi attaccano: prima sequestrano i carabinieri, poi posizionano le bombe, ma fuggendo decidono di mettere in salvo i carabinieri sequestrati. La stazione radio salta in aria. Purtroppo i gappisti vengono scoperti dai tedeschi, messi sull’avviso dai carabinieri liberati, e data la preponderanza dei nemici devono ritirarsi. Inizia un intenso combattimento e il commando GAP si difende con onore contro forze preponderanti. Uno dei gappisti viene gravemente ferito e portato in una cascina dove riceve le prime cure. Viene poi trasferito in casa di un compagno e gli vengono consegnate le sue armi in attesa dell’arrivo di un medico. Il giovane viene tuttavia scoperto e, benché ferito a morte, per molte ore resiste valorosamente a molti nemici fascisti e tedeschi. Finite le munizioni, per non farsi prendere prigioniero si lancia dalla finestra urlando “Viva l’Italia”. Si chiamava Dante Di Nanni.
NOTIZIE STORICHE
Il 17 maggio 1944 un commando gappista torinese formato da Giovanni Pesce, Giuseppe Bravin, Francesco Valentino e Dante Di Nanni fece saltare una stazione radio sulla Stura che disturbava Radio Londra; i gappisti risparmiarono i nove militi di guardia facendosi promettere che non avrebbero dato l’allarme, ma furono traditi e attaccati da un reparto nemico. Nello scontro Bravin e Valentino vennero catturati e il 22 luglio impiccati a Torino. Di Nanni fu colpito da sette proiettili al ventre, alla testa e alle gambe; Giovanni Pesce, anch’esso ferito, riuscì a portarlo in salvo nascondendolo prima in una cascina e poi nella base gappista di via San Bernardino 14, a Torino. I gappisti furono nuovamente traditi da una spia; infatti mentre Pesce si allontanava per organizzare il trasporto del Di Nanni in ospedale, la casa fu circondata da fascisti e tedeschi con un’autoblindo ed un carro armato. Iniziò uno scontro a fuoco durato quasi tre ore, durante il quale Dante riuscì ad eliminare numerosi nemici ed i due veicoli corazzati. Una volta terminate le munizioni:
[…] Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell’attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio[..]. [Pesce 2005]
In Alla gloria dell’eroe nazionale Dante Di Nanni, opuscolo clandestino edito a Torino il 4 giugno 1944, si legge invece:
Gli anni e i decenni passeranno: i giorni duri e sublimi che noi viviamo oggi appariranno lontani, ma generazioni intere di giovani figli d’Italia si educheranno all’amore per il loro paese, all’amore per la libertà, allo spirito di devozione illimitata per la causa della redenzione umana sull’esempio dei mirabili garibaldini che scrivono oggi, col loro sangue rosso, le più belle pagine della storia italiana
Dante Di Nanni aveva 19 anni. Nel 1945 fu insignito di Medaglia d’oro al valor militare
In questo episodio il protagonista PAM può essere facilmente identificato con Giovanni Pesce, nome di battaglia Visone (Milano 22.02.1918 – 27.07.2007), comandante partigiano e uomo politico italiano. Partecipò alla Guerra civile spagnola combattendo nelle Brigate Internazionali. Gappista prima a Torino e poi a Milano fu fra i più abili combattenti urbani della Resistenza. Fu insignito della medaglia d’oro al valor millitare
Oltre al Comandante Visone della squadra gappista facevano parte:
Giuseppe Bravin (Torino 1922 – Torino 22 luglio 1944) insignito della Medaglia d’argento al valor militare. Entrato nella Resistenza torinese dopo l’8 settembre 1943, si arruolò nei GAP di Giovanni Pesce
Francesco Valentino (Torino, 1 ottobre 1925 – Torino, 22 luglio 1944) partigiano italiano
Dante Di Nanni (Torino, 27 marzo 1925 – Torino, 18 maggio 1944) partigiano italiano, insignito della Medaglia d’oro al valor militare, morto durante l’azione per la distruzione della stazione radiotrasmittente di Torino.
In seconda di copertina è riportato un articolo illustrato intitolato Visone… all’opera tratto dal Diario di un Gappista «L’Unità», dove Visone (Giovanni Pesce) narra un’azione compiuta con Antonio durante la quale furono uccisi due ufficiali tedeschi.
In terza di copertina si conclude l’articolo Com’era formata ed inquadrata una brigata garibaldi di città.
In quarta di copertina di questo numero compare Giustizia!, resoconto illustrato da Camus e tratto dal Diario di un Gappista «L’Unità» che descrive l’attentato del marzo 1945 durante il quale Giovanni Pesce, dopo alcuni tentativi non riusciti, uccise Cesare Cesarini, tenente colonnello onorario della “Muti”. Il Cesarini era capo dell’ufficio personale nella fabbrica Aeroplani Caproni di Taliedo, e uno dei più feroci aguzzini all’interno della fabbrica. Fu responsabile della deportazione di 63 tra operai, impiegati e tecnici della Ditta Caproni.
FIRENZE LIBERATA
di Nino Camus
PAM il partigiano. La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 5. Milano: Il Cucciolo
“Bollettino: 11 agosto 1944 – la 22° Bis. Brigata Sinigallia – Divisone Arno – Corpo Volontari della Libertà – Comando della Toscana – dopo i duri combattimenti quasi corpo a corpo a Fontesanta e nei sobborghi di Firenze, vincono le forze nemiche ed entrano in Firenze da veri liberatori precedendo di qualche ora le forze inglesi”
RIASSUNTO
Attendendo gli inglesi, ormai quasi alle porte di Firenze ma che segnano il passo, le forze della Resistenza non interrompono le loro azioni. La squadra di recupero viveri rientra con brutte notizie, due di loro sono stati uccisi. Il Commissario della Divisione Arno chiede al Comandante PAM di parlare ai suoi uomini per saggiarne il morale. Facendo loro credere che la situazione è disperata, il Commissario li invita, nel caso lo ritengano necessario, ad abbandonare il campo. Tutti i garibaldini, come un solo uomo, rifiutano, preferendo morire piuttosto che arrendersi. Il Commissario rivela poi che si è trattato di uno scherzo di cattivo gusto per saggiare la loro fedeltà. I garibaldini lo investono affettuosamente di male parole; infatti scenderanno fra breve dalla montagna verso Firenze. Giulia, una staffetta, porta brutte notizie a PAM: le truppe tedesche si stanno veramente avvicinando e PAM invia Otto e due uomini a fare un’ispezione. Accertata la presenza di militari tedeschi, i tre garibaldini decidono di eliminarli e di raggiungere la Compagnia “Faliero Pucci” per cercare volontari. Mentre Libero torna con 20 volontari, Otto decide l’attacco…
A questo punto la narrazione, che sarebbe dovuta proseguire sul numero 6 del giornale, si interrompe. Il numero 5 è infatti l’ultimo pubblicato della serie. Non è dato sapere se tale interruzione fu dovuta alla morte del suo Autore, Nino Camus, scomparso a Milano l’11 marzo del 1947 a causa di una gravissima malattia.
NOTIZIE STORICHE
La Divisione Garibaldi d’assalto “Arno”, che alla morte di Luigi Barducci (09/08/1945) cambiò il proprio nome in “Potente”, era costituita da 4 brigate variamente dislocate nel luglio del 1944, alla vigilia della Battaglia per Firenze:
- “Bruno Fanciullacci” di stanza su M. Morello
- 10a “Caiani” di stanza su M. Giovi
- 22a “Lanciotto Ballerini” di stanza nel Pratomagno
- 22a bis “Vittorio Sinigaglia” di stanza su M. Scalari /M. S. Michele. Questa Brigata agiva a Sud della città, nel Comune di Bagno a Ripoli, oltre che in quelli di Rignano sull’Arno, Incisa, Figline Valdarno, Greve in Chianti e Impruneta. Di quest’ultima facevano parte due distaccamenti: “Faliero Pucci” (già “Stella Rossa”) costituitasi sul Monte Giovi e “Faliero Pucci Bis” costituitasi in S. Donato in Poggio.
La presenza di alcuni partigiani indicati con il loro nome di battaglia è confermata in una intervista rilasciata dal partigiano “Sugo”, alias Marcello Celano, appartenente alla Brigata “Sinigaglia” di cui si riportano alcuni estratti.
Il comandante della 1a Compagnia della “Sinigaglia”, Sergio Donnini, aveva il nome di battaglia “Otto”. Della Sinigaglia facevano parte anche: i’ Chimico, l’Aquila, i’ Gamba, I’ Lepre, i’ Nonno, i’ Lupo, il Balena, il Raspa, Vittorio, i’ Gorini, Gianni (Sirio Ungherelli), Libero, Gracco (Angelo Gracci), Vladimiro, i’ Farda, Giobbe, i’ Marinaio, i’ Fumo (Sergio Bini), i’ Formicola, Truciolo e i’ Triglia, i’ Frana, Marco ed altri. La Brigata Garibaldi “A. Sinigaglia”, formatasi intorno ad un esiguo gruppo di 6 o 7 uomini, si rafforzò con l’arrivo di alcuni partigiani già esperti, appartenenti alla “Stella Rossa”. Arrivò in Fontesanta intorno al 22/23 di giugno, dopo uno spostamento piuttosto rischioso. Tutti i giorni era impegnata in qualche attacco perché i tedeschi, che si preparavano alla ritirata, dovevano necessariamente passare dalla zona in cui operava. La mattina del 3/8/1944 le retroguardie tedesche giunsero a Casa Gamberaia per organizzare una linea di difesa contro gli Alleati e annientare la “Sinigaglia”. Durante un’azione intrapresa per vendicare un compagno, una pattuglia garibaldina restò isolata e, dopo un breve combattimento, venne scompaginata. Il comandante della 1a Compagnia della “Sinigaglia”, Sergio Donnini (Otto), fu catturato e condotto verso Troghi per essere giustiziato. Si formò un commando per la liberazione di Otto composto da cinque partigiani: il Sugo, i’ Fumo, i’ Formicola, Truciolo e i’Triglia. Durante lo scontro a fuoco Otto riuscì a sorprendere il soldato che lo scortava, lo uccise e riuscì a scappare. Al loro rientro in Fontesanta trovarono solo un piccolo gruppo di partigiani, dato che Gracco (alias Angelo Gracci) era già sceso verso Firenze.
Nel pomeriggio il bosco di Fontesanta era in preda ad un grosso incendio. I tedeschi avevano attaccato in forze con i lanciafiamme per stanare i partigiani. Le fiamme, sprigionatesi nei boschi di Montisoni, venivano spinte dal vento verso Poggio Firenze. Le uniche forze che ancora contrastavano i tedeschi erano quelle della IIa Compagnia della “Sinigaglia”. Alla fine degli scontri il nemico ebbe 16 caduti. Attendendo gli inglesi, ormai quasi alle porte di Firenze, la Resistenza non interruppe le sue azioni.
Nel frattempo i’ Triglia e un altro partigiano incontrarono gli Inglesi a San Polo e, pensando che nessuno avrebbe creduto a questo incontro, si fecero dare da questi ultimi un pacchetto di sigarette. Di ritorno, lo riferirono a Gracco, che però impedì loro di diffondere la notizia. Quindi il Commissario della Divisione radunò tutti e disse:
[…] Siamo circondati e non c’è verso di salvarsi […] è un rastrellamento e qui non c’è spazio. Se qualcuno vuole andare via da solo ce la può fare a passare nelle maglie nemiche […] chi non se la sente alzi una mano e può andare; Nessuno alzò la mano! A questo punto Gracco aggiunse: No ragazzi […] siamo in contatto con gli Inglesi e (ci) fece vedere il pacchetto di sigarette […] [Intervista partigiano Sugo – Fontesanta – Liberazione Firenze]
Il pensiero di scendere a Firenze per la Liberazione galvanizzò i partigiani che iniziarono la discesa. Erano circa trenta – trentacinque uomini.Giunti che furono in Fortezza, Alexander provò a dar loro il ben servito. La Firenze “di là d’Arno” era già “liberata”, ma l’altra parte di Firenze era ancora da liberare. Quando gli Inglesi dissero di voler disarmare i partigiani, questi rifiutarono: «si fa alle fucilate con gli Inglesi perché noi il fucile non si lascia». [Intervista partigiano Sugo – Fontesanta – Liberazione Firenze]
Gracco e Potente andarono a parlamentare. Alla fine gli Inglesi accettarono di lasciar loro le armi e così i partigiani toscani «porta[rono] a termine la Liberazione di Firenze» [Intervista partigiano Sugo – Fontesanta – Liberazione Firenze].
La 22a Bis Brigata “Sinigaglia” – Divisione “Arno” – Corpo Volontari della Libertà – Comando della Toscana – dopo i duri combattimenti quasi corpo a corpo a Fontesanta e nei sobborghi di Firenze, vinse le forze nemiche ed entrò in Firenze precedendo di qualche ora le forze inglesi. [Intervista partigiano Sugo – Fontesanta – Liberazione Firenze; Benucci P.(i Fumo) Fontesanta]
La sera dell’11 agosto 1944 Firenze era libera.
Intanto, sin dai primi rintocchi della Martinella, il CTLN (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) e il comando militare s’erano insediati a Palazzo Riccardi, mentre a Palazzo Vecchio una giunta comunale, già da tempo designata dal Comitato di liberazione, assumeva l’amministrazione della città. Sindaco era il socialista Gaetano Pieraccini, vicesindaci il comunista Renato Bitossi e il democristiano Adone Zoli
NB. A pagina 1 di questo fumetto Camus ha raffigurato un personaggio con un berretto a scacchi, di cui si riconoscono le stellette di commissario politico, che offrendo ai partigiani la possibilità di ritirarsi prima della battaglia finale vuole in realtà saggiarne il morale. Pur non avendone indicato né il nome di battaglia, né quello anagrafico, Camus raffigura qui Sirio Ungherelli (Gianni). L’episodio è riportato sia nell’intervista al partigiano Sugo sia nel volume Quelli della Stella Rossa, memorie del comandante Sirio Ungherelli, già commissario politico della Brigata “Sinigaglia”, in un libro pubblicato dall’ANPI di Firenze dopo la sua morte. (1999), mentre Libero, che compare in quarta pagina, potrebbe essere Libero Santoni.
In seconda di copertina del numero 5 viene narrata l’azione compiuta il 26 agosto 1944 da un gappista milanese (Bombe alla stazione) che, vestito da repubblichino, fece saltare uno zaino imbottito di esplosivi vicino al Posto di Sosta Militare della Stazione Centrale di Milano. Il Gappista, prima di far esplodere lo zaino, raccolse e portò in salvo un gruppetto di bambini. Nell’esplosione morirono 9 tedeschi e 24 rimasero feriti.
Il numero 5 termina con “Il figlio fucilato” di Paul Campani, creatore di famosi personaggi televisivi. Si tratta di una storia di fantasia, che si discosta dagli altri episodi narrati nell serie «PAM il partigiano». Inoltre la qualità del fumetto, pur essendo buona, è senz’altro inferiore a quella riscontrata nei lavori di Giovanni Camusso. Al confronto il tratto di Campani è preciso, ma tanto lineare da risultare piatto.
IL FIGLIO FUCILATO
di Paul Campani
PAM il partigiano. La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli, 1946 numero 5. Milano: Il Cucciolo
RIASSUNTO
La vicenda si svolge in Toscana. Una anziana coppia si avventura in una zona di montagna controllata dai partigiani. I due anziani coniugi vengono portati di fronte al comandante, PAM, al quale mostrano una lettera del Comitato di Liberazione Nazionale della Toscana indirizzata al Comando della 3a Brigata Rosselli del Monte Amiata, in cui si chiede la liberazione di un loro prigioniero appartenente alla Brigata Nera. Il brigatista nero è figlio dell’uomo, un vecchio antifascista, perseguitato dai fascisti. Purtroppo il giovane, che ha condotto varie azioni contro i partigiani, è stato già fucilato e sotterrato. Il vecchio, profondamente addolorato, capisce tuttavia le ragioni dei partigiani e, dopo aver visitato la tomba del figlio, consegna alla squadra che lo ha fucilato una bottiglia che aveva portato per festeggiare la sua liberazione.
NOTIZIE STORICHE
La vicenda non viene definita nel tempo e nello spazio, ma la breve citazione della Brigata Rosselli fa veramente pensare al Monte Amiata, dove quella Brigata era acquartierata.
In terza di copertina è riportato, a richiesta dei lettori, il testo de “Il canto del partigiano”. mentre nella controcopertina si promuove il fumetto “La favola di Sepp Butt” di “prossima” pubblicazione e si fa riferimento al bollettino del CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’ quale fonte delle azioni partigiane illustrate.
FIRENZE LIBERATA
di Nino Camus
Avrebbe dovuto essere il numero 6 di PAM il partigiano La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli del 1946, rimasto incompiuto per la morte dell’Autore
Le tavole qui presentate dovevano far parte del secondo fascicolo dell’episodio Firenze Liberata, così come era stato preannunciato alla fine del numero 5. Il fascicolo numero 5 terminava con PAM che inviava Otto a controllare, con altri due uomini, la presenza dei tedeschi. Accertatane la presenza, i tre garibaldini decidevano di ucciderli e di raggiungere la Compagnia “Faliero Pucci” per cercare volontari. Libero tornava con 20 volontari e Otto decideva l’attacco…
Fig. 13-14-15: 1°-2°-3° -Tavole incompiute ed inedite di quello che avrebbe dovuto essere il numero 6 di «PAM il partigiano»
“Bollettino: 11 agosto 1944 – la 22° Bis. Brigata Sinigallia – Divisone Arno – Corpo Volontari della Libertà – Comando della Toscana – dopo i duri combattimenti quasi corpo a corpo a Fontesanta e nei sobborghi di Firenze, vincono le forze nemiche ed entrano in Firenze da veri liberatori precedendo di qualche ora le forze inglesi”
RIASSUNTO
Un gruppo di partigiani trova tracce di sangue: Otto è stato ferito ed i compagni giurano di vendicarlo. Il bosco è in fiamme poiché i tedeschi stanno rastrellando la zona con il lanciafiamme. Il gruppo di Triglia riesce a disimpegnarsi e i partigiani arrivano al campo del I° Battaglione, che risulta quasi abbandonato. Vengono chieste notizie a un anziano contadino, che li informa che i partigiani stanno combattendo con un’unica mitragliatrice; il gruppo di Triglia viene accolto con gioia. Sta imbrunendo, i partigiani si ritirano raggiungendo il campo inglese dove sono accolti festosamente. Finalmente si potranno riposare e rifocillare. Intanto il gruppo di Otto cade in una imboscata e viene decimato. Otto, ferito, si ritrova “vivo tra i morti”. Qui purtroppo le Tavole disegnate da Giovanni Camusso si interrompono.
Bibliografia
- Alla gloria dell’eroe nazionale Dante Di Nanni 1944 giugno Torino: «Opuscolo clandestino»
- Anceschi E. 1995 Resistenza e fumetto, un rappporto negato “Il fumetto” numero 14
- Barbi G., Niccolai L. 1995 4-19 novembre Per la libertà! La Resistenza italiana nel fumetto «Catalogo Mostra»
- Benucci (i Fumo) Fontesanta
- Borgomaneri L. 2015 Li chiamavano terroristi. Storia dei GAP milanesi 1943-1945 Milano: Unicopli pag. 318
- Camus N. 1946 PAM il partigiano La storia d’ltalia scritta col sangue dei suoi figli numero 2 Milano: Il Cucciolo
- Camusso G. 1945 29-30 aprile Lettera al padre
- Casali T. 1965 febbraio – aprile La guerra partigiana nell’Oltrepo pavese – Lezioni presso la sala dei Congressi della Provincia di Milano
- Costa F. 87° Brigata Garibaldina Crespi e la presa di Varzi: La Battaglia di Pietragavina
- De Biaggi G. Il ragazzo dalla sciarpa rossa, Storia di Giuseppe De Zorzi Naco, deportato a Dachau «Opuscolo»
- Faraci T. 1998 Il fumetto italiano (e non solo) visto da sinistra. Una storia di alleanze e sospetti “IF” numero 7 marzo
- Fontesanta e la Brigata Sinigaglia Intervista al partigiano Sugo della Brigata Sinigaglia 2012 «Opuscolo»
- Gaspa P., Niccolai L. 2009 Per la libertà. La Resistenza nel fumetto Pistoia: Settegiorni
- Giannantoni F., Paolucci I. 2005 Cesarini, il “boia” della Caproni in “Giovanni Pesce “Visone”, un comunista che ha fatto l’Italia: l’emigrazione, la guerra di Spagna, Ventotene, i Gap, il dopoguerra (Togliatti, Terracini, Feltrinelli). Varese: Arterigere-Essezeta.
- Guderzo G. 2002 Montagna ribelle in L’altra guerra – Neofascisti, tedeschi, partigiani, popolo in una provincia padana. Pavia, 1943-1945 Bologna: il Mulino
- La battaglia di Firenze Associazione Intercomunale Area Fiorentina – filmato a cura di Massimo del Gigia
- Leondi S. 2005 Fischia il vento. Contributo alla storia della Resistenza operaia e partigiana in zona 13. Milano 1943-1945– Milano: ANPI Osvaldo Brioschi
- Moroni R. Colpo di mano in caserma ANPI Voghera pag 23-35
- Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 28.02.1945 pagina 12 Archivio Fondazione Micheletti Brescia
- Pesce G. 10.02.1946 Relazione finale 3ª Brigata d’Assalto Garibaldi GAP Milano
- Pesce G. 1967 ristampa 2005 Senza tregua – La guerra dei GAP Milano: Feltrinelli
- Pietra I. (Edoardo). dicembre 1945 Oltrepò vita santa Articolo pubblicato volume Anche l’Italia ha vinto (numero speciale della rivista «Mercurio»)
- Pietra I. (Edoardo) marzo 1981 Il coraggio del NO. Figure e fatti della Resistenza nella Provincia di Pavia, Pavia: Editrice Amministrazione Provinciale
- Tamagnini L. 1988 Piccola Pravda. Vent’anni di Pioniere “IF” numero 7
- Tamagnini L. 1995 Pam e le brigate Garibaldi “Il fumetto” numero 14
- Ungherelli Sirio (Gianni). 1999 Quelli della Stella Rossa, prefazione di Renzo Martinelli, Firenze: Polistampa
Ringraziamenti
Si ringraziano sentitamente i Sig.ri Fabio e Grazia Camusso, figli dell’Autore, che con cortesia e grande sensibilità ci hanno dato l’autorizzazione a pubblicare l’opera del loro padre Giovanni Camusso (Nino Camus).
Si ringraziano inoltre Antonio Corbelletti, presidente dell’ANPI Voghera, e Mauro Sonzini, ricercatore storico e curatore del Centro documentazione Resistenza, per i preziosi suggerimenti ed il materiale bibliografico fornitici ed il Dott. Claudio De Biaggi, ricercatore storico milanese, per i suoi illuminanti pareri sulla Resistenza nel milanese.